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Autore: Rei Hino    26/04/2012    3 recensioni
Pochi capitoli per la storia di come Kirk e McCoy si sono conosciuti, dieci anni prima della TOS. Anche se il vero protagonista sarà Gary Mitchell, personaggio che merita di essere qualcosa di più che un'ombra =)
Data la natura del soggetto e il mio amore spopositato per la coppia Jim/Bones, sapete di aspettarvi un alto livello di patetico fluff da latte alle ginocchia, vi avverto! All'ultimo comparirà anche Spock in qualche modo, perché mi sento male a dividere troppo questi tre *^*
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James T. Kirk, Leonard H. Bones McCoy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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4
 
“Avanti”
Mormorò Gary con noncuranza sentendo il cicalino del suo alloggio, mentre continuava a piegare pigramente le maglie gialle della sua uniforme
“Ehi”
Il tenente Mitchell si bloccò un attimo sul posto, prima di poter fare mente locale, quando la porta grigia si richiuse dietro Jim
“Che ci fai qui?!”
L’amico dai capelli chiari alzò le spalle, sulla sua espressione stanca era presente un mezzo sorriso
“Mi hanno dimesso”
“E non mi hai detto niente?! Ti sarei venuto a prendere!”
Gary quasi si accigliò ma Jim per tutta risposta ridacchiò tra sé
“Grazie ma so salire sul teletrasporto da solo!”
Esclamò avvicinandosi al letto dell’amico, sul quale si lasciò stancamente cadere sulla schiena, stirando abbondantemente braccia e gambe. Gary sospirò molto rumorosamente, per farsi sentire, seccato di come non fosse stato avvertito al momento, e Jim sorrise ancora di più
“Ti ho disturbato?”
“No, stavo solo mettendo un po’ in ordine…”
Mormorò aprendo il cassetto delle uniformi per sistemarvi le maglie fresche di bucato e ben piegate
“Strano…”
Bofonchiò Jim, abituato al sempre totale caos nel quale viveva Gary, da che ricordava, era sempre stato così. Il suo piccolo alloggio, come prima di esso era stata la camera all’accademia, era colmo dei più svariati oggetti, utili o meno che fossero. Ninnoli, sopramobili, libri e quant’altro, posizionati più o meno alla rinfusa su tutte le superfici, costituivano il mondo disordinato del suo migliore amico.
In questo era quanto di più diverso da lui ci fosse, per Jim, abituato ai suoi alloggi spartani, con pochi oggetti ai suoi occhi preziosi, quel piccolo mondo appariva fin troppo saturo. Si chiedeva spesso come facesse Gary a non sentirsi soffocare da tutti quegli arnesi.
 
“Aspetti qualcuno?”
Chiese ancora, non era da Gary riassettare la sua stanza, a meno che non ci fosse un’ispezione del capitano, ma anche in quel caso non era da lui comunque.
“No, è appena andato via qualcuno…”
Rispose Gary con un languido sorriso soddisfatto che Jim contraccambiò
“Oh… spero tu abbia cambiato le lenzuola…”
Aggiunse sottovoce, non che gli interessasse particolarmente, si sentiva talmente stanco che non si sarebbe alzato da quel materasso per nessun motivo al mondo al momento.
“Hai portato a bordo tutta la tua roba?”
Jim annuì
“Non potevo certo lasciarla in ospedale… E’ stato bello rivedere la faccia del capitano, mi era mancato!”
“Oh beh tu a lui sì, e molto!”
“Immagino…”
In realtà la nave gli era molto mancata, e, in un certo qual modo, anche il capitano Garrovich, che dal canto suo era stato costantemente in pensiero per il suo miglior tenente, per quanto scavezzacollo fosse.
Anche se, Jim doveva ammetterlo, con tutto quello che gli era accaduto in quelle settimane passate alla base, la nave, il capitano, le missioni, nemmeno lo spazio erano stati nei suoi pensieri.
Per la prima volta in tutta la sua vita il suo lavoro non era restato al primo posto, qualcos’altro aveva occupato la sua mente e soprattutto il suo cuore.
E fu proprio il realizzare tutto questo che lo aiutò a dare finalmente un nome a ciò che provava per quell’uomo dagli occhi celesti che gli aveva salvato la vita.
 
