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Autore: Garfield    01/05/2012    3 recensioni
(Storia in revisione)
Genere: Commedia, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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cap. 21
Scusatemi! Ero sicurissima di riuscire ad aggiornare la settimana scorsa, invece ho dovuto far fronte a spaventose ondate di parenti vari. (Non sapevo neanche di averne così tanti! -.-")
 Il capitolo 22 è ancora tutto da aggiustare e devo riscrivere delle parti che non mi piacciono, inoltre sono molto occupata con la scuola ultimamente. Non aggiornerò tanto presto, ma spero  di non dovervi lasciare troppo a lungo col fiato sospeso... Incrociamo tutti le dita! ;)
Spero che anche questo capitolo vi piaccia, finalmente salta fuori il misterioso "Ludovico".
Vorrei chiedervi una cosa, io ho tenuto da parte delle immagini dei personaggi. Sono attori/cantanti/modelli/ecc... che mi ricordano particolarmente i protagonisti e tutti gli altri. Fino ad ora non ho mai messo foto, perché io personalmente preferisco lasciare correre la fantasia quando leggo una storia e se vedo delle immagini non la gusto più tanto. Una mia amica però ha detto che forse a voi può interessare lo stesso vedere come io mi immagino all'incirca i miei personaggi. Ditemi voi. :D

Cap.21

Mentre percorro i corridoi silenziosi del Palazzo di Giustizia dei Distruttori italiani mi ritrovo a scrutare con molta attenzione ogni dettaglio, come se fosse la mia prima visita.
Studio con particolare cura i dipinti sulle pareti, ritratti di Distruttori del passato o delle lotte gloriose contro i demoni. Scruto con attenzione le grandi vetrate in stile gotico che si affacciano sul parco.
Solitamente questo palazzo è utilizzato come tribunale o punto d'incontro, qui avvengono quasi sempre le riunioni del Circolo, una specie di consiglio degli anziani che serve qualora sia necessario creare nuove leggi o modificare quelle passate.

Dopo aver ricevuto il messaggio di convocazione da parte della famiglia Regnanti, forse la più importante famiglia di Distruttori italiani in assoluto, mi sono sentita in dovere di tornare velocemente a casa, farmi una bella doccia, cambiarmi d’abito e correre qui. Ho mollato Elisa al bar con quei due figaccioni, ma la mia amica non mi era sembrata troppo dispiaciuta, forse si è dimostrata un po' troppo in ansia per me, invece. Continuava a chiedermi se davvero volessi venire a questo incontro. Teoricamente avrebbe dovuto essere lei a tranquillizzarmi, non il contrario. Sospiro desolata.
Andrà tutto bene. Se continuo a ripeterlo magari mi convinco anche io!

Mi avvicino ad una delle porte con il simbolo dell’area riservata, lentamente abbasso la maniglia e varco la soglia.
Davanti a me si dilunga un grande androne vuoto, da cui partono almeno una ventina di corridoi bui, nessuna illuminazione è permessa all’interno del “labirinto”. Si tratta di un intricato incrocio di corridoi, scale, stanze e vicoli ciechi, senza alcuna illuminazione. Per questo motivo i controlli sono minimi, nessun umano si avventurerebbe in una tenebra simile e, anche se avesse il coraggio da entrare, il problema principale per lui sarebbe poi uscire da lì. Chi non sa la strada non arriva da nessuna parte, persino alcuni Distruttori si sono persi, nonostante l’innato senso dell’orientamento.

Mi chiudo la porta alle spalle inoltrandomi lungo i vari corridoi bui.

