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Autore: TittiGranger    14/04/2012    13 recensioni
- Non… non ne ho voglia - disse Hermione, scuotendo la testa. Si affacciò oltre la sponda del letto, alla ricerca delle sue scarpe.
- Lo so - fece Ron, spingendo il piatto verso di lei - Ma lo mangerai lo stesso.
Continuava a tenerlo fisso davanti a lei, insistente.
Hermione sospirò, afferrando il piatto.
- Come mai siamo qui? - chiese Hermione flebilmente, mettendosi seduta meglio a gambe incrociate.
Ron fece schioccare la lingua - Bella domanda.
Hermione sollevò le sopracciglia, dando un minuscolo morso al panino.
- Hai presente stamattina quando sono venuto a recuperarti… in infermeria? - disse, arrossendo.
_ I dieci giorni successivi alla fine della Guerra, dopo la sconfitta di Voldemort.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Famiglia Weasley, Harry Potter | Coppie: Ron/Hermione
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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I personaggi di questa raccolta non appartengono a me ma a J

I personaggi di questa raccolta non appartengono a me ma a J. K. Rowling.

Lo sappiamo già tutti, ma è sempre meglio ricordarlo.

 

 

Stavolta pubblico in silenzio, senza anticipazioni o premesse.

Questa raccolta racconterà i dieci giorni successivi alla fine della Guerra, un capitolo per ogni giorno.

Voglio dedicare questa raccolta a Voi che leggete sempre le mie storie e mi accompagnate piacevolmente in ogni lavoro, dandomi consigli e suggerimenti.

Per me siete diventati dei compagni fissi.

Ecco perché ogni capitolo della storia sarà dedicato ad uno di Voi, per un motivo specifico.

Questo è il mio modo per ringraziarvi di tutte le meravigliose emozioni che mi fare provare ogni volta.

Grazie di cuore.

 

 

 

A Ciara,

Perché con una storia mi ha fatto ammirare ed amare la sua Hermione.

Per questo motivo, è con grande piacere che le regalo un pezzetto della mia.

 

 

 

Primo giorno

 

 

Silenzio, calore.

Calore, silenzio.

La mente le suggeriva di aprire gli occhi, di guardarsi intorno, ma il suo corpo non rispondeva, non obbediva.

Con uno sforzo che sembrò costarle ogni energia, mosse un braccio, sfiorando una superficie liscia e morbida.

Dove si trovava?

Se fosse riuscita ad aprire gli occhi solo per un secondo…

Ma no, la stanchezza era troppa. Si sentiva le ossa doloranti, le palpebre pesanti.

Si sentiva stanca e svuotata.

Toccò ancora la superficie su cui era distesa, percependo la morbidezza e la leggerezza di quella che sembrava essere stoffa. Si mosse impercettibilmente, molleggiando.

Era un letto?

Aprì gli occhi, resistendo al bruciore.

In un primo momento non vide nulla, ma una volta che i suoi occhi affaticati si furono abituati al buio, iniziò a scorgere delle forme… c’erano dei letti, disposti in circolo.

Hermione conosceva quel posto, sì.

Cercò di rannicchiarsi meglio sotto le lenzuola bianche.

C’erano anche delle tende scure, da cui filtrava una fioca luce… c’erano delle cassapanche e…

Era un dormitorio vuoto.

Era ad Hogwarts?

Come ci era finita?

E d’improvviso, una serie di immagini le mitragliarono la mente.

Fuoco, esplosioni, morte.

Harry in braccio ad Hagrid, senza vita.

Bellatrix che rideva.

Distruzione, urla.

Lupin e Tonks nella Sala Grande…

Pianti, urla.

Fred…

Urla, urla, urla.

- No, no… no…

Si coprì la testa con il cuscino, stringendo forte.

Non ebbe neanche la forza di liberare quel singhiozzo che le mozzava la gola.

Semplicemente, si lasciò trascinare di nuovo nel buio.

 

 

- Hermione?

Sussultò quando si sentì chiamare. Avrebbe voluto aprire gli occhi e sollevarsi, ma pareva che l’unica cosa funzionante in quel momento fosse la sua mente.

