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Autore: Vanderbilt    30/04/2012    14 recensioni
Bella, ragazza di diciotto anni con una famiglia apparentemente perfetta. Desidera innamorarsi per la prima volta.
Edward, un passato difficile, non si è mai innamorato.
Entrambi si conosco da molti anni, ma non sono mai riusciti ad instaurare un rapporto a causa del carattere introverso di Edward.
Abitano a Savannah, sognano di andare al college, ma ora dovranno affrontare l'ultimo anno di liceo, pieno di imprevisti a grattacapi...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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I think I love you better now

E non c'è bisogno di sapere solo che la tua vita ha un significato. Ha sempre un senso, che duri cent'anni o cento secondi, ogni vita e ogni morte cambia il mondo a modo suo.

Remember me

 

Da una decina di minuti Edward ed io eravamo chiusi nella sua auto in religioso silenzio, ascoltando lo sciabordio dell'acqua che picchiava sulla macchina. Al di là del parabrezza non si vedeva nulla, tranne una fitta nebbia causata dal temporale. Le gocce d'acqua scendevano veloci dal vetro e guardarle sembrava la miglior attrazione del momento.

Avevo concesso a Edward tutto il tempo di cui necessitava per iniziare ad aprirsi con me per la prima volta, ma l'attesa era a dir poco snervante ed io non ero mai stata una ragazza paziente.

Ad un tratto, immersa nei miei pensieri, lo sentii schiarirsi la voce e voltare la testa verso la mia direzione. Smisi di osservare la pioggia e mi voltai con il busto verso di lui fissando i miei occhi nei suoi, in un contatto visivo che diceva tutto. Ero lì per lui e ci sarei sempre stata.

«E' difficile», ammise. Sapevo che si riferiva a come iniziare a raccontarmi una parte della sua vita che evidentemente lo faceva ancora soffrire.

«Lo so e non c'è fretta», lo confortai posando una mano sulla sua appoggiata al cambio. Me la strinse di rimando e intrecciamo le nostre dita.

«Non ho mai raccontato a nessuno la mia storia, l'inizio della mia vita. Nessuno si è mai posto il problema di sapere perché fossi così chiuso e riservato, hanno sempre dato per scontato che qualcosa non andasse in me», iniziò con sguardo malinconico.

Pareva quasi non vedermi realmente, il suo sguardo iniziava ad essere lontano e cercai di riportarlo da me, iniziando ad accarezzarli lentamente la mano intrappolata nella mia con movimenti lenti e leggeri sfioramenti. Si accorse del mio tentativo e mi fece un mezzo sorriso.

«Io non l'ho mai fatto», gli dissi dolcemente.

Mi sorrise sinceramente e in parte più sereno, senza quell'ombra scura che era calata sul suo viso e mi rispose: «Perché credi che mi sia innamorato di te? Non a caso e non per la tua bellezza».

Il suo tono scherzoso mi fece sorride internamente, ma feci finta di essere imbronciata: «Oh, ma grazie».

I suoi occhi si illuminarono, sembrava ridessero per lui. Allungò una mano verso i miei capelli bagnati e me li spostò dal collo; avvicinandosi a me soffio a un centimetro dal mio viso: «Sei andata al di là delle apparenze, hai scavato dentro di me e per questo ti sarò sempre grato. Ti rivelerò un segreto...».

«Un altro?», chiesi impaziente. Sapevo che non si trattava ancora di lui.

«A quanto pare è la giornata delle rivelazioni», ammiccò e poi riprese: «Prima che iniziassimo realmente a conoscerci e parlare, ti avevo osservato spesso negli ultimi tempi. Avevo imparato ad apprezzarti non più come amica dei miei fratelli o come mia conoscente, ogni volta che guardavo desideravo sapere sempre qualcosa in più su di te. Non eravamo mai stati particolarmente vicini, nonostante ci frequentassimo assiduamente in compagnia degli altri».

«Non sono mai riuscita a darmi una spiegazione sensata al riguardo, ho ipotizzato di non starti particolarmente simpatica, ma poi notavo che non si trattava solo di me», affermai desiderosa di conoscere cosa pensava di me prima della nsotra relazione.

«Non potevi fare errore più grande, amore. Non si trattava di te o chiunque altro, non mi sentivo pronto ad affezionarmi a persone estranee alla mia famiglia. Per non parlaare dle fatto che essere timido ed introverso aveva fatto parte di me da sempre, un lato del mio carattere che non si può cambiare», mi spiegò pazientemente continuando a guardarmi negli occhi.

«Eppure con me l'hai fatto, ti sei aperto, ti sei fidato di me». Sospirò alle mie parole e mi fece avvicinare a lui, tanto da essergli quasi addosso.

