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Autore: SunriseNina    28/04/2012    3 recensioni
« OLIVIER ARMSTRONG x SCAR »
«Qualche volta vieni a far visita a Briggs. Sei un esempio che i miei uomini potrebbero seguire.»
«Mi farebbe piacere. Sul serio.» Scar si guardò intorno, come in imbarazzo «A questo punto qui le cose stanno migliorando parecchio. Forse tra qualche mese verrò a farvi visita.»
La donna annuì, soddisfatta.
«Spero di rivederti. Bada a te stesso, Uomo Cicatrice.»
[Da:"Burning ice."]
«Non so minimamente cosa voglio. Sentivo solo il bisogno di dirti che, quando sono con te, è come se tutto sparisse e si facesse più nitido allo stesso tempo. Tu alteri la mia realtà, Olivier. E non so come affrontare questo genere di situazione. »
Lasciarono che il silenzio colmasse quei lunghi istanti; Olivier sentiva accanto a sé il petto di Scar palpitare, ne sentiva il respiro tiepido tra i capelli.
Lui le scostò con indicibile delicatezza una ciocca fuori posto per poter meglio ammirare il suo viso, i suoi tratti nordici, le lunghe ciglia e le deliziose labbra: il complesso, incorniciato da quella fluente chioma color dell’oro, risultava così bello da parere inumano.
«Scar?» lo interpellò nuovamente «Sai che tutto ciò è sbagliato, vero? Sai che né io né te possiamo abbandonare i nostri ruoli per dei miseri sentimenti?»
«Ne sono più che consapevole.» disse lui, ma non smise di abbracciarla. Accostò il capo al suo orecchio, e le mormorò: «Vorrei solo che quest’attimo durasse un’eternità. Vorrei non dovermi più alzar da qui, anche a costo di congelarmi, perché so che una volta che torneremo indietro tutto questo non sarà mai accaduto, e dovrò nuovamente portarmi queste sensazioni nel petto, farle tacere in un modo o nell’altro. So anche che non ti rivedrò chissà per quanto tempo, e comunque se mai ancora ci rivedremo nulla cambierà: io sarò sempre un sacerdote, tu sempre un generale. »
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Olivier Milla Armstrong, Scar
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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PREMESSA.
Questa Long-Fic è il seguito di una mia One-Shot, Burning ice
Consiglio ovviamente di leggere anche essa, ma se qualcuno proprio non sopportasse l'idea di leggersi questa One-Shot (?) riporto brevi informazioni che possono tornare utili per capire la storia:


Scar è diventato il Gran Sacerdote di Ishval, e con l'aiuto di persone come Mustang sta aiutando Ishval a risorgere e a tornare al suo splendore originale. Ha ormai sviluppato una radicata fede religiosa (questo si noterà parecchio) ed è ormai una figura di spicco parecchio conosciuta in tutta Amestris.
Olivier Armstrong è venuta a fargli visita alcuni mesi prima, chiedendogli alla fine del loro incontro di venire a fargli visita a Briggs: Scar ha accettato, riferendo che un giorno o l'altro sarebbe venuto da lei.



Detto questo, buona lettura! :D













Scar alzò infreddolito il bavero del suo bigio pastrano, chiudendo gli occhi per alcuni secondi: riusciva a vedere gli immensi paesaggi del suo paese, le basse abitazioni, le strade sterrate arroventate dal sole cocente, i vermigli sguardi della sua gente, il sole che si posava sull’orizzonte tingendo d’oro il loro cielo sconfinato e limpido.
Riaprendoli, rimase immobile con aria sperduta: la realtà di quel luogo lo destabilizzava.
Non era per nulla abituato a quel cielo perennemente coperto, agli alti edifici bigi, a quel vento che soffiava imperterrito buona parte del tempo, e soprattutto non capiva come potessero convivere con la neve: gelida, bagnata, fastidiosa. Gli mancava già l’afa soffocante di Ishval e il suo sole che rendeva bruna e scottante la pelle.
Raccolse la valigia di cuoio e si affrettò ad allontanarsi dal binario, entrando nel piccolo stabile che era la stazione di quella cittadina sperduta nella bufera.
Il locale era piccolo, ben illuminato e riscaldato. Un paio di persone erano sedute sulle piccole panchine insieme ai loro bagagli, attendendo il treno, mentre un bigliettaio annoiato e dai grandi baffi sistemava la sua piccola scrivania in un angolino.
Scar si guardò intorno, chiedendosi se fosse meglio uscire ad aspettarli fuori o rimanere all’interno; non sapeva nemmeno chi sarebbe venuto a prenderlo, e tantomeno come sarebbero andati a Briggs: aveva richiesto solo un arrivo quanto più celato ai giornalisti radio affamati di notizie, e gli avevano indicato quella stazione sperduta.
Sentì la porta aprirsi con un cigolio, e il rumore di pesanti scarponi sul pavimento: «Ben arrivato, Scar.»
L’uomo si voltò verso la figura che si stagliava sulla porta: i lunghi capelli biondi intrisi di un leggero nevischio, le guance arrossate dal gelo, le labbra turgide modellate in un’espressione di superiorità.
Olivier Armstrong.
 