Gary si sedette sul materasso e finalmente poté osservarlo. Jim aveva l’aria stanca, spossata in qualche modo. Delle leggere occhiaie gli segnavano gli occhi e il suo sguardo era decisamente altrove e Gary sapeva fin troppo bene dove.
Sapeva perché Jamie non dormiva serenamente, sapeva quali pensieri lo tenevano occupato. Altre volte aveva visto quell’espressione, ma mai era stata così torva, mai era durata tanto a lungo.
“Come stai?”
Domandò sorridendo, dolcemente. Il ragazzo biondo alzò le spalle
“Bene, altrimenti non mi avrebbero dimesso”
“Non intendevo fisicamente”
Jim girò il viso, cominciando a fissare il muro e aggrottò impercettibilmente le sopracciglia chiare
“Sto bene”
Mormorò, e fu appena percettibile la sua voce, Gary sorrise e scosse la testa
“Non è vero”
Gli diede una pacca sulla gamba facendogli cenno di spostarsi qualche centimetro per fargli spazio e si sdraiò accanto a lui. Jim girò il viso nella sua direzione
“Che ne sai?”
“So sempre quando non stai bene”
Era fin troppo palese il malessere di Jim, ogni malessere. Ogni più piccola cosa che non andava si palesava in quello sguardo chiaro dal colore indefinito, ogni più piccolo dispiacere era lì, per chiunque volesse vederlo. E Gary ne aveva visti molti, fin troppi.
 
Conosceva il modo che aveva Jim di chiudersi in sé, ingoiando ogni problema, evitandolo, ed anche in questo era identico a lui.
Conosceva alla perfezione il modo che aveva Jim di arrivare al massimo sopportabile e di liberare poi, di conseguenza, ogni emozione trattenuta in sfuriate quasi violente, per poi ricominciare da capo a immagazzinare ogni cosa, fino al nuovo riempimento e fino alla nuova rottura.
E anche in questo erano simili.
E in virtù del loro tacito accordo non verbale, sopportavano questa situazione, nessuno affrontava i propri problemi e nessuno aiutava l’altro ad affrontarli, perché non ne erano in grado; nessuno dei due aveva il carattere e la maturità necessaria per essere di un maggiore aiuto all’altro in quel campo.
E perciò l’unico aiuto che aveva sempre potuto dare a Jamie era quello di sopportare le sue sfuriate, portarlo fuori a bere una birra, presentargli l’amica di una propria ragazza. Nulla di più, nulla di realmente utile.
Lui che avrebbe fatto qualsiasi cosa per il suo migliore amico di sempre, lui che avrebbe volentieri sacrificato ogni cosa, anche la vita, come molte volte aveva messo a repentaglio e molte altre volte avrebbe fatto in futuro, non riusciva, concretamente, ad aiutarlo. E questa sua incapacità, a cui non aveva mai pensato, di cui non si era neppure mai reso conto, pesava adesso come il più forte dei rimorsi.
Non si era mai reso conto di quanto fosse inadeguato, non se n’era reso conto fino a quando l’animo di Jim non aveva trovato quello, a lui complementare, del dottor McCoy.
 
