LE ALI DELLA LIBERTA’
“Non
so dove vada la mia strada,
ma
cammino meglio se la mia mano stringe la tua”
Alfred
de Musset
La notte era scesa su New York,
l’oscurità avvolgeva la città che non dorme mai. Castle coricato sul lettino
della sua cella immaginava la luna specchiarsi sul fiume Hudson creando strani
effetti di luce sull’acqua. Chiuso tra quelle grigie mura, non gli restava
altro, solo la sua immaginazione.
Era stato messo in isolamento,
gli altri detenuti non gli avevano riservato un trattamento di favore. Gli
avevano dato un “benvenuto” molto particolare. Lo avevano aggredito nel
peggiore dei modi senza dargli il tempo di potersi difendere. “Non capita tutti
i giorni di avere tra noi una celebrità” lo avevano schernito. Se non fossero intervenute le guardie,
sarebbe finito male. Il direttore del penitenziario aveva deciso che sarebbe
rimasto nella sua cella, finchè gli animi non si fossero calmati, per garantire
la sua incolumità.
Aveva lividi in ogni parte del
corpo, ma il dottore aveva escluso delle fratture.
Il dolore nelle ossa gli impediva
di dormire, così trascorreva il suo tempo con l’unico svago concessagli:
pensare.
Si stava chiedendo come
passassero la giornata la sua adorata
bambina e sua madre. Non aveva potuto ancora incontrarle, erano passati quattro
giorni dal suo arresto, ma il giudice non gli aveva ancora concesso il permesso
di avere delle visite. Gli mancavano molto, voleva sapere come stavano
affrontando la situazione, voleva guardarle negli occhi per capire cosa pensavano
e cosa provavano.
Ma il pensiero che più lo
torturava era Kate. Cercava di non fossilizzarsi su di lei, ma con scarsi
risultati. Appena si rilassava un momento e allentava la guardia il suo volto
gli appariva nella mente e il suo cuore tornava a sanguinare. Sentiva la sua
nostalgia in maniera viscerale. Avrebbe pagato oro per poter rivedere il suo
sorriso e per poter sfiorare la sua pelle anche solo per un secondo, mentre le
passava il caffè.
In quei lunghi e solitari giorni
si era perfino immaginato più volte di percepire il suo adorabile profumo di
ciliegia, ma tutte le volte era rimasto deluso.
Lei non era venuta.
Forse non glielo avevano
permesso.
L’aveva vista l’ultima volta al
distretto quando era entrata nella sala interrogatori e avevano parlato. Non
avrebbe mai dimenticato i suoi splendidi occhi verdi ricolmi di tristezza,
sconcerto e paura.
Si passò le mani sul viso: sapeva
di averla fatta soffrire, ma non aveva avuto alternative.
Cos’altro avrebbe potuto fare?
Sperava solo non si stesse cacciando nei guai,
che fosse al sicuro. Aveva sbagliato a dirle quella frase, mentre Ryan la
trascinava fuori dalla stanza. Con il suo fenomenale intuito doveva aver
capito, se non tutto, almeno qualcosa, ma sperava con tutto il cuore che avesse
lasciato perdere. Conoscendola sapeva di stare sbagliando, non aveva mai visto
Kate arrendersi davanti a una difficoltà.
Uno strano rumore metallico
attirò la sua attenzione riportandolo alla realtà. Proveniva dalla serratura
della porta della cella, qualcuno stava cercando di aprirla. Castle saltò a
sedere e si mise in posizione d’allerta.
A quell’ora nessuna guardia aveva un motivo valido per
entrare.
Si nascose dietro lo stipite
della porta, voleva cogliere di sorpresa l’intruso. Ogni movimento, però, gli
provocava dolori inauditi e gli scappò un lamento, impedendogli di essere
silenzioso come avrebbe voluto.
In quel momento la porta si aprì
lentamente e una figura scura entrò nella stanza. L’uomo si scagliò contro di
essa, ma questa riuscì a scansarsi in tempo prima che Castle potesse colpirla.
“Castle che fai? Vuoi
uccidermi?”.
Credette di stare sognando,ma
quella voce era musica per le sue orecchie. Per un istante pensò che il mondo
si fosse capovolto, non poteva essere vero.
“Kate?! Cosa ci fai qui?”.
La guardò. Indossava un paio di
jeans scuri, una felpa nera con cappuccio sulla testa, come a volersi
nascondere, e i capelli dovevano essere racchiusi in quel terribile chignon,
poiché non ricadevano lunghi sulle spalle, ma era lei.
Sembrava incredibile, ma era
proprio la sua amata.
La donna lo guardò con aria
sconsolata, ma nello stesso tempo, molto tesa: “Sono venuta a giocare a carte.
Secondo te? Voglio per portarti via da questo posto. Devi uscire di qui”.
“Vuoi farmi evadere? Kate sei un
poliziotto..”.
Castle non capiva più nulla.
La donna, al contrario, era molto
determinata, lo prese per mano ed iniziò a tirarlo: “Lo so Rick, so bene quale
sia il mio mestiere, ma ora andiamo, non abbiamo molto tempo per parlare”.
