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Autore: Blityri    26/04/2012    11 recensioni
Harry Potter è morto. Hermione ha visto il suo corpo tra le braccia di Hagrid. Non ci sono più speranze. Eccetto una : tornare indietro dove tutto è cominciato per fermare Lord Voldemort.
Ma come ha detto Silente, non tutte le guerre si vincono combattendo.
Dall' ottavo capitolo :
“Ho imparato.”
“Da solo?”
“Da solo.”
“Come mai?”
“A volte sei fastidiosa Evans, lo sai?”
“Tu sempre Riddle.” Ribatté lei mentre un’ombra di sorriso illuminava il volto del ragazzo.
Hermione si ritrovò a pensare che preferiva quando lui si dimostrava insofferente nei suoi confronti, o quando sproloquiava sul suo futuro di gloria. In quei momenti era più facile ricordarsi che era un assassino e quanta morte ancora avrebbe causato. In altri momenti Tom Riddle le sembrava così vulnerabilmente umano.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hermione Granger, Tom O. Riddle
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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“And all of the ghouls come out to play
And every demon wants his pound of flesh
But I like to keep some things to myself
I like to keep my issues drawn
It's always darkest before the dawn”1


 

2 Novembre 1944. Hogwarts

Un’ombra era calata cupa su Hogwarts, insinuandosi furtivamente all’interno del castello ed elevando tra gli studenti muri di paura e sospetto. Di nuovo e troppo presto Silente si ritrovò ad ammettere che la scuola non era un luogo sicuro, c’era una falla che nessuno di loro era riuscito ad arginare, una crepa che allargandosi avrebbe trascinato tutti loro in una spirale di morte. E il loro più grande e sottovalutato fallimento si trovava in quella stessa stanza, seduto davanti al preside. Tom Riddle guardava davanti a sé, gli occhi sfuggenti e segreti, e non diceva nulla.
Con un sospiro distolse lo sguardo dal mare di nebbia  fuori dalla finestra e riprese a prestare attenzione alle parole di Armando. Il preside era convinto che c’entrasse Grindelwald aveva riconosciuto il simbolo, nessun altro avrebbe rischiato di scatenare la sua ira firmandosi in quel modo, doveva essere tornato in Inghilterra. Il suo ragionamento era irreprensibilmente logico ma Silente sentiva che si stava sbagliando, aveva conosciuto Gellert abbastanza bene da poter affermare che quella messa inscena non fosse nel suo stile. Era un raffinato cultore della bellezza, lo era sempre stato, e non avrebbe mai deturpato in quel modo una creatura tanto delicata come una sirena. In più fonti sicure lo davano nascosto come un topo in un bunker in Germania, troppo lontano dunque per riuscire ad intrufolarsi ad Hogwarts. Sospirò di nuovo, non riuscendo a lenire con questi razionali pensieri il suo strisciante senso di colpa, chiunque fosse stato rimaneva sul corpo tumefatto di quella povera sirena il simbolo di Gellert, e lui non si sarebbe mai, mai perdonato il fatto di non averlo fermato quando ne aveva avuto l’occasione.
L’amore l’aveva portato a commettere uno dei suoi più grandi errori, lo aveva reso cieco e in balia dei folli piani di Gellert. Passione e desiderio di gloria erano stati per lui un miscuglio letale, ma la sua punizione lo era stata ancora di più e avrebbe portato la sua croce fino alla fine.
Il suo sguardo si posò sul giovane Tom, i cui lineamenti erano modellati in un’espressione di neutra apprensione, e pensò che con il suo disprezzo verso chiunque altro si era in qualche modo precluso quel genere di errori, ma forse ne aveva commessi di ben peggiori.
Di fianco a lui stava seduta Hermione Evans, rigida e fremente sull’orlo della sedia, che fissava ora il preside ora Tom senza dire una parola. Silente si stava convincendo che lei sapesse ben più di quello che dimostrava, ogni suo muscolo era contratto, sapeva ma non voleva parlare.
L’amore con lei aveva fatto un buon lavoro, per i suoi amici aveva deciso di tornare indietro per cambiare il futuro, lasciando ogni cosa con la consapevolezza che avrebbe anche potuto non esserci un ritorno. Più volte si era ritrovato a chiedersi perché il suo io del futuro avesse pensato a lei, certo era brillante, era coraggiosa, ma sarebbe bastato quello a bloccare la falla, a riparare la crepa?
Silente fece un passo verso di loro, con circospezione. Per quanto disperata la situazione sembrasse aveva notato degli impercettibili cambiamenti in Tom, niente di eccezionale ovviamente, ma c’era qualcosa di diverso in lui, c’era dell’interesse. Interesse verso qualcuno che non fosse se stesso, verso un’altra persona o più presumibilmente i misteri che nascondeva. Vago e indistinto certo, ma abbastanza da seguire la ragazza con lo sguardo quando non era con lui, da sedersi di fianco a lei a lezione. Queste sottigliezze non erano sfuggite all’occhio attento di Silente, e anche in quel momento notò che il corpo di Tom era leggermente inclinato verso quello della ragazza, tanto che le loro spalle si sfioravano. Dettagli certo, ma si sa, Dio è nel particolare.
Si passò una mano sulla barba che stava diventando sempre più lunga, un memento per il suo errore, l’avrebbe tagliata solo se e quando gli avrebbe mai posto rimedio.
“C’è qualcosa Tom, qualcosa che vorresti dirci?” chiese Silente, nonostante conoscesse già la risposta del ragazzo.
Il tagliente grigio dello sguardo di Tom lo trapassò e le sue labbra si stirarono in un accenno di sorriso compiacente, lasciando vedere i denti.
Silente era sempre stato affascinato dal fatto che quello che era universalmente riconosciuto da tutte le creature come un segno di avvertimento, fosse diventato per gli uomini un mezzo per esprimere la propria empatia. Ma non per Tom Riddle, il suo sorriso sembrava anticipare un cupo ringhio, un avvertimento al pericolo che teneva celato dentro di sé.
“Continua a farmi questa domanda professore, e la mia risposta non cambia. Perché dovrei dirvi qualcosa?”
La mente di Silente ritornò all’anno precedente, quando  si trovava in quella stessa stanza con lo stesso ragazzo davanti, il cui viso era allora deformato da una rabbiosa impotenza. Dovevano credergli, continuava a ripetergli con fare ossessivo, aveva trovato il colpevole, la scuola non avrebbe chiuso.
Gli avevano creduto e si erano pulite le mani sporche del sangue di quella ragazza sulla vita di un altro studente. La soluzione era facile e la crepa sempre più profonda.
“Dopotutto sei il Caposcuola, è lecito pensare che tu possa essere a conoscenza di cose che noi ignoriamo.”
“Non so niente professore.” Concluse Tom, mentre Hermione storceva la bocca.
I loro sguardi si fronteggiarono in una muta battaglia. Silente sapeva che il ragazzo stava mentendo e Tom conosceva quello che il professore era riuscito ad intuire. Un baratro insuperabile tra i due, un combattimento che aveva solo perdenti.
“In ogni caso la sorveglianza sarà raddoppiata.” Si intromise il preside Dippet. “ Gli insegnati prenderanno parte alle ronde notturne, faremo in modo che tutti i corridoi siano illuminati e che ogni ingresso, ogni finestra, ogni spiffero sia controllato. Se Grindelwald è là fuori non riuscirà ad entrare.” Concluse liquidando i due ragazzi con una mano.
Tom abbassò gli occhi educatamente e si alzò seguito da una titubante Hermione, mentre Silente faceva un passo indietro continuando ad osservarli.
Il ragazzo si alzò in fretta, si diresse verso la porta e, inaspettatamente, fece un passo di lato lasciando uscire prima la ragazza, poi venne inghiottito dall’ oscurità del corridoio.
 “Non è carino da parte tua Albus, metterlo sempre sotto pressione. Dopotutto Tom ci ha già aiutato una volta.”
Silente lo superò, senza una parola.
“Cosa diremo ai ragazzi, Armando?”
Il preside serrò la mascella. “La scuola è sicura. Se c’è qualcuno di pericoloso là fuori verrà presto catturato.”
E se il pericolo fosse stato all’interno, come avrebbero fatto ? Ma Albus non esternò le sue preoccupazioni.
“Se non ti dispiace mi ritirerei adesso, sono molto stanco.”
“Oh certo, certo. Vai pure, in ogni caso alcuni Auror saranno qui a momenti, discuterò con loro sul da farsi e poi ti informerò.”
Lui chinò la testa ed uscì dallo studio, lasciando il preside affannarsi nel cercare risposte.
A passi veloci attraversò i corridoi esageratamente illuminati, incontrando alcuni prefetti e Galatea che li pattugliavano con estrema precisione.
Silente scosse piano la testa, attanagliato dall’impotenza, mentre varcava la soglia delle sue stanze, scarsamente illuminate.
Il suo respiro si mozzò e i suoi arti si immobilizzarono alla vista di un’indistinta figura di uomo, seduta alla sua scrivania.
Gellert, gli sussurrò il suo cuore ma era da tempo che lui aveva smesso di ascoltarlo e, mentre l’uomo si alzava avvicinandosi velocemente, con un cenno della mano illuminò la stanza.
Gli occhi di Silente incontrarono così quelli verdi, cerchiati di blu, dell’intruso. Il suo sguardo era dolce e stanco e le sottili rughe ne accentuavano la malinconia. Non era Grindelwald.
Gli tese la mano. Una stretta decisa.
“Alastair, da quanto tempo.” Sussurrò Silente, sorpreso.
L’uomo continuò a tenergli la mano. “Secoli professore, secoli.”
Silente lo invitò a sedere e con un colpo di bacchetta mise dell’acqua a bollire, era sempre il momento giusto per un buon tè, poi si accomodò a sua volta.
“Dopo tutti questi anni, direi che è giunto il momento di iniziare a chiamarmi con il mio nome, che ne dici?”
Gli occhi dell’uomo sorrisero, e lui notò delle lunghe cicatrici rosse lungo il collo, nascoste in parte dal cappuccio blu.
“Le vecchie abitudini sono dure a morire.”
Silente lo osservò con attenzione quasi paterna, era stato uno degli alunni dei suoi primi anni di insegnamento e gli faceva impressione vederlo così invecchiato, il nero dei suoi ricci stava iniziando a tingersi di grigio.
“Non credevo avrebbero mandato te, non hai cose più importanti da fare sul continente?” chiese, mentre due tazzine fluttuavano verso di loro.
L’uomo non rispose subito, ma sorseggiò per qualche istante il tè, che sembrò dargli qualche forza.
“Dopo la mort…” si interruppe subito, chiudendo gli occhi. “Dopo l’ultimo attacco non abbiamo fatto molti progressi, siamo ad un punto morto.”
Silente annuì comprensivo.
“Ad essere sincero, credo mi abbiano voluto allontanare da lui, sai le solite stronzate per cui il privato non deve interferire con il lavoro.”
“Capisco. Mi dispiace per Richard, era un grande uomo.”
“Già.”
I minuti successivi passarono silenziosi, scanditi solo dal ticchettio di alcuni orologi che davano il ritmo ai pensieri dei due uomini.
“Armando ti aspetta da lui.”
“Volevo prima vedere te. Volevo sentire cosa ne pensi di questa faccenda.”
“Hai visto il corpo?”
“Gli ho dato un’occhiata qualche minuto fa. E te lo devo dire Silente, non è per niente il suo stile.”
Albus posò la tazzina smaltata di verde. “È quello che penso anche io.”
“Troppi altri lividi e ferite, non è così che lavora. E poi perché diavolo una sirena, non riesco a capire.”
Lui scosse la testa. “Ho il sospetto che qualcun altro sia dietro questa faccenda, Alastair, ma non riesco a capire chi.”
“Sicuramente qualcuno abbastanza in gamba da riuscire a trascinare un cadavere nell’atrio senza essere visto.”
“Abbastanza malvagio da fare quello che ha fatto, aggiungerei.”
“Come hai intenzione di muoverti?”
L’uomo poggiò con delicatezza la tazzina sulla scrivania, appoggiando il cucchiaino d’argento sul piattino. “Come al solito immagino. Insieme ai miei uomini setaccerò l’intero perimetro e credo sia il caso di fare qualche interrogatorio.”
“Ti converrà andarci cauto con le sirene, sono ancora molto scosse, fino ad adesso si sono rifiutate di dire una sola parola.”
Alastair sospirò e Silente vinte quanto era vicino dal crollare.
“Tu come stai?”
Due occhi tristi e gentili lo fissarono. “ Tutta quella morte, tutta quella distruzione, mi sembra di averla dentro le ossa Silente. Sento che mi  scorre dentro insieme al sangue. Non è una bella sensazione.”
“Forse dovresti fermarti per un po’, stare con Clarissa.”
Al nome della moglie le spalle dell’uomo si abbassarono, come schiacciate da un macigno invisibile.
“Il male non va in vacanza, non possiamo permetterci nessuna pausa. Non ora che siamo tanto vicini a prenderlo, è come un topo in trappola, guidato dalla disperazione. La disperazione offusca anche le menti più geniali, presto commetterà l’errore che gli sarà fatale.”
“Lo spero davvero Alastair, con tutto il cuore.”


