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Autore: dubious3    25/04/2012    1 recensioni
Un tributo a Telesette e ai suoi cross-over.
Nella lontana terra di Konohamere, un malvagio stregone risorto dal passato esercita il suo terribile e nefasto potere.
L'unico che che può fermarlo è Ser Sasuke Uchiha, il più leggendario eroe della storia del regno, risorto per la stessa magia del negromante.
Peccato che le leggende, spessissimo, esagerino...
Note dell'autore: cambiamento di rating da giallo ad arancione per linguaggio più "forte".
Genere: Avventura, Comico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Orochimaru, Sasuke Uchiha
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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Entrata alle Rovine Infestate (Un posticino perfetto per la villeggiatura... se escludiamo lava, spiriti maligni, demoni, non-morti, psicopatici...).


 

"Compagnia, ALT!!"

Le pianure che separavano il castello di Konohamere dagli Stagni erano sempre state brulle e desolate, annerite dalla cenere vulcanica che, a tratti, scendeva copiosa; questa volta, però, il panorama era ancora più felice e gioioso, a causa della presenza di un esercito di matti schizzati fuori di testa.

I folli, che, dimostrando impeccabile disciplina e rigore marziale, sbavavano, mordevano e assordavano l'un l'altro con grida gutturali, si fermarono d'un tratto. Alla testa di questo strano esercito si trovava uno strano essere, un omone dalla pelle nera come il giaietto e la testa rasata di un geco, con una dentatura però molto più affilata. La sua armatura, decorata con più medaglie di un intero corpo dei marines, era in perfetta tinta con gli occhi, verdi e brillanti come degli smeraldi.

"Soldati della 10a compagnia della nona divisione dell'Armata Nera, attenti!"

Il gruppo di folli si posizionò stranamente in una posizione quasi in linea come un esercito disciplinato, sebbene tutti quanti chi ciondolando, chi tremando, chi singhiozzando e facendo il verso di una sirena.

Il loro comandante avanzò a pochi passi dalla lunga fila, serrando negli artigli, dietro la schiena, un piccolo flagello. Marciava lentamente, osservando attentamente  il comportamento di ogni soldato e annusando in maniera alquanto sospettosa.

"Sento puzza... sento puzza di scamorze!" Tuonò in tono militaresco. Si fermò, dunque, davanti ad un matto imprigionato in una camicia di forza. Questo teneva gli occhi coperti da una benda, che gli cingeva tutto il cranio spropositatamente lungo e rotondo, sporco di incrostazioni di terra antidiluviane e qualche fiore dell'era mesozoica.

"Tu, specie di testa di sterco di rinoceronte con la dissenteria!" Gli gridò in faccia. "Cosa è, ti hanno bucato il pallone quando eri piccolo, ed ora per riprenderti dal trauma ti sei fatto fare il cranio come una sfera? Bene, allora voglio comunicarti una cosa: io adoro specchiarmi nelle sfere. Una sfera, soldati..." avanzò ancora lungo la linea, per rivolgersi a tutti i suoi uomini. "Una sfera deve essere lucida, talmente pulita che la potresti leccare o metterla nel culo. Se c'è una cosa che non sopporto, è vedere palle luride! Una volta, durante una partita di pallone tra due plotoni sotto il mio comando, ho costretto a lucidare la palla ad ogni fuori gioco, pena l'espulsione dei giocatori dal MONDO DEI VIVI!!! E guardatelo..."

Ritornò al matto, che teneva la lingua a penzoloni chiedendosi cosa stesse succedendo. Grattò con le unghie affilate da rettile il sudiciume sulla sua testa, per poi strappargli un po' di capelli e squame di pelle morta.

"Una sfera talmente lercia che persino ai vermi farebbe schifo abitarci! Questo è un insulto alla disciplina e alla marzialità delle mie forze! Insubordinazione! AMMUTINAMENTO! T-R-A-D-I-M-E-N-TO!!! E tu, soldato testa di sterco, cosa vuoi dire in tua difesa?!?"

Il matto fissava nel vuoto, ignaro di tutti gli insulti che stava ricevendo. Il generale, non ottenendo nessuna risposta, diventò rosso in volto come un peperone.

"INUTILE INVERTEBRATO IMPERAGGIABILMENTE IDIOTA!!!"

Gli mollò un ceffone che lo stese quasi a terra, per poi bloccargli il piedi poggiandogli sopra il suo. Sotto l'effetto di queste due forze, il matto ritornò in posizione eretta come un palo, per finire con il muso schiantato contro il pugno del demone.

"Grarrggh..." mugolò il demente, un po' per il dolore, un po' perché una manciata di denti erano passati dalla bocca alla mano del mostro.

Irato, il demone scosse la mano dai regali del suo colpo e si ritirò in cima con passo marziale.

"Sappiate, poveri pazzi, che io, il Capitano Artemanno, sarò come una madre per voi; una madre spartana, tosta e cazzuta, che vi getterà dalla rupe non appena mostrerete segni di licenza! Nel mio plotone esigo disciplina, ordine, pulizia ed assoluta riverenza e devozione, carogne! Anche se avete solo un paio di neuroni attivi, appena sufficienti a farvi respirare, dovrete ascoltarvi, obbedirmi e venerarmi! Per adesso siete solo un branco di amorfe creature prive tanto di cervello, quanto di coglioni; ma, dopo il mio addestramento, vi trasformerò nel più disciplinato ed efficiente esercito di spiritato che abbia mai camminato sulla faccia di questo regno! Tutti i vostri tic nervosi e/o nevrosi spariranno per lasciare spazio ad una furia omicida senza pari! Sono stato chiaro?!?"

Nel branco di matti si levarono bofonchi vari, assieme a qualche rutto e scorreggia. Il Capitano, fumante come una locomotiva, alzò il frustino oltre alla sua testa. La sferza si contornò di energia malefica, alla quale i matti parevano istintivamente calmarsi e mostrarsi più docili. Soddisfatto di aver fatto cessare i rumore e di aver attirato l'attenzione di tutti su di se, Artemanno abbassò l'arma magica senza colpire nessuno.

"Molto bene, quarti rancidi di essere umani, immagino che i vostri crani disseccati abbiano conservato il liquido necessario a comprendere quello che vi sto dicendo. Lo so che vorreste solamente dare sfogo alle vostre paranoie, ma qui siamo in un esercito! Un esercito di squilibrati mentali  semi-indemoniati, ma pur sempre un esercito! Quindi, se d'ora in poi vorrete rivolgervi a me, dovrete chiamarmi così... emmm..."

