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Autore: Alyx    30/04/2012    5 recensioni
Al mio raggio di sole, Trich, perchè grazie a lei ho scoperto il meraviglioso mondo di Percy Jackson.
Quando ero più piccola mi ero iscritta a un corso di danza ma ero stata espulsa dopo che, mentre ero da sola nello spogliatoio, uno scomparto di armadietti aveva preso fuoco.
Poi a dodici anni mia mamma mi aveva rivelato la mia vera natura.
Avevo scoperto di essere una Semidea.
(...)
Ero ancora piccola e non presi troppo male il fatto di essere figlia di un Dio Greco.
Ok.
Diciamo che ero passata dalla fase '
Mamma, non credo più alle favole.' a quella 'Ok. Tutto questo è impossibile!', per poi passare a quella di 'Che figata! Sono figlia di un Dio leggendario!'.
  ***
-Oh, scusa. Disturbavo?
Sorrisi ironica mentre dentro di me la mandavo a fare una cosa non anatomicamente possibile.
-No figurati.- risposi, dolce come l'aceto.
Lei mi diede le spalle e tornò a parlare con Louis, mentre sbuffavo sonoramente e incrociavo le braccia al petto.
Alzai gli occhi al cielo, disgustata dalla lunghezza, se così si può ancora definire, della sua minigonna.
Forse Louis se ne accorse perché ridacchiò sotto i baffi.
Non mi sforzai di ascoltare fino a che non sentii qualcosa come -Dolcezza, a presto- e allora mi strozzai con la saliva.
Cominciai a tossire e Louis la scostò per iniziare a darmi delle pacche sulla schiena, mentre la piccola Afrodite mi fulminava con lo sguardo.
-Louis non potremmo andare a parlare da un'altra parte?- chiese acida mentre davo gli ultimi colpi di tosse.
Come se volesse davvero parlare con Louis.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gli Dèi, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Essere unMezzosangue è una faticaccia

                                                         Capitolo 8

                    Un simpatico mostriciattolo si auto-invita alla festa






 
 
 
Badwater.
Lo conoscevo.
È un bacino che si trova nel parco nazionale della Valle della Morte.
È chiamato così perché l'acqua è ricca di sali minerali, che la rendono non potabile e un difficile habitat per vegetali e animali.
È conosciuto sopratutto per essere il punto più basso del Nordamerica.
Quasi 90 metri sotto il livello del mare.
Era un posto strano.
Non corrispondeva un granché col sogno di Louis ma infondo sapevo che il mio amico non sbagliava.
Annabeth aggrottò le sopracciglia.
-Voi due sapevate cose cercare?
Percy invece sbiancò.
-Nella Valle della Morte?
Cercai Louis con lo sguardo, ma mi rivolsi a sua sorella.
-Tuo fratello ha sognato Emily, Annabeth. 
Snocciolai alla svelta il sogno.
Pitone.
Emily ipnotizzata che sibilava.
L'impossibilità di salvarla.
Quella cantilena del serpente.
Rivoglio quel che mi spetta.
Che mi fu sottratto con la forza.
Apollo mi deve ascoltare.
O sua figlia vedrà perire.
Rabbrividii.
-Cosa rivuole Pitone?- chiese Percy stranamente serio.
-L'oracolo.- rispose Louis al mio posto. -Vuole l'oracolo.
Annabeth ci fissava pensierosa.
-Ma perché proprio Emily? È una scelta casuale? O no?
Forse fu una mia impressione ma mi parve di vedere Louis irrigidirsi appena.
-Non lo so, Annabeth.- sussurrai.
Scese il silenzio.
Fu interrotto da dei passi leggeri che giunsero dalla scala a chiocciola che portava di sopra.
Da dietro uno scaffale spuntò il piccolo Jean.
-Louis.- pigolò raggiungendo il fratello maggiore, che sorrise alla sua vista.
-Dimmi.
-Papà mi ha mandato qui. Ha detto di stare con te fino a che non finisce una nuova macchina.
Nonostante fossi ancora stordita dal lungo viaggio in macchina capii subito che il signor Bonnet desiderava che suo figlio rimanesse per la notte.
Anche Louis se ne accorse perché si guardò intorno leggermente imbarazzato.
-Ecco, Jean...
-Rimanete vero?- chiese infatti il bambino sbattendo le ciglia dei suoi occhioni azzurri.
-Noi non...
-Mi avevi promesso un nuovo giocattolo. È talmente tanto che non me ne fai uno...
Louis ci guardò cercando appoggio, ma sapevamo di non poter più dire di no.
-Partiremo domani mattina all'alba.- dichiarò Annabeth e afferrando uno dei libri del fratellastro uscì, seguita da Percy, che passando scompigliò i capelli biondi di Jean.

