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Autore: TittiGranger    01/05/2012    14 recensioni
- Non… non ne ho voglia - disse Hermione, scuotendo la testa. Si affacciò oltre la sponda del letto, alla ricerca delle sue scarpe.
- Lo so - fece Ron, spingendo il piatto verso di lei - Ma lo mangerai lo stesso.
Continuava a tenerlo fisso davanti a lei, insistente.
Hermione sospirò, afferrando il piatto.
- Come mai siamo qui? - chiese Hermione flebilmente, mettendosi seduta meglio a gambe incrociate.
Ron fece schioccare la lingua - Bella domanda.
Hermione sollevò le sopracciglia, dando un minuscolo morso al panino.
- Hai presente stamattina quando sono venuto a recuperarti… in infermeria? - disse, arrossendo.
_ I dieci giorni successivi alla fine della Guerra, dopo la sconfitta di Voldemort.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Famiglia Weasley, Harry Potter | Coppie: Ron/Hermione
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Questo che tra poco leggerete, è un capitolo piuttosto introspettivo

Questo che tra poco leggerete, è un capitolo piuttosto introspettivo.

Tratta di un sentimento che ognuno di noi interpreta a proprio modo.

Questo è il mio.

Voglio dedicarlo a TheStarbucksGirl,

Perché spesso lei riesce a leggere tra le righe dei miei pensieri

meglio di chiunque altro.

 

 

 

Secondo giorno

 

Seduta sul bordo della poltrona di velluto, Hermione si massaggiava le tempie, sperando che quel mal di testa che la perseguitava dal giorno prima le desse una tregua.

Quella mattina, stremata, era andata in infermeria a farsi dare una pozione, ma non aveva ottenuto alcun risultato.

Forse perché non era il mal di testa il vero problema.

Era qualcosa di più forte e distruttivo che neanche la pozione più potente avrebbe potuto cancellare.

La porta della Sala Comune di Grifondoro si aprì, ed Hermione vide Harry scavalcare il buco del ritratto ed andare verso di lei.

- Ciao - le disse, sedendosi sul divano accanto ad Hermione. Lei si limito a rivolgergli un gesto con la mano - Ti cercavo.

Lei si scoprì gli occhi, sospirando - Sono passata in Sala Grande - disse, senza aggiungere altro.

Sul viso di Harry si abbassò un’ombra scura; si sfilò gli occhiali, pulendoli con la maglietta. Aveva un profondo taglio sulla fronte, ma la pulizia che Madama Chips gli aveva fatto con un unguento la sera prima lo stava già facendo rimarginare - Anche io - le disse, infilandosi nuovamente gli occhiali - Sono tutti di sotto ora. Io sono rimasto un po’ ma… - boccheggiò, guardandola, come in cerca di aiuto.

Hermione sentì una fitta al cuore quando scorse la disperazione negli occhi dell’amico.

L’impotenza e il senso di colpa erano limpidi quanto il verde dei suoi occhi.

- …ti sei sentito di troppo - concluse Hermione per lui, sfiorandogli il braccio.

Lui annuì, abbassando lo sguardo - Già.

Hermione lo abbracciò, posando la testa sulla sua spalla.

Poteva forse mentirgli? Poteva forse dirgli che non era vero?

Lei stessa era stata vicina alla famiglia Weasley, aveva lasciato che Ginny piangesse sulla sua spalla, aveva sentito le urla di Molly, aveva dovuto guardare l’espressione stravolta di George.

Aveva pianto insieme a quella famiglia, aveva sofferto con loro.

Ma si sentiva in colpa nel farlo. Si sentiva in colpa a paragonare il suo dolore a quello dei Weasley.

Sebbene la considerasse la sua famiglia, Hermione si sentiva di troppo.

Sebbene stesse soffrendo come gli altri, si riteneva indegna di poter comprendere un dolore del genere.

Il dolore per la morte di un fratello.

Il dolore per la morte di un figlio.

Non aveva il diritto di far pesare la sua sofferenza su di loro.

- Sei ancora sicura di volerlo fare? - chiese Harry, accarezzandole la schiena e distogliendola da quei pensieri.

Lei si discostò, scuotendo le spalle - Forse è la cosa più… - tentennò.

Giusta?

O forse appropriata?