Schiarì un poco la voce, quindi strinse l'addome come se dovesse vomitare una cena da un ristorante messicano di pessima qualità:

"Grarrggghhh... Urrrgggh... Blablbblala.... Uhuhahahahah... signorrrr..capitano...." Mi sono spiegato bene?!?"

I matti recepirono la lezione e mimarono il saluto insegnatoli alla perfezione, seppur con meno istrionismo.

"Ghe... Sì... Grarrggghhh... Urrrgggh... Blablbblala.... Uhuhahahahah... signorrrr... capitano...."

"Avete compreso due concetti di fila! Bravi!" Disse loro a metà tra il sarcastico e il militaresco più becero. "Sono orgoglioso di voi! Continuate su questa strada, e vi daranno la medaglia per gli imbecilli più intelligenti al mondo! Almeno, quasi tutti..."

Il suo sguardo si posò su un matto poco distante dal tipo dal cranio sporco da quel dì. Vide un omone corpulento, vestito dalla vita in su come un normale chef, ma le cui gambe, villose come quelle di un mammut, erano cinte da delle calze aderenti che le davano un simpatico effetto salame.

"Oscurità canaglia!" Esclamò Artemanno, rivolgendosi al cuoco. "Proprio ora che credevo di averle viste tutte, mi ritrovo un cuoco assassino con tendenze da trans gender! Che c'è, ti hanno rifiutato al Rocky Horror Picture Show per oltraggio al pudore? Macché indecenza: piuttosto, sei talmente ridicolo che a vederti si scompiscerebbe persino un corteo funebre. Guarda qui!" Indicò un grembiule bianco, legato un po' alla carlona, unto e bisunto di mille e più macchie.

"Sporcizia ovunque, e nemmeno una goccia di sangue! Dovresti essere un mostruoso e delirante cuciniere di carne umana, una belva che adora fare a pezzi le sue vittime e spesso le frigge ancora vive; e invece mi ritrovo una versione più ebete di Boss delle Torte con la soia al posto del cervello! E scommetto che sei pure uno di quei rinsecchiti ciucciabietole che vanno in isteria quando vedono una bella fiorentina grassa, eh?!?"

"Ma... io... ver...amente..." Rispose il cuoco un po' da allucinato, sbavando tra una frase e l'altra. "Mangio solo carne... di soia... E le calze servono solo a conservare meglio la mostarda..."

"Mostarda... ? Questa idiozia è cretina in modo così surreale che persino io non trovo una maniera per insultarti come si deve! Consideralo un privilegio! E tu... cosa hai da tremare?!?"

Si rivolse ad un piccoletto rinsecchito, vestito con un poncho sgualcito e che portava un sombrero circa il doppio di lui. Questi era rannicchiato su se stesso, tremando come una foglia. Il terribile capitano si posizionò proprio davanti al piccoletto, picchiettandogli l'ampio capello con la bacchetta. Questi, sebbene si fosse accorto di lui, rimase accucciato a tremolare ancora di più.

"Bene bene... cosa abbiamo qui?" Chiese l'ufficiale in maniera sprezzante. "Stai dormendo bene, soldatino della mamma? Oppure stai avendo degli incubi talmente spaventosi da non riuscire a prendere sonno? Vuoi dei biscotti? Del lattuccio? Magari, al primo negozio che capita, ti compro l'orsacchiotto Bear Proteina che mangia i sogni cattivi?!?"

Il piccoletto parve alzare la testa di un poco, giusto quello che bastava al sombrero di mettere in ombra i piedi di Artemanno. Senza nemmeno mollare l'enorme capello, l'ometto si abbarbicò alle squamose gambe del demone, avvinghiandosi come una piovra.

"Sì... voglio il lattuccio! Il lattuccio! Voglio tornare a preparare i biscotti a casa con TEEE!!!! Ti prego... non mandarmi a scuola: tutti quanti mi prendono in giro perché indosso il sombrero. Ma senza il sombrero... i raggi del sole mi bollirebbero la testa e questa diventerebbe grande... GRANDEEEE... sino a scoppiare come i palloncini che papà mi aveva comprato da piccolo... Ti prego... dammi l'orsetto Bear... ho tanta paura...."

"Porca di quella dannatissima madre di Pirro!" Ruggì quasi il capitano, con il volto contratto in un ghigno animalesco. Detto ciò, alzò la gamba con violenza e tirò un calcio al poveretto, che venne sbalzato via molti metri indietro. Incredibilmente, il matto riuscì a tenere il volto sempre coperto dal sombrero.

"Cosa diavolo mi tocca fare per riuscire a trasformarvi in un'armata degna di questo nome, branco di cazzoni lunatici con il cervello partito?" Indicò ancora l'uomo con il sombrero.  "E tu, rimettiti in riga!"

Il piccoletto si rimise nella sua posizione iniziale, pigolando. Il Capitano, invece, ricominciò a marciare lungo la fila di matti, i quali, sotto il suo pesante sguardo da ufficiale nazista con le mutande di una taglia più stretta, sembravano ritirarsi e rimpicciolirsi.

Un altro, poco dopo, venne destinato all'ennesimo colpo di mannaia: un omone grosso e corpulento, dal viso scimmiesco e i capelli rossicci, che pareva nascondere sotto il mantello una gobba gigantesca.

Il Capitano osservò questo soldato in maniera meno da "cane mastino" e più da "ispettore di polizia segreta" e gli si avvicinò come aveva fatto con gli altri. L'omone deglutì e abbassò lo sguardo, che proiettava una strana luce verdastra.

"Soldato! Mmmm... Gli occhi verdi non sono prerogativa dei matti della 9a divisione reparto decerebrati zombie posseduti senz'anima? I nostri matti qui sono semi-posseduti con forme di coscienza e tanti tic... anche se gli è utile quanto un capotto di pelliccia lo è ad un beduino... Mi stai ascoltando? Mi stai ascoltando, ameba con il corpo di primate?"

Lo strano matto, pareva nervoso, nervosissimo, come se stessere per scoprire un inquietante segreto riguardante la sua identità... Dopo alcuni secondi, però, si riprese ed eseguì una performance matta da maestro: si grattò la testa come un scimmia, staccò un paio di caccole dal naso per poi mangiarle, ruttò, fece versi strani e, infine, canticchiò con voce gutturale:

"Uhahahahhaha... Grarrggghhh... Urrrgggh... Blablbblala.... Uhuhahahahah... signorrrr...capitano.... Uhahahahahhaha... Banana, banana, banana!"