Il silenzio era diventata una specie di costante tra di loro in quegli ultimi giorni, pensava Tom. La cosa non gli era dispiaciuta affatto inizialmente visto che sopportava a malapena le cinguettanti chiacchere delle ragazze, poi aveva capito che quello di lei non era affatto un buon silenzio. Era astioso, ribollente e pieno di disprezzo e la cosa aveva iniziato a disturbarlo, ma ancora di più lo indisponeva il fatto di non riuscire a superare con la sua solita impermeabile indifferenza la cosa.
Nonostante lei non avesse aperto bocca su quello che era successo il 31 Ottobre, Tom Riddle era turbato.
“Non hai detto niente.”
“Sei più perspicace del solito oggi Riddle.”
“Pensavo l’avresti fatto.”
La sua risposta gli arrivò come un impercettibile sussurro. “Anche io.”
Si voltò confuso a guardarla, mentre sentiva ancora quel turbamento, corrente elettrica sotto la pelle, avvertimento di pericolo. Il suo sguardo cadde sul collo della ragazza, su cui, sebbene nascoste dalla camicia e dai capelli, a un osservatore attento erano ben visibili dei segni bluastri. Le impronte delle sue dita.
La violenza non l’aveva mai disturbato più di tanto, come avrebbe potuto? Era cresciuto in orfanotrofio dove la cosa più normale era venir picchiato dai ragazzi più grandi, o assistere all’agonia di un compagno malato; ma quei lividi erano così blu, e il suo collo così fragile…
Scosse via quei pensieri, ma i suoi occhi non si mossero. Iniziò a pensare che forse prendersela con l’unica che avrebbe potuto essergli di qualche utilità non era stata una mossa degna di lui, avrebbe dovuto trovare un modo per rimediare.
Fece per parlare di nuovo ma lei stava già girando a destra. Improvvisamente gli sembrò di aver annodato troppo stretta la cravatta quella mattina, con un gesto sbrigativo l’allentò.
“Dove vai, Evans?”
“Non credo di doverti rendere conto di ogni mio spostamento.”
“N-no, chiedevo solo.”
Lei si girò, evidentemente intenzionata a porre fine a quelle insignificante e stancante conversazione, Tom la afferrò per il gomito sinistro.
“Ti prego Riddle, sono stanca.” Sospirò lei.
Lui fece una strana smorfia, avvicinandosi, e le sue dita le sfiorarono i lividi sul collo. 
Hermione si irrigidì. “Non mi toccare” sibilò.
Poi prima di rendersi conto di quello che stava facendo lo disse: ammissione di errore, accettazione di colpa, volontà di rimediare, o forse solamente, una nuova bugia. “Scusa.”
Ritrasse la mano, ma non le lasciò il gomito, sentiva che in qualche modo doveva mettere le cose a posto. Qualcuno aveva tentato di ucciderlo e forse lei era l’unica di cui poteva, in un modo tutto suo, fidarsi.
Mentre faticava per trovare le parole, qualcuno arrivò loro addosso, spingendo Tom lontano dalla ragazza.
“Miseriaccia, non pensavo avessi dei gusti così pessimi, Riddle.” La derisoria voce di Rosier, risuonò stonata per il corridoio deserto.
Tom si girò, pronto a rispondergli, quando uno strano suono lo distrasse. Un respiro mozzato, metà singulto metà sospiro, venne da dietro di lui e quando si voltò fece appena in tempo a vedere la maschera, apparentemente inscalfibile, di serietà e impassibilità della ragazza andare in mille pezzi. Gli occhi sgranati sembravano vedere altro da loro, le labbra tremavano e delle silenziose lacrime iniziarono a solcarle le guance.
“Evans?” la chiamo, quasi imbarazzato da quel dolore senza veli. Ora gli sembrava che l’intera camicia lo comprimesse, impedendogli il movimento, che ne avesse presa una vecchia?
Lei deglutì, persa in un mondo in cui la sua voce non riusciva a raggiungerla, camminò a ritroso e scomparve dietro l’angolo.
Tom rimase immobile, confuso, preso alla sprovvista da una reazione di quel genere. Si riscosse solo al ritmico suono della risata di Rosier.
“E’ un po’ suscettibile la tua ragazza, no?”
Un familiare formicolio gli si diffuse lungo il braccio sinistro, le cui dita si erano già strette intorno al legno della bacchetta, mentre sentiva le pulsazioni aumentare. Calore come di ribollente lava nel suo stomaco, volò in avanti e Rosier finì al muro.
Il braccio destro di Riddle era ora compresso contro la gola dell’altro, obbligandolo all’immobilità. Bacchetta puntata alla tempia, occhi negli occhi, rabbia e terrore.
“Dillo ancora una volta e saranno le tue ultime parole Rosier.” Il suo respiro lacerava l’aria intorno. “Sai che non scherzo.”
Il ragazzo tentò di raddrizzare invano le spalle, fece un debole sorriso di sopportazione. La bacchetta premette più forte.
“Cos’è Rosier, ti dà fastidio che una ragazza ti abbia battuto? E’ questo il problema, non è vero?”
Il sorriso si sciolse in una smorfia di disprezzo, mentre la presa di Tom si intensificava.
“L’amore ti rende cieco, Riddle.”
L’altro lo ignorò. “Stalle lontano.”
Finalmente Rosier poté tornare a respirare normalmente e mentre Tom si allontanava, si risistemò la giacca della divisa, con gesti lenti e studiati.
“Brutta bestia la gelosia.”
Tom Riddle aveva imparato presto che la diplomazia era uno strumento assai utile durante le discussioni, e in breve era diventata un’arma potente tra le sue labbra, ma sapeva altrettanto bene che talvolta c’era un unico mezzo per risolvere determinate situazioni, e quella era una di esse.
Si voltò lentamente, infilandosi la bacchetta in tasca, e si avvicinò quel tanto che bastava a Rosier perché il suo pugno chiuso potesse andare a collidere con il naso dell’altro ragazzo senza troppi sforzi.
Un allegro scricchiolio si levò nell’aria, mentre la cartilagine si frantumava e Rosier si accasciava piagnucolante a terra, con il viso imbrattato di sangue.
Tom si chinò e si pulì gli schizzi rossi dalla mano sulla camicia dell’altro. “ Venti punti in meno a Corvonero. Non si corre per le scale, Rosier.”
Soddisfatto del suo operato e indifferente ai lamenti del ragazzo svoltò l’angolo e si incamminò lungo i corridoi silenziosi, alla ricerca della ragazza.
Qualche minuto dopo, grazie all’indicazione di una zelante Tassorosso, si trovò davanti alla porta del bagno delle ragazze al secondo piano. La porta si aprì senza un suono sotto la sua mano e lui entrò nel bagno deserto, mentre subito veniva investito dal suono di singhiozzi che si mescolavano alle gocce che ritmicamente precipitavano da uno dei lavandini.
Si avvicinò all’unico cubicolo chiuso incerto su cosa fare. In realtà non sapeva bene neanche perché l’avesse seguita, o avesse picchiato Rosier. No, quello lo sapeva, perché era un maledettissimo snob viziato e non l’aveva mai sopportato. Ma rimaneva da spiegare razionalmente perché si trovasse nel bagno delle ragazze con Hermione Evans che piangeva per un motivo a lui sconosciuto.
Decise che la cosa migliore sarebbe stata quella di non fare niente, per ora. Si sedette accanto alla porta chiusa sul pavimento freddo, mentre i regolari singulti sembravano andare placandosi. Tom Riddle non aveva mai sopportato sentire le persone piangere, in qualche modo quell’infantile dimostrazione di debolezza lo disgustava, che senso avevano le lacrime? Non potevano certo cambiare le cose, nessun genitore sarebbe venuto a prenderti, la gamba non avrebbe smesso di farti male, non avresti cambiato il passato. Ma quel pianto aveva qualcosa di diverso dai singhiozzi del suo orfanotrofio, non lo infastidiva, lo imbarazzava. Come se stesse ascoltando qualcosa di assolutamente privato, qualcosa che in nessun modo lo riguardava. Sentiva che avrebbe dovuto alzarsi e andarsene silenziosamente come era venuto, c’era qualcosa di sbagliato nell’origliare quel suono.  Stava per farlo, ma la sua coda dell’occhio vide il serpente sul lavandino, che ogni fibra del suo corpo aveva cercato di ignorare fino a quel momento, e subito vi si ritrovò di fianco, come ipnotizzato.
La sua mano iniziò a seguire i contorni della sinuosa figura, mentre la sua mente mandava segnali di avvertimento e pericolo. Doveva allontanarsi da lì, non doveva farlo di nuovo.
“Vieni a da me.”
La voce della creatura si insinuò con disarmante facilità nel suo corpo, sarebbe stato così facile lasciarsi andare, seguire quello che il sangue gli diceva, andare giù, sempre più giù, dove il potere l’avrebbe invaso. Tom ritrasse la mano, mentre sentiva gocce di sudore freddo colargli lungo la schiena, non poteva permettersi di perdere di nuovo il controllo.
“Ti sto aspettando Tom, è tempo…”
La porta del bagno sbattè rumorosamente, facendolo sussultare.
“Riddle?”
Tomi sia allontanò veloce dal rubinetto e si passò una mano frettolosa tra i capelli.
“Cosa ci fai qua?”
Lui notò i suoi occhi rossi, lei la sua paura.
“I-io, in realtà..” Tom si morse il labbro, cosa ci faceva lì? Perché l’aveva seguita? La cosa più semplice da dire sarebbe stato che voleva assicurarsi che stesse bene, ma non si era mai preoccupato delle persone intorno a lui, quindi perché farlo adesso?
Si infilò una mano in tasca.
“Un fazzoletto.” Disse, porgendoglielo.
Hermione guardò lui, il fazzoletto e di nuovo lui.
Tom raddrizzò le spalle, in evidente imbarazzo. “Ho pensato ti sarebbe servito un fazzoletto, sai no, per asciugarti gli occhi e così via.” Concluse in fretta.
“So a cosa serve un fazzoletto.” Rispose sulla difensiva, poi addolcì il tono di voce. “Comunque grazie Riddle.”
Tom alzò le spalle. “E’ da stupidi ascoltare le idiozie di Rosier, non avresti dovuto scappare in lacrime.” Gli uscì, ma non era quello che avrebbe voluto dire.
Hermione strinse con ferocia il fazzoletto. “Smettila.”
Lo sguardo di Riddle tornò ad essere glacialmente normale. “Smettere cosa?”
“Di fare così. Di fare un gesto carino e poi subito dire cose di questo genere, mi dà sui nervi.” In realtà la infastidiva solo la prima parte, non sopportava i momenti in cui lui sembrava quasi un ragazzo normale, in cui rischiava di considerarlo una vittima e non più il carnefice. Tom Riddle era un assassino, non importava quanti fazzoletti decidesse di offrirle, ma a volte odiava se stessa perché se ne dimenticava.
“Ti fa così tanta paura la debolezza?” continuò, visto che l’altro stranamente rimaneva in silenzio. “Credi davvero di essere superiore a tutti noi perché ti costringi a non provare niente?”
Tom chiuse gli occhi, perché doveva sempre degenerare tutto in una discussione? Le loro liti stavano iniziando a stancarlo e i suoi attacchi ad infastidirlo, perché non poteva semplicemente asciugarsi le guance e uscire?
“Vieni Tom, vieni da me…”
“O forse,” continuò Hermione, inconsapevole della battaglia interiore che si stava svolgendo all’interno del ragazzo,”forse lo fai perché non li hai mai avuti dei sentimenti. “
Tom aprì gli occhi.
“Hai mai avuto paura Riddle, veramente paura? Paura che tutta la tua lotta fosse stata vana, di perdere tutto quello per cui avevi combattuto fino a quel momento, per cui avevi già perso amici che amavi.”
“Non capisco cos’a c’en…”
“ Hai mai sentito il cuore frantumarsi in mille pezzi, alla vista del cadavere di una persona che amavi,  e pensare che non avrebbe più ripreso a battere, non importa quanto tempo sarebbe passato?”
Hermione fece un passo verso di lui. “Non osare pensare per un solo momento che chi prova dei sentimenti sia un debole Tom Riddle.” Disse, restituendogli il suo fazzoletto inutilizzato.
Tom aprì la bocca, pronto a ribattere, ma le sue parole furono interrotte dai ritmici rintocchi di un orologio.
“Faremmo meglio ad andare a lezione.”
Hermione non gli rispose e uscì dal bagno.