- Hermione!

Si sentì accarezzare il braccio. Aveva riconosciuto quella voce, quel sussurro.

- Lo so che sei stanca… ma… momento… Hermione…

Strinse gli occhi, mentre un cerchio doloroso le stringeva la testa. La sentiva ardere, bruciare.

Aprì gli occhi per un nanosecondo, riuscendo a malapena a distinguere la figura di Harry seduto sul bordo del letto accanto a lei.

- Hermione… qualcosa… mangiare…

Il bagliore che emanava la bacchetta del suo migliore amico la costrinse a richiudere gli occhi.

Sentiva la testa scoppiargli di dolore.

Sentiva che Harry le stava dicendo qualcosa, ma non riusciva a comprendere.

Il suo corpo non voleva sentire.

- Hermione?

Con un ultimo sforzo si voltò dall’altra parte, stringendo a sé il lenzuolo.

Dopodichè non sentì più nulla.

 

 

Ancora silenzio.

Silenzio, solo silenzio.

Senza aprire gli occhi, tentò di muovere le dita dei piedi, che obbedirono al comando all’istante.

Si stava riappropriando del suo corpo.

Stava tornando ad essere padrona di se stessa.

Schiuse gli occhi, guardandosi intorno.

Qualcuno aveva aperto le tende… era quasi buio fuori, doveva essere il crepuscolo.

Studiò la stanza, cogliendo più particolari di quanto avesse fatto ore prima.

Notò lo stemma familiare di Grifondoro affisso sopra la porta… alla sua destra c’era la porta del bagno e…

Il bagno a destra.

Nel suo dormitorio il bagno era sempre stato alla sinistra dell’entrata: dunque si trovava nel dormitorio maschile.

Ma prima che potesse porsi altre domande e darsi altre risposte, sentì una leggera pressione sulla schiena. Una pressione circolare, simile ad una carezza.

Si rigirò nel letto lentamente, sciogliendosi dalla posizione accucciata in cui aveva dormito, percependo i muscoli del collo bruciare, costretti per ore in quella posa rigida.

- Buongiorno - la salutò Ron con un mezzo sorriso sulle labbra - O buonasera, sarebbe più appropriato.

Hermione lo guardò confusa, in un primo momento.

Poi ricordò.

La Guerra.

Voldemort sconfitto.

Hogwarts distrutta.

Fred…

Si alzò a sedere di scatto, cosa che non si dimostrò essere per niente saggia.

Una fitta di dolore alla testa la costrinse a stringersi il capo tra le mani.

- Hei, hei, calma… - intervenne subito Ron, preoccupato. Si alzò in piedi - Ti porto in infermeria.

- No… - protestò subito lei, mentre il dolore abbandonava lentamente le sue tempie - E’ stato solo… devo aver dormito troppo. Che ore sono?

Ron la osservò un momento, come indeciso se fidarsi o meno.

- Le sei e mezza quasi - disse infine, sedendosi di nuovo accanto a lei e continuando a guardarla serio.

Lei strabuzzò gli occhi, cercando di nascondere al meglio la scia di dolore che le attraversò la fronte - Le sei e…? Dormo da più di dieci ore… io… perché non mi avete svegliato prima? - lo rimproverò.

Ma non era un vero rimproverò.

Era quasi un lamento, carico di dolore e stanchezza.

Si sporse ai lati del letto, facendo per scendere, ma prontamente Ron la trattenne per i polsi.

- Non dormivi da tre giorni, Hermione. Ne avevi bisogno più di tutti gli altri - disse guardandola negli occhi.

Si fissarono un momento, senza parlare.

Hermione notò i segni scuri sotto gli occhi di Ron, il pallore del suo viso, i capelli arruffati.

- E comunque, non ero venuto per svegliarti - le disse, lasciando la presa intorno ai suoi polsi - Volevo solo che mangiassi qualcosa - si sporse all’indietro, recuperando un piatto posato sulla cassapanca ai piedi del letto. Era un sandwich ripieno di qualcosa.