Il sergente istruttore rimase ancora perplesso; tuttavia, non trovò motivo di credere che quello che aveva davanti fosse uno psicopatico diverso da tutti gli altri. Esclamò, dunque, irritato:

"Perfetto! Un altro deficiente che crede di essere una scimmia! Magari fosse stato un posseduto al 100%, invece: avrebbe sicuramente avuto maggiore utilità nella nostra armata. Un soldato disciplinato come un automa! Una macchina di distruzione senz'anima! Che idiota sono stato..."

Il folle però non dava ascolto a questi insulti: tutta quanta la sua attenzione era posta su una delle medaglie che l'ufficiale indossava sul petto, ovvero una piccola stella nera con un opale incastonato al centro. Cercando di non farsi notare, barcollò un po', desideroso di afferrarla al volo.

"... Sì, sono stato un idiota: anche il vostro capitano Artemanno non è perfetto. Non azzardatevi a rimarcarlo però, oppure vi tatuo con la frusta tutti i vostri commenti sulle chiappe".

Artemanno si era spostato un attimo prima, girandosi su stesso, facendo così concludere il tentativo di furto dell'uomo gorilla in un flop. Immediatamente il capitano si rigirò e continuò a camminare, non prima però che l'uomo scimmione fosse tornato nella sua posizione semi-eretta e stesse coprendo le tracce con un rutto innocente.

"Perché dovete sapere che io non sono perfetto, ma ci sono vicino più di qualunque altro sociopatico vostro pari di vostra conoscenza... brutti coglionazzi".

Sbam: un altro tentativo di furto andò miseramente a vuoto.

"E ne ho incontrati di sociopatici, e di razza più bella di tutti voi mesi assieme: ad esempio, a Kumomere, ho guidato un plotone di ex mercenari in fuga da un cartello colombiano preso sotto il controllo da degli alieni mangiacervella. Erano tipi strani e schizzati fino al midollo, ma avevano dei coglioni che li avrei potuto fondere per fabbricarci delle armature... Non come voi, coglionazzi!"

Sbam.

"Ve lo ripeterò sino a quando le mie parole non avranno attecchito nei vostri crani e scacciato i pidocchi che li affittano: voi adesso siete lo scarto dello scarto, un residuo di benzina che neppure una vecchia Duna desidererebbe avere nel serbatoio, coglionazzi!"

Ri-Sbam.

"Fossi nei panni del nulla, mi vergognerei di essere paragonato a voi, coglionazzi!"

Tri-Sbam.

"Fortunatamente, io, il vostro adorato comandante, sono davvero una persona in grado di compiere miracoli: e il mio miracolo sarà quello di trasformarvi dai coglionazzi che siete in vere macchine da guerra!"

Sbam alla quarta.

"E se non riuscirò in questo tentativo, se  mi mostrerò un insegnante incapace, sappiate che mi prenderò tutte la responsabilità della vostra deficienza... dopo aver preso voi, coglionazzi , e gettato nel fiume di lava che scorre poco distante da qui; oppure, anche meglio, vi friggerò come sardine sul campo di forza eretto da Orochimaru che circonda il castello!"

Sbam... Avete capito, no? Insomma... per farla breve, vi scrivo che la situazione andò avanti per una decina di tentativi, altrettanti sbam e ancora di più coglionazzi: neppure l'atmosfera pseudo-fantozziana (con tanto di citazioni, tra l'altro) della situazione riusciva a rendere l'uomo-gorilla più frustrato. Banna (se non avete capito che era lui, compratevi un paio di occhiali da vista) non sapeva più cosa fare, se non ché smettere, almeno per il momento, di afferrare quello stemma sarebbe stata un'idea saggia.

"Clupin... Clupin..." Bisbigliò sotto l'ampio mantello. "Cosa facciamo? Abbiamo bisogno di quella medaglia per aprire una barriera nel campo..."

L'amico goblin, nascosto a mo' di gibbo, si azzardò a sussurrare qualcosa di imprecisato, ma dovette immediatamente fermarsi, poiché il capitano si ancora avvicinato al partner. Questa volta, però, la attenzioni del generale erano rivolte alla finta gobba che portava: incuriosito tastò con forza la schiena del goblin, affondando con forza il palmo dappertutto. Il ladro, sentendo quello specie di schiacciasassi premergli sulla colonna vertebrale, fu dopo poche tastate tentato di emettere almeno qualche rumore; tuttavia, riuscì a controllare se stesso abbastanza da limitarsi ad agitarsi un poco.

L'ispezione del capitano, per usa fortuna, non durò a lungo: questi si dedicò presto a chi, "in teoria", portava la gobba.

"Bene, bene, che gobba abbiamo qui! Molto strana... Sembra fatta di lardo o qualcosa del genere: che c'è, indossi per caso un bustino per tenerti su la pancia, ma che poi è esploso sulla schiena? Bene: abbiamo due effeminati del cazzo in un solo giorno, di cui uno ha pure una gobba fatta di ciccia! Gobbo e palla di lardo: una palla di gobba, insomma! Ho deciso ufficialmente: d'ora in poi sarai chiamato "Palla di Gobba"!

Non si poteva dire se quella sfilza di insulti fosse peggiore per Banna o Clupin; quello che era certo, però, è che fu Clupin a perdere maggiormente le staffe:

"By jove... You trash-talking fool..." Sussurrò il goblin a denti stretti. "May you vomit blood from your dirty mouth..."

"Clupin, non ti ci mettere anche tu..." Lo rimproverò l'omone, sconsolato. "Abbiamo già affossato ogni forma di buona creanza sotto i colpi di un turpiloquio senza precedenti..."

Clupin scosse la testa per un attimo, per riprendersi del tutto. Prese poi un lungo respiro e parlò con molta più lucidità e sangue freddo:

"Hai ragione, amico mio. Ma qui la situazione si complica... se non ricordo male, questo volgare soldattaccio ha la fissazione per la pulizia delle sfere... e se mi ha scambiato per un oggetto rotondo, allora vuol dire che potrebbe anche voler controllare se presento qualche traccia di sporcizia... La fine della nostra copertura, per essere sintetici".

"Cosa facciamo, allora?"

"Ascolta, ho avuto un pensiero nient'affatto male, ma devi agire con tempismo eccezionale affinché vada in porto. Lo vedi il matto con il sombrero alla tua destra? Ora..."