 

Bastano pochi attimi e la mia vista notturna da Distruttrice riesce nuovamente a scorgere i particolari del luogo che mi circonda, uguali a quelli che mi sono lasciata alle spalle. Allungo il passo nel corridoio buio e sorpasso le numerose porte segnalate con piccoli numeri rossi, dando a quest’ultimi solo occhiate veloci. Svolto a destra due volte, sicura del mio percorso e poi a sinistra. Finalmente trovo il numero trecentotrentuno.
La stanza più lussuosa per i padroni... 
I Regnanti furono per molto tempo i sovrani dei Distruttori italiani, poi sono stati deposti, ma hanno conservato ancora quell'odiosa spocchiosità nobiliare.
Non vado molto d’accordo con la maggior parte dei componenti di questa famiglia, sono quasi tutti arroganti e presuntuosi, anche se ci sono delle eccezioni considerevoli. Purtroppo. 
Il perché mi abbiano convocato lo posso ipotizzare, anche se spero vivamente di sbagliarmi.

Sbuffo prima di dare un’occhiata all’orologio che ho al polso e sospiro dopo aver capito di essere nuovamente in ritardo.
Senza bussare o chiedere il permesso, apro la porta, che emette un cigolio sinistro. 

Nel momento in cui faccio il mio ingresso nella sala, tutti si voltano verso di me contemporaneamente. Si alzano in piedi uno dopo l'altro, con una cortesia per alcuni un po’ forzata che mi mette a disagio, ma cerco di non lasciare trasparire alcun sentimento dal mio viso.
La stanza è illuminata da una luce fioca, proveniente dalla lampada posta sul tavolino tondo nell’angolo.

« Ehm… Buongiorno a tutti! »

Sorrido cercando di sembrare spavalda, ma sento gli occhi di uno di loro seguire ogni mia mossa e non posso fare a meno di tremare. Cerco di non incrociare il suo sguardo, non vorrei che il mio viso lasciasse per errore trasparire qualcuna delle mie emozioni, almeno non finché sono in quella camera piena di squali. Sarebbe un errore che costerebbe caro sia a me che a lui.

«Alessandra! Che piacere vederti ragazza mia! Siediti prego. » L’uomo più anziano del gruppo si alza e mi viene incontro per stringermi la mano. Mi indica una poltrona vuota proprio accanto alla persona che vorrei evitare.

Merda…

Sorrido cortese all’anziano, che si dimostra sempre molto gentile con me nonostante la mia posizione inferiore.
Oltre ad essere giovane sono anche una ragazza e in una società chiusa e conservatrice come la nostra le donne sono considerate sempre inferiori agli uomini, nonostante tutto. Inoltre la mia famiglia non gode di molto rispetto a causa di una declassazione gerarchica che hanno subito i miei nonni da giovani sposandosi per amore invece di seguire i matrimoni combinati imposti loro. Non che il loro sia stato l’unico o ultimo caso, ma nelle famiglie più rigorose ciò non viene permesso.

Che cretinate…

Prendo posto accanto a “lui” e mi guardo intorno scrutando minuziosamente l’aspetto degli uomini seduti intorno al tavolo, evitando accuratamente però di voltarmi verso il mio vicino.

L’uomo che mi ha accolto all’entrata è il più anziano tra tutti ed è stato a lungo il più potente uomo della nostra società. Si chiama Luigi Regnanti ed è il fratello minore della mia nonna materna.
È molto alto e magro, i capelli grigi sono radi e cercano di coprire quanta più superficie possibile grazie al riportino. Indossa una tenuta elegante, composta da pantaloni, camicia bianca, giacca e cravatta. 
Oltre ad essere una persona di spicco per la sua discendenza nobile, Luigi è un uomo abile ed astuto, in passato è stato un grande guerriero e anche il capo del Circolo per molti anni.
 
Una decina di anni fa ha ceduto la sua prestigiosa carica all’uomo che è seduto alla sua destra in questo momento, suo figlio maggiore, Massimiliano Regnanti.
Ecco il nuovo grande capo… Bleah!

Teoricamente questo titolo non può essere trasmesso per via ereditaria, ma, trattandosi della famiglia di Distruttori italiani più potente e ricca… Ecco che Luigi ha passato il testimone al figlio senza alcuna complicazione, anche se in molti non lo ritengono all’altezza di tanto potere.