 
 
Jean si era addormentato sulle mie gambe dopo pochi minuti.
Louis aveva cominciato ad armeggiare con alcuni pezzi nella sua camera, facendomi sedere su una poltroncina alle spalle della sua scrivania.
Il bambino si era issato su di me e in poco tempo Morfeo l'aveva accolto tra le sue braccia.
Il silenzio era rotto solo dal lontano rumore di qualche macchinario del signor Bonnet e il sordo suono degli attrezzi di Louis.
-Perché te ne sei andato da qui?- chiesi ad un certo punto in un bisbiglio, mentre passavo le mani nei riccioli biondi di Jean.
Louis non rispose, ma divenne più rigido nei movimenti.
-Hai tuo padre. Un inventore quasi come te. E un fratellino dolce come lo zucchero.  Una bella casa. I soldi. Il mare e la spiaggia.
Il figlio di Atena posò la chiave inglese e si voltò verso di me, poggiando la schiena al banco di lavoro.
-Non sopporto lei.
Alzai lo sguardo.
-Lei?
Louis sospirò.
-La mamma di Jean, Rosalie.
Passammo alcuni secondi in silenzio.
-Mio padre è felice con lei. Io no. Continuavamo a litigare. Già da prima che nascesse mio fratello. Era uno stress per tutti. Poi lei rimase incinta di Jean. 
Le cose peggiorarono. Mi trasferii al Campo. Emily vi ci si trasferì solo dopo l'incidente di sua madre.
Deglutii.
-Vi conoscevate già, vero?
Lui sorrise distratto.
-A nove anni. L'ho vista la prima volta a nove anni. A un colloquio di lavoro di mio padre. Lei aveva solo sette anni. Ma i nostri genitori rendendosi conto che erano nella stessa situazione cominciarono a lasciarci insieme, quando avevano riunioni comuni. Ci perdemmo di vista per quasi due anni, quando andai ad abitare coi Mezzosangue. Compiuti dodici anni la ritrovai al Campo. Fu quasi una sorpresa. Non sapevo fosse una Mezzosangue. E neanche lei di me. E poi con l'incidente... Si trasferì pure lei.
L'incidente.
Di sua madre.
Lo sapevo.
Me lo aveva detto Chirone. 
E dopo molto tempo, lo aveva accennato lei.
Un incidente stradale.
Non era morta ma da allora soffriva di gravi amnesie.
Non sempre temporanee.
Ormai faceva sempre dentro e fuori dal ospedale.
Lousi si rigirò e armeggiò ancora un po' coi suoi attrezzi.
Poi si girò e venne verso di me.
Prese dalle mie braccia Jean e lo poggiò sul suo letto, lasciandogli accanto il nuovo giocattolo.
Era una composizione fatta con scarti di ogni tipo, ma riconobbi chiaramente l'animale.
Era una cerva.
Guardai il mio amico.
-Perché una cerva?
Lui sorrise.
-Mi ha detto che gli piaci. Gli stai simpatica. Poi ha aggiunto che assomigliavi a una cerva.
Aggrottai le sopracciglia, cercando di non arrossire.
-Perché?
-Sei coraggiosa, cauta e intelligente.
Mi lasciai sfuggire una risata per coprire l'imbarazzo.
-Parole sue.
Guardai con tenerezza il bambino.
-Anche lui è molto intelligente.
Louis scrollò le spalle.
-Eredità famigliare. Ma lui lo fa sempre. Associa sempre le persone agli animali.
Gli accarezzai la testa bionda.
-E tu cosa sei?- chiesi poi curiosa, a bassa voce.
-Un'aquila.
Alzai lo sguardo su di lui, interrogativa.
-Perché sono ingegnoso, presuntuoso e mi piace giocare con il cibo prima di mangiarlo.