La conversazione si ridusse ad un bisbiglio ancora più flebile, ma continuò quasi come una cantilena. Un paio di matti vicino storsero la bocca udendo un suono simile; il nostro capitano, invece, non compreseuna beata mazza. Quello che però Clupin aveva intuito bene era la fissa di Artemanno, che venne esternata in un altro ordine:

"Palla di Gobba! Ti ordino immediatamente di levarti quel lercio mantello che ti porti appresso e di mostrare la ragione per cui ti ho affibbiato questo geniale epiteto! E se non mi obbedirai entro cinque secondi, trasformerò la sfera che ti porti appresso in un pallone da basket! Uno... due... tre..."

"Uhahahahhaha... Grarrggghhh... Urrrgggh... Blablbblala.... Uhuhahahahah..."

Banna grugnì con lo strano miscuglio di imbecillità e rispetto di prima; eppure, prima di terminare la frase, si accese nei suoi occhi, sia letteralmente che figurativamente, una vispa luce negli occhi.

"Signor... capitano... dei miei stivali!"

In maniera totalmente repentina, lanciò il proprio mantello contro il volto del suo stesso comandante, e Clupin, rivelato ormai alla scena, balzò sulla preda con un soddisfatto Banzai.

"Cosa diavolo... ma che sta succedendo... tradimento.. tr... TRAD... mmmff.."

Il ladro goblin aveva infilato, con un calcio volante, il panno appena lanciato in quella bocca di latrina che aveva il capitano. Mentre questi rantolava, quasi strozzato, gli sfilò dalla giubba la tanto bramata medaglia con un lesto colpo di mano. I matti osservarono questa scena inclinando lievemente il capo e sorridendo in maniera inebetita.

"Caugh.. Caugh... Arrrgghhh!! BASTARDI FIGLI DI CADORNA E UNA TROIA!!!"

Il demone aveva strappato con i denti la stoffa in eccesso, ingoiando il resto del mantello. Clupin, tornato sulla spalla dell'amico velocemente quanto era saltato, zampettò un poco dileggiando il suo avversario.

"Dico a lei, signor Artemanno, che, rispettosamente parlando, lei è un insulto al buon nome delle forze armate , oltre ad essere, mi concedo di dirlo, almeno tre volte più idiota anche del lobotomizzato più grave qui presente. By jove! Dovrebbero strapparle quelle medaglie e fonderle davanti ai suoi occhi per farci qualcosa di più utile: una lattina di birra, ad esempio, sarebbe perfetta..."

Nessuno poteva classificare quanto il capitano stesse schiumando dalla collera: facendo qualche stima, avrebbe potuto riempire quattro damigiane, tre botti e una vasca da bagno con la propria rabbia.

"Grrarrghhh...  IO- VI- SQUARTTOOO!!!"

Agitò in aria , quindi, il bastone come una frusta. Dalla sua punta partì un fiotto di energia che, similmente ad una sferza, schioccò contro il duo. I nostri, tuttavia, erano già pronti ad una simile evenienza, e Banna evitò il colpo catapultandosi dietro al pavido con il sombrero.

Il poveretto, troppo spaventato o distratto per accorgersi del colpo imminente, rimase immobile mentre la sferza calò sul suo enorme copricapo. Nel giro di qualche istante, molta della paglia che formava il cappello si incendiò, mostrando al mondo intero il volto dell'uomo; un volto, che incredibile a dirsi, era quello di un grifone bruno.

"Cosa?!?" Esclamò stordito Artemanno, sorpreso sino all'inverosimile. "Un grifone nella mia truppa? Questa è bella! Uccellino, ti ordino immediatamente di agguantare quei due piccioni che stanno scappando!"

Ma il grifone non lo ascoltò; fissò invece il suo interlocutore con uno sguardo stralunato, eppur pieno d'odio, feroce come quello di un rapace.

"Hai distrutto il mio sombrero... il mio sombrero... il mio sombrero...  IL. MIO. SOMBREROOOO!!!!!"

Ciò che accadde dopo fu troppo confusionario da poter essere descritto in pieno. E' possibile, comunque, comprendere che l'uomo dalla testa di uccello si era avventato sul demone, tirandogli prima un calcio negli attributi, poi beccandolo ripetutamente negli occhi per, in generale, usarlo come un battipanni. Gli altri matti, seguendo il suo esempio, abbandonarono ogni remore e incominciarono a darsi botte da orbi.

La fuga di Banna e Clupin poteva dirsi un vero successo: a loro spettava la fuga e il bottino; al capitano, invece, una degenza al Policlinico Umberto XXL molto, moltoooo lunga...

 

 

*****************



****

"Eeemm... salve, professore..."

La biblioteca del castello era stata ricavata da uno stanzone immenso: conteneva dozzine di enormi scaffali, posizionati in modo simile a delle mura di labirinto. Per queste ragioni, Anko non si aspettava certamente di incontrare, al reparto Erbologia, proprio il suo vecchio insegnante di Storia dei Manufatti Antichi all'Università delle Arti Arcane, l'eccentrico, seppur ai suoi occhi così dannatamente geniale, professor Orochimaru.

Nel vederlo ancora vestito con la sua vecchia toga da docente, nera e ornata da un fazzoletto di seta, mentre prendeva e sfogliava un antico e polveroso tomo, il suo cuore ebbe un sobbalzo. E sobbalzò anche il suo corpo, facendole emettere un piccolo singulto.

Lo studio, accortosene, si girò e, nel vedere Anko, incurvò gli angoli della bocca in un grazioso sorriso.

"Anko! E' passato molto tempo dall'ultima volta che ci siamo incontrati. Sono davvero contento di incontrarti qua, in questo tempio del sapere".

"Professore io..." la giovane maga gli rispose. Dall'imbarazzo non riusciva a tenere gli occhi alzati. "Anche io... sono felice di vederla".

"Professore? Dai su..." disse in modo bonario "sai che non sono più il tuo insegnante da circa un anno; da quando ti sei laureata "cum laude" l'anno scorso".

"Ehehehehe... è vero... già... eheheheheh... eheheheheh ..."

L'impaccio portò Anko ad una serie incontrollata di risatine di circostanza, che nemmeno lei riusciva a controllare. In quel momento avrebbe voluto sotterrarsi; eppure, Orochimaru non le fece pesare nulla, e proseguì il dialogo con naturalezza".

"Comunque, il nostro corpo ha bisogno di essere nutrito tanto quanto il nostro spirito. Ho deciso di studiare questo volume riguardante la non-vita".

Mostrò lo strano volume, rilegato una sorta di pelle squamosa, forse di rettile, e ornato ai bordi di una cornice rettangolare in oro massiccio. Dello stesso materiale era inciso il titolo: Tra vita e non vita: i non-morti nella storia di Konohamere.