Lei ed Harry ne avevano parlato quella stessa mattina e si erano detti che magari, era la soluzione che avrebbe causato meno problemi ai Weasley.

- Va bene - la interruppe Harry, capendo - Sarà meglio dirlo a Ron prima della funzione.

 

 

Persino la natura si stava burlando di loro.

Un sole caldo e luminoso accompagnò la loro discesa verso il campo di Quidditch, dove ci sarebbe stata la celebrazione.

Un sole del tutto inappropriato per gli inizi di maggio inglesi.

Un sole del tutto inappropriato per quella giornata così dannatamente buia.

Hermione, Ron ed Harry camminavano in silenzio, per raggiungere gli altri. Erano rimasti indietro perché la McGrannitt li aveva richiamati, per discutere di questioni burocratiche.

Hermione, rimasta un paio di passi indietro rispetto a Harry e Ron, li seguiva in silenzio, avvolta da quel caldo tepore che la avvolgeva, compensando la freddezza che provava in corpo.

Il venticello faceva ondeggiare la sua coda e scompigliare i capelli dei suoi amici.

Alzò lo sguardo per osservarli: due ragazzi alti, dinocciolati… magari Harry un po’ meno robusto rispetto a Ron, ma comunque diversi.

Erano due uomini.

Perché non se ne era mai accorta prima?

Anche stavolta, i suoi pensieri furono interrotti quando Harry si schiarì la voce, lanciando uno sguardo eloquente nella sua direzione.

Hermione comprese e fece qualche passo più lungo per raggiungerli.

- Ron, dovremmo dirti una cosa… - disse Harry, stancamente.

Ron si bloccò, guardandoli preoccupato. Passò lo sguardo dall’uno all’altra, con la confusione dipinta sul volto.

- No, no… niente! - si affrettò a rassicurarlo Hermione, avvicinandosi a lui e afferrandogli un braccio - Non è nulla di grave.

- E allora cosa? - fece Ron, sospettoso, guardandola. Hermione aprì la bocca per parlare, ma ogni parola le morì in gola. Guardò Harry, in cerca di aiuto.

- So che forse non è il momento migliore questo, amico - disse Harry, a disagio - Ma pensavamo di dirtelo prima… per non disturbarvi dopo la funzione…

- Avete intenzione di parlare? - disse Ron con tono stanco e confuso. Hermione sapeva bene che in altre situazioni, Ron a quel punto si sarebbe già infastidito. Ma stavolta, c’era uno strato di dolore che offuscava ogni altra sensazione.

- Ecco, noi pensavamo che… - cominciò Hermione, gettando un’occhiata ad Harry - Che forse sarebbe… meglio… per motivi organizzativi - “che diavolo sto dicendo?”, quelle parole suonavano assurde persino a lei che le pronunciava - …che per motivi organizzativi, io ed Harry andassimo a stare qualche giorno a Grimmauld Place.

Disse l’ultima frase in fretta, come se in quel modo sarebbe stata più semplice da accettare, più facile da comprendere.

Harry accanto a lei annuiva, ma la sua espressione tradiva disagio e malinconia.

Ron non diceva nulla. Si stava limitando a guardare l’uno  e  l’altra, come in attesa che il discorso continuasse, con l’espressione confusa di chi ha appena ascoltato un discorso privo di senso - Che cosa?

Harry si fece avanti - Ron, con tutto quello che la tua famiglia sta passando… è una cosa privata e… noi non smetteremo mai di essere grati ai tuoi per quello che hanno fatto per noi in questi anni - cercò con lo sguardo l’appoggio di Hermione, che annuì prontamente, ancora stretta al braccio di Ron - Per quello che hanno fatto per me, da quando mi conoscono. Loro sono stati i genitori che non ho mai avuto e… - gli tremò la voce - E proprio per questo sappiamo che tengono troppo a noi, per poterci dire che… in questo caso siamo di troppo.

Una folata di vento più forte accompagnò l’ultima parte della spiegazione.

Hermione rabbrividì all’impatto con quel caldo, sentendolo penetrare nelle ossa.

Il viso di Ron era impassibile.

Continuava a guardare Harry, ed Harry reggeva lo sguardo con la stessa forza.

Hermione si stava giusto chiedendo se fosse il caso di intervenire, ma qualcuno la precedette.

- Harry, ma che cavolo dici? - sbottò con enfasi.