L’aula di pozioni si era in brevi minuti riempita di fumi e discorsi e il professor Lumacorno saltellava da un banco all’altro, cercando di riportare l’attenzione dei suoi studenti sul liquido in fermentazione nei loro calderoni. Nemmeno il fatto che quella che ribolliva sotto i loro nasi fosse la pozione Polisucco scuoteva i ragazzi, i cui occhi vedevano ormai da qualche giorno solo la giovane sirena.
Nella mente di Violet, per metà concentrata a tritare la pelle di Girilacco, quella creatura assumeva le forme indistinte e fiabesche della sirena dei racconti di quando era piccola.
Non l’aveva mai fatta impazzire a dire la verità, preferiva le storie a lieto fine, ma ora, tormentata anche lei da un amore non corrisposto, non riusciva a non provare un sentimento di profonda empatia nei confronti di quella creatura.
Rovesciò i resti del Girilacco nel calderone con un sospiro. Non aveva nessuna speranza di andare al ballo con Charlus, né di andare con lui alla prossima uscita a Hogsmeade, né di instaurarci un rapporto che fosse degno di questo nome. Sospirò di nuovo, mentre la sabbia della piccola clessidra scivolava in basso.
 Amava il suo sorriso, amava il modo leggero in cui tamburellava sul tavolo mentre rifletteva e le ginocchia le si scioglievano puntualmente quando si passava una mano trai i capelli disordinati. Violet era innamorata, ma era come se quel sentimento rimanesse bloccato dentro di lei, ostacolato dalla sua goffaggine e dalla sua timidezza. Faceva già abbastanza fatica a rivolgergli la parola, figuriamoci ad invitarlo al ballo.
Si era innamorata di un sogno, vago  e rarefatto come quelle fiabe, ma pur sempre migliore della sua realtà.
“Vi, ehi Vi!” la voce di Orion la riportò alla lezione.
“La tua pozione sta iniziando a bruciare.” Le disse, mentre con una mano cercava di allontanare quel fumo grigio.
Lei si affrettò ad abbassare la fiamma, tentando di salvare il salvabile.
“Guarda che è veramente scemo, te lo assicuro.”
Violet aggrottò la fronte, non capendo a chi si riferisse, non era da lui insultare Lumacorno. L’amico alzò gli occhi al cielo. “Charlus, sto parlando di Charlus.”
“Oh.”
“L’altro giorno l’ho sentito vantarsi di aver fatto sparire i capelli a McCornack. Quindi se fossi in te non perderei tempo a chiedermi perché non interessi ad uno così, la risposta è semplice: tu sei intelligente. Qualità decisamente non compatibile con le sue.”
Violet emise un piccolo sbuffo, in perfetta sincronia con la sua pozione che stava virando verso un preoccupante colore nero pece.
“C’entra forse il fatto che l’anno scorso ti abbia soffiato il Boccino da sotto il naso, Orion?” chiese con una punta di cattiveria.
Lui rovesciò nel suo calderone una manciata di polvere di corno di bicorno, con un’alzata di spalle. “Fortuna.”
“Sicuramente.”
Il ragazzo si guardò per un attimo intorno, con insolita circospezione. “Vi, senti… c’è una cosa che non ti ho detto. In realtà mi è tornata in mente l’altra sera, quando abbiamo trovato il cad… be’, la sirena.”
Lei si spostò verso di lui, attenta.
“Quest’estate, prima di tutto il casino per Oliver, ho sentito papà parlare con delle persone.” Iniziò incerto, dando qualche rimescolata alla pozione.  “Parlavano di Grindelwald, di un suo ritorno.”
A Violet per poco non cadde il mestolo nel calderone. “Cosa?” sibilò. “Come hai fatto a dimenticartene?”
Orion aspettò che Lumacorno li superasse per riprendere a parlare. “Te l’ho detto mi è passato di mente.”
“Le date di storia ti possono passare di mente, gli appuntamenti, non una cosa del genere!”
Lui non le rispose, chiaramente offeso.
“E cosa dicevano?”
“Te l’ho detto, vogliono farlo tornare.”
I capelli di Violet virarono improvvisamente verso il viola.
“Ehi, non guardarmi così.”
“Dovremmo dirlo a qualcuno del Ministero.”
“Vi, alcune di quelle persone ci lavorano al Ministero, non sarebbe una cosa molto intelligente.”
“Allora a Silente, o a qualcuno. Non possiamo semplicemente starcene qui a fare stupide pozioni.”
“E cosa vorresti fare? Stampare dei volantini ? Proclamare al mondo che forse qualcuno sta organizzando di fare tornare Grindelwald in Inghilterra? Non sembrava ci fosse niente di certo nei loro discorsi, ipotesi per lo più, e credi davvero che la gente ci starebbe a sentire?”
“Sempre meglio che non fare niente.”
“Senti , c’è un motivo per cui non siamo stati messi in Grifondoro e si chiama prudenza, condita da una certa mancanza di impulsività. Non ho nessuna intenzione di lanciarmi in un’impresa suicida.”
“Dove vuoi arrivare?”
“Hai sentito quello che ha detto Dippet sta mattina?” chiese, aggirando la domanda.
“Ero di fianco a te, Orion.”
“Io credo che si sbagli.”
Violet controllò che Lumacorno fosse abbastanza lontano e lo individuò chinato sul calderone di Malfoy.
“Non credi sia stato Grindelwald?” sussurrò scettica.
“Non più di quanto io creda all’esistenza di Babbo Natale.”
“Quattro anni fa gli hai scritto una lettera se non mi sbaglio.” Sorrise lei. “Un’adorabile lettera.”
“Non più di quanto ci creda attualmente allora.” Ribattè, fingendo di prendere qualche appunto sulla pergamena davanti a lui.
“Illuminami.”  Lo incoraggiò Violet.
“Dunque, immaginati di essere lui, braccato come una volpe in una battuta di caccia…”
“Un giorno mi spiegherai da dove ti escono queste metafore.” Lo interruppe, beccandosi una mestolata sulla testa.
“Dicevo, hai passato gli ultimi anni a nasconderti e finalmente riesci a tornare in Inghilterra, con il probabile intento di rovesciare il Ministero. Qual è una cosa che non faresti assolutamente?”
“Indossare il pigiama che avevi ieri?” tentò lei.
“Che hai contro il mio pigiama?”
Violet alzò gli occhi al cielo, trattenendo una risata. “Ha i pinguini.”
“E allora? Un sacco di gente ha un pigiama con su dei pinguini.” Rispose piccato.
“Forse, ma dubito che i loro sciino.” Ribatté, mentre sentiva i capelli tornare al loro solito colore magenta. “Spero per te che Oliver non l’abbia visto.”
“Gli è piaciuto invece.” Disse, fingendosi offeso.
Questa è una grande prova del suo amore, Orion.”
Esasperato Lumacorno, sbattè un pugno sulla cattedra, intimando il silenzio.
“Quello che non faresti mai, mia piccola Violet, è metterti in mostra.” Riprese il ragazzo,sottovoce. “E incidere il proprio simbolo sulla pancia di una sirene equivale ad esporre un cartello rosso con scritto su ‘sono qui, venite a prendermi’. E’ una cosa senza senso.”
Violet rimuginò per qualche secondo quello che le aveva detto, poi sembrò convinta.
“E quindi chi è stato secondo te?”
Orion annusò la sua pozione che aveva assunto un disgustoso colore verdastro, ma pur sempre migliore della sua, che stava iniziando a solidificarsi.
“Non ne ho la più pallida idea. Il perché, credo sia più importante ora.”
“Non ti seguo.”
Il ragazzo sbuffò. “Allora, abbiamo un ipotetico signore che decide di uccidere una sirena e di incidervi sopra il marchio di Grindelwald, giusto?” Violet annuì. “Ma la cosa più importante è il fatto che l’abbia portata dentro la scuola. Chiunque l’abbia fatto sapeva che tutti gli studenti l’avrebbero vista.”
“Stai pensando a un messaggio?”
“Circa. Per un messaggio si usa la pergamena, questo tale ha ammazzato una sirena. C’è molto di più dietro. Io penso a un avvertimento.”
“Quindi se capissimo qual è questo avvertimento, riusciremmo a trovare la persona che l’ha fatto?”
“Mi piace quando mi segui.”
“Hai qualche idea?”
Orion mordicchiò la punta della sua penna, poi le lanciò uno sguardo serio. “Hai mai sentito parlare dei Mangiamorte?”
Violet storse la bocca. “Ho sentito qualcosa, credi che esistano veramente?”
“Fino all’anno scorso ne dubitavo, ma durante quel discorso che ho origliato sono quasi certo che sia venuto fuori il loro nome. E’ stato poco prima che mia madre mi beccasse, purtroppo mi sono perso tutto il resto. Quindi ho tenuto gli occhi e le orecchie ben aperte e una volta mi è capitato di ascoltare Charlus in Biblioteca che ne parlav…”
“Dici che è coinvolto?” chiese lei preoccupata.
“Sinceramente? Se lui ne fa parte, allora è tutt’altro che pericoloso.”
“Meglio. Quindi come procediamo?”
“Direi che possiamo dare inizio alle indagini.”
“Ti ho prestato troppi gialli, Orion.”
Il ragazzo sorrise, al pensiero  delle notti passate a leggere di nascosto i libri babbani.
“Elementare Bulstrode, elementare.”
Ignara delle trame segrete che suo fratello e Violet erano intenti a tessere a qualche metro di distanza da lei, Dorea cercava con fatica di portare la sua pozione alla fermentazione. Si asciugò con la manica alcune gocce di sudore dalla fronte. Non era mai stata particolarmente dotata in quella materia e in più quel giorno era in ansia per la partita. Dovevano vincere, non solo per l’euforica sensazione che la vittoria portava con sé, ma soprattutto per evitare che Vàli commettesse qualche gesto suicida, sapeva quanto ci teneva a vincere quell’anno il loro capitano. Ma intanto Hermione, seduta di fianco a lei, continuava a picchiettare con la punta della penna il tavolo, deconcentrandola ulteriormente.
Pick-pick-pick.
“Hermione.”
La ragazza alzò lo sguardo, verso di lei. “Si?”
Pick-pick-pick.
Massaggiandosi l’avambraccio, dove l’aveva colpita a tradimento un Bolide il pomeriggio precedente, Dorea lanciò un’occhiata penetrante alla sua mano. “ Ti prego. E’ dall’inizio della lezione che fai così, mi fa saltare i nervi.”
Hermione lasciò andare la penna. “Scusa.”
“Tutto bene? Sembri tesa.” Chiese, aggiungendo un pizzico di erba nel suo calderone, pregando che l’aspetto della pozione migliorasse. “No, tutto…tutto bene. Sono solo un po’ stanca. Tu sei pronta per la partita?” chiese Hermione, sperando di dirottare la conversazione sul Quidditch.
Dorea fece uno strano ghigno. “Vàli ci ha praticamente ammazzato di allenamenti, ieri sera non mi sentivo più le gambe dal dolore. Quindi si, sono pronta. I Corvonero avranno una bella lezione, questo pomeriggio.”
Se a Hermione avessero detto che si sarebbe ridotta a tifare Serpeverde a una partita di Quidditch non ci avrebbe mai creduto, ma la vita aveva sicuramente senso dell’umorismo.
“A proposito di Corvonero,” aggiunse Dorea. “ hai saputo di Rosier?”
A Hermione si presentò alla mente l’incontro di qualche ora prima, ma dubitava c’entrasse con quello che l’amica sembrava ansiosa di riferirle.
“Be’, l’ho visto arrivare strisciante in Infermeria. Qualcuno gli ha rotto il naso, uno spettacolo abbastanza orrendo a dire il vero, ma non si può dire che la sua faccia non ne abbia giovato. Almeno adesso ha un vero motivo per essere brutto.”
Hermione sorrise, mentre iniziava a pensare che quel pugno potesse essere in qualche modo collegato a Riddle.
“E si sa chi è stato?”
“In realtà lui ha detto di essere andato a sbattere contro un muro, ma chi vuoi che ci creda? Al massimo sarebbe dovuto andarcisi a schiantare volando a tutta velocità. E’ ovvio che qualcuno l’ha picchiato, vorrei solo sapere chi, per andare a stringergli la mano.”
“É  così insopportabile?” chiese Hermione, anche se sapeva bene che quel ragazzo era una vera e propria carogna, la sua gamba ne era la prova.
“È peggio. L’anno scorso lui e i suoi amichetti hanno avvelenato a tutta la squadra il succo di zucca a colazione, durante la partita siamo stati tutti male. E puoi immaginarti la reazione di Vàli quando si è ripreso.” La informò Dorea con un sospiro.
“Tra l’altro,” disse Hermione, guardandosi intorno. “Non è strano che non ci sia a lezione?”
Dorea abbassò la fiamma sotto il suo calderone da cui stava iniziando a fuoriuscire la pozione. “Vàli dici? Nah, dice sempre che per la sua salute psicofisica è costretto a saltare qualche lezione ogni tanto, sarà da qualche parte a fumare.”
Poi alzò gli occhi e si voltò a guardarla. “Sai cos’è strano invece? É da tutta la lezione che Tom Riddle ti fissa.”