«Sapevo che potevo farlo, chiamalo sesto senso o semplice intuito».

«Preferirei chiamarlo destino», scherzai riconoscendo però un fondo di verità.

«Così suona meglio, lo ammetto. Comunque è vero, con te ho aperto tutte le porte di cui disponevo e solo per il semplice fatto che conoscevo il tuo animo. Sei sempre stata fedele ai tuoi amici, una ragazza posata, ma anche divertente e incredibilmente bella ai miei occhi», mi confessò.

«E questo quando lo hai capito?», domandai curiosa.

«L'esatto momento non saprei dirtelo, forse quando sei tornata da Logan dopo le vacanze estive tutto mi era parso più chiaro. Non posso dire di essermi innamorato di te allora, non è paragonabile a ciò che sento ora, ma ero affascinato da te, infatuato anche».

Gli occhi mi si fecero lucidi alle sue parole. Non era mai stato così aperto come in quel momento. Stava aprendo il suo cuore per me soltanto.

«E poi iniziò tutto», dissi conscia di come si erano sviluppate in fretta le cose.

«Esatto e penso di non essere mai stato così felice in tutta la mia vita».

Di slancio lo abbracciai affondando il viso nel suo collo ancora bagnato dalla pioggia. Mi abbracciò a sua volta restando in quella posizione scomoda, con il freno a mano che segnava la mia coscia e le marce puntate contro il mio ginocchio. Eppure neanche mi accorsi del resto se non che ero nelle braccia di Edward e null'altro contava.

«Lo stesso vale per me», sussurrai vicino al suo orecchio.

Le sue mani incorniciarono il mio viso, allontanandomi leggermente da lui. I suoi occhi penetrarono nei miei, le sue mani girarono in circolo dal mio collo alla mia cute e io di riflesso chiusi gli occhi mugugnando qualcosa di incomprensibile persino alle mie orecchie. Sentii le labbra di Edward posarsi sulle mie come il più fragile dei cristalli; di riflesso aprii la bocca inalando il suo respiro. Ci baciammo lentamente, passionalmente e poi di nuovo con estrema calma. Edward mi stringeva a sé, mi accarezzava riscaldando la mia pelle fredda.

Il bacio finì con dolcezza, piccoli baci a stampo si erano protratti per un tempo indefinibile, finché entrambi non fummo soddisfatti ed inebriati di gioia e amore.

«Ti amo tanto, Bella, così tanto che sarebbe impossibile definire ciò che provo con il giusto termine. Due parole non bastano, tu rappresenti molto più di questo: amore, felicità sono solo componenti che fanno parte di un vocabolario troppo ampio che non contiene nemmeno la metà dei termini adatti e non basterebbe una vita intera per dirteli».

Lacrime salate formarono una scia sulle mie guance rosse per l'emozione. Il cuore batteva a ritmi impossibili, un tum tum continuo che non aveva pause, esattamente come non l'aveva il mio amore per lui.

L'unica fortuna era la mia posizione, ero seduta e anche se le gambe tremavano non creavano danni.

«Non potevi dirmi parole più belle», bisbigliai tra le lacrime tremando sia per il freddo che per i brividi dettati dal suo discorso.

«Stai tremando, forse è meglio se ti porto a casa», mi disse preoccupato sfregando le mani sulle mie braccia.

«No, no, stai tranquillo, voglio stare qui e ascoltarti». Il riferimento a ciò che ancora doveva dirmi era chiaro.

«Okay, allora farò in fretta così non ti ammalerai», mi sgridò imitando un padre preoccupato con tanto di indice che sventolava davanti al mio viso.

«Edward», lo ammonii. Cercava di perdere tempo e se da una parte ero pienamente cosciente che ne aveva bisogno, dall'altra per quanto desiderassi concederglielo stavo per scoppiare.

«Sai dove sono nati Alice ed Emmett, no?», mi domandò.

Annuii di riflesso: «Certo, siete nati qui a Savannah». Ero confusa, non capivo cosa c'entrasse il luogo di nascita dei suoi fratelli.

«No, loro sono nati qui, non io», mi spiegò.

«Edward, non... non capisco. Tu sei il fratello gemello di Alice».

«No, Bella, non ho mai detto di esserlo. E' stata una supposizione delle eprsone vicine a noi nel corso degli anni».

«Dove sei nato?», chiesi con delicatezza. Non volevo sembrare invadente.

«A New York City», mi rispose.