 
 
La casa di Louis era incredibile.
Enorme.
Riuscirono a trovare una camera per me e Annabeth e una per Percy.
Quando il signor Bonnet ci chiamò per cenare mi accorsi che Louis non c'era.
Solo quando Jean zampettò in sala da pranzo con tra le mani il nuovo giocattolo, seguito da una donna, collegai.
Era bionda.
Credo naturale.
Gli occhi erano verdi come un prato primaverile.
Indossava un vestito leggero, a mezze maniche, bianco con dei minuscoli fiorellini lilla.
Ci salutò educatamente ma mi accorsi che sospirò quando si accorse della mancanza di Louis, non so dirvi se di sollievo o di desolazione.
Mangiucchiai appena un pezzo di pane.
Il mio stomaco mi proibiva di mettere qualcos'altro dentro.
Mi dispiaceva essere in mezzo a quella famiglia.
Mi sentivo fuori luogo.
Sotto gli occhi stupiti di tutti mi riempii il piatto, poi mi alzai.
-Credo che Louis potrebbe avere fame.
E senza aspettare altro, stringendo il piatto al petto, cercai la sua stanza.
Lo ammetto, mi persi, ma alla fine bussai alla sua porta.
Mi giunse un debole -Non rompere. Non vengo giù a mangiare.
Alzai gli occhi a cielo, pensando che si aspettasse suo padre o Rosalie stessa.
Aprii la porta.
Era chino sulla sua scrivania e armeggiava con i suoi attrezzi.
Si voltò di scatto verso di me.
-Ti ho detto di...- si interruppe. -Ah. Sei tu. Chiudi la porta.
Lo feci poi appoggiai il piatto su una specie di comodino.
-Pensavo potessi avere fame.
Mi sedetti sul suo letto.
Mi parve di vederlo sorridere.
-Dì la verità. Quel trio sembra tanto perfetto da metterti in imbarazzo.
Sorrisi e annuii.
Non parlammo per un bel po'.
Sapevo che teneva le mani occupate per non pensare a Emily.
Mi alzai e mi misi al suo fianco.
-Perché non mi insegni a fare qualcosa?
Voltò il viso verso di me.
-Cosa?
-Ho detto...
-So cosa hai detto. Ma lo hai detto sul serio?
Annuii.
Mi porse un utensile -non ho la più pallida idea di cosa fosse.
Mi fece vedere cosa fare ma non ero molto brava.
Va bene. 
Ero un disastro.
Alla fine il biondo scoppiò a ridere.
-Andiamo! Salvi la gente da morte certa e non riesci a tenere una chiave inglese in mano?!
Ah, ecco come si chiamava l'aggeggio.
Un'infinita tristezza mi invase.
Strinsi con la sinistra, la sua mano libera.
-Mi hai fatto morire di paura, Louis. Non ti azzardare a farlo mai più.- sussurrai stringendo forte.
-Una figlia di Ares che ha avuto paura?
-Sono umana, Louis. 
Mi strinse in un abbraccio.
Ne avevo bisogno.
Mi tuffai con le testa nel suo petto e inspirai a fondo.
Sapeva di deodorante per l'ambiente, alcol per le macchine e di muschio bianco.
Per l' ultima cosa sospettai del suo bagnoschiuma.
-Semiumana. - mi corresse in un sussurro.
Poi mi abbandonai tra le sue braccia.

 
 