"E' interessante come libro, specialmente nella precisione e ampiezza dell'analisi. Dì un po'... ti andrebbe di studiarlo e discuterlo alla caffetteria, magari davanti ad un buon boccale di birra di radice?"

"Sì, mi piacerebbe molto".

Anko pronunciò queste parole in maniera totalmente spontanea, né languidamente affettata, né certo come un blocco di ghiaccio. Il professore aveva scelto proprio lei per uno dei suoi studi: chissà in quali meraviglie magiche si sarebbero tuffati... forse anche in quelle di natura molto meno spettacolare, ma non certo meno straordinaria...

****
"Argghh... Arrgggh..."

Mentre una scarica elettrica le percorreva il corpo, Anko dovette tornare alla realtà. Alla visione di lei e dell'incontro che diede inizio alla sua storia con Orochimaru si sostituì, a poco a poco, la visione di una cabina, stretta ed oscura. Alla sua vista, meno sfuocata, si offrì la figura di un scheletro non-morto, vestito come un chirurgo durante un'operazione delicata, seppure in maniera orribilmente parodica: la maschera era lacera e contusa e il camice era sostituito da una tunica di lino slabbrata in più punti. I guanti, infine, erano di colore tendente al nero, con tanto di borchie metalliche appena sopra le nocche.

Questo strano dottore, poi, si distingueva dagli esponenti della sua professione per l'arnese che aveva in mano: uno strano bastoncino metallico terminante con una piccola pinza, tra le cui estremità sfrigolava una piccola corrente.

"Bene, bene, il paziente si è svegliato dal mondo dei sogni..."Osservò, osservando bene la vittima con occhi spenti, da vero cadavere. "Sicuramente il paziente ha dimostrato grandissima resistenza mentale e fisica a tutti i trattamenti usati per estrapolare una confessione soddisfacente..."

Anko sorrise, venendogli quasi da sputare. Sentiva dolori in tutto il corpo e l'occhio destro era talmente gonfio da non permettergli quasi di vedere. Non sapeva da quanto stesse durando quella tortura; potevano essere giorni come pochi minuti. Eppure, fu contenta che, rifugiandosi in fantasie migliori, fosse riuscita a mantenere ogni segreto chiuso come si deve.

Lo strano interrogatore-dottore, però, non sembrare turbarsi affatto. Si avvicinò flemmaticamente ad un cassetto aperto alla sua destra, poco distante dalla sedia in ferro dove Anko era incatenata, e vi frugò per un poco. Ne estrasse una strana siringa in simil-plastica, che conteneva del fluido di colore violaceo.

Dopo aver estratto l'ago, lo infilò nelle vene del polso della vittima. Mentre liquido entrava nel corpo di Anko, questa sentì una vertigine bizzarra, una sorta di senso d'oppressione che le sembrava invincibile, e di cui si doveva assolutamente sfogare.

"Il paziente non si illuda di poter sfuggire alla confessione fatale e totale. Quello che le è stato somministrato è siero della verità". Spiegò l'interrogatore in tono asettico, seppur incalzante. " Si consideri onorata che io abbia usata una sostanza così rara e difficilmente reperibile per farla confessare. Adesso, lei sarà costretta a rispondere con assoluta sincerità ad ogni mia domanda.  Per iniziare: dove sono accampate le forze di seguaci della Luce?"

"Ora, non ne ho idea..." Disse Anko, costretta a parlare dalla sostanza che aveva in corpo.

"Allora, paziente, mi riveli cosa sa della loro posizione".

"So che si erano accampati a Nord-Est della Foresta Incantata, ma che avevano in mente di proseguire per le rovine del Castello di Konohamere. Dopo l'attacco di Angmar alla Foresta Incantata, ho perso totalmente le loro tracce".

"Perfetto. Vuole il paziente rivelarmi quale è lo scopo delle forze della Luce, e quali mezzi vorrebbe ottenere per raggiungerlo?"

"Vogliamo distruggere le forze oscure che minacciano e opprimo questa terra, e per farlo abbiamo bisogno della Pietra di Anubi. La Luce aveva prescelto Sasuke Uchiha per tale missione".

Per un attimo la completa mancanza di emozioni dell'interrogatore si sfaldò, mostrando segni di una compiaciuta soddisfazione mentre incrociava le dita.

"Perfetto, assolutamente perfetto... I miei e presto i nostri padroni saranno entusiasti di informazioni così preziose. La ringrazio: mi è stata utile per la causa.. E, giusto per pura curiosità, adesso, come si sente?"

"Effettivamente... mi sento meglio".

Il siero della verità non poteva aver fatto cilecca: Anko era totalmente rilassata e padrona di sé. Persino sorrideva, e ciò scosse l'interrogatore non poco.

"Eh... eh... dica" Iniziò quello a balbettare. "A cosa è dovuta questa sua calma interiore? Ha forse accettato il suo destino".

"Assolutamente no: sono tranquilla, ma solo perché presto fuggirò da qui".

"E... come penserebbe di scappare?"

"Innanzitutto, intrappolerò lei con i miei poteri di manipolazione della natura. Poi aprirò un varco nella nave e fuggirò via. Ma, se mi permette, posso farle io una domanda?"

"Beh... d'accordo". Il dottore era rimasto sorpreso da una richiesta così inusuale; ciononostante, l'aveva in pugno, quindi non trovò ragioni per non dare ascolto alle sue farneticazioni ed inventare menzogne.

"Angmar... è davvero andato via?"

"Sì... il mio signore è volato dalla nave per svolgere compiti di massima urgenza e segretezza. Ma dica: per quale ragione vuole sapere tutto ciò?"

"Perché adesso so che è il momento giusto per una fuga in grande stile, babbeo!"

Un lampo di trionfo si accese negli occhi della strega, mentre lo sguardo del nemico si riempì d'orrore: il pavimento sotto di lui parve deformarsi ed ergersi, come fosse formato di vita propria, sino a generare dei viticci che gli si attaccarono alle gambe, immobilizzandole. Parte di questi rami, inoltre, arrivarono sino ai lucchetti delle catene poste sul retro dello schienale. Infilandosi nelle serrature, le sbloccarono con un clangore strano, liberando la prigioniera.

"Devo dire, dottore, che è stata una chiacchierata piacevole. Spero solo di non farla mai più".  Schernì Anko, mentre si toglieva le catena e si alzava dalla sedia. Osservò le assi di legno che formavano il pavimento ed impose i palmi delle mani verso di esse. In un attimo, il pavimento della nave si deformò, aprendosi come una bocca, creando un' apertura lungo tutta la nave.