L’amarezza che mi da anche solo la vista di Massimiliano è impressionante. Se suo padre mi tratta con gentilezza, l’evidente disprezzo, che leggo nei suoi occhi mi chiarisce subito quanto siano diversi tra loro gli appartenenti a quella famiglia. 
Ne ho un altro esempio accanto a me, ma è meglio non pensare a “lui” adesso.

Massimiliano Regnanti è attualmente la massima autorità esistente nel nostro mondo, insomma, in teoria c’è un consiglio che decide, in pratica il capo vota per primo, quindi contraddirlo non è l’ideale.
È un uomo robusto, con i capelli neri ed un orribile taglio. Il viso è flaccido e butterato. Tanto suo padre esprime rispetto e virtù, così il figlio esprime antipatia e arroganza.
Persino il modo in cui portano i loro completi è diverso, l’anziano veste un nero che lo slancia ancora di più e crea un alone di eleganza intorno a lui, Massimiliano invece indossa un grigio smorto ed evidentemente la taglia è anche sbagliata, poiché si formano delle pieghe sul ventre e sotto le ascelle.
Ma forse sono troppo di parte per descriverlo oggettivamente...

Ogni volta che li guardo mi chiedo se Luigi non abbia mai pensato di fare il test della paternità, perché personalmente sono sicura che quello non sia suo figlio.

 

Oltre ai due, nella sala ci sono anche il mio precettore, a cui rivolgo un sorriso e due ragazzi, uno più grande e l’altro più piccolo di me.

« Sono contento che ci sia anche tu, Alessandra! Era da un po’ che non ti vedevo… » Il mio maestro mi sorride. « Scommetto che puoi aiutarci, vorremmo creare una sorta di nuova difesa… »

Mentre lo sento parlare osservo la sua postura dritta e l’immancabile abbigliamento casual, il mio ex maestro odia vestirsi elegante.
Si tratta di un individuo possente, muscoloso e dalle ampie spalle. La statura è nella media, i capelli castani iniziano a tingersi leggermente di grigio sulle tempie, gli occhi sono vispi ed intelligenti. Il viso è un po’ burbero, coperto da un leggero strato di barba, ma spesso gli affiora un sorriso orgoglioso sulle labbra quando guarda i suoi allievi.
Uno di questi è il ragazzino al suo fianco, il nipote di Massimiliano, Luigi Regnanti.

Si, lo so. Si chiama come il nonno!

Per quanto mi riguarda è una cosa triste, ma in quella famiglia sembra che tutti si chiamino allo stesso modo! L’unica eccezione è il ragazzo seduto al mio fianco. Ludovico Regnanti, l’ultimo figlio maschio di Luigi Regnanti, nonché fratellastro di Massimiliano e cugino di Luigi Junior.

Ludovico.

Dopo che la prima moglie di Luigi Regnanti, la madre di Massimiliano, è morta, l’uomo si è risposato con una ragazza molto più giovane e molto più attraente, dalla quale ha avuto un nuovo erede nonostante la tarda età. Ludovico è cresciuto nelle condizioni più agiate possibili, eppure non è affatto viziato ed è forse l’unico ad aver ereditato anche le doti morali di suo padre.

Ludovico Regnanti.

Un nome che ho ripetuto così tante volte da non riuscire più a pensarne altri.

Ludovico.

Non esistevano dei Regnanti chiamati così prima di lui. Ludovico è stato il primo ed anche l’unico per ora.

Ludovico.

Ultimamente è stato soprannominato dalla mia persona, o da chiunque dovesse nominarlo davanti a me, solo “Lui” o in alternativa "Il Cretino".

 

 

I miei occhi incrociano i suoi per una frazione di secondo.

Sento la mia stessa anima riscaldarsi. Quegli occhi azzurri sono il mio mare, il mio cielo, sono l’essenza stessa della mia vita.