La sveglia strillò.
Non feci in tempo a realizzare l'idea di doverla spegnere che qualcun altro lo fece per me.
All'inizio pensai ad Annabeth.
Ma poi sentii un movimento nel letto e qualcuno che si sporgeva su di me.
Una mano mi tolse i capelli dall'orecchio e bisbigliò: -È ora di alzarsi.
Sobbalzai e caddi dal letto, portando con me la coperta.
Il cuscino mi cadde sulla faccia poco dopo.
La prima cosa strana era che avevo i capelli sciolti.
La seconda era che Louis era nel mio letto.
La terza era che non mi ricordavo assolutamente di averlo fatto entrare in camera.
-Cosa ci fai in camera mia?! - trillai con voce acuta.
Lui alzò gli occhi al cielo, si sporse dal letto sorridente.
-Veramente sei tu in camera mia.
Arrossii e non mi presi il disturbo di nasconderlo.
-Ehm, allora che ci faccio in camera tua?
-Ti sei addormentata qui, ieri sera. Ti ho messa nel mio letto.
Ecco.
In quel momento avrei voluto essere una figlia di Ade, per poter aprire uno squarcio nel terreno e sparirci per molto tempo.
Mi strinsi con forza le coperte al corpo.
Una ciocca di capelli mi cadde sulla faccia.
Sbuffai.
-Ufff. Perché non hai chiamato Annabeth? Poteva venire a prendermi. O potevi svegliarmi.
Lui alzò le spalle.
-Non hai dormito bene?
-Certo! 
-Allora di che ti lamenti?
-Non... Non mi stavo lamentando...
Bofonchiai confusa.
-Sei imbarazzata?
Aprii la bocca per la sorpresa.
-Certo! Certo che sono imbarazzata! Ma insomma! Mi hai tenuta a dormire nel tuo letto e non me ne sono minimamente accorta! Perché non dovrei essere imbarazzata?!
Lui ghignò.
-Prendilo come un favore tra amici.
Quella affermazione mi fece più male di quanto credessi.
Ma mi alzai nascosta dai miei capelli, sbuffando.
Mi guardai intorno. -Dove è finito il mio elastico?
Lui alzò una mano.
All'inizio non capii poi vidi il mio fermaglio al suo polso.
Allungai la mano, il palmo aperto all'insù.
-Posso riaverlo?
-No.
Aggrottai le sopracciglia, leggermente seccata.
-No?
-No.
-E perché, di grazia?
-Perché mi piaci coi capelli sciolti.
Sbuffai ancora.
-Perché fai questi discorsi assurdi alle 7 di mattina?
-Sei tu che fai domande assurde. Io ti rispondo di conseguenza.
-Ti ho chiesto di darmi il mio elastico. Non è una domanda assurda.
-Per me sì.
Ecco.
In quell'istante mi chiesi se Afrodite avesse preso il posto di Atena come suo genitore divino.
Insomma era perché era mattina o era sempre così stupido?
Decisi di lasciare perdere.
Mi feci una treccia e la infilai sotto la maglietta.
Mi avviai alla porta.
-Quando vuoi farmelo riavere, avvisami. Vado da Annabeth. Ci vediamo dopo.
Feci per uscire.
-No. Rimani qui.
Quasi mi venne voglia di tirare delle testate allo stipite della porta.
-C'è una ragione precisa o solo perché ti sei bevuto qualcosa di molto pesante ieri sera?
-Aspettami. Mi preparo e vengo con te. Devo parlare con mia sorella.
Ero sicura che mi avrebbe rifilato una domanda stupida, perciò rimasi zitta quando disse quel che disse.
-Bene. Muoviti. Non abbiamo tutto la mattina. Dobbiamo trovare Emily e portarla indietro prima che quel serpente gli faccia qualcosa di male...
Lui annuì, scuro in volto.
L'aria divertita di poco prima era sparita.
In pochi minuti fu pronto e andammo da Annabeth.
Era dritta davanti alla porta della sua camera, il suo zaino in spalla.
-Bene. Partiamo?

 
 
Una buca scosse il mio stomaco per l'ennesima volta.
Il tragitto che collegava la strada statale al cratere di Badwater era terribile.
Meno male avevo mangiato poco a casa di Louis perché altrimenti avrei vomitato tutto sulle spalle di Percy.
Dopo la cinquemiliardesima buca, il figlio di Poseidone mi afferrò una mano.
-Camille, sei sicura di stare bene? Hai una sfumatura verde preoccupante.
Non osai aprire bocca per paura di rigurgitare tutto, cuore, polmoni, budella, ed annuii.
Annabeth sbuffò da dentro il libro che stava leggendo.
Non volli nemmeno immaginare come facesse a leggere tranquillamente dentro quella macchina demoniaca.
Louis si affacciò dal sedile del guidatore.
Suo padre ci aveva prestato un furgoncino, visto che Argo era tornato al Campo.
-Proporrei di fermarci. Camille sta per vomitare. O svenire. O tutte e due le cose.
Cercò di frenare il più dolcemente possibile ma per me fu troppo.
Schizzai fuori dalla macchina e mi sporsi dal ciglio.
Quando Louis mi raggiunse mi reggevo sulle ginocchia.
Mi mancava l'aria.
-Camille.
Chiusi gli occhi.
Mi girava la testa.
-Vieni. Reggiti. Non sembri molto in forze.
Quasi non mi accorsi che mi prese, facendo passare il suo braccio dietro la mia schiena.
Sono quasi sicura di avergli vomitato addosso mentre svenivo.
Ma non me ne preoccupai un gran che, perché la prima cosa che vidi nella mia testa  fu il muso sibilante di Pitone.
 