I corridoi di Hogwarts si snodavano infiniti davanti agli occhi di Alastair, ricolmi in ogni angolo di ricordi creduti perduti. L’angolo in cui si nascondeva con Clarissa per baciarla, la scala su cui aveva fatto a pugni per la prima volta, la statua che lui e Richard avevano dipinto di rosa…
C’erano pezzi di memoria nascosti in agguato dietro a ogni tenda. Gli sembravano passati secoli, un momento prima era lì, seduto su quel gradino (aveva sedici anni, una massa di capelli ricci e la divisa disordinata) e un momento dopo era in Germania, immerso in un’aria irrespirabile smembrata da incantesimi. La velocità con cui il tempo era passato gli faceva paura, era come se si fosse addormentato perdendosi una parte della sua vita. Improvvisamente era diventato un Auror, si era sposato, aveva avuto un figlio, Richard non c’era più, tutto senza preavviso, nessuno che lo avesse avvisato che la sua vita gli sarebbe sfuggita tra le mani come tele invisibili tessute da ragni immaginari.
Improvvisamente tra le ossa dei suoi ricordi si fece strada una figura viva, un ragazzo camminava verso di lui con lunghe falcate e le mani in tasca. Suo figlio.
“Vàli.” Lo chiamò e il ragazzo alzò la testa, mentre prima stupore, poi rabbia e infine freddezza, passavano nei suoi occhi.
“Papà?” chiese, nascondendo la sigaretta nella tasca. “Cosa ci fai qui?”
“É da quasi un anno che non mi vedi ed è tutto quello che riesci a dire?” In un attimo gli si avvicinò e lo abbracciò, mentre il figlio si irrigidiva, senza però opporsi.
“La mamma lo sa che sei a Hogwarts?”chiese, non appena si furono staccati.
“Sono arrivato sta notte, non ho ancora fatto a tempo ad avvertirla.”
Vàli sbuffo, chiaramente infastidito. “Cosa vuol dire che non hai ancora fatto in tempo ad avvertirla? Non credevo che ci volesse così tanto a spedire un gufo. Avresti almeno potuto farlo fare da uno dei tuoi uomini.”
“I miei uomini sono Auror Vàli, non camerieri.”
Gli occhi del ragazzo si ridussero a due fessure. “Sai cosa intendo.”
L’uomo sospirò. “Quand’è che hai intenzione di finirla con questa infantile guerra nei miei confronti?”
“Io non combatto nessuna guerra contro di te papà,” rispose incrociando le braccia “vorrei solo che la smettessi di farla stare così male.”
“Credi che lo faccia apposta Vàli? Credi davvero che mi faccia piacere questa lontananza?”
“Io so solo che è da un anno che non torni a casa, non sei venuto neanche per il suo compleanno.” Ribatté sordo alle rimostranze del padre.
“Merlino Vàli, credevo fossi cresciuto, non sono stato in Germania per una vacanza, lo capisci?”
“I tuoi uomini sono tornati.”
“Ero al comando di questa missione, non potevo abbandonarli.” Disse, iniziando ad alzare la voce.
“Giusto, capisco. Quindi hai abbandonato noi.”
“Perché devi essere così crudele, Vàli?”
“Non sono io che sono crudele papà, sei tu che non hai il coraggio di accettare le conseguenze delle tue sc…”  La sua invettiva venne interrotta da un bollente e sonoro schiaffo.
“N-non parlarmi così Vàli, io ti amo ma non permetterti di prenderti gioco di me in questo modo!” Lo informò con voce rotta.
Il ragazzo si passo una mano sulla guancia arrossata, sorpreso da quel gesto inaspettato.
“Lo sai qual è la cosa più terribile di questa situazione?” Lo interrogò, rialzando gli occhi. “Io la sento piangere. Continuamente. Negli istanti di silenzio io sento i suoi singhiozzi, anche se non è qui.”
Si sfilò la sigaretta dalla tasca e l’accese. “Quindi fai almeno il piacere di dirle che sei tornato.” 
Si allontanò, aspirando una boccata di fumo e lasciando il padre a passarsi una mano sul viso stanco.
Vàli sentiva di aver bisogno di uscire all’aria aperta, o di picchiare qualcuno, ma in quel momento tutti erano a lezione, quindi la cosa migliore era sgattaiolare in giardino, cercando di non essere visto da nessuno di quegli schizzati che pattugliava costantemente i corridoi, o da Pix.
Silenzioso e veloce riuscì ad arrivare all’aperto e iniziò a camminare avanti e indietro con ferocia, mentre il fumo della sigaretta si alzava sopra di lui.
“Non dovresti essere in classe?”
Il ragazzo sobbalzò e si girò verso il punto da cui proveniva la voce. “E tu non dovresti smetterla di farmi da madre?”
Minerva alzò lo sguardo dal libro che stava leggendo, rivolgendogli un sorriso condiscendente. “Solo quando diventerai grande, Vàli.”
Un sorriso triste si dipinse sul suo volto, mentre si portava di nuovo alla bocca la sigaretta.
“Tu fumi troppo.”
Lui alzò le spalle. “Sei fortunata, oggi non ho la forza per essere sarcastico.”
“Hai viso tuo padre.” Sospirò lei.
“Come fai a saperlo?”
“Oggi hanno detto che sarebbero arrivati degli Auror ad indagare, mi sembra logico che ci sia tuo padre tra loro.” Iniziò con tono saccente, poi lo smorzò. “E tua hai quella faccia.”
“Che faccia?”
“Quella che hai quando perdi una partita o ti arriva una lettera da tuo padre.” Spiegò, glissando con delicatezza sulla macchia rossa sulla sua guancia.
Lui non rispose, ma le si sedette di fianco.
“Dovresti cercare di mettere le cose a posto con lui.” Disse, passandogli una mano nei capelli, nel vano tentativo di metterglieli in ordine.
“Tu non capisci, non è facile.”
“Ma è tuo padre e ti vuole bene, e tu non hai mai risposto neanche a una delle sue lettere.”
Vàli chiuse gli occhi, quasi nel tentativo di scacciare i pensieri cattivi che gli si affollavano nella mente.
“Ci ha abbandonati lo capisci? Non festeggiamo un Natale insieme da…be’, non me lo ricordo nemmeno da quando.”
“Non via ha abbandonato, quello che fa è importante.”
“Più importante di sua moglie? Più importante di suo figlio?” chiese.
Minerva si accorse che aveva le lacrime agli occhi e lo strinse a sé.
“Ti vuole bene e anche tu gliene vuoi, adesso che è tornato prova…prova a dargli un’opportunità per mettere le cose a posto.” Gli sussurrò.
Vàli storse la bocca, ma lei sapeva che ci avrebbe pensato, almeno quello l’avrebbe fatto.
“Da quando ti salti le lezioni, Minnie?”
Lei si finse offesa e gli diede un pizzicotto. “Io non salto le lezioni Vàli Nott, oggi Binns non sta bene.”
“Questa è una vera ingiustizia, perché non sta mai male quando ha lezione con me?”
Lei rise. “Perché la vita è ingiusta e crudele.” Commentò con tono drammatico.
“Il tuo senso dell’umorismo mi uccide,Minnie.” Disse portandosi una mano sul cuore e  alzandosi.
Minerva chiuse il libro e lo guardò con attenzione. “Vàli, c’è una cosa,” iniziò lentamente “una cosa che volevo chiederti.”
Lui si chinò a raccogliere una larga foglia arancione che gli era appena caduta ai piedi.
“Ho sentito delle voci.”
L’attenzione di Vàli passo dalle venature della suddetta foglia al viso corrucciato della sua ragazza. “Che genere di voci?” Chiese, con tono sospettoso.
“Ho sentito qualcuno dire…dire che dietro a quello che è successo ci sono i Mangiamorte.”
Iniziò a fare a pezzettini la foglia.
“É vero?”
La ridusse in pezzi ancora più piccoli.
“Pensi davvero che sarei in grado di fare una cosa del genere?”
“No, no!” Si difese subito lei. “Tu assolutamente no, ma loro…io non lo so, sei tu che dici che sono pericolosi.”
“Non sono degli assassini.”
“Allora spiegami che cosa sono, dimmi che cosa fate!” Lo pregò. “Perché non è per loro che non vuoi che si sappia di noi due?”
Coriandoli arancioni caddero dalle sue mani.
“O forse è perché ti vergogni di me e quella dei Mangiamorte è tutta una scusa.”
Lui la guardò. “Io non mi vergogno di te.”
Minerva si alzò in piedi e gli si avvicinò. “ E allora facciamolo Vàli, diciamolo a tutti, me ne frego di quanto possano essere pericolosi i tuoi amichetti.”
Il ragazzo distolse lo sguardo, iniziando a torturarsi il labbro inferiore.
Minerva sospirò. “Come immaginavo. Ci vediamo Nott.” Gli sussurrò, ponendo grande enfasi sul cognome.
Prima che Vàli facesse in tempo a metabolizzare quello che gli aveva appena detto lei se ne era già andata, lasciandolo alle prese con le sue battaglie interiori.
Cercò freneticamente nelle tasche un’altra sigaretta, doveva assolutamente schiarirsi la mente. No, doveva andare a scusarsi con lei, dirle che l’amava e che avrebbe appeso dei manifesti in giro su loro due se avesse voluto. Poi avrebbe tirato un pugno a Malfoy, per sicurezza.
Fece un respiro profondo. Doveva fare le cose con ordine: prima le sigarette. Era quasi certo di averne ancora un pacchetto in camera, avrebbe fatto in tempo ad andare a prenderle prima della prossima lezione.
Dribblando con eleganza una serie di insegnanti, arrivò in pochi minuti nella sala comune dei Serpeverde, ovviamente vuota. Entrò veloce in camera e si stupì nel vedere Tom accucciato per terra con uno dei cassetti del suo comodino in mano.
“Che ci fai qui?”
“Potrei farti la stessa domanda. Non c’eri a Pozioni.”
Vàli andò verso il suo letto. “Avevo bisogno d’aria.”
Tom rovesciò tutto il contenuto del cassetto per terra, di fianco a lui. “Come se l’aria non ci fosse anche dentro.”
L’altro si voltò e sospirò. “Cos’è successo ?”
“Perché?”chiese interrogativo Tom.
“Stai facendo ordine, lo fai quando qualcosa non va.”
“Non è vero.”
“Tom, quando sembrava che la scuola stesse per chiudere hai messo a posto l’intero dormitorio. C’ho messo due giorni per ritrovare tutti i miei calzini.”
L’altro iniziò a riporre gli oggetti al loro posto. “Il posto dei calzini non è l’armadietto del bagno.”
“Non cercare di spostare la conversazione sulle mie calze.”
Tom non rispose, infilò il cassetto al suo posto e ne tirò fuori il secondo, tutt’altro che interessato a portare avanti quel colloquio.
Vàli iniziò allora a frugare nel suo baule alla ricerca delle agognate sigarette, era sicuro di averle messe in un cappello che però sembrava essersi dato alla macchia.
Tom si alzò e aprì l’armadio. Tirò fuori tutti i suoi vestiti, ordinatamente impilati, li mise sul letto e prese a piegarli di nuovo.
“Devo preoccuparmi?”
Ignorò la voce del compagno e con una passata di mano eliminò le pieghe della camicia aperta davanti a lui. Bottoni chiusi, manica destra, manica sinistra, piega orizzontale, colletto ordinato.
“Ho visto mio padre prima, sai?”
Con i golf era più semplice.
“Abbiamo litigato di nuovo.” Lo informò, senza ricevere nessun segno di attenzione. “A volte vorrei che fosse morto laggiù, forse allora ne sentirei la mancanza.”
Tom finì di impilare una parte dei vestiti, poi alzò gli occhi. “Perché mi stai dicendo queste cose?”
Vàli corrugò la fronte. “Be’, perché siamo amici…”
Lui prese ad appendere di nuovo tutte le cravatte, perché Vàli continuava a parlare? Aveva bisogno di silenzio, i suoi pensieri facevano già troppo rumore senza che si aggiungessero quelli di un altro.
“Sotto il cuscino.” Disse senza voltarsi.
“Eh?”
“Le tue sigarette sono sotto il cuscino. Non eri venuto per quelle?”
L’altro si alzò. “Vai al diavolo Tom.”
Finalmente Riddle lasciò perdere i suoi vestiti e si girò.
“Hanno ragione gli altri, sei solo uno schifoso egocentrico. Non so perché perdo tempo con te.”
“Nessuno ti ha mai chiesto di farlo.” Ribattè Tom.
Vàli non lo ascoltò. “Non so se te ne sei accorto, ma ti stavo parlando dei miei problemi e tu non hai neanche smesso per un secondo di piegare le tue stupide camice.”
“Problemi?” chiese, mentre il suo sguardo si induriva. “Che ne sai tu dei problemi Nott?”
Vàli agguantò le sue sigarette che in effetti si trovavano proprio sotto il cuscino.
“Sei solo un ragazzino viziato, che si diverte a fare l’adolescente ribelle. Non hai idea di cosa sia la vita vera.”
Il ragazzo si voltò e per un attimo il suo viso assunse un’espressione ferita. Riddle lo guardò impassibile.
“Fanculo, Tom.” Sputò fuori, prima di uscire a tutta velocità dalla camera, sbattendo la porta.
Il ragazzo si passò una mano tra i capelli prima di ritornare ad ordinare i suoi vestiti, a disfare il caos del suo subbuglio interiore.

