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Autore: xLumosFlame    25/04/2012    2 recensioni
- I COBRA STARSHIP SARANNO QUI IL 28 MAGGIO! - gridai tutto d'un fiato.
Ci fu una pausa. Quando finalmente riuscì ad associare le mie parole al loro significato la sentii urlare un soffocato – Oddio davvero?! -
- Sì e tu vieni con me vero? -
- Ma che domande fai? Che poi non ho un ossessione per Gabe Saporta grande quanto la tua ma un pensierino glielo farei volentieri eh! -
- Beh magari la prossima volta perché prima c'è il mio turno. - dissi io seria.
- Come scusa? - chiese non capendo di cosa stavo parlando.
- Andiamo, non mi lascerò sfuggire questa occasione. -
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Cobra Starship
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 7.

UN MESE DOPO
Arrivammo al Tacoma International Airport giusto in tempo. C'erano stati problemi a far partire la mia macchina, così all'ultimo abbiamo dovuto chiamare mio padre perché ci accompagnasse lui. Perché Alice non aveva ancora la patente? Saremmo potute andare con la sua, ma per una qualche assurda ragione aveva paura di guidare e quella mattina era venuta fin da me in metro con le valigie e tutto, era pazza secondo me. In fin dei conti però era stato meglio farci accompagnare, la mia povera macchinina non mi avrebbe mai perdonato se l'avessi fatta marcire parcheggiata per due mesi in un posto che non era il suo garage accogliente.
Ad ogni modo, il volo per Los Angeles era previsto per le quattro e dieci di quel pomeriggio. Perciò a questo punto avevamo poco meno di due ore per fare il check-in, depositare i bagagli e bla bla bla, mangiare perché stavamo letteralmente morendo di fame e cazzeggiare un po' nei negozi del terminal.
Tutto andò secondo i piani, specialmente durante l'ultima fase dove girammo osservando le borse delle persone chiedendoci chi di loro stesse trasportando serpenti, andammo alla ricerca di un William Beckett con le cuffie nelle orecchie che cantava “So kiss me goodbyyyyyyyyeeee!”, di un Pete Wentz alle prese con una cabina telefonica o ancora meglio di un Gabe Saporta che cantava mentre gli agenti gli passavano i metal-detector addosso, oppure ci aspettavamo di sentire da un momento all'altro la voce di Travie McCoy che annunciava una turbolenza. Sì, di Maja Ivarsson che faceva la puttana con il tipo che controlla cos'hai nel bagaglio a mano ce ne fregava poco. Restava il fatto che eravamo un caso perso, ma questo già si sapeva.
Quando ci imbarcammo eravamo emozionatissime. Non sapevamo davvero cosa aspettarci da quella vacanza, ma di sicuro non saremmo rimaste tutto il tempo a prendere il sole ecco.
Intorno alle sei l'aereo atterrò a LAX. Eravamo sane e salve, fortunatamente il volo era andato più che bene. Il clima poi era perfetto, a quell'ora si stava da dio. Andammo a raccattare le valigie e fare tutto quello che c'era da fare per poi prendere un taxi diretto a Venice dalle parti di Brooks Avenue, dove si trovava la casa.
Non era una di quelle ville strepitose che ti saltano subito in mente non appena senti nominare Los Angeles, ma era comunque un bel posticino. E poi eravamo più vicine alla spiaggia di quanto mi aspettassi.
Superato a fatica il cancello grigio e quei pochi gradini per via della quantità industriale di valigie e borsoni vari che ci eravamo portate dietro riuscimmo finalmente a mettere piede in casa.
L'arredamento mi piaceva molto, era moderno e rendeva la casa ancora più accogliente di quanto già sembrasse. C'erano ampie finestre grazie alla quale quei colori caldi davano l'idea di essere ancora più luminosi.
Girammo un po' anche per il piano di sopra per scoprire le diverse stanze e poi, sfinite, ci accasciammo sul letto della camera da letto principale, quella dove avrebbe dormito lei. Non avevamo proprio voglia di metterci lì a disfare le valigie, volevamo solo riposarci dopo tutto quel viaggio. Che poi alla fine non era stato nemmeno così stancante ma eravamo pigre e andava bene così, un po' di riposo non ce lo negava nessuno.