«Allora quanti anni hai?», domandai un po' spaventata nell'iniziare a capire che non conoscevo praticamente nulla di lui se non ciò che avevamo passato insieme negli ultimi mesi. Come avevo potuto essere così cieca?! Gli indizi erano lì davanti a me!

«Oh, no, no, Bella, ascolta non iniziare a viaggiare di fantasia, ti ho sempre detto la verità, ho diciotto anni».

Sospirai di sollievo, ma ancora non mi bastava questa spiegazione striminzita, quindi gli feci un'altra domanda: «Alice ed Emmett non sono i tuoi fratelli?».

«Sì, lo sono». Forse si riferiva al fatto che per lui lo erano.

«Non capisco, Edward, davvero».

«E' complicato, lo so, e lo è anche per me parlarne, è la prima volta che racconto qualcosa di così intimo a qualcuno».

«Sei stato adottato?», sganciai la bomba.

«Dipende da che prospettiva la si guarda, ma no, non sono stato adottato». Okay, la confusione era ancora lì impaziente di essere sventrata.

«Allora come fai ad avere la stessa età di Alice ed essere nato a New York? Forse Esme è rimasta subito incinta dopo aver partorito e...».

«Bella, Esme non è la mia madre biologica», affermò interrompendo i mie sproliqui.

«Come può... Ma allora neanche Carlisle è il tuo padre biologico».

«Carlisle è mio padre a tutti gli effetti, solo Esme è mia madre sotto tutti i punti di vista tranne che da uno biologico».

«Carlisle aveva due donne?», strillai sorpresa. Carlisle era l'uomo più posato e serio che avessi mai conosciuto. Amava Esme più della sua stessa vita e non riuscivo a immaginare un suo tradimento, eppure i fatti parlavano chiari.

«In un certo senso sì, ma allo stesso tempo no», mi rispose di nuovo evasivo.

«Edward, ti prego», lo implorai di essere chiaro una volta per tutte.

«Carlisle non tradì sua moglie Esme, almeno non sul piano ufficiale, anche se con il cuore rimase sempre legato a sua moglie anche dopo la loro rottura».

«Si erano lasciati?», chiesi incredula.

«Già, subito dopo la nascita di Emmett e...».

«Non posso crederci», ribattei incredula. Edward mi rivolse un'occhiataccia per essere stato nuovamente interrotto. «Okay, scusa», borbottai.

«Dicevo, subito dopo la nascita di Emmett subentrò una crisi tra i miei genitori, dovuta anche alle continue intromissioni da parte dei genitori di Esme. I due non riuscirono a far fronte alle continue pressioni, Carlisle era esasperato e dopo la nascita del figlio la situazione peggiorò, tant'è vero che decisero di lasciarsi. Carlisle andò a New York per lavoro, lasciando a Savannah Esme ed Emmett. Per quest'ultimo continuò a venire in questa città almeno una volta al mese.

«A New York conobbe una donna, Elizabeth Masen, vedova da poco meno di due anni. I due iniziarono a frequentarsi e videro nell'altro una consolazione al dolore che li affliggeva. Carlisle era ancora innamorato di Esme e sapeva nel profondo del cuore che nessun'altra donna avrebbe mai preso il suo posto. Stessa cosa per Elizabeth, la quale non riusciva a dimenticare il marito morto durante un'imboscata notturna in guerra a Sierra Leone, Edward Masen per l'appunto. In tutta sincerità non so esattamente come sono andate le cose tra loro, a me è sempre stata raccontata una versione dei fatti. Comunque Elizabeth rimase incinta praticamente subito, ma sia lei che Carlisle sapevano che non sarebbero durati insieme, tra loro c'era un affetto sconfinato ma nulla che potesse anche solo lontanamente definirsi amore.

«Carlisle non scappò dalle proprie responsabilità. Rimase vicino ad Elizabeth nonostante la loro relazione fosse terminata dopo la scoperta che lei era incinta. Nel frattempo mio padre si riavvicinò ad Esme e prima della mia nascita tornarono insieme. Rimasi con mia madre, ma non ci furono mai rancori tra Carlisle ed Elizabeth». Il suo sguardo era fisso oltre il finestrino alla sua sinistra. Dall'inizio del racconto non aveva staccato gli occhi dalla pioggia che cadeva e formava pozzanghere sulla strada. Sentivo la tensione nel suo corpo accostato al mio. Il suo tono era stato fin troppo distaccato per cercare di mantenere una certa freddezza e non farsi coinvolgere. Non aveva ancora finito di raccontare la sua storia e io rimasi lì ad attendere che si riprendesse, confortandolo come meglio potevo. Qualcosa di ancora non detto lo faceva soffrire molto.

