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Autore: SeleneLightwood    02/05/2012    13 recensioni
Kurt e Blaine non si sono mai incontrati, nonostante Westerville e Lima non siano poi così lontane. Non si sono mai scorti tra la folla, nemmeno quando hanno partecipato alle Regionali con due Glee Club rivali. Nemmeno al Lima Bean, quando andavano a prendere il caffè ognuno con i rispettivi amici.
Kurt e Blaine non si sono mai visti. Almeno fino a quando, sullo stesso treno diretto a New York, Blaine non si siede proprio di fronte a Kurt.
Ci credete, voi, nel destino?
*
Si dice che il destino si mostri solo a chi sa riconoscerlo davvero.
Vivi la tua vita distrattamente, piena o vuota che sia, aspettando il momento in cui una qualsiasi entità superiore ti metta di fronte qualcosa, o qualcuno, con tanta prepotente ovvietà da poter dire solo: ah, eccoti qui! Ti cercavo da una vita.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: Lemon, Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo sei

 

The phone rings in the middle of the night,

my mother says when you’re gonna leave  your life right?

 

 

Kurt appoggiò la guancia al finestrino per guardare fuori con crescente perplessità proprio mentre Blaine si rimetteva seduto al suo fianco, ancora incredulo.

“E’ una mia impressione o il treno si è fermato nel bel mezzo del nulla?” domandò aggrottando le sopracciglia. Kurt si voltò verso di lui e alzò le spalle.

“Non siamo in stazione” constatò. “Siamo ancora in aperta campagna”

“Ci sarà stato un guasto” disse Blaine sporgendosi verso di lui per sbirciare il paesaggio.

Il sole era tramontato da poco e stava lentamente scendendo la sera sul paesaggio spoglio. Ora che il treno era fermo si potevano sentire le cicale frinire sul prato lì di fianco. Erano davvero finiti nel bel mezzo del nulla; c’erano solo prati, qualche albero sparso qua e là e nessuna abitazione in vista.

Si scambiarono un’occhiata perplessa, poi Kurt si alzò in piedi per affacciarsi in corridoio dalla porta del loro scompartimento. Proprio mentre anche la testa di Blaine spuntava da sopra la sua spalla passò lì davanti, con una certa fretta, una delle hostess del treno.

“Mi scusi” la chiamò Blaine. Kurt notò che la ragazza lì squadrò da capo a piedi, prima di rivolgere loro la sua completa attenzione. Non poteva biasimarla. Blaine attirava l’attenzione delle ragazze molto spesso. “Che sta succedendo?”

La hostess tentò un sorriso rassicurante, ma era visibilmente agitata. Non dovevano essere i primi ad aver posto quella domanda.

“E’ solo un guasto momentaneo che risolveremo al più presto. Nel frattempo vi prego di rimanere nel vostro scompartimento. Vi saranno date ulteriori notizie non appena avremo risolto la situazione, ma è questione di una decina di minuti” disse facendo loro cenno di tornarsene seduti.

“Grazie”

Blaine sospirò e ricacciò dentro la testa, sfiorando la spalla di Kurt con il mento.

Kurt represse un brivido e si voltò verso di lui, osservandolo silenziosamente mentre si ributtava sul suo sedile e si stiracchiava.

“Ci mancava solo questa” commentò Kurt sedendosi al suo posto con un lungo sospiro.

Blaine strinse le labbra per fargli capire che era d’accordo e buttò un’altra occhiata fuori dal finestrino.

 “Speriamo che riparta presto” disse, inclinando la testa all’indietro sul sedile e socchiudendo gli occhi quando la luce artificiale del treno gli illuminò il viso.

Kurt si perse un secondo ad osservarlo di sottecchi.

“Sì” disse infine. “Sarebbe un problema se dovessero metterci più di mezz’ora. Rischiamo di perdere la coincidenza per New York”

Nonostante la preoccupazione Kurt non riusciva davvero a dispiacersi di quell’eventualità, visto che significava più tempo con Blaine.

“E’ solo un piccolo guasto” mormorò Blaine, sfoderando un po’ di ottimismo. “Non ci vorrà molto.”

 

 

Un’ora e molte patatine più tardi il treno era ancora fermo nello stesso punto, nessuno era venuto a dar loro notizie e Kurt e Blaine si erano arresi all’eventualità di passare parecchio tempo bloccati lì quando Blaine aveva avuto un’altra delle sue geniali trovate. Kurt si stupì di come quel ragazzo fosse pieno di risorse. Se non ci fosse stato Blaine a distrarlo – e ad attirare su di sé tutta la sua attenzione – probabilmente Kurt sarebbe stato arrestato per l’assassinio dei responsabili del guasto. Peggio: l’avrebbero rinchiuso in un manicomio criminale per aver spellato vivi i sopraccitati responsabili e aver poi prodotto con la loro pelle dei borselli in stile Luis Vuitton.

Invece Blaine aveva sbattuto le ciglia un paio di volte, aveva dischiuso appena le labbra, aveva fatto leva sulla sua competitività e puff!, Kurt si era trovato coinvolto nel gioco più ridicolo del mondo. Un gioco, roba da non crederci. Si erano spalmati sui sedili, avevano preso l’ipod di Blaine e avevano fatto partire la riproduzione casuale.

E mentre la playlist di Blaine vantava tremilaquattrocentoventidue canzoni, trentasette video musicali e centoventidue album, il loro obiettivo era indovinare il titolo del brano non appena la musica partiva. Certo Kurt aveva preso in seria considerazione l’idea di convincere Blaine a trasformare quel gioco in una sorta di Strip Musicale – chi sbagliava toglieva un pezzo – ma quando si era reso conto di cosa aveva pensato aveva avuto l’improvviso impulso di prendersi a padellate in testa per la vergogna. Cosa accidenti gli stava prendendo? Per di più, a quel pensiero, la spaventosa Sue Sylvester che aveva istaurato una dittatura militare tra i suoi neuroni aveva iniziato a prenderlo in giro, e la cosa era degenerata in fretta. Ora, appurato che nel suo cervello succedevano cose strane, doveva tornare a concentrarsi sul gioco.

 

I have nothing!” esclamò Kurt non appena le prime note gli giunsero all’orecchio, prima che Blaine potesse aprire la bocca. Il ragazzo si lasciò andare ad una sonora protesta.