“Lo dimenticherai prima di quanto immagini…”
Mormorò, guardando il compagno sdraiato accanto a lui, che fissava ora il soffitto, con aria assente. E non era un augurio puramente egoistico, o almeno sperava davvero che così non fosse, che non fosse così meschino. Era semplicemente una costatazione, era una logica affermazione. Era la vita.
Jim avrebbe dimenticato anche quella storia, non appena la sua missione nello spazio fosse ripresa, il lavoro sarebbe tornato al primo posto, il suo futuro e la sua carriera sarebbero tornati ad essere la sua preoccupazione principale, perché era sempre stato così.
E anche se quella volta era tutto un po’ diverso, tornare a viaggiare avrebbe sortito ugualmente il suo effetto, anche se ci sarebbe voluto forse più tempo.
Jim sarebbe stato bene, contava solo questo.
“Non lo voglio dimenticare…”
Mugugnò Kirk, di nuovo aggrottando le sopracciglia, Gary guardò il suo volto, non era certo che Jim si fosse reso conto di averlo detto o fosse convinto di averlo solo pensato, la sua espressione era fissa e quasi sperduta, i suoi occhi puntavano il soffitto del suo alloggio ma vedevano tutt’altro
“… non voglio dimenticare i suoi baci…”
Mormorò ancora e Gary fu certo che l’amico non si fosse accorto di averlo davvero pronunciato quando, tiratosi su col busto per osservarlo meglio, Jim gli lanciò un’occhiata curiosa e il ragazzo bruno sorrise
“Sono qui Jim, per qualsiasi cosa…”
Era l’unica frase che potesse dirgli in quel momento e il bel viso dell’amico si rasserenò lievemente, lasciando comparire un delizioso sorriso
“Lo so…”
Batté il palmo della mano sul materasso facendogli cenno di sdraiarsi di nuovo accanto a sé
“… tu sei sempre qui, ho imparato a sopportarti!”
Esclamò sorridendo poggiando la testa chiara sulla sua spalla, Gary ricambiò l’ironica espressione
“Ah dovrai fartene un’abitudine mio caro, perché sulla tua bella Enterprise ci salirò anche io!”
“Non ho alcuna intenzione di salirci da solo”
Fu l’immediata a mormorata risposta di Jim.
Fin da quando erano due ragazzini avevano sempre immaginato le loro avventure spaziali, non avevano parlato di altro argomento per lungo tempo.
Avevano sempre saputo, entrambi, quale sarebbe stato il loro futuro, e avevano lavorato sodo, insieme, per costruirselo. E finalmente vi erano giunti, stavano vivendo quelle avventure che si erano sempre immaginati, fianco a fianco, com’era sempre stato.
E, sognando il proprio futuro, le proprie future missioni sull’ammiraglia della Flotta, come capitano e primo ufficiale, con la testa sulla spalla del suo migliore amico, Jim si addormentò, serenamente, dopo settimane che non vi riusciva.
 
**
 
-Diario personale del tenente Kirk. Data stellare 5546 punto sette. Le otto settimane che siamo stati costretti a trascorrere in questa base sono ormai finite e tra due giorni ripartiremo e riprenderemo la missione, come Starfleet ha ordinato, seppur sotto richiesta del mio capitano.
Le mie condizioni fisiche sono ottime, non risento di alcuno strascico, anche se per i primi tempi mi hanno raccomandato di non fare alcuno sforzo, ci proverò.
Una parte di me è molto felice di ripartire finalmente, è stata la mia più lunga permanenza in un luogo da quando ho iniziato a prestare servizio nella Flotta, e non credo di essere fatto per rimanere a lungo in un porto, non adesso almeno, non prima di aver esplorato questa galassia.
 