L’uomo si fermò: “No Kate, non
posso lasciartelo fare. Se mi porti via di qui, la tua carriera in polizia è
finita, avrai delle ripercussioni.. se ci scopriranno non potrai più fare il
detective e la tua vita sarà rovinata..”.
La donna gli mise un dito sulla
bocca per zittirlo e, incatenando i suoi occhi con quelli dell’uomo, lasciò
fuoriuscire un fiume di parole represse nell’animo da troppo tempo: “Vuoi
capire che non mi importa niente della mia carriera o del mio lavoro se tu non
sei con me? Mi sono dimessa! Se tu non sei al mio fianco la mia vita non ha
alcun senso. Vuoi sapere il perché? Perché sono follemente innamorata di te,
scrittore. Si lo ammetto Richard Castle, ti amo e non posso vederti qui per
causa mia. Ora, però, dobbiamo andare, o ci troveranno. Abbiamo poco tempo”.
La donna lo riprese per mano e si
avviò verso la porta, tirandosi dietro un Castle totalmente ammutolito ed
imbambolato. Quelle parole lo avevano colpito, di certo non si aspettava una
rivelazione del genere in quel momento. Non dalla Kate che conosceva. Si
rilassò e un’intensa sensazione di calore si diffuse in tutta la sua anima. Si
sentiva come catapultato in un’altra dimensione.
Non appena ritornò un attimo in
sé, l’uomo si fermò per la seconda volta.
Kate si girò con occhi preganti,
non poteva credere di non essere riuscita a convincerlo. L’uomo non voleva
parlare, il suo desiderio era un altro. Doveva farlo, non poteva più aspettare,
era diventata un’esigenza impellente. Ne aveva bisogno come l’ossigeno per
respirare.
Era un ulteriore rischio perdere
ancora minuti preziosi, lo sapeva, ma come dice il proverbio? La fortuna aiuta
gli audaci.
In fondo se il destino era dalla
loro parte, strappargli ancora qualche secondo, non sarebbe stato di certo un
crimine.
Così attirò Kate a sé senza darle
il tempo di rendersene conto e posò le labbra su quelle della donna. Lei lo
abbracciò, mentre con la mano libera gli accarezzò i capelli, e rispose al suo
bacio. Sentirono le loro guance bagnarsi: tutta la tensione accumulata per
giorni e giorni si era disciolta grazie al calore che quel contatto
trasmetteva.
“Sei completamente fuori di
testa, lo sai?” disse l’uomo posando la fronte su quella di Kate, continuando a
stringerla per la vita.
“Grazie, ma devi ammettere che ho
avuto un buon insegnante” gli sussurrò la donna.
“Touché”.
Castle riuscì a strapparle un
sorriso.
“Cosa hai intenzione di fare una
volta fuori di qui?”
“Ha importanza?”
“Forse non molta. Saremo in
pericolo, ma da oggi cammineremo insieme. Non vedo l’ora”.
Kate si destò d’improvviso:
“Ascolta, starei qui tra le tue braccia per tutta la vita, lo giuro, ma ora
dobbiamo proprio andare. Tra poco l’intero penitenziario si sveglierà e, con
tutti i posti nel mondo, per abbracciarci, questo lo eviterei, se non ti
dispiace”.
Castle rise alla sua battuta e fu
lui, questa volta, a stringerle la mano.
“Come vuoi mia musa”.
Si spinsero nel buio dei corridoi
cercando di evitare le torrette delle guardie. Camminarono mano nella mano per
un tempo che all’uomo sembrò infinito, mentre Kate lo guidava verso la libertà.
Raggiunsero ben presto una porta che dava su
un vicolo poco illuminato..
“Come faremo ad andarcene senza
che nessuno ci noti?” chiese l’uomo.
“Un amico ci sta aspettando per
aiutarci”.
Quando riuscirono ad uscire ed ad
assaporare l’aria fresca della notte, Castle
notò una macchina scura semi nascosta tra i bidoni per l’immondizia. Non appena
il guidatore li vide, si avvicinò per permettere loro di salire.
Kate aprì la portiera, spinse dentro l’uomo e
si sedette accanto a lui.
Al posto di guida un’ombra si voltò.
“Tutto bene detective? Il nostro
piano è riuscito a quanto vedo”.
Kate annuì, mentre Castle
manifestò apertamente il suo stupore: “Capitano Gates?”
“Buonasera signor Castle” rispose
la donna.
Angolo mio!
Il capitolo è un po’ corto, ma ho
dovuto stopparlo qui.. Mi dovevo togliere una soddisfazione personale! E’ dalla
3x05 che volevo che Kate lo facesse evadere!! Ahahahah ho adorato la scena
finale di quella puntata e l’ho presa come spunto!
Somma ed immane soddisfazione..
Ho citato all’inizio del capitolo
una frase stupenda a mio avviso, una frase che si adatta ai due perfettamente!
Ora tra loro non ci sono più segreti, devono ancora parlare un po’, ma ora
sanno che se le loro mani si stringeranno potranno superare ogni ostacolo!
Ora attendo i vostri commenti..
Un bacione e grazie a tutte!!