Reazione che prese in contropiede i suoi amici, che si guardarono sorpresi, mentre l’uno invitava con lo sguardo l’altra a parlare e viceversa.

Dal canto suo, Ron continuava a fissarli, ma il suo era uno sguardo quasi distratto, come se stesse facendo fatica a rimanere concentrato sulla questione.

Hermione si sentì mortificata; sapeva che quello non era un buon  momento per dire a Ron che lei ed Harry avevano deciso di andare a Grimmauld Place, perché ritenevano che fosse la cosa più giusta per la famiglia Weasley, che in quel momento aveva bisogno di rimanere unita più che mai, ma d’altra parte, quale lo era?

- Ron - intervenne Hermione, continuando a sfregargli il braccio - Questo è un momento terribile… terribile per tutti noi e soprattutto per la tua famiglia - disse, nel tentativo di non scoppiare a piangere - Noi siamo estremamente grati per quello che i tuoi hanno fatto per noi in questi anni - aggiunse, cercando l’appoggio di Harry, che annuì mestamente - Ed è proprio per questo che… riconosciamo… che in un momento del genere dobbiamo metterci da parte.

Si morse le labbra, sotto lo sguardo confuso di Ron, che sembrava stupito e confuso.

Ma ben presto, la maschera di confusione scivolò via dal suo viso pallido, lasciando il posto ad un’improvvisa apparenza di comprensione - Ragazzi, io… - disse, alzando le mani come in segno di resa - Va bene, che devo dirvi? - fece, con tono arrendevole. Si passò una mano tra i capelli e ad Hermione parve che quel gesto rivelasse tutta la sfinitezza che aveva accumulato - Lo so che non… che non sarà facile stare alla Tana, dopo quello che è successo - continuò, passando tristemente lo sguardo su di loro - Lo so che sarà un inferno, che niente tornerà come prima…

- Ma che dici, Ron…?

- Ron, non è per quello, noi…

Harry ed Hermione intervennero subito, comprendendo cosa stesse intendendo Ron.

- Ragazzi, ascoltatemi - fece lui, risoluto, bloccandoli - Non posso e, soprattutto, non voglio chiedervi di affrontare tutto questo - disse, mentre la voce gli cedeva -  Andate a Grimmauld Place, va bene così… va bene così - continuò, fermando Hermione che stava per dire qualcosa. La guardò, sfiorandole la mano che lei teneva ancora poggiata sul suo braccio - Tra l’altro sono l’ultima persona che potrebbe chiedervi di rimanere…

Quell’ultima frase per Hermione fu come una pugnalata.

Una pugnalata che le riportò alla mente uno dei periodi più brutti della sua vita.

Una pugnalata che le scosse il corpo, scuotendola.

Una pugnalata che, in quel momento lei sentì di meritare.

- Tu credi davvero che il nostro problema sia il fatto che la Tana non sarà un posto… “piacevole”? - intervenne Harry, sconvolto. Sembrava oltraggiato dalle sue stesse parole.

- Sai che non è per quello, Ron - riuscì a dire Hermione - Noi… vogliamo solo evitare di… peggiorare la situazione. Vogliamo solo…

- Allora restate - la bloccò Ron. Hermione alzò lo sguardo, incontrando quello disperato e mortificato di lui - Voi siete parte della famiglia quanto noi altri… - la voce gli si incrinò e lui distolse gli occhi da quelli di lei, voltandosi verso Harry - Restate… per favore…

L’ultima cosa che Hermione vide, fu lo sguardo addolorato di Harry che stringeva Ron in un abbraccio fraterno, un attimo prima che anche lei fosse trascinata in quella stretta, un attimo prima che le sue lacrime si mischiassero a quelle dei suoi due migliori amici.

Fu in quel momento che si pentì di aver dubitato anche solo per un secondo che quella fosse la sua famiglia e dai singhiozzi sommessi di Harry, capì che anche lui aveva pensato la stessa identica cosa.

 

*

 

Davvero quello era il posto in cui aveva trascorso i momenti più belli della sua vita ad Hogwarts?

Davvero quella era stata la culla dei suoi momenti di gloria?

Agli occhi di Ron, il campo da Quidditch sembrava appartenere ad un altro mondo.

File di bare di legno chiaro erano state allineate davanti ad un altare.

Di fronte, erano state portate delle sedie bianche per i parenti più stretti delle vittime.