In realtà questo tempo mi è volato… Sono state settimane… intense.
Non ho più avuto modo di parlare con il dottor McCoy, né di vederlo, se non per uno sporadico saluto, sembra essere costantemente impegnato, molto più del solito, senza contare la sua impostata freddezza nei miei confronti…
Vorrei parlargli, devo farlo prima di ripartire…-
 
**
 
“Signor Mitchell…”
Il dottor McCoy rimase stupito quando, aprendo la porta, si trovò davanti il volto del giovane tenente amico di Jim, nel cuore della notte, o meglio, di quella che per pura convenzione alla base stellare veniva definita tale.
“Posso entrare?”
In realtà l’ultima cosa di cui Leonard aveva bisogno era una discussione notturna a rubargli il suo già risicato e disturbato riposo, ma non poté fare altro che scostarsi dalla porta facendo cenno a Gary di entrare in casa.
“Come sta Jim?”
Chiese Bones non appena il giovane si accomodò sul divano, preoccupato per la leggera agitazione del ragazzo, che poteva voler dire molte cose
“Perché non lo chiede a lui?”
“Non penso di voler parlare di questo…”
“Lei non si rende nemmeno conto di quanto sia eccezionale Jim, né di quanto stia soffrendo”
Il dottore sospirò e si massaggiò le tempie
“Me ne rendo conto signor Mitchell, ma sul serio, non è il cas…”
“Conosco Jim da una vita, e mi creda, per quanto banale le possa sembrare, non l’ho mai visto così. Oh, l’ho visto innamorato, stava per mollare tutto e sposare una ragazza tempo fa, era folle di… non ricordo nemmeno il nome, ma mi creda, non gli ho mai visto lo sguardo e il sorriso che rivolge a lei, o quando parla di lei. E dovrebbe vederlo adesso, se solo lo guardasse bene, se riuscisse ad accettare quello che Jim prova lo vedrebbe… Perché è oltremodo palese… e non è giusto che lei lo faccia stare così…”
Mormorò infine abbassando lo sguardo, una frase che sfuggì alle sue labbra, stanca e satura del dolore che vedeva nello sguardo dell’amico e, forse, velata ancora da una punta di gelosia. Punta che il dottore vide.
Bones gli si sedette accanto, sul divano del piccolo saloncino
“Io non te l’ho rubato, Gary…”
Non aveva mai parlato con quel ragazzo moro dagli occhi chiari, lo aveva visto per settimane al capezzale di Jim, muto e scostante, chiuso in un dolore che raramente aveva visto nei confronti di un amico, e questo glielo aveva fatto apprezzare da subito. Sorrise
“Jim non fa altro che parlare di te, ‘io e Gary di qua, io e Gary di là’… qualsiasi cosa lui provi per me, non altera in nessun modo il rapporto che ha con te…”
Alzò le spalle
“…ogni rapporto è diverso, un nuovo affetto non cancella né modifica quelli vecchi. Jim ti adora, sei il suo migliore amico, questo non cambierà mai. Non fa altro che fantasticare su quando sarai il suo primo ufficiale sull’USS Enterprise!”
Una leggera risata di entrambi allentò la tensione
“Sono dieci anni che lo ripete…”
Annuì Gary, poi tornò serio
“Io… lo so, davvero, come… tu devi sapere che Jim si è legato a te, molto… Devi pur saperlo!”
Sospirò e si passò una mano tra i capelli, se non riusciva Jim a parlare con il dottore, nessuna sua parola avrebbe scalfito quel muro che sembrava circondare quell’uomo, per ragioni di cui Gary non era a conoscenza ma che nemmeno gli sarebbero importate.
Quella discussione rischiava solo di protrarsi per ore, inutilmente. Perciò annuì, chiedendo l’unica cosa che gli stava veramente a cuore
“Vorrei solo che lo venissi a salutare dopodomani alla nostra partenza, si merita almeno questo”
Disse con decisione, non avrebbe accettato una risposta negativa in alcun modo, non avrebbe visto lo sguardo di Jim ancora più deluso e ferito di quanto già quell’uomo non avesse fatto.
Non gli avrebbe causato altro dolore.
 
Bones annuì e, vedendo il ragazzo avviarsi alla porta, lo seguì
“Verrò…”
“Sì? Beh eviterò di dirglielo comunque…”
Mormorò Gary, fissandolo ancora, lanciando il suo ultimo attacco con quello sguardo adirato
“…non voglio alimentare false speranze, non si sa mai… buonanotte dottore…”
Non attese alcuna risposta e uscì dalla casa di quell’uomo.
 