Chiuse la portiera, sistemandosi nella piccola utilitaria: i sedili erano foderati di un velluto dal color del vino purpureo, e Scar sfiorava il basso tettuccio. Al posto del conducente, Miles gli rivolse uno sguardo amichevole mentre Olivier gli intimava di sgommare fino a Briggs nel minor tempo possibile.
«La ringrazio per aver rispettato i nostri patti.»
Olivier si voltò verso il compagno di viaggio seduto accanto a lei:«Ho fatto semplicemente come aveva chiesto. Arrivo nascosto, poche persone, in una cittadina poco conosciuta.»
«L’arrivo insospettato di un esponente religioso avrebbe potuto causare scompiglio…»
«Non le sto chiedendo spiegazioni. Personalmente, non mi interessa se lei vuole arrivare in incognito o ha bisogno di arrivare in cocchio con un tappeto che le si srotola davanti ai piedi.»
Miles si lasciò scappare un debole risolino, che cercò di soffocare in una frazione di secondo. Scar corrucciò le sopracciglia, guardando fuori dalla finestra: erano davvero così ridicole le loro conversazioni?
Dal canto suo, Olivier mantenne la sua espressione seria fissa sul sedile davanti a lei. Si formò un silenzio colmo d’ansia nella piccola vettura, si mescolava all’aria gelida e all’odore di chiuso di quella macchina rimasta probabilmente inutilizzata per anni.
Fuori dalla finestra fioccava una leggera neve che sempre caratterizzava il rannuvolato cielo di Briggs: si posava sui radi alberi, sulle rocce, sui bassi muretti che delimitavano le stradine che imboccava la macchina.
Ed eccola, l’enorme Fortezza che separava Amestris da Drachma.
Quando scesero, sul volto di Olivier si formò un piccolo sorriso: era evidente che quella gigantesca costruzione che li sovrastava con i suoi imponenti muri era per lei come una stella polare, nonché ciò che di più simile aveva ad una casa. Ovviamente non una casa in senso pratico, perché aveva magnifiche ville in molte aree di Amestris, eredità della ricchissima famiglia Armstrong: intere tenute riccamente ammobiliate, dai larghi portici e dai giardini perfettamente curati, con scalinate in marmo e sale da ballo degne di una corte reale. Eppure, Scar lo poteva comprendere benissimo, non era la magnificenza di un’abitazione a rendere essa la propria casa: lui stesso, nonostante tutta la fama che aveva ormai acquisito, si sentiva a casa solo nelle misere casupole  dei quartieri in cui era nato, in cui i bambini correvano a piedi nudi tra la polvere e in cui i vecchi si sedevano in terra su tappeti variopinti riparandosi dal sole sotto tettoie costruite alla bell’e meglio.
«Mi segua.» si rivolse Olivier a Scar, facendogli segno di seguirlo mentre Miles prendeva il bagaglio dell’ospite.
L’interno della struttura non era certo caldo, ma paragonato all’esterno gelido non era nulla: Scar si tolse il cappotto, sentendosi un poco più rilassato ma non per questo a suo agio. Non era abituato a quel genere di costruzione, alle mille scalinate e alle pareti rinforzate con lastre metalliche. Si sentiva come chiuso in una camera blindata da cui era impossibile uscire. Quasi si pentì di essere venuto a Briggs, ma quel pensiero sostò nella sua mente solo alcuni secondi: era sinceramente soddisfatto di aver ricambiato il gesto che Olivier aveva fatto, venendo a far visita ad Ishval qualche mese prima.
«Prencey!» tuonò Olivier verso il corridoio: in pochi secondi accorse un giovane soldato, evidentemente intimorito dalla donna:«Eccomi, generale Armstrong!» aveva il viso sottile e una zazzera di capelli rossicci che gli ricadevano sugli occhi chiari.
«Accompagna il Gran Sacerdote nella sua stanza.»
«Subito!» il ragazzetto afferrò la valigia che portava in mano Miles, e i tre si allontanarono.
 