"Eh no... no... no.. nonononononononononoNO!"

Il dottore aveva completamente perso tutta la flemma di prima, entrando in un vero stato di panico. Preso da nuova rabbia, generò dei fili di energia dalla mano libera, identici a quelli della Strega delle Zucche, che attecchirono, nel mucchio di bisturi, agli arnesi da chirurgo. Ne alzò così una manciata e li lanciò contro la strega, diretti alla nuca; ella però, senza nemmeno voltare lo sguardo, deformò ancora il pavimento di legno, in modo tale che una nuova protrusione parasse tutti i proiettili improvvisati.

"Cavolo... pure la tecnica di mia sorella, no!" Esclamò. "Sempre tra i piedi mi capita quella feticista delle zucche... Ma non pensiamoci: quello che conta, per ora, è scappare".

 Osservò ancora il buco del pavimento: da esso era visibile , immersa in un cielo crepuscolare, una landa color cenere, intervallata di torrenti e rigagnoli di lava, e a volte da veri e propri fiumi. Su ad uno, più gonfio degli altri, notò un gruppetto di persone navigare in direzione della fortezza.

Amici miei... siete voi... Sì sentì pervadere dalla gioia. Combattete egregiamente la vostra battaglia. Vi prometto che farò tutto il possibile per darvi una marcia in più.

Dei segni neri incominciarono ad affiorare sulla sua pallida pelle ancora una volta, diffondendosi a macchia d'olio. Senz'aspettare che questi coprissero tutto il suo corpo, prese un bel respiro e si tuffò nel vuoto.

 


***************

 

 

"Orbene... direi che stiamo arrivando, amici miei".

La voce di Kukulann, calma eppur stentorea, risuonava nell'aria rovente. Il Demone del grano si trovava in piedi, appoggiato con una mano sulla prua di una barca. Dietro di lui erano seduti Gozu, Sasuke e Sagiri, il quale, vestito da pirata, borbottava strane frasi in gergo marinaresco.

"Arrggh... corpo di mille lapilli! Chi avrebbe detto che avremmo condotto la nostra barca proprio su delle acque di roccia roventi come la bocca dell'Inferno. Grarrgghh!!"

Sasuke sorrise senza nemmeno commentare l'atteggiamento da pirata: in fondo, risultava persino normale rispetto al vortice di bizzarrie e follie da scrittore di fanfiction allucinato in cui era stato trascinato negli ultimi giorni. Non all'ultimo posto risultava in questa ipotetica classifica la sua traversata, compiuta su un vero e proprio fiume di lava a bordo di una semplice imbarcazione di legno; su di essa, tuttavia, era stato spalmato il miracoloso olio di Gamabunta.  Il calore della roccia fusa si avvertiva con forza, ma, grazie alla protezione data dalla sostanza che avevano spalmato circa dappertutto, se stessi inclusi, non era comunque letale.

"Hai ragione, Sagiri". Affermò Kukulann, più serio. "Ad ogni minuto che passa, il flusso di questa lava ci sta portando sempre più vicino al Castello di Konohamere, dove le forze nemiche brulicano e spargono devastazione ogni dove. A giudicare di ciò che dalle informazioni che ci hai mandato, Gozu, direi che la fortificazione è circondata da una flotta di navi volanti, che ancora proseguono il bombardamento".

"Esattamente". Confermò Gozu. "Una flotta gigantesca è stata allestita per la distruzione del castello, mentre un esercito di demoni, non-morti ed altre mostruosità del genere pattuglia la piana circostante. Fortunatamente questo varco naturale, circondato da lava, non dovrebbe avere guardie o spie... ma stiamo bene il guardia: non abbiamo comunque idea di cosa ci possa aspettare".

"Arrrrgghhhh!! Non vi preoccupate, amici miei!" Rise Sagiri, ben più gioviale nella sua parte di pirata. "Adesso che sono un capitano ufficiale con tanto di attestato, posso esservi di ancora migliore aiuto. Dunque... vediamo un poco..."

Ritornò ad un atteggiamento più serio e controllato mentre alzava la benda. Le rune del suo occhio magico parevano brillare.

"Mmmm... sul lato orientale non vedo spie o nemici nei paraggi; oltretutto, non mi pare di rivelare ostacoli naturali lungo il nostro tragitto. Per essere del tutto sicuro, però, mi servirebbe una panoramica anche del lato occidentale. Sasuke, Al Kyubi, non è che potreste usare le vostre visuali a tal scopo?"

"Assolutamente sì". Annuì il nobile, con il proprio Sharingan attivo. "Sempre però che mister brontolo che non scuce più una parola sia d'accordo..."

"Io può essere depresso, ma no sordo". Rispose il genietto, acido. "Comunque, io no ha percepito presenze negative. Tu comunque guarda tutto, se ti pare".

"Lo farò... maleducato del cavolo..."

Sasuke era piuttosto amareggiato, se non addirittura arrabbiato, che il suo ciarliero amico si fosse trasformato, tutto d'un tratto, uno scorbuto petulante. Purtroppo, tempo per curare le relazioni interpersonali ne aveva poco: per ora, si doveva occupare di osservare eventuali nemici.

Concentrò la propria visuale sulla parte orientale, cercando di cogliere il benché minimo movimento, ogni più piccola intrusioni. Sembrava, inizialmente, che questo suo sforzo gli stesse provocando un capogiro e delle strane allucinazioni luminose; tuttavia, dovreste aver capito che si trattava di un viaggio oltremondano verso la Sala degli Eroi.

"Cosa... cosa..." Si domandò il nobile chiese sempre più incessantemente. "Cosa accadrà adesso?"

Mentre rimuginava pensieri e faceva ogni possibile congettura sul dono e il donatore che avrebbe incontrato, osservò che l'oltretomba appena materializzato sembrava più luminoso che nelle ultime visite. Camminando nelle antiche sale, andò alla ricerca di questa strana fonte di luce.

La trovò alla fine del lungo corridoio delle raffigurazioni di eroi. Era bianca e informe, simile ad un sole acceso. Da questa parve partire una voce che Sasuke riconobbe immediatamente: era dello stesso timbro caldo che aveva udito alla Foresta Incantata, e che gli aveva dato forza quando tutto sembrava perduto.

"Eravate voi... Sempre voi..." Realizzò, talmente attonito da restare con gli occhi spalancati. "La Luce... siete voi..."