**
 
Il giorno dopo la Ferragut sarebbe finalmente ripartita, avrebbe lasciato quella base in quell’angolo sperduto dell’universo che, in appena due mesi, era divenuta per Jim così dannatamente importante.
Poche ore mancavano ormai a quel fatidico momento, e ogni cosa sarebbe ricominciata, interrompendo quella surreale stasi nella quale si era ritrovato a vivere per quelle settimane.
Certo non si sarebbe mai aspettato di trovare il suo destino in quel luogo, incontrato per pura coincidenza a causa di un incidente banale e pericoloso nel quale era quasi morto. Eppure quel fatto aveva messo in moto una catena di eventi che avrebbero segnato per sempre la sua vita.
Ma tutte queste cose ancora non le sapeva, forse le sentiva, nonostante tutta la confusione e l’amarezza che aleggiavano sulla sua testa mentre camminava avanti e indietro per quei corridoi grigi e freddi della base, senza una reale meta, semplicemente per tentare di prendere sonno.
I suoi passi distratti lo avevano condotto proprio sul ponte di osservazione, un amaro sorriso gli comparve sul volto mentre si avvicinava alla balaustra, proprio su quell’esatta mattonella in cui aveva baciato Bones, per la prima volta.
Momenti preziosi e dolcissimi che avrebbe sempre tenuto stretti ma che si legavano a tutto ciò che poi era seguito e che lo faceva soffrire, come non riteneva nemmeno possibile che si potesse, non lui.
“Ciao”
La voce bassa e calda di Leonard lo fece gelare sul posto, non si aspettava di trovarlo lì, non si aspettava di trovarlo affatto, per quanto il suo inconscio potesse sperarlo, ma evidentemente non era il solo a non riuscire a dormire quella notte, e non era il solo ad essere stato trascinato in quel luogo dai propri, traditori, passi.
“Ciao…”
Rispose a bassa voce, quasi un sussurro, e fu certo che le sue gote furono arrossite mentre il cuore prese a battergli velocemente. Si morse la lingua cercando di darsi un contegno, cercando di sembrare meno stupido di quanto finora avesse fatto, ma non era facile, non con il calore di Bones così vicino, quel calore che aveva provato e dal quale era già dipendente.
“Non vai a dormire?”
Mormorò il dottore portando le mani dietro la schiena, cercando di apparire sereno, tranquillo, mentre il suo sguardo chiaro si perdeva nella profondità senza fine dello spazio aperto.
“Tra un po’… non ho molto sonno”
“Come ti senti? Hai ancora i giramenti di testa?”
“No, sto bene, grazie”
Sospirò e alzò le spalle
“Tu come stai?”
Il dottore ridacchiò e alzò le spalle a sua volta
“Uno schifo!”
Jim girò appena il viso nella sua direzione e i loro occhi si incontrarono per qualche istante
“Mi dispiace”
Mormorò il ragazzo, sentendosi responsabile di quel malessere che li accumunava. Una responsabilità della quale non riusciva proprio a pentirsi. McCoy respirò profondamente, avrebbe voluto dirgli di star tranquillo, che non era affatto colpa sua, invece restò muto, perché non sarebbe stata la verità.
“Potrò scriverti?”
Domandò Jim ma non attese una risposta del dottore
“O magari è meglio di no”
Aggiunse sottovoce, Bones sorrise dolcemente, di nuovo non poteva resistere a quella inconscia tenerezza
“Avrai talmente tante cose da fare lassù Jim, che non avrai nemmeno il tempo di dedicarmi un pensiero”
“Ne sei proprio convinto eh? Poi dicono che il testardo sono io…”
Bones non avrebbe mai ascoltato le sue parole, non avrebbe mai creduto alla sincerità dei suoi sentimenti, non si sarebbe mai fidato di lui, e, sinceramente, non poteva dargli torto.
Nonostante dai suoi occhi trasparisse ogni cosa, traspariva una verità che Bones non accettava, una verità della quale aveva ancora paura.
“Mi sono innamorato… una volta…”
Mormorò Jim, fissando ancora dritto davanti a sé, mentre i miliardi di stelle del cosmo si riflettevano nel suo sguardo
“… o forse due, o almeno così credevo, ma era un’altra cosa invece…”
O forse era un’altra cosa quella che provava in quel momento, vicino a lui, qualcosa di più forte, qualcosa che non aveva nome.
“Come lo sai?”
Domandò ingenuamente l’uomo e Jim alzò le spalle
“Te lo direi, ma non mi crederesti…”
Girò il bel viso di nuovo roseo verso di lui, incatenando gli occhi nei suoi, quegli occhi così dolci e sinceri che non chiedevano altro che di essere letti e fu McCoy a distogliere lo sguardo per primo.
Jim sorrise
“Beh, buonanotte Bones…”
Sussurrò e si voltò verso il corridoio, ma la mano dell’uomo incontrò la sua.
 