Olivier chiuse con violenza la porta dietro di sé, poi si lasciò cadere sfinita sulla sua poltrona.
Si massaggiò le tempie: la presenza di quell’uomo la destabilizzava. Ancora non riusciva a capire come aveva potuto accettare di vederlo nuovamente: avrebbe dovuto invece chiudere ogni vago ricordo o pensiero in proposito in un cassetto del proprio subconscio e non badarci mai più.
Era cambiato parecchio, riflettendoci: la vita che conduceva lo stava lentamente plasmando, ne levigava l’animo rude e scontroso, rendendolo più debole. La donna abbozzò un’espressione di superiorità, compiacendosi della propria integrità e di come lo svolgersi delle vicende non l’avesse mai distolta dai suoi principi e dalla sua vera natura: eppure sapeva che, in fondo, Scar aveva solo imparato dai suoi sbagli. Non era una persona stupida, tutt’altro: era più scaltro e saggio di quanto non si potesse immaginare, e sentiva di provare una sincera ammirazione per quell’uomo.
Mentre ancora si arrovellava le meningi con quei pensieri contorti, piombò nella stanza Prencey con il respiro affannato per la corsa: «Generale, abbiamo… abbiamo un piccolo problema… con l’ospite.»
La donna scattò in piedi, trascinandosi dietro l’impaurito soldato e dirigendosi a passo spedito verso la stanza degli ospiti.
Appena arrivò, vide Miles e Scar in piedi davanti alla porta spalancata, il primo con espressione vaga come sempre e il secondo con aria contrariata.
«Cosa succede qui?!» sbottò irritata, squadrando i tre uomini.
Scar resse il suo sguardo inferocito senza farsi intimidire: «Non ho bisogno di una stanza tanto lussuosa.»
«Le assicuro che è la stanza più modesta che abbiamo…» cerò di farsi valere il soldato semplice, con scarsi risultati.
Olivier lanciò uno sguardo alla stanza, arredata con pochi semplici mobili:«È questo il modo di ricambiare l’ospitalità, Uomo Cicatrice?» incrociò le braccia con aria minacciosa, ma Scar non vacillò.
La donna rimase immobile per parecchi secondi, poi sospirò con irritazione: «Venga, Sacerdote. La porterò in prigione. Non abbiamo luogo più umile delle nostre celle.»
Il soldato semplice, stupito, guardò con espressione interrogativa Scar che annuì seguendo la donna lungo il corridoio.
«Così è meglio?»
Lui annuì, guardando la buia e minuscola celletta. Si sedette sul letto, poggiando a lato di esso il bagaglio, e rimase a fissare la parete davanti a sé.
«Già nostalgico?» chiese lei, appoggiandosi alle fredde sbarre di ferro.
«È la mia terra. Mi manca ogni istante in cui non sono lì.»
«La capisco. E non lo dico così per dire.»
«Comunque, grazie dell’ospitalità. Sono contento di essere qui.»
«Certo.»
«Cosa aveva previsto lei per domani?»
«Avevo in mente di farle visitare la città più vicina e pranzare lì, è piccola ma molto pittoresca. Poi la accompagnerò in stazione, e potrà ripartire.»
Scar cercò le parole giuste per esprimersi: «Solo… Io e lei?»
«Già» lei distolse lo sguardo «Così immaginavo. Sarebbe stato scortese invitarla qui e non passare nemmeno un po' di tempo con lei. Mi sono organizzata per poter avere una giornata libera per farle da guida.» sorrise con complicità «Vedrà: non sarà Ishval, ma anche Briggs è un luogo bellissimo.»
«Se è come il generale che ne è a capo, non avrò dubbi.»
 Olivier spalancò gli occhi, per poi ridere nascondendo l'imbarazzo: «Dio mio, ma lei non dovrebbe essere un sacerdote?»
«Non per questo sono esentato dal poter constatare la bellezza di una donna come lei.»
Lei osservò il viso serio e composto dell’altro, i suoi tratti mascolini del viso e il suo corpo dai muscoli definiti e voluminosi: «Che faccia tosta, Uomo Cicatrice… Tra poco ceniamo. Le andrebbe di prendere posto con noi a tavola? Sarebbe un onore.»
«Preferisco rifiutare. Ho già mangiato, oggi.»
Lei fece roteare gli occhi con insofferenza nei riguardi di pratiche come il digiuno: «Bene.»
Strinse le dita inguantate sulla sbarra di ferro a cui era appoggiata.
Voleva rimanere, in qualche modo.
Voleva mettersi lì, a parlare del più e del meno, come due persone qualunque potevano fare.
Ma era questo il problema: non erano due persone qualunque. Non era nemmeno lontanamente concepibile una normale conversazione tra loro, e ciò la fece sentire improvvisamente di malumore.
«Se così è, allora buonanotte, Scar.»