“Non è giusto!” esclamò dandogli una soffice spallata amichevole. Oh, Kurt adorava vincere, se poi ogni volta Blaine invadeva il suo spazio vitale. L’altro ragazzo continuò a lamentarsi, apparentemente ignaro dell’effetto che avevano su Kurt le sue ‘casuali spallate’.

“Perché partono solo canzoni che non so? Che diavolo avevo in testa quando ho sincronizzato l’ipod?”

Kurt gli lanciò un’occhiata di superiorità. “Sono nettamente più bravo, ammettilo”, commentò.

“Col cavolo” rispose Blaine facendogli la linguaccia. Lo stomaco di Kurt si strinse dolorosamente a quel gesto. Aveva iniziato a riconoscere quella sensazione fastidiosa alla bocca dello stomaco, e non portava mai a niente di buono.  “Il punteggio è comunque trentatre a trentaquattro”.

Blaine estrasse una patatina dal sacchetto e la aggiunse al mucchietto di Kurt, sul sedile di fronte al suo. Ance il modo di tenere il punteggio di Blaine era stata una trovata geniale. Folle, sì, ma geniale.

Certo, continuava a voler mangiare tutti i punti di Kurt – erano fatti di patatine e quel ragazzo era un pozzo senza fondo – ma poi Kurt era costretto a fermarlo, e questo implicava il toccarsi, e chi era lui per lamentarsene?

 

Kurt fece schioccare la lingua con disapprovazione.
“Il punteggio è trentatré a trentaquattro perché non hai fatto valere le canzoni delle competizioni dei Glee Club, Blaine”

“Beh, potevi opporti quando ho fissato le regole, no? Ora premi play, se no a cinquanta non ci arriviamo mai”

“Tanto ti batto”

“Ah sì? Fatti sotto!”

Kurt si allungò verso l’ipod di Blaine e lanciò al ragazzo uno sguardo di sfida, che venne prontamente restituito. Prese un respiro profondo e si preparò alla battaglia. Molto, molto lentamente, premette play.

 

Ohmiodioomiodioteenagedream!” gridò Blaine tutto d’un fiato, battendogli una mano sulla coscia.

“Non vale, mi hai distratto!” gemette Kurt accasciandosi sul sedile. Quando si rese conto di ciò che aveva appena detto si irrigidì, ma Blaine era troppo occupato a festeggiare la sua momentanea vittoria per notarlo.

 “Ah!” esclamò sorridendo sornione. “Ho recuperato, visto? Questa è la mia atroce vendetta”

Kurt alzò gli occhi al cielo con esasperazione, ma il sorriso che cercava invano di nascondere tradiva il suo reale stato d’animo.

“Ho solo indovinato Edge of Glory prima di te!” esclamò divertito. A Blaine quello smacco atroce proprio non era andato giù.

“Non ricordarmelo” gemette infatti il ragazzo. “Quel momento passerà alla storia. E poi io ho indovinato Rose’s turn prima di te, quindi in un certo senso siamo pari”

Mentre bisticciavano amichevolmente in quel modo – che il realtà a Kurt sembrò molto più flirtare, ma probabilmente era solo la sua testa che si immaginava le cose – la porta dello scompartimento si aprì e la stessa hostess di prima si affacciò dentro con un’aria terribilmente mortificata.

“Mi dispiace tantissimo, ma dovete prendere i vostri bagagli e scendere per motivi di sicurezza, per favore”

Kurt e Blaine la fissarono allibiti, ancora nel bel mezzo della loro battaglia per la supremazia musicale.

“Oh” disse Blaine. “Sì, subito”

Prese le sue cose e lanciò un’occhiata a Kurt, come ad esortarlo a muoversi. Kurt si riscosse e lo imitò, guardando con crescente preoccupazione la hostess.

“E’ successo qualcosa? C’è un allarme bomba? Ci sono di terroristi a bordo?”

La hostess scosse la testa e si affrettò a spiegare quel poco che sapeva.

“No, non si deve preoccupare, è solo un guasto al generatore. C’è quello di emergenza, ma ci vorranno altre due, al massimo tre ore perché i tecnici riescano a portare il treno fino a Harrisburgh, purtroppo.”

La ragazza captò lo sguardo sconvolto di Kurt. Tre ore? E come ci arriva a New York, se ormai aveva perso la coincidenza? Quanto avrebbe dovuto aspettare?

“Ovviamente la compagnia rimborserà i vostri biglietti” si affrettò a spiegare. “Vi saranno date istruzioni in merito una volta arrivati in stazione” disse tutto d’un fiato. “Stiamo facendo scendere tutti i passeggeri per motivi di prassi e sicurezza, mentre i tecnici sistemano il danno e sostituiscono il generatore. Potete sistemarvi nel prato. So che non è molto, ma passerà la cameriera a distribuire bevande, e non dovrete pagarle ovviamente, e…”

Blaine sorrise dolcemente mentre le passava vicino e la fermò con un cenno della mano.
“Non si preoccupi, ha fatto un ottimo lavoro”

Kurt lo guardò con ammirazione, nemmeno tanto stupido dalla sua gentilezza, mentre la hostess gli rivolgeva un sorriso grato. Non era la prima volta che Blaine si dimostrava attento e gentile. Anche con Mary Jane in stazione era stato assolutamente adorabile.

“Kurt?” lo chiamò dalla porta dello scompartimento, quasi con esitazione. Magari pensava che avrebbe dato di matto da un momento all’altro. Ma Kurt gli sorrise dolcemente e lo raggiunse, lanciando un sorriso anche in direzione della hostess.

“Che ne diresti di una cioccolata calda?” propose Blaine con tranquillità quando lo vide al suo fianco.

Kurt prese un respiro profondo mentre la hostess fingeva di non stare ascoltando la loro conversazione.

“Sto per farti una domanda che cambierà il nostro rapporto per sempre” disse con serietà. Ignorò il sorrisetto della hostess, ma si accorse comunque del possibile multiplo significato della sua frase. Blaine alzò un sopracciglio. Chissà, forse l’aveva notato anche lui.

“Spara”

Kurt trattenne il fiato per un secondo, poi disse, molto lentamente: “Bianca, fondente o al latte?”