«Quando Carlisle tornò a casa, qui a Savannah, non nascose nulla ad Esme. I due si chiarirono, non ho idea di come fosse la loro vita i primi tempi, fatto sta che nel mio stesso anno di nascita nacque Alice», si interruppe un secondo e sorrise nel nominare la sorella, poi proseguì: «Mio padre veniva spesso a farmi visita a New York, una volta portò anche la sua famiglia e tutto procedeva tranquillamente. Poi all'età di due anni mia madre morì e io rimasi... solo. Carlisle corse da me, gestì tutto lui credo e dopo due settimane mi portò con sé a Savannah.

«Fu difficile ambientarmi, avere a che fare con nuove persone, non avevo visto molto Alice, Emmett ed Esme, ma entrare in sintonia non fu poi così difficile vista la mia età. Purtroppo il peggio fu capire che mia madre non sarebbe mai tornata a prendermi da mio padre. Per quanto volessi bene a Carlisle, da sempre avevo vissuto con Elizabeth e lei era la mia figura di riferimento, mia madre, il mio tutto». Si voltò ad osservarmi e vedendo i suoi occhi lucidi lo strinsi con tutte le mie forse, scavalcando e mettendomi a cavalcioni su di lui; gli strinsi il viso e lo feci appoggiare al mio petto. Lo consolai come una madre, gli trasmisi il mio amore come un'amante e lo coccolai come una fidanzata.

Pensai a ciò che avevo appena sentito e non risucivo a capacitarmi di quanto quel bambino di due anni avesse sofferto. Aveva perso una delle figure più importanti di tutta la vita di ogni essere vivente. Una madre era insostituibile, sempre e comunque e non importava ciò che si diceva, una morte anche a due anni era un trauma.

«Come andò dopo i primi tempi?», gli chiesi desiderosa che si sfogasse una volta per tutte. Ero sicura che determinate cose non venissero discusse nemmeno a casa Cullen; a volte aprirsi con la tua famiglia era troppo difficile e doloroso, ne sapevo qualcosa.

«Migliorò tutto; Esme era come la madre che avevo perduto, mi trattava al pari dei suoi figli e mi amava allo stesso modo; Alice ed Emmett erano così piccoli che capivano la situazione quanto me; infine Carlisle restò sempre il padre che avevo conosciuto e a cui volevo bene, solo più presente vista la convivenza nella stessa casa. Sono stato fortunato, ho avuto un'infanzia felice e una famiglia che amo e che ricambia», mi rispose con tono più leggero.

«Esme è davvero una donna fantastica», confermai.

«Non so cos'avrei fatto senza lei».

«Penso proprio sia lo stesso. Sei sempre al centro dei suoi pensieri, molto più dei tuoi fratelli e con questo non voglio dire che non vi ama allo stesso modo, ma per lei tu sei... speciale», esplicai per non essere fraintesa.

«Lo ripetono tutti a casa», mi disse sorridente e per nulla infastidito da quella constatazione.

«Ora comprendo anche molti suoi atteggiamenti», riflettei ad alta voce.

«E' molto protettiva», la giustificò. Risi e nello stesso istante mi venne in mente una domanda che non sapevo se porgli.

«Avanti, spara», afferò alzando il viso dal suo rifugio. Lo guardai attenta cercando di capire a cosa si riferisse e se avevo parlato ad alta voce. «Ti sei irrigidita tutto ad un tratto, ho capito che vuoi sapere qualcosa».

«Non posso più nasconderti nulla», mi lamentai muovendomi sopra di lui irritata.

«Direi che ormai è la stessa cosa per me», ribattè.

«Touché». Mi rivolse uno sguardo alla "sputa il rospo qui ed ora" e parlai: «Com'era tua madre? Cioè, Elizabeth...».

«Non ricordo molto, anzi quasi nulla. Quel poco che non ho dimenticato si pensa sia a causa del trauma che subii, per un bambino di due anni trasferirsi e abbandonare tutto era un cambiamento che non si poteva scordare. Ricordo la sua allegria, la sua voce che cantava continuamente a tutte le ore, adorava la musica, poi i suoi occhi, il riflesso del mio. Il resto è più o meno confuso, mio padre mi raccontò spesso di come mi guardasse Elizabeth, come se fossi la sua unica ragione di vita, rivedeva in me Edward, suo marito, anche se non gli somigliavo visto che non era mio padre biologicamente. Eppure per lei ero il figlio di suo marito, quel figlio che era stato negato a Edward».

«Tua madre doveva amare davvero molto suo marito», affermai più per riflesso che per conferma.

«Probabilmente mi parlò molto di lui», concordò.

«Com'è morta?».