A giudicare dall’espressione stupita di Bones stesso, doveva essere stato un movimento del tutto istintivo che non aveva controllato. I suoi occhi celesti fissavano la propria mano stretta in quella del ragazzo, e al momento null’altro era importante, solo che Jim non se ne andasse.
Lo avrebbe perso il giorno successivo, lo avrebbe perduto in poche ore, e questo pensiero lo faceva impazzire come mai gli era accaduto prima.
Perché se quel sentimento era del tutto nuovo per Jim lo era anche per Bones, nonostante lui conoscesse l’amore, forse più nei suoi difetti che nelle sue qualità, non aveva ancora conosciuto quel calore unico, quella pace interiore, che solo il viso di quel ragazzo, il suo sorriso e le sue mani gli provocavano.
E nonostante sapesse bene che era sbagliato, perché il giorno dopo avrebbe fatto ancora più male, perché lo avrebbe perso in ogni caso, non poté impedirsi di stringere forte a sé quel ragazzino.
Fu quella sensazione, mentre Jim artigliava forte le sue dita sulla sua maglia e affondava il viso nella sua spalla, quella terribile sensazione di vuoto che lo colse d’improvviso quando la consapevolezza che entro poche ore lo avrebbe lasciato si impadronì di lui, a fargli comprendere che quel ragazzo era divenuto per lui ormai fondamentale. La sua luce era ormai fondamentale.
Gli carezzò dolcemente quel viso dai lineamenti delicati e perfetti e si chinò su di lui, aspettando che fosse Jim a posare le sue labbra sulle sue, solo allora le catturò con le proprie.
Ancora, e ancora, perché era più di un bisogno.
Aveva bisogno delle sensazioni che quel giovane gli faceva provare, sensazioni che aveva dimenticato perfino esistessero. Sensazioni meravigliose che in qualche modo significavano, semplicemente, essere vivi.
 
Vivo, si sentiva vivo, come non lo era stato per molto tempo, giungendo quasi a dimenticare l’importanza di quelle emozioni. Emozioni senza le quali la vita non ha alcun senso.
Giurò, in quel momento, stringendo la vita di quel ragazzo, che non avrebbe mai più dimenticato questa semplice verità.
 