Blaine spalancò gli occhi, ma stranamente non scoppiò a ridere.

“La cioccolata è una cosa seria” commentò scuotendo impercettibilmente la testa.

“Rispondi e basta”
Ci fu un momento di pausa, in cui Blaine lo guardava, la hostess fingeva di non tenerli d’occhio con aria intenerita e Kurt aspettava. La tensione poteva tagliarsi con un coltello.

Poi Blaine rispose tutto d’un fiato.

“Fondente”
Kurt lasciò andare l’aria che aveva trattenuto e rise di gusto.

“Ti sei salvato per un pelo, se avessi detto bianca non ti avrei più rivolto la parola!”

Blaine lo guardò con aria vagamente sconvolta sorpassarlo e uscire in corridoio, ma si affrettò a seguirlo.

“Posso chiederti perché fondente?” gli domandò quando riuscì ad affiancarlo. Kurt gli sorrise maliziosamente.

“La cioccolata fondente ha meno grassi, Blaine”

La risata cristallina che gli risuonò nelle orecchie gli alleggerì il cuore.

 

*

 

 

“Lo è la strega” disse pigramente Blaine grattandosi il mento e guardando Kurt con aria speranzosa.

“…verde?” disse Kurt alzando un sopracciglio.

Blaine sbuffò e scosse la testa.

“Le citazioni di Wicked non sono d’aiuto, per quanto io adori quel musical” commentò sistemandosi meglio contro il tronco dell’albero. Il movimento lo fece scivolare più vicino a Kurt, che andò completamente a fuoco all’ulteriore contatto del fianco di Blaine contro il suo.

Erano scesi dal treno insieme agli altri passeggeri quando la sera era già scesa sulla campagna americana e avevano individuato un albero contro il quale appoggiarsi, abbastanza vicino al treno ma in un punto poco affollato. La gente aveva preferito accalcarsi intorno alle hostess, ma loro si erano scambiati un sorriso complice.

Blaine aveva chiesto alla prima cameriera che aveva avvistato due cioccolate calde – ovviamente fondenti – e poi si erano seduti con le schiene contro il tronco dell’albero, in mezzo all’erba. Kurt non aveva nemmeno protestato – sedersi a terra, sull’erba, con i vestiti che indossava? Non era assolutamente da lui – perché Blaine aveva aperto la zip del borsone e aveva tirato fuori una coperta non tanto grande, ma abbastanza per entrambi, e l’aveva stesa ai piedi dell’albero.

Quando si erano seduti era venuto naturale ad entrambi stringersi l’un l’altro per stare più comodi. Kurt non era nemmeno arrossito. Stare vicino a Blaine lo faceva stare bene, lo faceva sentire tranquillo.

“Comunque è magica” disse Blaine, dandogli un piccolo colpetto con il ginocchio.

“Non ti sembra che queste parole crociate siano un po’ banali?” domandò Kurt mentre scrutava la folla di persone. Della loro cioccolata non c’era ancora l’ombra, ma fare l’enigmistica insieme si stava rivelando un passatempo normale e divertente. Come se si conoscessero da una vita e passassero i pomeriggi a fare parole crociate da quando avevano cinque anni.

 

“Ok, una più difficile” disse allora Blaine. Si passò la lingua sulle labbra e Kurt rimase ipnotizzato a fissargli la bocca fino a che Blaine non esclamò: “Ecco, questa qui! Il primo assassino”

Kurt si morse un labbro, vagamente a disagio. Era certo che si trattasse di qualcosa di religioso, ma non aveva idea di cosa. Lui non credeva in Dio, come poteva sapere questo genere di cose? Non aveva mica letto la Bibbia tanto per fare. Da piccolo era andato alla scuola domenicale pochissime volte. Non appena aveva realizzato – a soli sette anni – di non essere d’accordo con un buon ottanta percento delle cose che dicevano, aveva supplicato sua madre di non portarcelo più. Poi lei era morta, e lui e Burt non avevano più messo piede in una chiesa.

Gli bastava suo padre, in cui avere fede.

“Sono sicuro che si tratti di qualcosa di religioso” disse allora a Blaine, pensieroso. “Ma non sono un esperto in materia, purtroppo”

Blaine sorrise. “Dovrebbe essere Caino” disse. Contò le caselle con il retro della penna, coperto dal tappo, ed esultò lievemente. “Sì, ci ho preso”.

Kurt gli lanciò uno sguardo stupido, che a Blaine non sfuggì, perché alzò le spalle e disse con naturalezza: “Sono Cristiano. Cattolico, per la precisione”

Imbarazzato, Kurt commentò con un “Ah”.

Non andava molto d’accordo con le persone estremamente religiose, di solito. Gli unici Cristiani con cui aveva avuto a che fare erano i ragazzi del Glee Club come Mercedes o Quinn, e non sempre era stato un confronto ad armi pari. Specialmente con l’ultima, che sembrava essersi convinta che una preghiera risolvesse ogni cosa.

Poi si ricordò che Blaine giocava nella sua stessa squadra e, insieme ad un rinnovato moto di entusiasmo, ne arrivò uno di confusione.

“Ma sei gay” si lasciò sfuggire prima che potesse tapparsi la bocca.

Blaine colse la sua occhiata confusa e sorrise delicatamente, appoggiando l’enigmistica sull’erba e guardandosi le mani.

“Già. E’ complicato” disse. Alzò appena lo sguardo su Kurt, e quando vide che sembrava volere delle spiegazioni, ma probabilmente era restio a domandare qualcosa di così tanto personale come la fede, continuò.

“Mia madre è di origini italiane ed è stata cresciuta con la religione cattolica. Io anche. Quando ho capito di essere gay…” fece una pausa, come a raccogliere i pensieri. “Non è stato un bel momento, specialmente per la questione religiosa. Però poi ho trovato la strada da seguire, diciamo. Nessuno mi vieta di essere gay e cattolico, ed è quello che sono.

Era un concetto molto riassuntivo, Kurt l’aveva intuito.