Ci conosciamo di vista fin da piccoli, ci siamo parlati per la prima volta all’età di sette anni, all’accademia, precisamente al corso di arti marziali. Non so se anche lui lo rammenta, non glielo ho mai chiesto, ma io me lo ricordo ancora.
Lui era all’ultimo anno, io solo al secondo e il maestro ci aveva messi in coppia per lavorare insieme. Dopo che ho eseguito la tecnica lui è caduto e io mi sono accucciata al suo fianco preoccupata. Gli ho chiesto se si era fatto male.
Dopotutto ero ancora piccola e avevamo appena iniziato quelle lezioni, non ero abituata a buttare per terra la gente!

Lui mi aveva fissato stranito e mi ha detto che era abituato a cadute ben peggiori. Ho pensato fosse uno sbruffone.
Non che la mia opinione su di lui sia cambiata poi molto, eh…

Dopo quella volta ci siamo rincontrati solo quando avevo quattordici anni ed ero ancora sotto la custodia del mio maestro.
La lontananza da casa mi stava logorando
, ma quel ragazzo è riuscito a tirarmi fuori dal baratro depressivo in cui stavo precipitando. Ci siamo allenati insieme a lungo, abbiamo combattuto, ci siamo divertiti e mi ha consolato quando sono scoppiata a piangergli davanti.
Mi sono innamorata di lui.

Ludovico distoglie lo sguardo dal mio, permettendomi di osservarlo ancora un momento senza risultare compromettente.

È bellissimo.

Nonostante io lavori con dei modelli veramente stupendi, non ho mai incontrato nessuno come lui. Il viso è asciutto ed il naso imponente, ma non sproporzionato, mentre gli occhi sono del colore del mare, un azzurro intenso, a volte molto vicino al blu. È talmente bello che reprimo a stento l’istinto di saltargli addosso e baciarlo.
Oggi indossa un completo di Armani blu scuro che gli sta benissimo.
Anche se lo preferisco senza vestiti.

Ha un corpo muscoloso, possente…
Meglio non divagare…

Il moro brillante della sua chioma è reso leggermente opaco da non so quale sostanza con cui ha tirato indietro i capelli in una acconciatura seriosa che poco gli si addice.
Sembra che una mucca gli abbia leccato la testa…

Un vero peccato. Amo toccare quei capelli morbidi come la seta e tirarli leggermente, o stringerli forte tra le mani mentre lo bacio.

Un ciuffo ribelle di quegli splendidi capelli scuri gli ricade sulla fronte e lui lo scosta leggermente infastidito. Nel gesto si volta fugacemente verso di me e sono sicura che riesca a leggermi in faccia tutto il mio desiderio di lui. I suoi occhi azzurri diventano roventi e lo sguardo che mi lancia mi fa salire dei brividi di piacere lungo la schiena.

« … Alessandra?»

Mi volto. 
Qualcuno ha pronunciato il mio nome. Vedo i volti di quattro persone rivolti verso di me, cinque se contiamo anche il ragazzo al mio fianco. 
Non so neanche io come, ma sono riuscita a capire di cosa stavano parlando anche se ogni briciola della mia attenzione era rivolta nella contemplazione dell’angelo seduto accanto a me.

« Nonostante io non conosca bene il modo in cui… »

Inizio a esporre la mia idea su quanto richiesto, ma non è facile rimanere attenta a ciò che dico quando “Lui” mi fissa in questo modo! 
Rischio di mandare tutto a quel paese e saltargli addosso…

All’improvviso ricordo il perché da un po’ di tempo non ci vediamo. La motivazione per cui mi faccio negare al telefono. La causa per cui lo tengo a distanza ormai da tempo. 
Mi incupisco, ma riesco a riprendermi in fretta e nessuno se ne accorge. 

 

Alla fine dell’incontro mi alzo velocemente e tento di scappare, ma il mio vecchio maestro mi raggiunge per salutarmi e chiedermi notizie di Giacomo.

Maledizione!

Rispondo molto lentamente, valutando bene cosa dire. Ho paura di lasciarmi sfuggire qualche informazione di troppo e quell’uomo non deve scoprire nulla riguardo ai demoni superiori e nemmeno riguardo ad Aurora.
Giacomo è stato chiaro, se non a parole almeno nel comportamento, ed ho capito che non la vuole perdere.
Se il maestro o i miei genitori scoprissero la situazione potrebbero reagire in modo sproporzionato arrivando persino ad allontanarlo da lei. Ci penserò io ad aiutarlo in caso di difficoltà, non serve che altri sappiano.