 
Era un incubo coi fiocchi.
Cercavo di svegliarmi ma non ce la facevo.
Allora cominciai a correre.
Correre lontano da quel sibilo infinito.
Mi tappai le orecchie, inutilmente.
La voce del mostro mi raggiungeva comunque.
Poi Emily.
La sua voce.
Il suo urlo.
Cercai di raggiungerla.
Disperatamente.
Intorno a me tutto era avvolto in una strana nebbia.
Gridai il suo nome, prima in modo controllato poi sempre più disperata, fino a che non mi accorsi di piangere.
Invocavo la mia amica, ma il mondo girava su se stesso e il sibilo di Pitone si fondeva con le urla di Emily.
All'improvviso tutto il corpo mi faceva male. 
Come se mille spilli mi pungessero la pelle.
Cercai di divincolarmi ma la mani invisibili di Pitone mi immobilizzavano a terra.
E la sua voce da serpente mi spaccava i timpani.

 
 
Mi risvegliai con un urlo e mi aggrappai alla camicia di Louis.
Ero quasi sdraiata per terra, Percy e Annabeth mi guardavano preoccupati da dietro le spalle del biondo.
All'inizio cercai di trattenermi ma poi scoppiai a singhiozzare sul petto del mio amico.
Molto probabilmente farneticavo cose senza senso, mentre lui mi stringeva e accarezzava la testa, come un fratello maggiore.
Provavo a fermarmi, ma più cercavo di farlo, più i singhiozzi mi scuotevano forti.
-Camille...Camille...
Louis cercava di consolarmi ma lo sentivo appena.
Mi stringevo disperatamente a lui, come se potesse andarsene da un momento all'altro e lasciarmi da sola.
Non so quanto tempo rimanemmo così, io aggrappata al suo petto e lui che mi abbracciava e accarezzava i capelli, ma poi Louis fece scivolare un suo braccio sotto le mie ginocchia e, dicendo a Percy di guidare, tornò sul furgoncino, senza lasciarmi un attimo.
Si sedette sul sedile posteriore, mettendomi quasi sdraiata.
Mi alzai leggermente, affondando la testa nell'incavo del suo collo.
Ricordo solo di avergli sussurrato un -Grazie, nell'orecchio, per poi cadere addormentata, distrutta, stringendomi sempre a lui.
 