"Esattamente, Sasuke". Rispose la Luce. "Ora, è arrivato che io e te facciamo qualche discorsetto. Ma forse questa forma è troppo bizzarra per un mortale..."

La forma globulare della Luce si deformò, divenendo al contempo meno luminosa. In un lampo, i due videro seduto sul trono un enorme omone dalla pelle candida, con i vestiti da vichingo, specialmente per la pelliccia e i pantaloni in pelle (e pelliccia) di orso polare.  Indossava poi un elmo da guerra, terminante con due vistose corna di toro e due paraocchi che, effettivamente, parevano renderlo cieco.

Non potendo fare a meno di pensare a quanto sarebbe stato meno bizzarro parlare con una sfera infuocata, ma tenne le proprie considerazioni per se e si inchinò con estrema reverenza.

"Signore di tutti i miei signori, sono onorato oltre ogni dire di fare la vostra conoscenza di persona... io... un..."

"Un patetico codardo molliccio senza spina dorsale, che effettivamente trova il mio costume da vichingo ridicolo?" Lo interruppe il dio, in maniera talmente brusca da lasciare lo scheletro esterrefatto.

"Ma... ma... come? Come?"

Luce interruppe questo balbettio alzando la mano in modo imperioso.

"Sono una divinità semi-onnipotente in grado di tenere in riga non hai idea quanti mondi nell'intero universo, e credi che non riesca a leggere nel pensiero di chi ho di fronte? Qui, poi, siamo nel mio regno, dove sono al massimo del mio potere; non certo come sul vostro pianeta..."

"Non siete al massimo del vostro potere?" Chiese Sasuke, notevolmente incuriosito.

"Sì..." Rispose l'interlocutore, abbassando il braccio con svogliatezza. "Esistono leggi universali che impediscono a me e mio fratello di avere pieno potere sulla realtà; non ci fossero, e l'universo intero finirebbe divorato da un'apocalisse senza fine. Brutta prospettiva, no? Ma non è dei miei problemi che stiamo parlando: è di te che tutti devono dire. Vedi, Sasuke, la gente ha una brutta opinione, sul tuo conto". L'essere si alzò dal proprio scranno, avvicinandosi all'interlocutore; invece di camminare, però, levitava leggero nell'aria di quello strano paradiso. "Io, però, sono leggermente diverso: certo, penso anche io che, senza il mio aiuto e quello di tanti altri, non saresti avanzato di un palmo dal tuo tragitto; tuttavia, chiamarti Faccia da Bersaglio mi sembra una cosa un poco eccessiva... ma nemmeno tanto..."

"Faccia da Bersaglio?"

In quel momento Sasuke rifletteva mentalmente su chi, vivo o morto, avesse potuto affibbiargli un nomignolo del genere; venne quasi subito interrotto dalla Luce, però, che proseguì.

"Sì, sì, Faccia da Bersaglio, Monocolo Ridicolo, Demente Camminante... Strano che nessuno ti abbia mai chiamato così: io lo faccio sempre! Ma bando a queste idiozie: posso dirti che, come al solito, le tue peripezie stanno tutt'altro che per concludersi; anzi, ti dico che il peggio deve ancora venire..."

"Perfetto..." Il nobile abbassò le braccia e levò gli occhi al cielo (anche se non ve ne era bisogno). "Avete anche il potere della preveggenza?"

"Posso vedere stralci di futuro. E quello che ho visto è un mare di guai... e di ottima salsa chili, se tornerai vittorioso. Se però hai già fame di roba piccante, questo ti aiuterà a scaldare la situazione..."

L'essere luminoso toccò con il palmo delle mano la cassa toracica dello scheletro, in prossimità di dove era collocato il cuore. Sasuke avvertì un calore fortissimo, ma piacevole come quello di un abbraccio, pervadergli ogni fibra ossea del suo corpo. Il suo stesso corpo si illuminò quasi della stessa lucentezza della divinità di fronte, quanto più l'energia si faceva forte. In un attimo, un getto di luce sfrigolò dalle mani, generando, per un istante, un bagliore.

"Ma cosa..."

Sasuke non riusciva a capacitarsi del suo cambiamento, se non che non fu estremamente repentino; in un attimo, tutto ritornò normale, con Luce che lo "guardava" nell'occhio.

"Hai ricevuto molti e importanti aiuti nella tua missione, ma di altro ancora hai bisogno: questo è parte del mio stesso potere divino, quello di incanalare la tua energia nelle mani in energia luminosa. Si tratta di un'arma perfetta per friggere demoni, sebbene non ti consiglierei di usarla sul bucato: lascia brutti segni di bruciato".

"Io... io... non trovo parole". Il nobile si inchinò ancora, in segno di rispetto. "Vi ringrazio infinitamente per la vostra benevolenza".

"Aspettate... Io pensa che qualcosa non torna... qui tu sa... tutto...? Anche quello...?"

Fu Al ad uscire dal proprio silenzio, questa volta, e lo fece alludendo a qualcosa di misterioso mentre si grattava il mento. Sasuke roteò l'occhio nella pupilla, non comprendendo nulla; la Luce, da parte sua, aveva invece afferrato al volo ciò che il genietto intendeva.

"Se per caso mi stai chiedendo se le tue supposizioni sono corrette, allora è così. Il pericolo che dovrete affrontare sarà proprio quello..."

"Proprio quello? Proprio... quello?!?" Al torse gli occhi ed indietreggiò, tremando dalla collera. Poi continuò, inveendo:

"Che razza di dio semi-onnipotente è tu? Tu ha gettato noi in braccia di morte! Noi no ha possibilità contro nemico del genere, se è veramente Isaribi!"

"Isaribi? Ma, rispettosamente parlando, potreste smetterla tutti e due di parlare per enigmi e rivelarmi una buona volta cosa diavolo sta succedendo?!?"

La richiesta di Sasuke, formulata con scarsa pazienza, smorzò la litigata. Al sospirò e ricominciò a parlare con più calma.

"Immagino che ora io debba rivelare a te tutto: vede io lasciato te all'oscuro perché non volere preoccupare voi inutilmente, ma io... aveva terrore che noi è condannati. Tutti condannati. Vedi... Isaribi no è essere umano".

"Non è un essere umano...? Ma allora... cosa è?"

"Titano del Mare, per la precisione". Spiegò meglio la divinità. "Una razza di creature magiche dotati di poteri immensi, in grado di assumere sembianze umane. L'obbiettivo di Angmar era quello di catturarla per poterne usare le furia distruttiva; obbiettivo che è riuscito a raggiungere..."