Con la coda dell’occhio vedo Ludovico uscire dalla sala e tiro un sospiro di sollievo, anche se so che non si arrenderà così facilmente.

Tento di portare il discorso in acque tranquille, ma il maestro è sempre stato più abile di me a capire quali sono i punti spinosi che l’interlocutore vorrebbe evitare e deve aver intuito che qualcosa non va con il mio fratellino.

« C’è qualcosa che mi devi dire riguardo al mio allievo? Lo sai che, in caso di problemi nella sua zona, sono io a dover indagare, vero? »

Merda!

Il suo sguardo severo mi mette in difficoltà. Mi è sempre dispiaciuto mentirgli, è un bravo precettore ed un bravo combattente.

« Certo, lo so. »

Non aggiungo altro per non tradirmi, ma lui non molla.

« Forse dovrei passare a trovarlo, in questi giorni ho proprio voglia di rivederlo… »

Continua a guardarmi con attenzione, in cerca di una qualsiasi reazione da parte mia ed io tento di rimanere impassibile.

« Se vuole... » replico in tono vago. « Ora dovrebbe scusarmi, ma devo proprio scappare. »

Dal sorriso incrinato che mi lancia mi viene il sospetto che passerà a trovare Giacomo molto presto. Spero solo di riuscire a gestire la sua reazione a ciò che troverà senza che i miei genitori lo scoprano.

 

Mi congedo dal mio vecchio precettore e appena sono fuori da quella maledetta stanza trecentotrentuno sospiro sfinita. 
Odio la famiglia Regnanti e le loro stupide riunioni!
In realtà sono incontri per lo più politici, forse stavano valutando la mia posizione e quella del mio maestro riguardo alla nuova legge che vogliono proporre. Io rappresento pur sempre la famiglia Guardiani, mentre il mio maestro è un uomo comunque molto influente nelle alte gerarchie.
Sono certa però che il motivo della mia presenza qui sia principalmente un altro.

Inizio il percorso inverso per uscire da quel maledetto posto, ma all’improvviso, mentre sto ancora percorrendo uno dei corridoi bui, una delle stanze sulla sinistra si apre e una mano mi arpiona il braccio tirandomi dentro e chiudendo la porta alle mie spalle. Io non mi scompongo, mi aspettavo una cosa simile, dopotutto conosco bene quell’uomo. Mi schiaccia con forza contro il muro con il suo corpo e tenta di baciarmi, ma io mi volto e non gli do modo di arrivare alle mie labbra.
Sento un sospiro frustrato da parte sua e si sposta a baciarmi il collo.

« Alessandra… »

Il mio nome sulle sue labbra è un soffio leggero e delicato, altamente sensuale. 

« Perché mi eviti? »

Il suo tono dolce ed innocente potrebbe sciogliere anche un cuore di ghiaccio, ma io non ho di questi problemi, dopotutto il mio si è già sbriciolato a causa sua e le poche briciole rimaste sono state portate vie da un gelido vento rabbioso.

Schiocco la lingua e lo guardo truce. Cerco di rifilargli una ginocchiata nelle parti basse, ma lui, prevede la mia mossa e la scansa. Approfitto dell’attimo di distrazione per mollargli uno schiaffo.

« Secondo te, pezzo d’idiota? »

Cerco di non gridare, ho paura che qualcuno possa sentirci, ma faccio molta fatica a trattenermi.

« Andiamo, lo sai che non è colpa mia…» Tenta di avvicinarsi di nuovo, ma lo scanso e mi lancio verso la porta.

Faccio appena in tempo ad abbassare la maniglia che lui si posiziona velocemente alle mie spalle e blocca la porta con una mano.