 
Mi svegliai accorgendomi che Louis si era addormentato stringendomi, e appoggiando la testa alla mia.
Avevo sul petto il suo giubbotto, come se me lo avesse messo mentre dormivo.
Cercai di dimenticare ciò che era successo poche ore prima.
Era tardo pomeriggio.
Mi accorsi che eravamo fermi.
Il mio sguardo corse ai posti anteriori, vuoti.
Non feci in tempo ad allarmarmi che scorsi con la coda dell'occhio Percy e Annabeth.
Erano fuori, mano nella mano, che camminavano sulle sponde del lago del bacino di Badwater.
Sospirai di sollievo.
Louis mi strinse.
Voltai la testa in alto e mi accorsi che si era svegliato.
Sbadigliò.
-Camille.
Non risposi non sapendo che dire, ma poggiai la fronte sul suo petto.
-Come stai?
Mi limitai ad annuire.
Mi strinse di più, appoggiando la sua testa alla mia.
-Cosa è successo, prima?
Presi un bel respiro.
-Emily. Ecco, ho sognato Emily che urlava. È... È stato terribile.
Gli fui grata perché non disse niente.
Perché mi capiva.
E forse perché anche lui aveva paura che le stesse succedendo qualcosa.
Mi misi seduta, sciogliendo il nostro strano abbraccio.
Vidi Percy che si fermava e prendendo le mani di Annabeth nelle proprie, univa le loro fronti, e le parlava fissando il terreno.
Aprii la portiera e uscii.
Un attimo dopo ero un ginocchio.
Il colpo mi fece perdere un momento il respiro.
-Camille!- urlò Louis precipitandosi da me.
Afferrandomi per la vita mi tirò su.
Cercai di allontanarmi dal suo corpo il più possibile.
Mi faceva uno strano effetto.
Come se sapessi che una volta che ci fossimo toccati non sarei più stata in grado di lasciarlo.
-Sto bene. Mi fanno solo male le gambe. Sarà stata la posizione in macchina.
-Non cercare di arrampicasti sugli specchi. Reggiti a me.
-No! Davvero sto bene!- odiavo dovermi sentire dipendente dal suo aiuto. 
Poi sarei finita come nei film.
Morta dentro appena lui si sarebbe allontanato un attimo.
Percy e Annabeth ci raggiunsero di corsa.
-Oh, i due belli addormentati si son svegliati! Chi ha baciato chi, per spezzare l'incantesimo?
Guardai malissimo Percy.
-Perché non ci avete detto che eravamo arrivati?!
Percy ammutolì.
-Non volevamo disturbarvi. Vi avremmo svegliati tra massimo mezz'ora.
Alzi gli occhi al cielo e tentai un altro passo, con cautela.
Le gambe mi ressero.
Quando pensai di potercela fare crollai tra le braccia di Percy.
-Scusami. 
Mi guardò scettico.
-Che cos'hai?
-Niente. Sono solo indolenzita.
-Non riesci a stare in piedi.
-Si.
-A camminare.
-Solo per il momento.
-Non prenderci in giro.
-Non ho intenzione di diventare un peso. Ne tantomeno restare qui mentre voi andate a salvare la mia migliore amica.
Il figlio di Poseidone sbuffò e mi lasciò piano.
Per dimostrargli che avevo ragione camminai fino alla riva del lago.
Quando arrivai ero stanchissima ma feci bel viso a cattivo gioco e sorrisi nella loro direzione, mentre si avvicinavano.
-Sto benissimo. Non me lo chiedete.
-Dalla tua sfumatura tendente alla pelle di un fantasma non si direbbe.
Fulminai Louis.
-Zitto. Ho detto che sto bene.
Lo si strinse nelle spalle.
-Se lo dici tu. Che facciamo ora?
Cercai di non badare al sole che stava calando.
-Cerchiamo Pitone. Dove c'è lui, c'è Emily.
-E dove può essere? - chiese Percy più ad Annabeth che agli altri.
Lei fece per rispondergli ma qualcosa dietro di me catturò la sua attenzione.
La figlia di Atena sbiancò.
Mi voltai di scatto appena in tempo.
Dall'acqua salata del bacino stava spuntando un'orribile creatura.
Era una specie di enorme drago senza ali, ma con nove teste da serpente.
Lentamente e sibilante il mostro si avvicinò a noi.
Un odore acre di spinse a tapparmi il naso.
Annabeth indietreggiò seguita da noi altri tre.
-Non fate mosse azzardate. È un'Idra. Il fiato e il sangue sono velenosi. - ci avvisò come se stesse parlando delle previsioni meteo.
-Quindi, tradotto, moriremo tutti?- chiese Louis cercando di essere sarcastico.
La sorella lo guardò malissimo.
-Tirate fuori le spade. Quando tagliate una testa, al suo posto ne compaiono due. Quindi, Louis, Percy, evitateci il problema.
Continuammo ad arretrare.
-Sangue velenoso. Bene, riusciremo ad evitarlo con un po' di fortuna. Non spargetene troppo.- constatai senza smettere di fissare la creatura sibilante. -Il fiato potrebbe essere un problema. Lo affronteremo a turni in modo da cercare un punto debole e riuscire a riprendere fiato.
-Riprendere fiato? - chiese Percy incantato dalla creatura.
-La affronteremo senza respirare. È l'unico modo per non inalare il veleno. Ercole la uccise...
-Col fuoco. Tagliò le teste e fuse le ferite col fuoco.- concluse Percy.
Louis lo fissò per un attimo stupito.
-Come fai a saperlo?
-Ercole è il mio eroe preferito.
Intervenni. Non era il momento per uno scambio di hobby.
-Louis. Indovina che ci serve.
-Fuoco.
-No.- intervenne Annabeth. Avevamo ancora solo pochi secondi prima che il mostro ci attaccasse. -Possiamo provare con l'acqua salata del lago.
Dubitai.
-Se proprio dobbiamo...
-Vado prima io.- dissi. -Intanto, Percy, avvicinati all'acqua. Quando tagliamo le teste devi cercare di sbattergliera sopra il più velocemente possibile. Voi due, invece, state pronti a prendere il mio posto, appena non riesco più a respirare...
Mi annuirono, fissandomi per un attimo.
-Ultimo consiglio?- chiese Louis.
-Non morite. Mi occorrete tutti e tre per ritrovare Emily. E inoltre, chi lo sente Chirone poi?



Angolo dell'Autrice:
Salve Popolo!
*frinire di cicale.*
Oook.
Questo è il capitolo.
Vi prometto che aggiorno presto, perchè sono stata un pò cattiva ha lasciarvi così...
Però se non mi fermavo diventava troppo lungo.
Quindi perdonatemi.
Però non vi ho fatto aspettare troppo, no?
:D
Grazie mille a chi a recensito, Soni Sapientona e Trich, ma anche a chi a solo letto.
Un bacione a tutti!
Alice
   
 
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