Violet alzò gli occhi dal piatto ricolmo di cibo, che praticamente non aveva toccato.
“Hai presente Fiona?”
Orion finì di masticare il suo pollo. “Quella che il Cappello Parlante ha mandato a Corvonero perché probabilmente in quel momento aveva avuto un ictus?”
Lei rise, spezzettando del pane con le mani.
“Ho presente, perché?”
“Secondo te com’è?”
Orion si voltò verso il tavolo dei Corvonero e cercò con gli occhi la ragazza. “Niente di che. Potrebbe anche tagliarseli quei capelli tra l’altro, sta aspettando di poterci pulire i pavimenti?”
Dall’amica giunse un mormorio indistinto. “Oh no, ti prego Vi. Basta pensare a Potter, stai diventando monotematica.”
“Non lo faccio apposta.” Protestò lei, infilandosi della mollica in bocca.
“E dovresti mangiare qualcosa.”
“Non ho fame.”
Orion alzò le spalle.”Come vuoi, però vedi di non svenire durante la partita.”
“Come prevedi che finirà?”
“L’unica cosa che prevedo ora è un temporale e poi lo sai Vi, niente pronostici prima dell’inizio.”
Lei alzò gli occhi al cielo e poi si accorse del ragazzo in piedi dietro a Orion.
“Ciao Malcolm!” lo salutò, prima di tornare a fissare il suo piatto.
Orion si schiarì la gola, attirando la sua attenzione, e con gli occhi le indicò il Grifondoro che non si era ancora allontanato
“Hai bisogno?”
Malcolm si passò una mano dietro al collo. “In realtà..” iniziò tentennando sotto lo sguardo scrutatore di Orion. “Volevo solo dirti che mi è appena arrivato quel disco di canzoni natalizie di cui avevamo parlato, ti ricordi?”
Violet sorrise. “Certo che mi ricordo, e com’è?”
“Perché non ti unisci a noi Malcolm?” gli sorrise Orion.
Il ragazzo sorrise di rimando e si sedette al loro tavolo, tirando fuori dalla borsa, con delicatezza, la custodia di un 78 giri. La porse a Violet.
“In realtà non l’ho ancora ascoltato,”disse abbassando la voce “ma dovrebbe arrivare presto un giradischi, se ti va potremmo sentirlo insieme.”
Lei si rigirò tra le mani l’album natalizio e alla vista della faccia del cantante babbano con su un cappello da Babbo Natale i suoi occhi si accesero. Violet adorava il Natale, fosse per lei avrebbe già iniziato a decorare tutta la scuola, aveva tentato di convincere Dippet della necessità di iniziare a preparare almeno l’albero, ma per assurde ragioni le era stato impedito.
“Volentieri.”
Orion appoggiò il bicchiere. “Ci vieni alla partita Malcolm?”
Il ragazzino si girò a guardarlo. “Si, ovvio. Anche se credo che sarò neutrale.”
L’altro annuì. “Neutrale va bene, indossare una maglietta blu invece no, vero Violet?”
L’amica sbuffo. “Sei noioso, non vuol dire che io tifi Corvonero. Poi guarda,” aggiunse sventolandogli la sua sciarpa sotto il naso “mi sono messa anche questa.”
“Quella la metti tutti i giorni.”
“Non è vero, solo quando è freddo e oggi non lo è. Quindi il mio è vero orgoglio della casa.”
Malcolm sorrise. “Se ti può consolare Orion ho visto due Tassorosso del secondo anno con in testa quelli che avrebbero dovuto essere dei serpenti.”
“Vedi Vi, dei Tassorosso hanno più spirito Serpeverde di te.” Sottolineò, beccandosi in risposta una linguaccia.
L’arrivo di Hermione pose fine alla discussione. “Ragazzi, avete visto Riddle?”
“In fondo alla tavolata.” Le rispose Orion, indicandoglielo. “Ehi Hermione, tu ci vieni alla partita?”
“Si, perché?”
“Ci vieni con quella maglietta bianca?”
Violet gli lanciò un pezzo di pane in testa.
Hermione sorrise. “Mi metto la sciarpa, non preoccuparti.” Disse allontanandosi.
Lui scosse la testa con fare melodrammatico. “Perché? Perché tutti si mettono la sciarpa e nessuno pensa a fare uno striscione come si deve?”
“Non vi sembra strano Riddle in questo periodo?” chiese Malcolm, cambiando argomento.
“A me sembra sempre strano, se devo essere sincera.” Rispose Violet, lanciando un’occhiata ai due Capo Scuola, seduti uno di fronte all’altro.
“Non saprei, non lo conosco granché bene.” Commentò Orion.
“Neanche io, però non l’ho mai visto passare così tanto tempo con la stessa persona.”
“Intendi con Hermione? Sarà per il fatto che sono Capo Scuola immagino.”
“Però ha ragione Malcolm, non l’ho mai visto stare così a lungo nemmeno con Vàli.” Confermò Orion, mentre nella sua mente prendeva forma una nuova teoria. “Dite che c’è qualcosa tra i due?” Chiese interessato.
Violet si sistemò la sciarpa. “Hermione mi ha giurato di no, magari c’è qualcosa da parte di Riddle.”
“Tom Riddle che si interessa ad un’altra persona? Sarebbe davvero divertente da osservare, ma alquanto improbabile.”
Malcolm distolse lo sguardo dai due Capo Scuola. “Non lo so, non mi sembrano innamorati, si comportano più come se fossero alleati. Ehi, perché mi guardate così?” disse, sotto gli occhi sgranati dei due Serpeverde.
Orion appoggiò il mento sul palmo della mano. “Spiegati meglio.”
“Quando li incontro in corridoio sembra sempre che si guardino le spalle a vicenda. Lui non si perde un gesto di lei, e lei fa altrettanto.” Li informò. “Ma magari è solo una mia impressione.” Si affrettò ad aggiungere.
Orion gli sorrise e gli scompigliò i capelli. “Sei sprecato come Grifondoro Malcolm.”
“Lo prendo come un complimento.”
“Assolutamente.” Annuì l’altro.
Inconsapevoli di essere oggetto di una conversazione che si svolgeva a pochi metri da loro Tom e Hermione sedevano uno di fronte all’altra, in silenzio.
La ragazza continuava a mordersi il labbro, incerta se quello che stava per fare fosse la cosa giusta. Dopo qualche istante Riddle alzò gli occhi e la guardò. “A cosa devo l’onore della tua compagnia Evans?”
“Hai sentito di Rosier?”
L’altro non mosse un muscolo. “No, cosa avrei dovuto sentire?”
“Qualcuno gli ha rotto il naso.”
“Oh.” Fu l’unico commento che lei riuscì ad ottenere.
Per numerosi secondi nessuno dei due disse niente.
“Non ti facevo tipo da pugni, Riddle.”
“Non so di cosa tu stia parlando.”
Lei lo ignorò. “Pensavo che avresti usato un incantesimo.”
“Perché avrei dovuto picch…”
“Grazie.”
“Come?”
“Grazie.” Ripetè lei, contenta di essere riuscita nel suo intento. Nonostante condannasse la violenza, il fatto che Riddle avesse tirato un pugno all’altro ragazzo perché l’aveva fatta piangere le aveva fatto quasi tenerezza.
“Chi ti dice che l’ho fatto per te.”
“Non fare sempre il difficile Riddle.”
Lui la osservò per qualche secondo, poi abbassò gli occhi. “Posso chiederti una cosa?”
“Immagino che me la chiederai comunque.” Rispose, strappandogli un sorriso.
“Perché hai avuto quella reazione?” chiese Tom, esternando finalmente la domanda che l’aveva perseguitato per tutto il pomeriggio.
Tutto Hermione si aspettava, tranne quella domanda. “Perché ti interessa?”
“Voglio capire.”
Lei accennò un sorriso. “Miseriaccia.
Riddle non capì e il suo sguardo si fece interrogativo.
“É stata la prima parola che ha detto quando è venuto addosso a noi.” Iniziò a spiegare. “La usava sempre un mio amico, un mio amico di prima.” Aggiunse guardandolo.
Riddle non disse niente.
“É stata una reazione esagerata, lo so. Ma è stato come…come se tutto ritornasse, capisci?”
“Non credo.”
“In ogni caso ho avuto momenti migliori.” Concluse lei.
Tom iniziò a mettere via i libri, sparsi intorno a lui.
“Ci vieni alla partita?”
“Non saprei, non mi è mai piaciuto troppo il Quidditch.” Tentennò lui.
“Potresti dargli una possibilità.”
Riddle la studiò per qualche istante. “Prima mi urli addosso e ora mi inviti alla partita, c’è qualcosa che dovrei sapere Evans?”
Forse mi sento un po’ in colpa per quello che ti ho detto e sto cercando di rimediare, in più hanno appena cercato di ammazzarti, nel caso te lo fossi dimenticato, e non mi sembra il caso di lasciarti da solo al castello.”
“Da quando ti preoccupi per me?”
“Da quando ho scoperto che se ti succede qualcosa finisco a fare i turni di sorveglianza con Potter.”
Lui alzò un sopracciglio. “Pensavo che ti piacessero i tipi pieni di sentimenti come lui.” Le disse mentre i suoi occhi grigi la osservavano, pronti a captare ogni sua minima reazione.
”Ci vieni o no?” Rispose semplicemente.
Tom si alzò in piedi e prese la sua borsa sdrucita. “Certo, non vedo l’ora di passare l’unico mio pomeriggio libero sotto la pioggia a guardare degli idioti che si ammazzano per prendere una pallina luccicante con le ali.”
“Non è così male.” Ribattè, alzandosi a sua volta Hermione.
“Lo spero per te Evans.”