« Ascoltami… Ti prego…» 

Sento le lacrime iniziare a colarmi lungo il volto e porto una mano al viso per liberarmene con forza. Mi graffio anche una guancia con quegli artigli che ho per unghie, tanto è il furore che si è impossessato di me. 
Meno male che domani sarà già guarito, perché avrò un servizio fotografico…

Tento di allontanarlo, ma lui mi avvolge in un abbraccio che mi intrappola. Lo spingo, cerco di colpirlo con tutta la forza che ho in corpo, ma lui continua a stringermi ed a cullarmi dolcemente.

Non posso fare altro che rimanere lì, singhiozzante e stretta all’uomo che amo. Artiglio la sua camicia con le unghie e immergo il viso nell’incavo del suo collo.
Vado avanti così per un po’ e piango, piango.

Lo odio. Lo detesto con tutta me stessa... 

Dopo quella che mi sembra un’eternità finalmente la mia scorta di lacrime sembra esaurirsi, perché smettono di colarmi lungo il viso. Il dolore però non passa, quello è sempre lì.
Lo guardo. I suoi occhi azzurri sono incastrati nei miei, sta cercando di leggermi dentro e mi fa innervosire ancora di più. 

Cosa ci vuole a capirmi? Qualsiasi persona dotata di cervello ci arriverebbe, ma lui no!

Ludovico non ci arriva, non capisce che più tenta di starmi vicino più mi fa male e più mi fa stare così, maggiore è la voglia di ucciderlo.

« Sono ancora l’unico, davanti al quale piangi? » Mi chiede con dolcezza, ma so che con questa domanda, in realtà, vuole sapere se è ancora l’unico che amo, se è ancora l’unico davanti al quale mi lascio andare ai sentimenti.

«No. »

« Bugiarda. » Mi stringe di più tra le braccia e mi posa un leggero bacio sui capelli. «Ti amo.»

«Io invece ti odio.» Lo spingo via con forza e ritorno alla porta.

« Non è vero. Se mi odiassi non saresti venuta, invece sei qui. Ammetti che volevi vedermi, che ti mancavo. »

Sento le lacrime tornare a pizzicarmi gli occhi, ma le spingo indietro con forza. Abbasso la maniglia e, prima di uscire, mi volto di nuovo verso di lui.
Lo vedo lì, in piedi, in mezzo alla stanza, mi fissa con uno sguardo triste, ma carico di speranza, le braccia ancora aperte a stringere l’aria e il completo Armani tutto stropicciato laddove io mi sono aggrappata con forza mentre piangevo.

« Sono qui, perché tuo padre mi ha chiesto gentilmente di venire per dare la mia opinione giovanile su alcune questioni. Non sapevo neanche che tu saresti stato presente, altrimenti gli avrei risposto in ben altro modo.  » 

Bugie, nient'altro che bugie. Eppure non posso fare di meglio.
In realtà ci ha azzeccato. Avevo capito che era opera sua, ma non ho saputo resistere, dovevo rivederlo. Mi mancava...mi manca. 
 
« Non so cosa tu abbia pensato, ma non sono venuta per te o per la nostra vecchia, morta e sepolta relazione. » La voce che mi esce è terribilmente  fredda e glaciale.

Lui è lì, immobile, pallido e con lo sguardo perso nel vuoto. All'improvviso si anima e mi lancia con uno sguardo colmo d'ira bollente.

« Non dire cazzate! »

Si è arrabbiato.
Gli sta bene! 
In realtà mi sento uno schifo a farlo stare male, ma anche io soffro per colpa sua, quindi mi sembra giusto ricambiare almeno un po’.

Mi viene vicino velocemente e si ferma con il volto a pochi centimetri dal mio. Avevo immaginato il nostro incontro completamente diverso, con lui che mi avrebbe detto di calmarmi ed io furiosa, invece è il contrario.

« Non. Dire. Cazzate. » Mi ripete stringendo i denti, come per resistere alla rabbia. Il suo respiro è corto e rapido, i suoi occhi brillano di una luce folle.
Non mi muovo, non ho paura di lui, perché so che non mi farebbe mai del male.