Le vittime.

Ron sentì gli occhi bruciare, quando quella parola rimbombò nella sua mente.

Suo fratello era una vittima. Il ragazzo con cui aveva condiviso quasi tutta la sua esistenza, uno dei punti fermi della sua vita, una parte di se stesso adesso era diventata una vittima.

Strinse i pugni, mentre insieme ad Harry ed Hermione avanzava lungo la navata centrale di quell’ambiente desolante. Proseguivano lentamente, come se le loro gambe si rifiutassero di camminare, di raggiungere le prime file e di affrontare il quello che sarebbe successo, di qualunque cosa si trattasse.

Mentre camminavano, qualcuno si voltava a guardarli, altri rivolgevano loro flebili cenni di gratitudine, ma nessuno li avvicinò.

Quando scorse un gruppo di teste rosse nelle prime file, Ron fece segno agli altri due di seguirlo.

Hermione aveva un’espressione sconvolta dipinta sul viso pallido.

Harry aveva gli occhi cerchiati dietro gli occhiali storti.

Ron gli fece strada, ma quando furono abbastanza vicini, ebbe quasi voglia scappare via.

Un gruppo di persone si stringeva intorno alla famiglia Weasley; conoscenti e amici accorsi a far loro le condoglianze e a bisbigliargli inutili parole di conforto.

Un macigno crollò sul suo petto nel momento in cui vide Molly, seduta su una delle sedie che continuava a scuotere la testa, quasi incredula continuando a bisbigliare continuamente uno straziante “Mi si spezza il cuore”.

Incessantemente.

“Mi si spezza il cuore, mi si spezza il cuore”.

Costantemente.

“Mi si spezza il cuore… mi si spezza il cuore”.

Abbracciava coloro che si avvicinavano a lei per rivolgerle parole di cordoglio, ma lei continuava nel suo instancabile lamento.

“Mi si spezza il cuore”.

Li guardava con sguardo vacuo, come se non riconoscesse davvero quelle persone; stringeva le mani di chi gliele porgeva, ma per tutti aveva un’unica risposta.

“Mi si spezza il cuore”.

In piedi accanto a lei, il Signor Weasley ringraziava sommessamente tutti, con il volto segnato dal dolore e la voce incrinata dalla disperazione.

Ma quando Ron vide lo una figura accovacciata su una sedia poco distante, sentì che il macigno che aveva in petto scese giù, fino allo stomaco, come se fosse destinato a rimanere lì, stabilmente.

Quando Ron vide George, chino su se stesso, con le braccia piegate a tenersi la testa, senza curarsi di tutti i conoscenti che, passando, gli bisbigliavano parole di incoraggiamento o gli lasciavano solidali pacche sulle spalle, ebbe davvero l’impulso di rigirarsi e correre via.

Non riusciva a credere di essere là, al funerale di suo fratello.

Il funerale di Fred.

Fred, la persona a cui meno di tutte al mondo era possibile associare la parola morte.

Vide la schiena di George sussultare, scossa dai singhiozzi.

Vide Ginny, seduta con la testa appoggiata alla spalla di Molly.

“Mi si spezza il cuore… mi si spezza il cuore”.

Bill, vicino a loro, piangeva compostamente, stringendo tra le braccia Fleur, la cui bellezza, quel giorno, pareva spenta. Come i loro cuori.

“Mi si spezza il cuore”.

Charlie sedeva accanto a Percy, intento a ripulirsi gli occhiali bagnati dalle lacrime.

 “Mi si spezza il cuore, mi si spezza il cuore”.

Quando lo videro arrivare, parenti e conoscenti si avvicinarono anche a Ron, pronti a dirgli di “essere forte” e di “farsi coraggio”.

Ron annuiva, ringraziando, senza però ascoltare davvero le loro parole.

L’unica voce che riusciva a percepire in quel silenzioso trambusto era lo straziante sottofondo di sua madre.

“Mi si spezza il cuore… mi si spezza il cuore”.

Quando l’ennesimo sconosciuto gli strinse la mano, facendogli le condoglianze, Ron sentì che non ce l’avrebbe fatta. Si voltò, pronto ad allontanarsi un attimo, pronto a riprendere fiato, pronto a raggiungere le uniche persone che avrebbero potuto comprendere il suo vero dolore…

Ma quando si voltò, urtò contro Hermione, che era proprio dietro di lui.