 

Chissà che inferno ha passato…

 

Lo scrutò con una buona dose di ammirazione. Blaine era una persona ferma nelle proprie convinzioni, proprio come aveva pensato. Se il suo essere cristiano avrebbe potuto in qualche modo infastidirlo, si rivelò tutt’altro. Quel ragazzo era un intero universo da scoprire e più scavava nella sua personalità, più l’egoistico desiderio di sapere di più si faceva strada il lui. Alla fine decise di porre una domanda che gli premeva fin dall’inizio di quella strana conversazione sulla religione.

 “Ma la Bibbia non dice che essere gay è un abominio?”

 

Non voleva essere invadente, ma Blaine sembrava contento di parlarne, visto che gli aveva rivelato con tranquillità di essere cattolico, e quella era una questione che si era posto spesso.

Così come quella sul paradiso, che – secondo la religione – gli era precluso.

Blaine si strinse nelle spalle con nonchalance, ma Kurt immaginava che ci fossero molta determinazione e molta sofferenza dietro alle sue parole tranquille. Forse anche una buona dose di autoconvincimento.

La Bibbia dice anche che coltivare due piante diverse nello stesso orto è un abominio” spiegò. “E poi c’è il fatto che è stata scritta troppo tempo fa, tradotta in maniera a volte errata, e la gente tende ad interpretarla come vuole”

Kurt annuì e Blaine gli sorrise. “Non ho la risposta, ad essere sincero. Non ho semplicemente smesso di credere in Dio quando molti l’avrebbero fatto perché era quello che sentivo. Poi si vedrà”

Kurt non poté fare a meno di guardarlo con dolcezza.

“Io non credo in Dio” disse allora. Il suo non era un tono d’accusa, anzi. Voleva condividere quella cosa con qualcuno che capisse.

Dave non c’era mai stato, per quello. A dire la verità, Dave non c’era stato per niente.

“Non riesco davvero a capirne l’utilità. Però è bello sentire l’opinione di qualcuno…qualcuno come te, ecco”

Blaine sorrise, e stava per rispondere qualcosa quando una delle cameriere si avvicinò a loro con due tazze fumanti in mano.

“Avevate ordinato della cioccolata calda?”

Kurt e Blaine si scambiarono un sorriso prima di ricadere sul tronco dell’albero. Quell’attesa non era poi così male, in fondo. Anzi, Kurt stava davvero iniziando a ringraziare il karma.

 

Si dice che la cioccolata avvicini le persone. Così, non si sa come, Kurt e Blaine si trovarono stesi sulla coperta a pancia all’insù, con la cioccolata appoggiata lì di fianco e gli occhi rivolti alle prime stelle che iniziavano a spuntare in cielo mentre la notte scendeva lentamente sui passeggeri del treno. Erano state portate nuove notizie dalla hostess che li aveva presi in simpatia: entro un’ora sarebbero ripartiti, e in mezz’ora finalmente sarebbero arrivati ad Harrisburgh. Cosa li attendesse lì, però, era ancora un mistero. Non aveva idea di quando ci sarebbe stato un altro treno per New York, ma non era preoccupato. Non quando era steso su un prato, circondato dal frinire delle cicale, ad osservare le stesse con un meraviglioso ragazzo al suo fianco.

Erano stati in silenzio per un po’ di tempo mentre sorseggiavano con calma la cioccolata fumante, poi si erano stesi e avevano preso a guardare in su, oltre i rami dell’albero, voltandosi di tanto in tanto per sorridersi e arrossire.

Quel silenzio aveva fatto sentire Kurt a disagio sì e no per i primi cinque secondi. Poi la strana sensazione era scomparsa, sostituita da un’onda di tranquillità che lo aveva cullato – fino a che Blaine non aveva iniziato a canticchiare a bocca chiusa.

Ormai era arrivato alla seconda canzone mormorata tra i sorrisi e le occhiate e Kurt era di nuovo sul punto di perdere il controllo. I suoi già strettissimi pantaloni erano arrivati al punto di non ritorno e accidenti, non era possibile che Blaine fosse così attraente. Non era semplicemente possibile.

Eppure ad ogni fugace occhiata Kurt si soffermava sulla sua bocca, sugli occhi semichiusi, sul petto che si alzava e abbassava al ritmo del suo respiro…

Stava andando di nuovo fuori di testa, maledizione. Doveva darsi una calmata. Così, per distrarsi, decise di interrompere quel silenzio.

“Hai sempre vissuto a Westerville?”

La sua voce intimidita fece voltare Blaine verso di lui. Il ragazzo gli regalò un sorriso e le preoccupazioni di Kurt sulla sua presunta invadenza e faccia tosta si dissiparono all’istante.

“Sì, praticamente sì. Gli ultimi tre anni di scuola li ho passati alla Dalton, avevo una stanza nel loro campus, ma i miei abitano ancora lì” Blaine fece una pausa, pensieroso, poi chiese: “E tu? Hai sempre vissuto a Lima?”

Kurt fece un sospiro esasperato. “Sono-fuori-dal-mondo-Lima, intendi? Purtroppo sì. Non posso credere di aver vissuto in Ohio per diciotto anni. A pensarci mi vengono i brividi. Non è un posto accogliente, per i giovani gay, no?”

Blaine ridacchiò piano, ma lo sguardo che gli rivolse fece capire a Kurt che Blaine capiva. Capiva ciò che aveva passato e lo condivideva e non era come Dave. Con Blaine poteva parlarne senza che lui scappasse via a gambe levate.

“Decisamente ultimo nella scala dell’accoglienza, sì” commentò Blaine stringendosi nelle spalle.

Kurt scosse la testa.

“Per fortuna mi trasferisco a New York”

La frase gli era uscita senza che ci pensasse veramente, segno di quanto si trovasse a suo agio con Blaine, ma il ragazzo al suo fianco si era irrigidito leggermente, colto di sorpresa. Kurt si alzò appena facendo leva sui gomiti e gli lanciò un’occhiata perplessa.

“Tutto ok?” domandò prima di riuscire a fermarsi.

Ho detto qualcosa di sbagliato…?

 

Blaine lo tranquillizzò con un sorriso un istante dopo, ma Kurt ancora non riusciva a capire. Dopo un paio di secondi, Blaine rise e scosse la testa, dicendo: “Tutto ok. Ero solo sorpreso dall’ennesima coincidenza”

A Kurt bastò un istante per capire al volo cosa intendesse, e il suo cervello esultò di gioia.