“Alla prossima licenza tornerò qui, da te…”
Soffiò Jim, sulle labbra dell’uomo, non smettendo di stringersi a lui. Leonard sorrise
“Sappiamo entrambi che non lo farai”
Mormorò, lambendo ancora quelle labbra del cui sapore era ormai assoggettato, Jim scosse la testa, decise di non discutere ancora, inutilmente, con Bones, appigliandosi all’ironia, e così aggrottò le sopracciglia, in una finta espressione offesa. Non voleva separarsi da lui con quel magone sullo stomaco, non lo avrebbe sopportato
“Ah no? Allora, se vinco io mi crederai, ti fiderai di me… almeno un po’…”
Aggiunse con serietà e una punta di amarezza, Bones, non smettendo di stringerlo a sé, alzò un sopracciglio
“E se vinco io?”
“Non vincerai mai”
“Non è una risposta”
“Non è una scommessa”
Jim si alzò in punta di piedi e gli prese il volto tra le mani
“Io tornerò qui, è un’affermazione e… ci sarà tutto più chiaro…”
Mormorò con un dolce sorriso, Bones annuì, cercando di non crearsi alcuna aspettativa ma, una parte di lui, credette istintivamente e senza riserve a quelle parole.
Non si seppe mai spiegare come e perché ma fu come captare, in quel momento, una sorta di eco di ciò che sarebbe accaduto, di ciò che la vita avrebbe loro portato.
 
 
**
 
E la mattina dopo, dopo quei due eterni mesi, era alla fine giunto il giorno tanto decantato della partenza della Ferragut da quella base spaziale.
L’equipaggio, in parte sempre rimasto a bordo, in parte sulla base, e anche quelli che avevano approfittato per raggiungere qualsivoglia meta in quella licenza obbligata da cause di forza maggiore, erano tutti tornati al proprio posto.
O quasi.                                                                                          
Gary e Jim attendevano ancora pazientemente nella sala del teletrasporto della base stellare, di essere riportati a bordo. Attorno a Gary si erano aggirate, per svariati minuti, uno stormo di ragazze urlanti, Jim si chiese dove diavolo l’amico avesse trovato tutte quelle belle ragazze in una base stellare. O dove avesse anche solo trovato il tempo da dedicare a tutte loro, ma era una storia che sicuramente Gary si sarebbe deliziato a raccontargli.
“Jim…”
“Verrà…”
Gary raggiunse l’amico, fuori dalla pedana del teletrasporto, intento a fissare il corridoio, continuando a sperare testardamente di veder apparire il dottor McCoy da un momento all’altro. Il ragazzo bruno gli strizzò una spalla
“E’ un dottore Jim, sarà stato trattenuto, lo sai, quando vengono chiamati loro devono andare…”
Gary cercava di rincuorarlo e di parlare con tranquillità, il compagno annuì
“Sì… sarà così…”
“Ragazzi, la nave mi sta continuando a chiamare, dovete andare…”
Disse il tecnico dietro la console del teletrasporto
“Dobbiamo andare, Jim…”
Gli prese una mano e Jim si lasciò tirare inerme verso la pedana rialzata del macchinario.
 
“Jim…”
Girò di scatto il viso verso il corridoio, pregando di non averlo solo immaginato, e quando vide Bones avanzare a passo svelto verso di lui, il volto gli si illuminò e corse incontro al dottore, gettandogli le braccia al collo, proprio come un bambino, ma non se ne vergognò minimamente.
Gary sorrise mentre il comunicatore del teletrasporto continuava a suonare.
“Lo sapevo!”
Jim continuava a stringere il dottore a sé, aveva davvero avuto paura che potesse, per un motivo o per un altro, lasciarlo partire senza un ultimo saluto.
“Sono stato trattenuto”
La pura e semplice verità era che, nonostante ci avesse provato, non era riuscito ad impedirsi di rivederlo. Aveva avuto oltremodo paura che se lo avesse rivisto a pochi minuti prima della partenza, non avrebbe più potuto lasciarlo andare, e la tentazione di impedirgli di ripartire, in un modo o nell’altro, era tuttora molto forte.
Ma alla fine, non aveva resistito al desiderio di vedere di nuovo il suo volto, il suo sorriso, in quella che poteva essere l’ultima volta. Un ricordo e un’immagine che avrebbe tenuto stretta.
Gli prese il viso tra le mani cercando di fissare nella mente ogni suo singolo dettaglio.
Il cicalino del comunicatore della console continuava a suonare, Gary guardò l’addetto al teletrasporto unendo le mani in una tacita preghiera, questo sbuffò e rispose alla chiamata, dicendo la prima cosa che gli venne in mente su due piedi
“Necessito di qualche minuto per risettare il teletrasporto, c’è stato un… un’interferenza nel segnale…”
Non attese di sentire la voce alterata del capitano e spense la comunicazione
“Grazie”
Mormorò il tenente Mitchell.
 