Il campo ovale si stendeva deserto davanti a Dorea che ne percorreva il perimetro di corsa, mentre sopra di lei si andava ad accumulare un nero di nubi, in aperto contrasto con i colori sgargianti degli spalti.
Il rintronante silenzio di quel posto la rilassava e ormai da qualche tempo era diventata per lei un’abitudine quella di riscaldarsi nello stadio deserto prima di una partita. Trovava divertente osservare le tribune vuote, immaginando le persone che presto le avrebbero riempite, o fantasticare sullo svolgimento dell’incontro. Si fermò ansimando ad un’estremità, con il sangue che le pompava veloce nelle vene, mentre percepiva l’aumento continuo dell’adrenalina.
Si scostò con un gesto sbrigativo i lunghi capelli biondi, appiccicati alla fronte, e iniziò a fare stretching, mentre dal cielo provenivano cupi brontolii. Di male in peggio, pensò alzando gli occhi. Aveva intravisto Vàli mentre si fiondava negli spogliatoi e le aveva praticamente abbaiato contro, un temporale avrebbe solamente peggiorato il suo umore.
Mentre stava iniziando a lavorare sui muscoli delle gambe si accorse che qualcuno si stava avvicinando, costringendola a strizzare gli occhi per identificare l’intruso. Charlus Potter avanzò fin dove si trovava lei con il suo solito passo baldanzoso e quando la vide un’aria colpevole per un attimo passò sul suo volto.
“Non è ancora aperto il campo per gli spettatori.” Lo informò Dorea, continuando i suoi esercizi.
Il ragazzo si passò una mano tra i capelli scuri, aumentando così l’effetto di voluto disordine.
“Oh lo so,” le sorrise “sono solo venuto a riportare questo.” Disse, tirando fuori dalla tasca della divisa il Boccino D’oro.
Se voleva impressionarla non funzionò. Lei lanciò un’ occhiata distratta alla sua mano.
“Ti conviene rimetterlo a posto prima che Vàli se ne accorga, sarebbe in grado di ammazzarti oggi.”
“Sono qui per questo.” Commentò con un’alzata di spalle e lanciando un’ultima occhiata al Boccino prima di rimetterselo in tasca.
“Com’è che te lo porti in giro?” gli chiese Dorea.
“Le ragazze lo adorano.” La provocò con un sorriso sornione.
“Non devi conoscere ragazze molto intelligenti allora.” Fu l’unico commento di Dorea.
Charlus rimase per un attimo interdetto. “Non molte in effetti.” Le concesse, prima di porgerle la mano. “Io sono Charlus,comunque.”
Lei si pulì la mano destra, sporca di terra, e gliela strinse. “Lo so, ti ho rotto il braccio durante la scorsa partita. Dorea.”
“Un’esperienza poco piacevole di cui ho solo brevi e dolorosi ricordi.”
“Potrei dirti che mi dispiace, ma avevi appena tentato di buttare giù mio fratello dalla scopa e il Quidditch è il Quidditch.” Lo informò con disarmante sincerità.
Il ragazzo le lasciò la mano. “Be’ Dorea, vado a rimettere a posto il Boccino prima che Nott se ne accorga, buona fortuna per la partita allora.”
“Io sono nata fortunata Potter.”
Lui le sorrise. “Tiferò per te questa volta.” Le urlò mentre si incamminava verso il capanno degli attrezzi.
Dorea scosse la testa, Charlus Potter era davvero incorreggibile, bastava che si trovasse davanti una ragazza per iniziare a flirtare.
Iniziò a scaldarsi le spalle con gesti circolari. Certo non si poteva dire che fosse brutto, anzi a dirla tutta aveva un naso davvero bello e il suo sorriso era riuscita a metterla di buon umore, ma non era decisamente il suo tipo.
Ma se in quel momento qualcuno le avesse chiesto quale fosse il suo tipo, Dorea non avrebbe avuto una risposta.
Meno di un quarto d’ora dopo questi pensieri aveva già lasciato la sua mente e lei era appollaiata su una delle panchine dello spogliatoio maschile, saturo di testosterone, in attesa del consueto e tranquillizzante discorso di Vàli.
Il capitano, ancora in canottiera, si schiarì la voce e si issò su una sedia, per poterli guardare tutti negli occhi.
“Bene.” Incominciò con voce sicura, cercando di scacciare dalla mente l’intera giornata. “Per sei anni abbiamo lottato con le unghie e con i denti per vincere questa maledetta Coppa e per sei anni non ci siamo riusciti. Ora vi chiederete perché quest’anno dovrebbe andare diversamente, ve lo dirò io: perché abbiamo un Portiere che probabilmente in un’altra vita è stato un funambolo,” disse facendo un cenno a Parkinson, ancora in mutande “tre Cacciatori infallibili, un Cercatore con un occhio di lince e una Battitrice che ha una forza da fare invidia ad un gigante.” Si fermò, perché tutti metabolizzassero la cosa, aveva bisogno che ci credessero fino in fondo.
“E il miglior capitano di tutti i tempi.” Gli sorrise Orion.
Vàli annuì serio. “Giusto, ma non mi sembrava bello incensarmi da solo. Comunque, sappiamo come giocano i Corvonero, i loro cacciatori voleranno isolati per procurarsi ciascuno la gloria che pensa di meritarsi…”
“E se iniziano a fare gioco di squadra?” domandò Malfoy, finendo di infilarsi un calzino.
“In tutti questi anni non ho mai visto un Corvonero passare la Pluffa a meno che non fosse seriamente convinto di stare per perderla, è per questo che i vostri attacchi saranno a sorpresa. Dakin, contiamo su di te.”
Il ragazzino dai capelli rossi annuì solennemente, investito di una tale responsabilità.
“Solo le ultime cose.” Riprese Vàli. “ Fuori sta per scatenarsi un temporale quindi Orion cerca di prendere quel Boccino il prima possibile.” Poi si girò verso i tre Cacciatori. “Non ho nessuna voglia di stare a discutere con Madame Lapin su falli e cazzate di questo genere, quindi limitatevi a delle spallate se proprio sono necessarie.” Scese dalla sedia. “Ah, Parkinson, ti prego, ti imploro non romperti niente, ci servi intero.”
Dorea trattenne un risatina alla faccia mortificata del Portiere e si legò i capelli in una lunga treccia.
Si girò a sentire un fischio di Vàli.”Per la barba di Merlino Malfoy, quella è la nuova Comet?” chiese ammirato.
Il ragazzo scattò in piedi con fare militaresco. “Si Capitano, praticamente appena uscita dalla fabbrica.” L’altro ragazzo si illuminò. “Fantastico, fantastico. Una grande squadra e una nuova Comet, non poteva andare meglio.” Borbottò tra sé, poi si riscosse. “Bene, se avete finito di vestirvi possiamo andare.”
L’intera squadra uscì, lasciando indietro Orion che era sempre il più lento a vestirsi. In realtà la sua lentezza era calcolata, gli piaceva gustarsi quel momento di adrenalina in solitudine, facendo respiri profondi mentre si allacciava la divisa. Lo calmava e lo concentrava, permettendogli di liberare la mente dai pensieri inutili.
“Ehi Orion,” la voce della sorella lo fece sussultare “guarda chi ho trovato che gironzolava qui intorno!” Disse, spingendo dentro Oliver e facendogli l’occhiolino.
Lui si sentì come scaldato in un solo istante e sorrise al ragazzo che camminava impacciato verso di lui.
“Non pensavo saresti venuto.” Commentò, conoscendo l’avversione dell’altro per quello sport.
Oliver gli tirò un pugno amichevole sulla spalla. “Giochi tu. Era ovvio che sarei venuto.” Poi, con fare cospiratorio spostò la sciarpa di Tassorosso (Orion era convinto che lui fosse l’unica persona a cui quell’orrendo giallo donasse veramente) e gli mostrò una minuscola spilla di Serpeverde. “Guarda cosa mi sono messo.”
Lui smise di allacciarsi i parabraccia e gli gettò le braccia al collo, arrossendo per primo. “Grazie per il supporto.” Gli sussurrò, dandogli un bacio sulla guancia gelata.
Oliver lo strinse. “Figurati, cerca solo di stare attento, sembra che stia per crollare il cielo.”
“Un po’ di pioggia non ha mai fatto male a nessuno.” Commentò l’altro con un’alzata di spalle, infilandosi i guanti.
“Basta che non ti fai colpire da un fulmine.”
“Starò attento.” Lo rassicurò girandosi per prendere la scopa.
Quando si voltò l’altro lo stava guardando con uno strano sguardo.
“Che c’è? Ho qualcosa in faccia?”
Oliver ridacchiò. “Stai…stai bene vestito così.”
Orion non poteva guardarsi allo specchio, ma sentiva benissimo di essere diventato dello stesso colore della sciarpa dei Grifondoro e si sentì trasformato in una ragazzina di dodici anni, a quanto pareva conveniva che ci facesse l’abitudine.
L’altro ignorò il suo imbarazzo e gli diede un bacio veloce. “Ci vediamo dopo la partita?”
Orion sbattè le ciglia più volte, preso alla sprovvista e con lo stomaco in subbuglio. Decisamente i suoi ormoni dovevano darsi una calmata. “S-si…”
Ancora intontito uscì dallo spogliatoio e raggiunse i compagni, sotto un cielo tempestoso.
In contemporanea montarono sulle loro scope.
“Non è ammessa la sconfitta.” Li spronò Vàli prima di alzarsi in volo, seguito da tutta la squadra.
L’aria pesava su di loro, già pregna delle gocce che presto sarebbero cadute, e le urla del pubblico arrivavano attutite e confuse.
Un fischio lacerò l’aria, la Pluffa volò in alto e la partita cominciò.