“Vai a vivere a New York anche tu?” domandò. Dalla sua voce traspariva speranza, ma non se ne curò.

“Già” disse Blaine, voltandosi verso di lui e stendendosi di lato per guardarlo meglio negli occhi. Kurt avrebbe voluto saltellare di felicità. “Chi lo sopportava più, l’Ohio?”

“Ma è fantastico!” esclamò entusiasta Kurt, ricadendo indietro sulla coperta. Non riusciva davvero a stare fermo. “Io sto andando alla NYADA, e davvero non vedevo l’ora di venire via da quel posto, anche se la mia migliore amica è rimasta a Lima, ed abbandonare la famiglia è sempre difficile, ma…”

Il fiume di parole che stava vomitando addosso ad un Blaine entusiasta quanto lui venne interrotto dal suo telefono che squillava insistentemente nella sua tasca.

Blaine sbuffò divertito quando sentì la sua suoneria, e Kurt gli lanciò un’occhiata a metà tra il rimprovero e le scuse. Cos’ha contro Barbra Streisand, questo ragazzo?
“Scusa, è Carole – cioè, la moglie di mio padre. Devo rispondere” Di nuovo, riusciva a parlare talmente bene con Blaine che si lasciava sfuggire cose che il ragazzo non poteva sapere.

“Tranquillo”

Kurt si alzò in piedi, si spolverò le ginocchia e fece un paio di passi prima portare il telefono all’orecchio e dire: “Pronto, Carole?”

 

Il caos esplose dall’altra parte della cornetta e si dilagò attraverso il suo timpano sinistro, probabilmente perforandolo. C’erano almeno quattro persone che urlavano tutte insieme, una sopra all’altra.

“Chiedigli se è vivo!” Ecco, questa era Rachel, il suo tono era inconfondibile.

“Se non mi spedisce un modellino del taxi di New York lo uccido con le mie mani!”. E questo era Finn. Come aveva fatto a vivere per due anni insieme a lui, esattamente?
“Carole, per l’amor del cielo, passami mio figlio!”. Suo padre e la sua solita iperprotettività.

“Kurt, tesoro, mi senti? Kurt? Zitti, voi, o non farò più dei Muffin per il resto della mia vita!”

Quando il silenzio calò di botto Kurt riuscì a riavvicinare il telefono all’orecchio – che ormai praticamente sanguinava – e a rispondere con un flebile “Pronto?”

“Oh, Kurt, ciao! Come sta andando il viaggio?”

Kurt si grattò la nuca e lanciò prima un’occhiata al treno fermo, poi a Blaine, steso sulla coperta e di nuovo a pancia all’insù.

“Strano”

Dall’altra parte del telefono suo padre domandò: “Cosa dice, Carole?”, e sentì Carole zittirlo.

“Burt, sta lontano dalla pancetta! A cuccia! – Perché strano, caro? Va tutto bene?”

Così con un sospiro Kurt gli raccontò brevemente del guasto al treno e del fatto che ormai aveva perso la coincidenza per New York, e che avrebbe dovuto aspettare il primo treno disponibile per ripartire. Quando finì di raccontare, sentì Carole riportare brevemente ciò che aveva detto alle persone che infestavano casa sua, poi udì Rachel strillare, probabilmente a pochi centimetri dalla cornetta: “Carole, chiedigli del ragazzo carino!”

Di nuovo esplose il caos, ma questa volta Kurt ebbe dei riflessi migliori e fece in tempo ad allontanare il telefono dal suo orecchio prima che il suo timpano ricevesse il colpo di grazia.

“Oh mio dio quale ragazzo carino? Che sta combinando il mio ragazzo?”

“Ragazzo carino? Ma è gay?”
“Oh, santo cielo! Finitela!”

Di nuovo, l’urlo di Carole zittì tutti i presenti. Kurt sentì dei passi frettolosi, poi il suono di una porta che si chiudeva. Un istante dopo la voce di Carole tornò a rimbombare attraverso il telefono.

“Ok, mi sono chiusa in bagno. Raccontami tutto, Kurt”

“Io…”

Kurt esitò per un istante. Aveva un ottimo rapporto con Carole, non era assolutamente quello che lo frenava dal parlarne con lei.

Il problema era, come al solito, Dave.

Aveva raccontato alla sua matrigna qualcosa sul ragazzo, vaghi accenni ai problemi che avevano. In ogni caso, Carole sapeva che erano stati insieme, o che sì erano frequentati. Sapeva anche che non si erano propriamente lasciati, prima che lui partisse per New York. Quando Kurt glie ne aveva parlato, l’aveva definita una ‘pausa di riflessione’. Che poi, si può definire così la pausa da un rapporto praticamente inesistente?

Non era però sicuro di volerle parlare di Blaine, né tantomeno di quello che Blaine gli faceva sentire. Perché ormai non c’erano più dubbi e Kurt aveva anche smesso di sentirsi male al pensiero: aveva trovato Blaine ed era stato amore a prima vista. Da parte sua, ovviamente.

Alla fine si decise a parlare. Magari raccontare la cosa a Carole lo avrebbe aiutato a schiarirsi le idee.

“C’è questo ragazzo davvero molto carino” iniziò quindi, lanciando una fugace occhiata a Blaine per accertarsi che non fosse a portata d’orecchio. Quello sì che sarebbe stato imbarazzante da spiegare. Ma Blaine aveva infilato di nuovo le cuffiette in attesa che finisse di telefonare, così quando incrociò il suo sguardo il ragazzo gli regalò un sorriso tranquillo e inconsapevole.

“Questo l’avevo intuito” gli disse dolcemente Carole, invitandolo a continuare.

Kurt prese un bel respiro. “Beh, è adorabile. E’ dolce, divertente, credo sia un musicista e abbiamo tante cose in comune, è di Westerville, sta andando a vivere a New York… ed è gay”

La risatina dolce di Carole dall’altra parte del telefono lo tranquillizzò un po’.

“Kurt, ma è meraviglioso! E ti sembra interessato? Voglio dire, com’è che dite? – altra risatina – Ah, ci prova?”

“Carole!”

Kurt era sicuro di essere arrossito come un ragazzino di fronte a quella domanda, ma dovette costringersi a pensarci.