Si rigirava tra le coperte, gemendo disperata: era nel pieno di un inaspettato e irrazionale attacco di insonnia.
Olivier sprimacciò il cuscino, tentò in tutti i modi possibili di conciliarsi il sonno, ma nulla sembrava funzionare: il suo ventre era in preda ad un malessere inspiegabile, che le impediva di concentrarsi su altro.
Si sedette ai bordi del letto, ancorando lo sguardo perso alla porta: cosa la rendeva così maledettamente irrequieta? Possibile che…
No, scempiaggini.
Non lei, non la Regina delle Nevi di Briggs.
E non lui, un sacerdote di una remota e afosa regione dell’Est.
Non si spiegava perché mai avesse deciso di salvarlo dall’esecuzione: aveva avuto solo la sensazione di aver fatto la cosa giusta, una volta che lo aveva visto assopito nel letto della sua villa.
Non riusciva a smettere di pensare a quel suo volto: fin dalla prima volta che lo aveva visto, si era resa conto di provare una sensazione insolita ogni qualvolta che esso si voltava nella sua direzione. Chiunque ovviamente si sarebbe sentito intimorito davanti agli sguardi severi di Scar, ma non era di timore che si colmava il petto della donna: sentiva di leggere in esso una profondità d’animo che gli altri non riuscivano a percepire. E poi c’era quella cicatrice, quella pelle biancastra in netto contrasto con il viso olivastro, di cui Olivier cercava di intuire la provenienza. Non avrebbe mai osato chiedergliela, ma al contempo bramava tremendamente di capire come si fosse sfregiato in tal modo il viso.
C’era qualcosa in quell’uomo che la attirava, la incuriosiva come nient’altro in vita sua aveva mai fatto: era un essere avvolto nel mistero, che aveva vissuto nell’ombra e anche dopo esserne riemerso era rimasto intriso dei suoi segreti e del suo passato turbolento.
C’era qualcosa in lui.
Un qualcosa che la tormentò tutta notte, infestando il suo sonno di incubi.
«Perché mi fai questo effetto, Scar?» sibilò alle tenebre di quella notte che pareva infinita «Perché












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Oook, sono perfettamente consapevole che come primo capitolo non è nulla di che.
Scrivere su di loro è bellissimo quanto maledettamente difficile >.<" Spero che vi sia piaciuto il modo in cui ho interpretato le loro personalità, e che esse non sforino nell'OOC.
Vedremo un po' che accadrà nella breve permanenza di Scar a Briggs... :3
Ah, dico subito che potrei cambiare modo di chiamare Ishval (Ishvar? Ishbal?) e gli Ishavliani (Ishvariani? Ishbaliani?), essendo non proprio chiaro come si scrivano... ^^

Nina.

   
 
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