- Siamo qui vicino a te, Ron - gli disse, facendogli un sorriso incoraggiante, incrociando le sue dita con quelle di lui.

Accanto ad Hermione, Harry annuì convinto.

Ron li ringraziò con lo sguardo, mentre con la mano stringeva quella di un lontano zio e con l’altra quella piccola di Hermione.

 

*

 

I cancelli di Hogwarts quel giorno erano stati aperti per permettere alla gente dei villaggi vicini di rendere un ultimo omaggio agli “eroi della guerra”. Quell’invito era stato accolto con rispetto e solidarietà da centinaia di persone che, in rispettoso silenzio, si stavano sistemando sugli spalti.

Dopo il loro arrivo, molti parenti e conoscenti dei Weasley si erano avvicinati a Ron per porgere le loro condoglianze.

Lei ed Harry erano stati accanto a lui per tutto quel triste rituale, senza mai allontanarsi.

Ora che la celebrazione stava per cominciare, tutti avevano iniziato a prendere posto, lasciando spazio ad un immobile silenzio, rotto solo dal pianto sommesso dei presenti.

Con il volto teso e gli occhi cerchiati da stanchezza e sofferenza, la Professoressa McGrannitt salì sull’altare insieme a Kingsley e ad un altro ometto dai lineamenti dolci, che probabilmente avrebbe dovuto celebrare la funzione.

Dopo aver eseguito un incantesimo per amplificare la sua stessa voce, la Professoressa parlò, lasciando che le sue parole rimbombassero in tutto lo stadio.

- E’ con… è con grandissima tristezza che oggi siamo qui… - la voce le cedette. Kingsley le passò prontamente un fazzolettino bianco, che la McGrannitt accettò con sguardo riconoscente, soffiandosi il naso, mentre l’omino le batteva amichevolmente delle pacche con la mano paffuta - Scusate - riprese - …che oggi siamo qui a porgere l’ultimo saluto ai nostri cari. Prima di lasciare la parola a Padre Rudolf, vorrei esprimere un mio personale omaggio a tutti… tutti coloro che hanno combattuto per la salvezza del Mondo Magico…

Hermione, vide Harry accanto a lei, portarsi una mano sugli occhi. Con una mano ancora stretta in quella di Ron, allungò l’altra verso l’amico, che subito la strinse.

C’era ancora chi si muoveva tra le bare, mentre la McGrannit parlava.

Chi si fermava a lasciare dei fiori, chi si limitava ad accarezzarle.

Hermione dovette distogliere lo sguardo, concentrandosi di nuovo sulle parole della Professoressa.

- Ed è per questo che con il cuore colmo di sofferenza, ma con la mente piena di gratitudine per aver avuto la possibilità di conoscere persone così speciali da… combattere e sacrificare la propria vita per un bene comune… Penso di poter parlare a nome di tutta la comunità, nel dire che rimarrete nei nostri ricordi per sempre…

E mentre la McGrannit concludeva il suo discorso di ringraziamento, lo sguardo di Hermione colse una figura famigliare che si moveva tra le file di bare, curva sotto il peso del dolore.

Quando vide Andromeda Black chinarsi davanti ai corpi di suo genero e di sua figlia, e dondolarsi avanti e indietro, lentamente, disperatamente, si chiese se davvero i ricordi sarebbero stati sufficienti a colmare tutto il vuoto che le vittime avevano lasciato nelle vite dei propri familiari.

 

 

 

Una faticaccia questo capitolo.

L’unica cosa che posso dirvi per “rassicurarvi” è che nel mio progetto, questo capitolo doveva segnare il livello massimo di tristezza: da qui in poi, la situazione potrà solo “migliorare” (pian piano, ma migliorerà).

Come avrete notato, questo capitolo non è prettamente incentrato su Ron ed Hermione: in questo caso, però, avevo un po’ le mani legate… volendo raccontare dei dieci giorni successivi alla battaglia finale, non potevo non inserire questo passaggio.

Ma state tranquilli, nei prossimi capitoli non mancheranno scene dedicate prettamente a loro.

Come sempre, i vostri pareri sul capitolo, positivi o negativi che siano, sono sempre accolti a braccia aperte!

Un abbraccio,

Titti

 

   
 
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