“Io…no. Sì. Forse. Oddio, non lo so!”

D’accordo, era confuso. Molto confuso al riguardo, e Blaine con il suo comportamento flirtoso non lo aiutava di certo a pensare con chiarezza.

Carole rise di nuovo. “Beh, ti sorride spesso?” domandò con naturalezza.

“Sì”

‘Sorridere spesso’ è un tantino riduttivo, pensò Kurt. Blaine ha sempre il sorriso.

“E ti fa i complimenti?”, domandò Carole suonando molto professionale. Kurt sperò che non stesse leggendo quelle domande sull’ultimo numero di ELLE alla sezione cose da chiedere al tuo figliastro innamorato. Ripensò a quando Blaine gli aveva indirettamente detto che aveva un bel fisico.

“Sì” mormorò.

“E ti sfiora come se niente fosse? Ti fa gli occhioni dolci?”

Maledizione.

“…Sì”

“Ti ha offerto da bere?”

A Kurt quasi veniva da ridere, ormai.

“Una cioccolata calda conta?” chiese al limite della depressione.

“Più di un alcolico” gli rispose Carole. Nella sua voce poteva già percepire un’enorme sorriso, anche se non poteva vederlo.

“Allora sì”

“Kurt?”

Mhm?” Aveva davvero paura di sentire cosa carole ne pensava, e lui –

“E’ interessato”

Oddio”, gemette passandosi la mano libera sul viso per poi coprirsi la bocca. Per quando cercasse di nasconderlo, stava sorridendo come un idiota. Ma non poteva, dannazione. Non poteva.

“Ehi, va tutto bene, tesoro.” gli disse Carole, intuendo lo sconforto nella sua voce. “E’ una cosa meravigliosa! Di cosa ti preoccupi?”

“Io…ti ricordi che ti avevo detto di non aver proprio…insomma, lasciato Dave?

“Oh”

“Ecco”

Carole fece una pausa e Kurt attese che tirasse fuori una qualsiasi perla di saggezza che lo salvasse da quella situazione, o che almeno lo aiutasse a schiarirsi le idee.

“Kurt, questo ragazzo ti piace?” domandò dopo un po’. Era difficile ammetterlo, ma ormai era chiaro come il sole, quindi che senso aveva mentire a lei e a se stesso?

“Io…Sì. Sì, mi piace”
“E con Dave è come se vi foste lasciati?”

Ecco, erano arrivati al tasto dolente. Kurt prese un bel respiro prima di rispondere.

“E’ quello il problema. Non lo so. Abbiamo passato l’estate a sentirci e continuava a dire che mi considerava il suo ragazzo, ma non voleva nemmeno avvicinarsi per un abbraccio, figuriamoci…per altro.

Oddio, stava davvero per dire bacio? Lui e Dave si erano baciati tre volte. Quattro, se si contava quel primo bacio che gli aveva rubato a forza negli spogliatoi. Con la mente improvvisamente più chiara, Kurt si domandò che diavolo gli fosse passato per la testa, a dare una possibilità ad uno come Dave. “Poi è diventato strano e scostante” continuò a raccontare a Carole. “Ma continuava a dire che andava tutto bene e che era solo confuso. Prima che partissi ha messo mille scuse pur di non vedermi e chiarire la situazione, Carole. Io non so davvero più che pensare. Ovviamente non potevo rimanere a Lima ad aspettare che decidesse cosa fare. Il treno non può mica aspettare me”


Carole prese un bel respiro prima di parlare, e quando rispose la sua voce era dolce e materna, tanto da far venire a Kurt voglia di piangere.

“Andrà tutto bene, Kurt. Io credo che Dave abbia solo aspettato che partissi per New York, consapevole che in questo modo non sarebbe stato costretto ad affrontare la situazione. Quando saresti tornato per Natale probabilmente ti avrebbe evitato di nuovo, e tu avresti lasciato perdere”

“Probabilmente sì” sospirò Kurt. Sapeva che Carole aveva ragione.Era doloroso da pensare e non era giusto, ma sapeva che era così. Dave aveva passato troppo tempo ad evitare un chiarimento o una rottura definitiva solo per paura di affrontarlo, ma era chiaro come il sole che non aveva intenzione di rimanere con lui. Forse non aveva nemmeno mai voluto avvicinarsi davvero.

Faceva male rendersene conto, ma Kurt sentì preso in giro. Aveva buttato l’intera estate dietro a Dave e ai suoi problemi, gli aveva regalato la sua fiducia dopo tutto quello che aveva fatto, ci aveva versato tutte le sue lacrime e gli aveva lasciato il suo primo bacio.

Improvvisamente capì di non essere disposto a perdere nient’altro per lui. Meno che mai Blaine.

“Kurt” lo chiamò Carole dalla cornetta.
“Ci sono” sospirò.

“Se ne avessi avuto la possibilità, avresti lasciato definitivamente Dave prima di partire?”

Lo stomaco gli si strinse in una morsa dolorosa, perché la risposta gli era salita alle labbra senza esitazione e si sentiva terribilmente stupido per non averlo capito prima.

“Sì”

“Questo è importante” gli disse Carole con voce dolce e comprensiva. “Il mio consiglio è di lasciare che le cose vadano per il loro corso. Non devi certo dimenticarti di Dave, e non fare cose che possano non metterti a tuo agio, ma…se questo ragazzo ti piace così tanto dopo nemmeno una giornata dev’esserci un motivo, no? Se sono rose, fioriranno, come si dice di solito”

“E se avesse bisogno di un concime che io non ho?” domandò Kurt con preoccupazione. Gli sembrava impossibile che uno come Blaine potesse interessarsi ad uno come lui, figuriamoci qualcosa di più.

Ma Carole rise con leggerezza.

“Tesoro, sei un ragazzo meraviglioso. Sono sicura che gli piaci. Tu piaci a tutti, in un modo o nell’altro”

Kurt non ne era molto convinto, ma lasciò perdere.

“E poi” aggiunse Carole. “Anche questo ragazzo dev’essere speciale, per averti preso così tanto. Deve avere qualcosa che Dave non ha.”

“Oddio, non hai idea, Carole. Blaine è…è meraviglioso. Non ho mai incontrato nessuno come lui”

La risata cristallina di Carole risuonò attraverso il telefono e gli alleggerì il cuore.