Quando lo vide, sentì la fame bruciarle in gola, ma al tempo stesso, il suo stomaco si restrinse in un nodo.

- Non… non ne ho voglia - disse Hermione, scuotendo la testa. Si affacciò oltre la sponda del letto, alla ricerca delle sue scarpe.

- Lo so - fece Ron, spingendo il piatto verso di lei - Ma lo mangerai lo stesso.

Continuava a tenerlo fisso davanti a lei, insistente.

Hermione sospirò, afferrando il piatto.

- Come mai siamo qui? - chiese Hermione flebilmente, mettendosi seduta meglio a gambe incrociate.

Ron fece schioccare la lingua - Bella domanda.

Hermione sollevò le sopracciglia, dando un minuscolo morso al panino.

- Hai presente stamattina quando sono venuto a recuperarti… in infermeria? - disse, arrossendo.

Anche Hermione sentì le guance bruciarle: ricordava benissimo cosa era accaduto quella mattina*. Abbassò lo sguardo annuendo e continuando a masticare.

- Eh, bè… ecco, quando siamo arrivati qui alla Torre, non sei voluta salire in dormitorio perché dicevi che ti saresti solo riposata un paio d’ore e che poi saresti…

Hermione inghiottì un boccone, quasi strozzandosi.

- Dovevo tornare in infermeria ad aiutare Madama Chips! - fece, dimenandosi sul letto, con il sandwich in mano e la bocca piena, cercando freneticamente le sue scarpe da un lato all’altro - Tutta quella gente ferita… io dovevo andare!

Ma Ron la bloccò per le spalle - Hermione, sta’ buona! Sono arrivate decide di volontari dai villaggi vicini, Madama Chips non è sola, tranquilla.

Questo parve tranquillizzare Hermione che, dopo essere riuscita ad ingoiare tutto il boccone, riprese fiato.

- Va bene - si mise una ciocca di capelli dietro l’orecchio e senza pensarci si guardò nuovamente intorno - Non… non ricordo di essere salita in dormitorio però.

Ron scosse la testa, arrossendo di nuovo - No, infatti. Ti… ti sei addormentata su un divano in Sala Comune. E ti ho portato io qui… - si grattò la testa, senza guardarla - Per problemi tecnici non potevo salire al tuo dormitorio… - disse, facendole un mezzo sorriso - E quindi ti sei dovuta accontentare del mio letto.

- Oh!

Lui abbassò lo sguardo, fissandosi il piede che con un movimento meccanico scivolava su e giù sul pavimento, seguendo una venatura del legno.

Hermione sospirò, sentendosi nuovamente abbattere da un’ondata di stanchezza e infelicità.

Si sentiva una sciocca, lì seduta su quel letto, con quel sandwich in mano che perdeva i pezzi, mentre fuori da quella stanza c’era gente che soffriva.

Fuori da quella stanza c’era un mondo distrutto.

Guardò Ron e le si strinse il cuore.

I suoi occhi celavano una tristezza incolmabile, la sua espressione era una maschera di malinconia.

Si morse le labbra, depositando quel mezzo panino sul piatto e, senza pensarci, allungò una mano verso il viso di lui.

Ron sussultò quando si sentì accarezzare, e alzò lo sguardo verso di lei.

Nel momento in cui i loro occhi si incontrarono, Hermione comprese che non aveva scampo: dovevano affrontare quel dolore, non potevano continuare a nascondersi dietro futili chiacchiere come avevano fatto fino a quel momento.

Il panino, le scale, i dormitori, l’infermeria…

Tutte scuse.

Tutte scuse per evitare di affrontare la verità.

Tutte scuse per non dover accettare lo straziante dolore che gli occhi di Ron le comunicavano in quel momento.

Gli accarezzò il viso, sfiorandogli la guancia ispida, senza riuscire a pronunciare una sola parola.

Non riusciva a dire una sola schifosa parola.

Al suo tocco, gli occhi di Ron si inumidirono; li strinse forte, stringendo le labbra e si avvicinò alla mano di lei, stringendola tra spalla e guancia.

