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Autore: Ell Emerson    30/04/2012    0 recensioni
Nella diciassettesima estate della sua vita Evelyn viene spedita in uno sperduto paese sulle coste irlandesi, a trascorrere l’estate sotto la tutela della sua sconosciuta zia. La ragazza prevede un noioso soggiorno all’insegna del dolce far niente… si sbaglia.
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2.L'OMBRA


Viaggiare sulla jeep non le era mai dispiaciuto, soprattutto se a guidarla era Anton, l’autista di suo padre. L’avrebbe accompagnata lui fino a destinazione perché in realtà era nato da quelle parti e in quel periodo dell’anno andava sempre a trovare la sua famiglia. Era un uomo sulla quarantina ed Evelyn aveva sempre apprezzato la sua capacità di sopportare di buon grado le sue chiacchiere, ma soprattutto di stare zitto quando non aveva voglia di parlare e voleva sentire solo lo scivolare degli pneumatici sull’asfalto. Come in quel momento.
Si godeva la vista degli alberi che sfrecciavano oltre il finestrino stravaccata sul sedile anteriore dell’automobile. Adorava i boschi, le trasmettevano una sensazione di tranquillità, al punto che dopo qualche ora trascorsa a fissare quelle macchie verdi cadde in un sonno profondo.

Si svegliò dopo qualche ora, forse infastidita dal dondolio della nave. Era ancora in macchina, nel parcheggio del traghetto. Anton doveva essere sceso. Guardò l’orologio del cellulare e si rese conto che aveva dormito per quasi sette ore. Assurdo, pensò mentre costatava che il suo autista doveva aver guidato a una velocità folle per essere arrivati da Aberdeen al porto in meno di dieci ore. Meglio così, si disse alla fine infilandosi la felpa. Aveva urgente bisogno di un caffè e di fare un salto in bagno. Diede un’occhiata al sedile posteriore e nonostante la scarsissima luce si accorse che le sue cose non c’erano, quindi si chinò per sfilare le chiavi dal quadro della macchina.
Fu quando risollevò lo sguardo che si trovò davanti una sagoma scura e sfocata in piedi proprio davanti alla macchina… sussultò e si appiattì contro lo schienale del sedile. Strinse le palpebre mentre il suo cuore accelerava i battiti. Quando riaprì gli occhi davanti a lei non c’era niente, si guardò intorno e vide solo altre automobili.
Evelyn non era una fifona, eppure il terrore l’aveva paralizzata per un momento. << Sono ancora mezza addormentata >> si disse a voce alta per riempire un po’ quel silenzio angosciante mentre un brivido le percorreva la schiena.
Scese dall’auto e ne raggiunse il retro infilando le chiavi nella toppa per aprire il cofano, prelevò la sua borsa a tracolla e richiuse. Stava per avviarsi quando con la coda dell’occhio nel finestrino di un’auto accanto a lei notò il riflesso di una sagoma. La stessa di prima. Si voltò di scatto… ovviamente non c’era.
Accelerò il passo per arrivare prima alle scale e finalmente lasciare quel posto buio e lugubre. Forse aveva accelerato troppo… dopo pochi passi urtò qualcosa e se non ci fosse stata la provvidenziale ringhiera delle scale dietro di lei sarebbe finita per terra. << Tutto bene? >> disse una voce maschile, probabilmente appartenente a colui che aveva investito, mentre una mano si avvicinava alla sua spalla, la ragazza la schivò con un gemito; << Scusami. Volevo controllare che stessi bene >> disse quello ritraendosi.
<< Sto bene grazie. Mi scusi se le sono finita addosso >> rispose lei un attimo prima di allontanarsi velocemente. Non era riuscita a vederlo in faccia con quella penombra, aveva notato solo che era molto alto e aveva occhi chiari, ma non aveva importanza, era impossibile che fosse la stessa persona che le aveva quasi fatto prendere un infarto… primo perché era impossibile che si fosse spostato così velocemente da una parte all’altra del parcheggio, e secondo perché molto probabilmente si era immaginata tutto quanto.

Quando raggiunse i corridoi della nave il suo cuore riprese a battere normalmente. Dopo essere passata dal bagno si diresse verso il bar e ordinò il tanto bramato espresso nella speranza di evitare altre sgradevoli allucinazioni.
Mentre era ancora seduta su uno degli alti sgabelli del bancone si sentì afferrare per una spalla; afferrargli la mano e saltare giù dallo sgabello furono una cosa sola. << Caspita! Che riflessi. Fai kung fu o roba simile? >>.
<< Anton! >> esclamò Evelyn lasciando stare l’aggressore.
<< E chi altri? >>.
<< Già, chi altri. Scusa non ti ho fatto male vero? >>.
Quello guardò i segni rossi a forma di mezzaluna che gli erano rimasti sulla mano, poi rise << Ti sembro un pappamolle? >>.
La ragazza sorrise << E comunque sono un’autodidatta >>.
<< Allora devo porgerti i miei complimenti, m’insegni qualche mossa? >>.
<< Quando vuoi >> rispose sempre sorridendo Evelyn.

Era corsa sul pontile nella speranza di godersi la vista mozzafiato della costa dell’Inghilterra che si allontanava e invece con immensa delusione aveva costatato che diluviava e con la nebbia non si vedeva a un palmo dal proprio naso. Così aveva trascorso il resto della traversata su un divanetto a guardare le gocce che scivolavano sulle finestre. Quella fu la prima volta che le dispiacque la pioggia, solitamente la metteva di buon umore.

Tornarono nel parcheggio solo quando la nave attraccò. Evelyn percorse ogni angolo con lo sguardo mentre aspettavano che il portello si aprisse per lasciarli scendere. << Hai perso qualcosa? >> suonò dentro l’abitacolo la voce di Anton.
<< Come? >>.
<< Non lo so, ti guardi intorno come se cercassi qualcosa >>.
Evelyn fece una risatina nervosa << E che cosa dovrei cercare? >>.
   
 
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