“Blaine, eh? Bel nome”

“Sì” rispose Kurt con un sorriso, riportando lo sguardo sul suo compagno di viaggio. Blaine aveva incrociato le braccia dietro la testa e aveva definitivamente chiuso gli occhi, ma il suo piede sinistro si muoveva a tempo con chissà quale canzone stesse ascoltando all’ipod.

Era stupendo.

“Sì,  è un bel nome”

 

 

 

Kurt tornò da Blaine con il cuore un po’ più leggero, dopo aver salutato Carole e averle assicurato che avrebbe fatto solo ciò che gli diceva il cuore. In quel momento era facile capire, nonostante fosse ancora confuso. C’era la via d’uscita, ed era un’insegna piuttosto luminosa. Gli occhi di Blaine si erano aperti nell’istante in cui Kurt si era disteso di nuovo al suo fianco e il ragazzo riccio era rotolato su un fianco per voltarsi verso di lui e passargli una cuffietta con un sorriso, mentre la musica in sottofondo si confondeva con i grilli che frinivano tra l’erba.

Kurt gli sorrise di rimando e si infilò la cuffietta, ma quando sentì la prima parte della canzone si sciolse del tutto. Adorava quel pezzo.

Blaine colse il suo sguardo compiaciuto, perché disse: “E’ una canzone meravigliosa”

“Assolutamente. Il testo poi è stupendo. L’ascoltavo sempre, al liceo. E’ quel genere di canzone che è triste, sì, ma ti fa venire voglia di andare avanti nonostante tutto”

“E’ stata una delle prime canzoni che ho imparato a fare con la chitarra”

Kurt guardò Blaine con stupore. Era la prima volta che parlava esplicitamente di quello che faceva, e la chitarra appoggiata al tronco dell’albero continuava ad attirare la sua attenzione, ora che Blaine l’aveva nominata.

Voleva saperne di più, ma non voleva chiedere e sembrare troppo invadente. Così fece l’unica cosa che aveva davvero imparato al Glee Club in tutti quegli anni. Cercò di esprimersi attraverso la musica.

“Blaine…?” lo chiamò esitante. Il ragazzo piantò immediatamente gli occhi dorati nei suoi.

Mhm?” chiese. Sembrava tranquillo, così Kurt provò a chidere.

“Ti andrebbe di…tipo…uhm…” Ok, non stava andando molto bene. Doveva essere più diretto e meno timido. Come poteva pensare di piacere a Blaine se si comportava come un cucciolo di pinguino?

Prese un inesistente respiro e riprovò, cercando di tenere la voce ferma e non parlare troppo velocemente.

Tiandrebbedisuonarla?”

Uhm, ok, non aveva funzionato.

Blaine alzò un sopracciglio, ma stava già iniziando a ghignare.

“Scusa” disse. “ma non ho capito una parola”

Prima che il sorriso divertito sul suo volto fosse completo, Kurt si decise a ripetere la domanda più lentamente.

“Ti… ti andrebbe di suonarla?”

Blaine spalancò gli occhi e Kurt si pentì immediatamente di aver chiesto una cosa del genere. Ora Blaine si sarebbe sentito in imbarazzo perché lui aveva chiesto una cosa forse troppo personale, in fondo lo sapevano tutti che con la musica si mettono a nudo tutte le emozioni, e Blaine –

“Io…d-davvero vorresti sentirmi suonare?”

Il tono speranzoso con cui Blaine aveva posto quella domanda gli spezzò il cuore. Era la prima volta che lo vedeva così dubbioso ed era davvero strano.

Dio, certo che sì. Non aspetto altro da tutto il viaggio, praticamente, pensò Kurt. Di nuovo, non era il caso di dire una cosa del genere in maniera così…esplicita.

“Mi piacerebbe moltissimo. Solo se vuoi, ovviamente” si affrettò a precisare, ma Blaine si era già messo seduto e si era girato per prendere la custodia dello strumento.

Kurt si ritrovò ad osservare una semplice chitarra acustica di legno chiaro, tenuta in perfette condizioni. Blaine se la appoggiò al petto e fece scorrere le dita con delicatezza sulle corde, che vibrarono di musica. Un paio di persone, non molto lontano da loro, si girarono a guardare, incuriosite.

Blaine gli lanciò uno sguardo timido – uno dei pochi che Kurt aveva ricevuto da lui, e improvvisamente quel rapporto strano che condividevano gli sembrò molto più vero – e poi disse, abbassando gli occhi sulla chitarra: “Non sono granché. Voglio dire, la so suonare, ma me la cavo meglio con il pianoforte, questa…ehm, se fa pena non ridere, ok?”

Kurt gli lanciò un sorriso incoraggiante, e Blaine chiuse gli occhi prima di passare di nuovo la mano sulle corde e iniziare a suonare.

 

[Girls just wanna have fun ---> link]

 

Il mondo si svuotò improvvisamene di ogni altra emozione. Intorno a Kurt non c’erano più il resto dei passeggeri del treno, la campagna o la notte. Sembrava che Blaine stesse mettendo tutto se stesso nella musica: cervello, cuore, anima.

C’erano solo Blaine e la sua chitarra, c’era solo la musica che usciva quasi con timidezza, nonostante Kurt non avesse mai sentito qualcuno suonare la chitarra così bene.

Ad occhi chiusi, Blaine cominciò a cantare la prima strofa, e il cuore di Kurt si riempì improvvisamente di tutto.

 

I came home in the middle of the night 
My father says what you gonna do with your life 
Well daddy dear you're still number one 
Oh girls they wanna have fun 
Oh girls they...

La voce di Blaine era meravigliosa. Kurt sapeva che era stato un membro di un Glee Club rivale – gli Warblers – e immaginava che fosse bravo perché era difficile credere che Blaine non sapesse fare qualcosa. Eppure non avrebbe mai pensato che fosse così bravo.

Era eccezionale. La voce si armonizzava perfettamente con gli accordi della canzone, e man mano che Blaine continuava a cantare, il desiderio di Kurt di avvicinarsi e abbracciarlo aumentava a dismisura, perché capiva. Anche se non sapeva perché Blaine tenesse tanto a quella canzone, Kurt capiva cosa provava, sapeva cosa significasse volere solo una vita normale. Volersi solo divertire un po’ e non poterlo fare. Sapeva cosa significava non poter vivere la vita come voleva, e lo sapeva anche Blaine.