“Malfoy intercetta la Pluffa e si lancia verso gli anelli avversar…Per Merlino, quella che vedo è la nuova Comet? Se è così i Corvonero avranno ben poche possibilità di fermarlo ho senti…Sisi professoressa, riprendo la cronaca. Dicevo, Malfoy ha la pluffa, la passa indietro al piccolo Higgs che scarta a destra, di nuovo a Malfoy… Ma i Corvonero cosa fanno, dormono?”
Orion strizzò gli occhi, iniziando a salire di quota, sperando di individuare il boccino. Improvvisamente un fulmine illuminò il cielo e lui individuò un guizzo dorato vicino ad uno degli anelli avversari. Si lanciò in picchiata con il vento che, sprezzante, lo spingeva da dietro.
“DIECI A ZERO per Serpeverde! Mai vista un’azione così veloce, quella Comet fa miracoli. Daves in possesso di palla, punta dritto agli anelli dei Serpeverde, Higgs gli sta dietro…Ha fegato quel ragazzino signori. Ecco Warrington che gli sbarra la strada, ma Daves non cede, per tutte le mutande di Merlino, scusi professoressa, perché non passa la Pluffa?”
Dorea soppesò la mazza, le piaceva quella sensazione, quando la sentiva diventare un prolungamento del suo braccio. Si preparò all’impatto con quel Bolide furioso e con un fluido movimento lo scagliò verso Daves, facendogli perdere l’equilibiro.
“Gran colpo da parte di Black femmina, che stordisce Daves, Higgs ha la Pluffa, ora Warrington, la passa a Malfoy che vola sotto di lui... ma Samuels la intercetta.”
Orion intanto seguiva il Boccino che appariva spariva in quel pomeriggio senza sole, rendendogli le cose più difficili del solito, sentiva intanto il Cacciatore di Corvonero dietro di lui. Il pubblico esultò e lui si distrasse.
“VENTI A ZERO per Serpeverde!”
Strinse i denti, cercando di intercettarlo di nuovo mentre un bolide gli passava di fianco.
“Wow, avete visto cosa ha appena fatto Stretton, quel ragazzo è un mago delle acrobazie! Si avvicina agli anelli, Parkinson sembra teso…azione poco pulita da parte di Warrington ma nessuno chiama il fallo. Pluffa di nuovo in possesso dei Serpeverde…”
Un altro fulmine, il cielo si fece bianco e iniziò il diluvio, mentre i giocatori si trasformavano in fantasmi danzanti sotto la pioggia.
Warrington teneva stretta la Pluffa contro il petto e andava dritto a tutta velocità, senza vedere molto. Qualcosa urtò il manico della sua scopa e lui sentì la palla sfuggirgli dalle dita e poi il vuoto.
“Diamine! Warrrington a terra, speriamo non si sia rotto niente, certo che con questa pioggia…”
Vàli imprecò a qualche metro di distanza, zuppo di pioggia. Guardò il compagno mentre veniva portato via, poi vide qualcosa che lo fece sobbalzare. Che diavolo ci faceva Tom Riddle ad una partita di Quidditch?
“VENTI A DIECI per Serpeverde! I Corvonero sembrano intenzionati a rimontare...”
Era ufficiale, Orion ormai non vedeva più niente. La pioggia cadeva talmente fitta e violenta che neanche se il Boccino si fosse messo a svolazzargli sotto il naso se ne sarebbe accorto.
“Non vedo più i due Cercatori e voi? Che si siano messi al riparo?”
Orion mandò il cronista a quel paese e poi si gettò a sinistra, sperando di imbattersi nel Boccino.
“TRENTA A DIECI per Serpeverde, il primo punto della carriera di Higgs! Converrà tenerlo d’occhio, mi sembra molto promett…”
La cronaca della partita arrivava a Dorea inframezzata dalle urla del vento che tentava costantemente di disarcionarla. Mandò un Bolide contro un Corvonero, ma non riuscì a capire chi fosse.
“Daves si avvicina di nuovo agli anelli, scarta Malfoy, non molla la Pluffa…”
Parkinson strinse convulsamente il manico della sua scopa, mentre vedeva una macchia blu avvicinarsi a tutta velocità. Non riusciva a prevedere le sue mosse, da che parte lanciarsi, destra o sinistra.
“TRENTA A VENTI per Serpeverde! Daves è riuscito a piazzare un bellissimo colpo anche perché Parkinson deve essere stato confuso dalla pioggia, si è diretto dalla parte opposta…”
Vàli sputò rabbioso e salì di quota, affiancandosi a Orion. “Dannazione Orion, cerca di prendere questo Boccino, non so quanto riusciremo a resistere senza Warrington.”
“Fosse facile!” gli urlò di rimando il Cercatore, tentando di sovrastare il frastuono.”Non si vede niente!”
Quasi si fosse sentito chiamato in causa il Boccino d’Oro apparve davanti a loro, sbattendo provocatoriamente le ali e lasciandoli attoniti.
Orion si lanciò in avanti, protendendo il braccio. Page lo vide e lo imitò, mentre Vàli li seguiva con lo sguardo pronto a lanciare contro di loro un Bolide all’occorrenza.
“Sembra che Black maschio abbia appena visto il Boccino…”
Orion aggirò gli anelli e scese sempre più in basso, deciso a non perderlo di vista. Page gli si affiancò ed entrarono in collisione.
Lui perse il controllo della scopa, scese ancora di più e sbattè contro il suolo. Una scarica di dolore gli invase il braccio destro mentre riprendeva quota. Raggiunse Page e insieme girarono attorno ad una delle torri, il braccio del Corvonero si allungò fino a sfiorare il Boccino. Orion gli tirò una spallata, allontanandolo.
“Malfoy si impossessa della Pluffa e la passa a Higgs, Malfoy, Higgs, Malfoy, Higgs…Insomma decidetevi ragazzi!”
Il Boccino iniziò a sbattere più freneticamente le sue ali dorate mentre i due Cercatori si affannavano dietro di lui. Da lontano Vàli vide Orion in difficoltà e poi vide un bolide arrivare verso di lui. Frenò la scopa, preparò la mazza.
Il Cercatore allungò il braccio più che poté, gli sembrava di sentire lo spostamento d’aria provocata dalle ali. Il Bolide si avvicinava sempre velocemente.
Orion si spinse in avanti e perse l’equilibrio, il Bolide sfiorò la mazza di Vàli e cambiò direzione.
Le dita di Orion si strinsero intorno al Boccino, mentre la sua scopa veniva allontanata dal vento e lui cadeva a terra.
Il Bolide continuò la sua incontrollata corsa.
Tom Riddle allungò come tutti il collo bagnato per capire se il Cercatore di Serpeverde avesse davvero preso il Boccino, poi delle urla spaventate lo distrassero. Un Bolide impazzito si stava dirigendo a tutta velocità verso la tribuna dei Serpeverde, molti dei quali si buttarono a terra.
Fu una questione di attimi, con un gesto secco spinse di lato Hermione e poi fu il buio, mentre dal cielo continuava a scendere indifferente la pioggia.