«Morì in un incidente stradale, banale anche, se non fosse caduta all'indietro non sarebbe morta, ma prese il marciapiede in morì sul colpo. Per una botta nel punto sbagliato, capisci? Due centimetri più su e sarebbe uscita dall'ospedale con qualche punto in testa!», la sua rabbia era evidente per la fine della madre. Mi maledii per la domanda stupida e indelicata che gli avevo fatto.

«Non avevi nessun parente a New York?», chiesi nuovamente. Ero un continuo far domande, ma non riuscivo a fermarmi, volevo finalmente conoscere la sua vita al cento per cento.

«Sì, c'erano i miei nonni materni e diciamo che ormai ero come un nipote acquisito per i genitori del marito di mia madre. Alla morte di quest'ultimi lasciarono un testamento che attribuiva tutto il loro patrimonio al sottoscritto, non avevo altri figli tranne Edward e videro da sempre in me uno facente parte della loro famiglia, amavano molto mia madre e se fosse rimasta in vita tutto sarebbe andato a lei. Per quanto riguarda i miei nonni materni, Alfred e Louise Douglas, morirono tre anni fa, uno a distanza dall'altro di pochi mesi».

«Sei sempre stato circondato da tanto amore, Edward», lo consolai. Certamente nessuno aveva potuto sostituire Elizabeth, ma era importante che lui capisse quanto amore avesse sempre ricevuto.

«Sono stato fortunato, amore, lo so, non per tutti è così».

«Sai che ti amerò sempre, vero? Qualunque cosa succeda, qualunque sia il nostro destino ti amerò e ci sarò per te in eterno se necessario», gli dissi con la voce che mi tremava per l'emozione.

«E tu sai che nulla ci potrà mai dividere? Supereremo ogni cosa insieme, tutto ciò che il destino metterà sulla nostra strada per ostacolarci non ci disintegrerà mai. Ti amo, amore mio, sopra ogni cosa».

Tra lacrime, dolore, parole bisbigliate e baci il nostro rapporto aveva fatto un passo avanti. Il nostro amore era cresciuto grazie alla fiducia reciproca e non contavano tutti gli ostacoli che avremmo dovuto superare, perché eravamo insieme, ci amavamo e il nostro sogno era appena cominciato.

 

Buonaseraaaaa, come state? Aprile doveva chiudere con una gironata di pioggia, ovviamente .-., spero che da voi il tempo sia migliore! Quanti di voi sono già andati al mare?

In pratica ieri sera mi sono ricordata che oggi dovevo postare questa storia, ma ero così presa a leggere ff che ho rimandato la stesura del cpaitolo a oggi, rpecisamente mi ci sono messa intorno alle quattro, ma con la forza di volontà sapevo di dovercela fare ù.ù

Basta chiacchere e passo velocemente al capitolo che tutti voi attendevate da... be' dal primo o secondo capitolo? xD Ve ne ho fatti attendere 17, ma alla fine tutto è stato svelato! E così vi ho fregati fanciulli ù.ù Nessuno mi ha mai chiesto l'età dei fratelli Cullen; per i fratelli Hale avevo specificato che fossero gemelli, mentre per i Cullen non ho mai detto nulla ;) Tutti o quasi avevate supposto che Edward fosse adottato e diciamo che il lavoro che vorrebbe fare in futuro lo avete preso come un chiaro indizio e sì, poteva esserlo benissimo. Inizialmente la mia idea era proprio questa, ma successivamente ho avuto una chiara illuminazione sul personaggio di Edward e ho pensato fosse esattamente come lo avevo sempre immaginato, così ho modificato leggermente l'idea di partenza.

Tengo particolarmente a questo capitolo, ho cercato in tutti i modi di non trattare l'argomento "passato di Edward" con leggerezza e spero di esserci riuscita. Cosa vi aspettavate dal suo passato? Deluse per la piega che ha preso la storia? Non commento e aspetto i vostri pareri *-* Spero vi farete sentire in tanti per questo capitolo :*

Grazie mille alle fantastiche ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo, siete le miglior lettrici che ogni autrice di efp vorrebbe avere *-* Mi seguite sempre, mi incoraggiate e riempite di complimenti, grazie davvero *-*

Nel capitolo ho fatto riferimento alla guerra in Sierra Leone, per chi non ne fosse a conoscenza vi consiglio di cercare qualcosa sul web, una situazione di cui non si parla mai!

Prossimo aggiornamento lunedì 21. Per chi fosse interessato mi trova anche su FB, troverete il link sul mio profilo efp.

Kiss :***

Jess

Ps qualcuno è andato a vedere Hunger Games? C'è qualche fan della saga qui?

 
   
 
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