Senza che se ne accorgessero questo li unì più di tutte le chiacchierate, più di tutte le volte in cui Blaine sfiorò Kurt o Kurt sfiorò Blaine. Semplicemente Kurt iniziò a cantare quando Blaine arrivò alla parte finale della canzone ed era incredibile come le loro voci sembrassero perfette per essere sovrapposte, per confondersi e allo stesso tempo rimanere le stesse.

Kurt non riuscì a sentirsi stupido, quando pensò che Blaine doveva essere l’anima gemella che, al liceo, non aveva mai trovato.

 

 

Some boys take a beautiful girl 
Oh then they hide her away from the rest of the world 
But not me 
I wanna be the one to walk in the sun 
Girls they wanna have fun 
Oh girls they... 


Quando Blaine sentì la voce di Kurt unirsi alla sua fremette, ma non aprì gli occhi e si limitò a sorridere.

Era un sorriso diverso da tutti gli altri che gli aveva rivolto. Era dolce, spaventato e consapevole insieme. Anche Kurt aveva paura. Dannazione, aveva una fottutissima paura di risvegliarsi e ritrovarsi a Lima, quando New York era un sogno lontano e lui era solo.

Ma era lì, sulla sua strada, e c’era Blaine, e qualsiasi cosa fosse, non se lo sarebbe fatto scivolare dalle mani.

 

Quando le ultime note risuonarono nell’aria e le loro voci armonizzarono l’ultima frase nessun pubblico applaudì – erano stati quasi del tutto ignorati, in realtà. Quasi nessuno aveva fatto caso a loro – ma Kurt era improvvisamente di fronte a Blaine, vicinissimo, e Blaine aveva aperto gli occhi e li aveva piantati nei suoi, impedendogli di distogliere lo sguardo.

Anche se avesse voluto, Kurt non sarebbe riuscito a guardare da un’altra parte, perché Blaine gli stava entrando nell’anima soltanto accarezzandolo con lo sguardo, e sembrava triste e felice allo stesso tempo, come se si fossero appena trovati dopo essersi cercati per tutta la vita. Kurt non riusciva a togliersi dalla testa l’idea che fosse Blaine, ciò per cui si era sempre guardato intorno. Poi, proprio quando aveva smesso di cercare, Blaine era comparso ed era entrato nella sua vita come un uragano, come un treno in corsa. Come poteva non aprirgli il suo cuore? Come poteva non volerlo con tutto se stesso?

In quel preciso istante, proprio lì sotto quell’albero, dopo aver cantato insieme, Kurt seppe di essersi innamorato di Blaine.  

Riusciva a vedere le ombre che proiettavano le sue ciglia sulle guance, e ormai erano talmente vicini che poteva sentire il suo respiro sul viso, e Blaine sapeva di menta, sapone e caffè.

Stava abbassando gli occhi, stava semplicemente aspettando che uno dei due facesse una qualsiasi mossa. Poi Blaine si mosse impercettibilmente in avanti, e –

“Scusatemi, ma il treno sta per ripartire”

Kurt si allontanò di botto, facendo un saltello all’indietro. Uno degli addetti alla sicurezza del treno, o in ogni caso uno del personale, era proprio dietro di loro e li guardava con aria disgustata.

Alle sue spalle, la gente iniziava ad alzarsi e a recuperare i propri bagagli. Il treno stava davvero ripartendo.

Kurt maledisse in tutte le lingue che conosceva la persona che li aveva interrotti e che, come se non bastasse, lì aveva lasciati lì un istante dopo, tornando verso il gruppo di persone che stava risalendo sul treno.

Blaine era ancora a terra, la chitarra tra le braccia e l’aria a metà tra lo sbalordito e l’imbarazzato, e anche qualcos’altro che Kurt non riusciva a decifrare bene. Sembrava…felice?

Kurt considerò l’idea di non dire nulla e recuperare semplicemente la sua valigia, risalire sul treno e aspettare che succedesse qualcos’altro, o che non succedesse nulla, ma la verità era che non voleva. Non voleva che Blaine gli scivolasse tra le mani senza aver fatto niente per permettergli di entrare nel suo cuore.

Così gli porse la mano per aiutarlo ad alzarsi e quello che disse gli uscì assolutamente spontaneo, così come il sorriso che ne seguì.

“Sono davvero pentito di non essere venuto a spiare gli Warblers quando il mio compagno di squadra, Puck, me l’ha suggerito”

Il sorriso dolce e sorpreso di Blaine ne valeva mille, di frasi come quelle, e Kurt desiderò poter vedere quello spettacolo per il resto dei suoi giorni.

 

 

 

 

 

 

 

Note dell’Autrice

 

Salve ragazze! Per prima cosa scusatemi tantissimo del ritardo, sono un disastro, lo so! E’ che ieri avrei dovuto finire di scrivere il capitolo, ma il pranzo del primo maggio è durato un po’ più del previsto e non ce l’ho fatta. Comunque, eccolo qui. Cosa ve ne pare?

Stavolta ho da dire poche cose.

1-     Cosa ve ne pare delle trovate geniali di Blaine? Quei pezzi si sono scritti da soli, non li avevo programmati prima! :D

2-     La canzone cantata insieme? Anche quel pezzo è venuto fuori dal nulla, non doveva essere qui. Credo che Blaine abbia preso possesso della storia, ragazze. Ops!

3-     Il quasi-bacio? Ehm, lo so, mi odiate :)

4-     Lo sguardo di Blaine quando apre gli occhi e guarda Kurt. Signore, riguardatevi l’esibizione di Blackbird, perché  è QUELLO SGUARDO.

5-     Avete sentito la canzone? C’era il link, per chi non l’ha notato! :D Quella è la versione che immaginavo suonata/cantata da Blaine. Che ve ne pare?

 

 

Bene, ho finito, per stavolta J

Mi raccomando, ci tengo a sapere la vostra opinione riguardo al capitolo! :D Fatemi sapere cosa ne pensate! :D

 

Un bacio,

 

Selene

   
 
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