Quell’immagine le provocò un dolore tale da stordirla. Si mise in ginocchio sul letto e si avvicinò a lui, stringendogli la testa con il braccio libero, mentre fiumi di lacrime silenziose le scivolavano irrispettose sulle guance pallide.

Sentì Ron  singhiozzare sul suo petto e l’unica cosa che poté fare era stringerlo ancora più forte.

Avrebbe voluto consolarlo, avrebbe voluto dirgli che sarebbe andato tutto bene, avrebbe voluto pronunciare parole che lo avrebbero fatto sentire meglio.

Ma che peso potevano avere le parole di fronte a quella sofferenza?

Nessuna parola avrebbe scacciato il dolore.

Nessuna parola avrebbe riportato indietro Fred e gli altri.

Nessuna parola.

E quindi lo strinse forte, silenziosamente, teneramente.

Lo strinse finché non lo sentì a mano a mano, calmarsi…

Quando Hermione si accorse che Ron aveva afferrato la mano che lei teneva ancora sul suo collo per baciarle il dorso, si decise ad allentare la presa, scostandosi per guardarlo.

Aveva i capelli ancora più arruffati di prima, ma lo sguardo meno perso.

Hermione tirò su con il naso, tentando di sorridergli, senza dire nulla.

- La… - Ron tossicchiò, schiarendosi la voce - La McGrannit ha detto che domani ci sarà una piccola funzione per… - esitò - …i caduti. I mie hanno deciso di partecipare… - fece un lungo respiro, mentre Hermione annuiva, mordendosi le labbra - E anche la signora Tonks ha deciso che… insomma… Lupin e Dora avrebbero… voluto.

Hermione continuò ad annuire, paralizzata dall’impotenza.

Non c’era risposta a certe parole.

Non c’era reazione possibile, non c’era protesta, non c’era nulla.

In alcuni casi si ha solo la possibilità di lasciarsi colpire e sconfiggere.

- Va bene, certo… va bene - fece Hermione, confusamente, scendendo dal letto.

- Dopo potremo tornare a casa.

Hermione strinse forte gli occhi, nel sentir pronunciare quelle parole. Sollevata del fatto che Ron non potesse vederla, fece un sospiro tremolante, lottando contro le lacrime che nuovamente minacciavano di esplodere.

Nessuno l’aveva preparata a ciò.

Nessun libro, nessuna persona, nessuno.

Come si affronta tutto questo? Da dove si comincia?

Sentì il respiro bloccarsi nei suoi polmoni mentre indossava la felpa posata ai piedi del letto.

Casa.

Lei non aveva alcuna casa.

Lei non aveva nessuno.

“Egoista“.

Quella parola le risuonò nella testa come una campana stonata.

“Sei un’egoista a pensare questo, in un momento del genere”.

- Va bene - disse di nuovo, accondiscendente, senza sapere davvero a cosa fosse riferito quel “va bene”.

Niente andava bene.

Ron annuì, alzandosi - Allora io… scendo.

- Arrivo subito… il tempo di… - indicò il bagno, scansandosi i capelli dal viso - …darmi una rinfrescata.

- Certo - disse Ron, facendo qualche passo - Credo di andare in… Sala Grande a vedere come… - gli mancarono le parole - Insomma, in Sala Grande. Quindi se non mi trovi… - continuò, gesticolando con le mani - Ma ci dovrebbe essere Harry sotto.

Hermione trasalì, sentendosi in colpa per non aver ancora chiesto notizie sul suo migliore amico - Harry è giù? In Sala Comune?

- Sì. Gironzolare per il Castello, tra giornalisti e Ministri che vogliono congratularsi non è la cosa migliore in questo momento - disse.

- Sta…? - ma le parole le morirono in gola. Stava per dire “sta bene?”, ma conosceva Harry da abbastanza tempo da poter già conoscere la risposta.

- Sta. - disse Ron, scuotendo le spalle - Prima è venuto a portarti qualcosa da mangiare… ma stavi dormendo - fece, indicandole con lo sguardo il comodino, sul quale era appoggiato un piatto con delle uova strapazzate e del bacon ormai rinsecchito.