“Ti scriverò Bones, se mai vorrai rispondermi saprai dove farlo…”
L’unica cosa che si sentì di poter fare McCoy fu annuire mestamente, senza allentare la presa su di lui
“Stai sempre attento Jim ti prego, non cacciarti nei guai, evita i pericoli, fa attenzione, ti prego…”
Improvvisamente il terrore che quella fosse l’ultima volta che vedeva quel ragazzo semplicemente perché poteva capitargli qualcosa di male lo assalì prepotentemente, ma Jim manteneva il suo bellissimo sorriso
“Devi stare tranquillo, non mi succederà niente…”
“Sei sempre sicuro di tutto tu”
“Sì, perché voglio rivederti ancora, e ancora…”
Mormorò con un sorriso languido e dolce al tempo stesso, quell’espressione così tipica di Jim che aveva del tutto scombussolato la mente di Leonard non appena lo aveva conosciuto.
Gli catturò la bocca in un bacio profondo che il dottore non poté interrompere, ritrovandosi ancora una volta a ricambiarlo con passione, stringendo quel bel corpo al proprio.
Non sapeva come avrebbe fatto a lasciarlo adesso, ad allentare la presa e vederlo sparire nel teletrasporto, l’unico desiderio che aveva in quel momento era che restasse tra le sue braccia, dove poteva proteggerlo, da ogni male.
“Bones…”
Sussurrò infine Jim restando con le labbra poggiate sulle sue
“…sai dove sarai tra dieci anni?”
Aveva un sorriso bellissimo che McCoy si trovò costretto a ricambiare, intuendo dove Jim volesse andare a parare
“Fammi indovinare…”
“CMO sull’Enterprise, che te ne pare?”
“Un po’ prematuro”
“Scommetti?”
E quella sicurezza era ancora lì, a brillare in quei bellissimi occhi luminosi
“Jim, dobbiamo andare o finiamo nei guai…”
Mormorò Gary alle sue spalle, Bones gli porse la mano
“State attenti tutti e due, mi raccomando…”
Il ragazzo bruno gliela strinse sorridente e annuì, scompigliando i capelli di Jim affettuosamente
“Non preoccuparti, ci bado io a questo qui, come sempre!”
“Ehi!”
Si lamentò Kirk, adorabilmente imbronciato.
 
La mano di Jim scivolò lentamente via dalle sue e Leonard restò finché non lo vide sparire nel teletrasporto e non sentì la conferma che i due ragazzi fossero arrivati sulla Ferragut, sani e salvi.
Si avviò poi al suo appartamento, che non gli era mai sembrato così vuoto. Bevve un bicchiere di brandy sauriano e si sedette sul divano cercando di fare mente locale e ordine nei suoi confusi pensieri. Bevve un altro bicchiere, prese una penna e un foglio di carta e buttò giù tutto d’un fiato quel tumulto che gli si agitava in mente.
 
Non pensava che Jim avrebbe risposto alla sua lettera, non pensava che sarebbe tornato da lui come aveva promesso…
Non pensava minimamente che quella corrispondenza sarebbe durata dieci anni…
E l’ultima cosa che credeva possibile, in quel momento, era che Jim avrebbe infine vinto, pienamente, la loro scommessa.

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Seguirà un piccolo epilogo (appena ho qualche ora per scriverlo) e poi mi levo dalle balle XD

   
 
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