« Non a me. » Il suo tono si fa più dolce. « Non mentirmi. »

I nostri sguardi rimangono incastrati, mi sento liquefare, vorrei abbandonarmi in quel mare e affogare all’interno di quell’azzurro, ma cerco di mantenere una maschera d’indifferenza.

Ludovico continua a parlarmi, sempre con quel tono convincente ed ammaliante. «Tra di noi non è cambiato niente! Io ti amo e tu…»

« Io niente. » La mia voce suona calma, fredda quasi.

Mi volto verso la porta, la maniglia già abbassata e, ancora voltata di schiena, lo saluto.

« Perdonami se all’ultimo succederà qualcosa che mi farà mancare al tuo matrimonio, so che i miei genitori avevano confermato la mia presenza, ma ho come l’impressione che proprio quel giorno ci sarà un impegno improrogabile ed improvviso. Salutami la tua fidanzata comunque.»

Mi chiudo la porta alle spalle e lo lascio lì da solo.

Come avviene spesso nelle famiglie dell’élite, i matrimoni combinati non sono facili da impedire, ma Ludovico non ci ha nemmeno provato. Proprio lo stesso ragazzo che dice di amarmi, sposerà un’altra. L’immagine di lui al fianco di quell’oca mi torna alla mente.
Le lacrime minacciano pericolosamente di riprende a scendere, ma cerco di trattenerle in tutti i modi.

Sai cosa ti dico? Auguri, figli maschi e vattene a fanc…!

 

Non aspetto neanche di essere fuori dall’edificio, ho già in mano il cellulare e compongo a memoria il numero di mio fratello.

« Pronto? »

« Mar-co! » La mia voce si spezza per un attimo, ma riesco a ritrovare subito il controllo.

« Ale! Cos’è successo?! » La voce preoccupata del mio gemello mi fa sorridere. Marco è il ragazzo più dolce e paziente della terra. E non lo dico solo perché mi sopporta tutti i giorni…

« Marco, non ti preoccupare! Lo sai che so badare a me stessa! Sto benissimo! »

Utilizzo volutamente un tono di voce seccato, anche se non sono per niente irritata nei suoi confronti, solo non voglio che si preoccupi per me. Amo i miei fratelli sopra ogni altra cosa e spesso mi basta sentire lui o Giacomo per ritornare di buon umore, uno con la sua dolcezza, l’altro con la sua adorabile ingenuità. Mi fanno ritornare il sorriso all’istante.

Esco finalmente all’aria aperta e inizio a camminare velocemente sui tacchi alti.

« Piuttosto… Ho bisogno del tuo aiuto… Ho paura che Giacomo si stia cacciando nei guai. Ho intenzione di tornare in Liguria il prima possibile. »

« Alessandra! » Sento uno sbuffo « Lascialo crescere! Gli stai col fiato sul collo, peggio di nostra madre… Dovresti dargli un po’ di fiducia! Ormai ha vent’anni, lascia che si gestisca da solo. » L’esasperazione è palese nel tono di Marco, ma io la ignoro.

« Fidati, non interverrò se non sarà strettamente necessario… Mi devi coprire con mamma e papà però. »

L’unica risposa che ottengo è un sospiro rassegnato.

« Ti prego! » Milano è una delle città più sorvegliate, quindi non si sentirà la mia mancanza per così poco tempo… « Tipregotipregotiprego! »

« Ok, ok! Ma non più di una settimana! »

Quanta pazienza ha? Gli farei una statua!

Calcolo velocemente i tempi. « Ci vediamo a casa per pranzo, elaboriamo il piano e nel pomeriggio preparo le valige! »

« Dio ce ne scampi… » sussurra Marco spaventato.

« Guarda che ti ho sentito! A dopo fratellino! »

Interrompo la chiamata. Qualcosa mi dice che rimarrò in Liguria per molto tempo, almeno una decina di giorni, così mi salto anche quell’odioso matrimonio tra Ludovico e l’oca francese…

 

  
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