Note:

1 "Shake it out" Florence+the Machine. Consiglio a tutte l'ascolto di questa canzone che, oltre ad essere bellissima, a me fa venire in mente il nostro Tom !

Mie meravigliose lettrici, questo capitolo è stato un vero parto ( e ci mancava che ci mettessi pure nove mesi), alla scuola si è aggiunto un blocco creativo contro cui ho dovuto lottare per giorni, ma da cui sono usicita finalmente vittoriosa !
*solleva trionfante la testa mozzata del blocco creativo*
Vorrei quindi ringraziare con tutto tutto il cuore coloro che hanno trovato il tempo per recensire la mia storia, davvero ragazze se trovo la forza di mettermi a scrivere di notte è solo grazie al vostro supporto e ai vostri bellissimi commenti!

Quindi un mega grazie a callas snape, pluffa (triplo grazie per te che sei riuscita a trovare il tempo di recensire pure la raccolta), Gabrielle Pigwidgeon( spero di averlo scritto giusto), Sara Luna 555, fenice713, martymione, Elpis (che sta scrivendo anche lei una bellissima storia su Tom, che consiglio a tutte), Santa Vio da Petralcina, lory1989, PikkolaSerpe99 e Konny.

Vorrei ringraziare anche le 72 (!!!!!!!) persone che seguono e le 40 che preferiscono, davvero grazie!

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, come potete vedere mentre il mistero sulla sirena si infittisce, le cose tra Tom e Hermione  stanno iniziando a cambiare, spero di non farvi venire il latte alle ginocchia per la lentezza con cui si evolve il loro rapporto, ma sono terrorizzata dal fare diventare questa storia una farsa!
Intanto Vàli inizia a svelare qualche lato oscuro, spero che questo non deluda le sue fan!
Per quanto riguarda l'ultima parte credo si capisca che quella tra le virgolette e la cronaca della partita. Devo ammettere che, non avendo mai seguito in televisione uno sport che sia uno, è stata la parte più difficile da scrivere, spero che non vi abbia fatto schifo!
 
Ora, biscottini virtuali per tutti data la pazienza che avete mostrato.

Un bacio,

Blityri



   
 
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