Ma quando riaprii gli occhi la sveglia sul comodino segnava le 9.40 p.m. Mi girai verso la mia amica e vidi che ancora dormiva. Un rumore proveniente dal mio stomaco mi fece notare che avevo parecchia fame, così mi alzai a fatica dal letto e scesi in cucina. Aprii il frigo ma al suo interno trovai solamente un paio di bottiglie d'acqua. Già, Alice me l'aveva detto che quella sera teoricamente avremmo dovuto fare la spesa se volevamo nutrirci in qualche modo.
- Giuuuuuuuliaaaaaaaa! - sentii urlare dal piano di sopra.
- Oi! - urlai in tutta risposta.
- Dove sei?! -
- Indovina! -
- Tanto non c'è niente in frigo! -
Scoppiai a ridere, mi conosceva troppo bene. La mia fame intanto aumentava e la cosa non mi piaceva. Tornai su con la speranza che Alice si fosse trasformata magicamente in un cheese burger ma la trovai seduta sulla moquette blu che frugava nella sua borsa.
- Cosa cerchi? -
- Il portafoglio. -
- Hai davvero intenzione di andare a fare la spesa adesso? - chiesi con il tono più svogliato che potessi usare.
- Ma ti pare? Però io non resisto a stare a digiuno fino a domani, perciò rimettiti le scarpe che andiamo a mangiarci un trancio di pizza. -
Non me lo feci ripetere due volte e corsi a cercare le scarpe e la borsa.
In poco tempo eravamo fuori casa, con l'aspetto di due barbone ma questo non aveva importanza, volevamo solo del cibo. Non sapendo dove andare decidemmo di raggiungere la spiaggia, sul lungomare ci sarebbe sicuramente stato qualche bar.
Infatti poco più in là ne trovammo uno, poi con diverse focacce, pizzette e lattine in mano andammo ad accamparci in riva al mare.
Ad un certo punto le prime note di “Misery Business” dei Paramore ci fecero spaventare, ed Alice si ritrovò a parlare al telefono con sua madre tutta arrabbiata e preoccupata perché non aveva più avuto notizie di noi. A quel punto sbiancai e mi resi conto che nemmeno io avevo avvertito i miei; mi feci coraggio e cercai il mio cellulare. Sedici chiamate perse e tre messaggi, bene! Richiamai alla svelta mia madre preparandomi psicologicamente a dover subire il suo cazziatone, chiedendomi se almeno in vacanza potevo vivere un po' in pace.
Quando la tortura fu finita per entrambe ci chiedemmo cosa ne avremmo fatto di noi stesse in quel momento.
- Potremmo andare a casa a guardare un film, sinceramente non ho voglia di girare a vuoto questa sera... - propose.
- Ma per stare a casa potevamo rimanere a Seattle e facevamo prima! Andiamo, siamo qui da cinque ore e ancora non abbiamo incontrato nessun band member, sto cominciando a deprimermi sai? -
- Non è che ogni dove ti giri c'è un personaggio famoso eh! - ribatté dopo aver riso.
- Che peccato... allora vada per il film, però promettimi che domani andiamo a caccia. -
- Promesso baby! -
E detto questo ci avviammo verso casa. A dire il vero ci impiegammo più di mezz'ora perché nessuna delle due ricordava quale fosse la via giusta, ma questa è un'altra storia.

 

 

*****
Siccome la maggior parte delle persone che hanno letto questo capitolo non hanno sfortunatamente la minima idea di che cosa stavo parlando quando descrivevo cosa facevano le nostre protagoniste nell'aeroporto, in questo video troverete le risposte a tutte le vostre domande, enjoy! ;)

Alice.

  
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