- Oh… forse l’ho… sentito vagamente.

Ron annuì, e si diresse verso l’uscita.

- Ron! - lo richiamò lei.

Lui si voltò, in attesa che lei parlasse.

Ma Hermione non aveva nulla da dire. Era là, ferma al centro della stanza, senza sapere neanche perché lo avesse richiamato: semplicemente, le era venuto spontaneo, era stato istintivo.

Tuttavia, parve che a Ron quel richiamo fu più esplicito di qualunque altra richiesta: in pochi passi tornò indietro e la strinse forte, lasciando che le mani di lei si stringessero spasmodicamente alla sua maglietta.

- Andrà tutto bene - le bisbigliò, con una convinzione che, francamente, Hermione non si sarebbe aspettata da Ron in un momento del genere.

Lei annuì ad occhi chiusi, sospirando.

Lo guardò dirigersi di nuovo verso le scale, e scomparire.

Mantenne lo sguardo fisso verso quella porta.

Fece un altro lungo respiro, pensando che una volta oltrepassato quel portone, avrebbe dovuto affrontare il mondo.

Sarebbe dovuta essere forte per tutte quelle persone che per lei, negli ultimi anni, erano state una famiglia.

Sarebbe dovuta essere forte per tutta la gente che aveva subito delle perdite.

Sarebbe dovuto essere forte in rispetto di tutti coloro che, in nome di quella Guerra, avevano perso la vita.

Sì, una volta superata quella porta, sarebbe stata forte.

Ma adesso, aveva solo voglia di piangere.

 

 

 

 

Penso siano necessarie alcune delucidazioni.

 

Numero uno: come ho già anticipato, questa raccolta racconterà i dieci giorni successivi alla fine della Guerra. Sappiamo che lo scontro finale tra Voldemort ed Harry si ha intorno all’alba; io ho iniziato a contare i giorni a partire dall’alba del giorno successivo. Il primo giorno quindi non è quello che si apre con lo scontro finale… nella mia mente questo è il giorno finale della Guerra (insomma, non me ne frega niente che la Guerra sia finita all’alba, comunque il giorno è perso! ;p) Non credo si sia capito cosa voglio dire, quindi se vi ho confuso ancora di più tenterò di rispiegarvelo diversamente.

 

Numero due: dunque, questo mio primo giorno non è altro che il seguito di That’s All. Chi ha seguito le mie storie precedenti sa che questo missing moment è proprio ambientato all’”alba del giorno dopo”. il primo capitolo di Ten Days non è altro che il proseguimento della giornata (giornata che praticamente Hermione trascorre dormendo si. Anche in questo caso, chi ha letto That’s All, saprà perché Hermione dorme tutto  questo tempo!)

 

Numero 3: il capitolo in questione è scritto dal POV di Hermione. Non saranno tutti dal suo punto di vista ovviamente. Questa raccolta nasce con l’intenzione di osservare le reazioni di tutti i personaggi coinvolti, dunque sarànno protagonisti anche la famiglia Weasley e altri. Naturalmente, da brava Drunk mi soffermerò in particolar modo su due personaggi in particolare, su questo potete stare tranquilli (o preoccupati, dipende da come la prendete!)

 

Numero 4: questo capitolo è particolarmente introspettivo- malinconico. Trattandosi del primo giorno dopo la Guerra, ho voluto soffermarmi di più sulla sensazione di spaesamento e dolore che provoca un evento del genere. L’ho dedicato ad Hermione e ai suoi pensieri, per proseguire sulla scia di That’all e mostrare il lato debole di una ragazza che, pur essendo intelligente, forte e coraggiosa, è pur sempre una giovane donna con le sue paure e le sue debolezze.

 

Mi auguro che questo capitolo vi sia piaciuto quel tanto che basta ad indurvi a leggere anche il secondo!

Grazie e a prestissimo!

Un abbraccio

Titti

 

 

* Anche in questo caso, c’è un chiaro riferimento a That’s all.

 

   
 
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