Tutto il discorso sulla vera natura di Isaribi apparve chiaro come il sole. Senza riuscire ad emettere nemmeno un suono dalla bocca, il nobile indietreggiò rantolando.

"Isaribi.. una c-creatura simile... è qualcosa che non avrei mai immaginato..." Balbettò, sbigottito sino a barcollare. "E adesso... Angmar ha il controllo su di lei?"

"Esattamente. Tuttavia, non tutto è perduto: ricordatevi che il male si ritorce sovente su se stesso, specialmente chi lo compie è un traditore compulsivo assetato di potere. Quello che avrebbe potuto essere uno scacco matto per la nostra causa potrebbe, invece, rivelarsi un colpo di fortuna senza precedenti. La situazione non è grave come tu ritieni, Al".

"Grazie al cielo..." Il genietto cadde all'indietro nel cranio del suo ospitante, con un tonfo sordo, sospirando. "Per un attimo, io aveva pensato di bloccare nervo ottico di Sasuke per impedirgli di combattere essere magico".

"Ehi?!? Brutto figlio di una..." Gli ringhiò contro lo scheletro, inviperito al pensiero di fare la fine del Cieco di Sorrento senza Sorrento.

"Tu no tocca mia madre con petalo di fiore di loto, CAPITO?" Gli rispose Al Kyubi per le rime.

"Senti, non incominciare, che dopo che ti sei comportato in maniera così cafona, io..."

"BASTA. TUTTI E DUE".

Il tono di voce possente e roboante della Luce, reso ancora più efficace da una sapiente dose di aura di potere puro e riverbero da voce divina, congelò i due all'istante.

"Bene... discuterete a dopo, ragazzi: ora, occupatevi della sfida imminente. Buona fortuna... e mirate al collo".

Le ultime parole della Luce furono a malapena udite: il vortice luminoso che aveva portato il duo nel paradiso offuscò l'intera visuale con un celestiale sfavillio.

Il ritorno durò un battito di ciglia, sebbene la canoa avesse viaggiato senza di loro per un tragitto considerevole: le correnti laviche nel punto navigavano si erano fatte molto meno forti, rendendo agevoli le condizioni per un imbarco.

I due osservavano l'imbarcazione  avvicinarsi ad una riva, spinta da Kukulann, che utilizzò la falce a mo' di remo. Poco dopo, quando erano ormai arrivati, la barca si incagliò, probabilmente su una roccia a pelo del fluido rovente.

"Perfetto, ragazzi". Disse il Demone del Grano. "E' ora di scendere giù. Mi raccomando: olio o no, non vi consiglierei di mettere i piedi nella lava fusa..."

Rapidamente, tutti scesero dalla barca e poggiarono di nuovo i piedi sul polveroso terreno. Il gruppo avanzò in questo breve spiazzo, per poi infilarsi in un tunnel di roccia stretto quanto ripido, da cui si poteva vedere solo il cielo sanguinante.

Mentre tutti attraversavano questo corridoio naturale delimitato da strapiombi, ricordi vecchi di secoli assalirono Sasuke, ma vivi come se fossero di un giorno fa': si ricordava di quando era piccolo e giocava sempre a nascondino con Itachi, o quando usava questa via per fuggire dal Sergente Istruttore.

Nella sua mente non poté che figurarsi l'immagine di lui, di circa otto anni, accoccolato su una roccia, mentre il fratello maggiore, già tredicenne, fingeva di non trovarlo...

"Itachi..." sussurrò, gonfio di tristezza e commozione "ora sono davvero pronto: posso essere un eroe... come te..."

Tornò, però, subito in se, capendo che il loro viaggio era concluso. Alla fine del corridoio, dove esso si allargava ad imbuto, vi era un'entrata incastonata nella parete del burrone. Essa consisteva di una semplice porticina, i cui battenti, così come il pomello, erano corrosi dalla ruggine.

Il Demone del Grano fu il primo ad avvicinarsi all'ingresso. Dalla stessa paglia che componeva il suo corpo estrasse lo stemma a forma di stella nera.

"D'accordo, Clupin, è il momento di vedere se il tuo tocco magico ha funzionato ancora..."

Portò in avanti la medaglia, avvicinandola lentamente, ma in maniera costante alla porta. Arrivata a pochi passi dalla porta, provocò una reazione incredibile: una barriera sottile e quasi totalmente trasparente si manifestò agli occhi di tutti; un velo che ricopriva interamente l'entrata per poi immergersi nella roccia, segno che seguiva perfettamente il perimetro del castello.

Comprendendo bene di essere sulla strada giusta, Kukulann sporse ancora di più il manufatto. Quanto più si avvicinava, quanto più la barriera pareva indebolirsi; pochi passi dopo, ed essa si ritrasse magicamente, lasciando il portone libero.

"Ecco fatto. Ora possiamo entrare... Seguitemi: l'ultimo frammento di Pietra di Anubi è qui vicino".

Senza dire una parola, i guerrieri incominciarono ad avanzare verso l'entrata del castello. In un attimo, però, vennero interrotti da un ruggito improvviso, un mostruoso bramito che pareva essere quello di Godzilla con alcuni echi di Darth Vader.

"Non è possibile..." Gozu sbiancò mentre gli echi di questo rumore si affievolivano. "Ragazzi, devo confessarvi una cosa, riguardo Isaribi. Lei è..."

"Lo sappiamo già". Troncò Sasuke. Era teso come una corda di violino, ma non si permettere distrazioni di alcun genere.

"Giusto". Gli fece eco Kukulann. Poi si avvicinò alla porta e le tirò contro un rapido calcio frontale, spazzandola praticamente via in un mare di schegge.

"Quello che vi basti sapere, se l'intuito non mi inganna, è che i guai che ci aspettano sono grossi; tuttavia, è necessario andare avanti... per il bene di Konohamere. Andiamo".

L'intero gruppo annuì come una sola persona, pronto ad affrontare tutto ciò che quell'antica fortezza fosse capace di scagliarli contro; e non solo quella...

 

 

***************

 


Angolo dell'autore: altra caccia alla citazioni, segnalate in corsivo. Una, però, la devo rivelare: il By jove di Clupin è un'ispirazione degli Aristocratici, fumetto di Ferdinando Tacconi. Inoltre, lo stesso nome Clupin è una fusione tra il famosissimo ladro Lupin e lo zingaro del Gobbo di Notre-Dam, Clopin. Per il resto, se la volgarità di certi dialoghi vi ha offeso, vi chiedo scusa. In mia difesa, vi dico che Hartman non è Hartman senza un po' di insulti da caserma...

  
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