Un ghigno si
formò sulle labbra di Rei, aveva la soluzione al suo problema.
Mamoru non ce la faceva
più, prima Usagi e adesso Rei, sapeva che si era infilato in un bel pasticcio. Con
Rei pensava di aver risolto la questione, ma con Usagi no: doveva capire e
soprattutto parlarle.
Sapendo che lei non lo
avrebbe ascoltato, decise di chiedere ad una delle sue amiche, ma avendo poche
informazioni su di loro, non sapeva dove trovarle. Decise di andare nell’unico
posto dove poteva trovare conforto, la sala giochi di Motoki.
Passeggiava per le vie
principali di Tokyo, chiedendosi che cosa aveva fatto per meritarsi tutto
questo. Insomma, era da tanto tempo che si sentiva dire che con le ragazze
doveva ascoltare il suo istinto, dato che era infallibile, ma con Usagi aveva
totalmente sbagliato e baciandola lei si era spaventata.
“Motoki, per favore
parlane tu con Mamoru” chiese una ragazza mora con i capelli raccolti in una
coda.
“Makoto, ci penserò io.
Unazuki acqua in bocca” disse il biondo risoluto, ma non sapeva che un ragazzo
aveva ascoltato l’ultima parte di quella conversazione.
“Motoki, eccomi qua!”
disse Mamoru entrando nel locale, Motoki rispose alzando la mano, mentre
Unazuki e Makoto lo fissarono stupite di trovarselo davanti.
“Bene, ora devo…ecco, io
devo…studiare…già, domani ho un compito e vado da Ami a ripassare…forse ci sarà
anche Usa-“ Makoto s’interruppe, guardò l’orologio e poi esclamò “Accidenti,
Ami mi ucciderà. Vado!”
Unazuki tornò al suo
lavoro, Makoto uscì dal locale in fretta e in furia, mentre Motoki doveva
fronteggiare un Mamoru che aveva un’espressione interrogativa, esigeva delle
risposte a tutte quelle stranezze.
Il biondo trascinò il
moro dove la gente non poteva né vederli né ascoltarli; Motoki chiuse la porta
e poi disse: “Mamoru, che è successo? Che cosa hai fatto?”.
Mamoru era sconcertato,
come poteva essere, era lui che si faceva questo tipo di domande e ancora non
aveva trovato la risposta; rispose: “Eh?! Cosa hai detto? Quello che si deve
fare domande dovrei essere io, non tu. Non so cosa stia succedendo e
francamente non lo so. Dimmelo tu”.
Motoki osservò l’amico
davanti a lui, sapeva, ma doveva aspettare che la risposta uscisse dalle labbra
del moro.
“Mamoru, ascolta, hai
fatto qualcosa ad Usagi? L’altro giorno sei entrato nel locale dicendo che eri
uno stupido…che significava?” chiese Motoki speranzoso di ottenere quella
precisa risposta.
“Bhè ecco…” si morse un
labbro, non sapeva cosa dire e non trovava le parole per farlo “Io…ho…ecco
io….ohh al diavolo, ho baciato Usagi” disse tutto d’un fiato Mamoru.
Motoki era riuscito ad
ottenere ciò che voleva, però la verità detta da lui gli faceva male.
“Mamoru la storia è molto
complicata” disse in modo pacato Motoki.
“Voglio, anzi devo
sapere” disse risoluto Mamoru.
“Ok. Quando siamo andati
in guerra, io avevo chiesto ad Usa di scriverci oppure di telefonarci, e così
fu. Un giorno Rei chiese ad Usagi di scrivere a te, dato che lei è affetta da
una rara malattia…non so cosa sia, dovresti chiedere ad Ami. Comunque, Usagi lo
fece ben volentieri e così cominciò la corrispondenza tra voi. Ovviamente Rei
venne dimessa dall’ospedale e continuò a mandarti lettere, però Usagi
continuava a scriverti senza problemi: molto probabilmente le piacevi” Motoki
fece una pausa, non riusciva a continuare, le parole erano difficili da
trovare, fu Unazuki a completare il discorso per lui “Rei ti ama Mamoru, ti ama
così profondamente che non immagini. Sul letto d’ospedale Rei chiese ad Usagi
una cosa importantissima, non doveva assolutamente innamorarsi di te”.
Mamoru era sconcertato,
l’amore non si poteva comandare, Rei non poteva chiedere una cosa tanto grande
ad Usagi. Rimase a fissare i due pensando a cosa doveva fare e soprattutto come
poteva farlo.
In quel momento
intervenne Ami che disse: “Mamoru, ascolta, ti devi muovere, Rei soffre di
gravi disturbi mentali che potrebbe portarla a fare pazzie, per caso ti ha
detto qualcosa?”
“Aspettate, si…al bar, mi
aveva mandato una lettera dicendomi che provava dei sentimenti per me, ma io le
ho detto che amo un’altra persona, ma non ho fatto il nome di Usagi” rispose
Mamoru.
“Siamo arrivate in
ritardo vero?” chiese Minako.
Unazuki, Ami, Makoto e
Minako si guardarono negli occhi, Rei aveva in mente di fare qualcosa ad Usagi,
fortunatamente c’erano con lei Naru e Umino.
Ami spalancò gli occhi,
no…non era possibile, era giovedì e solitamente Naru in quel giorno andava alle
prove di canto e Umino restava a casa a studiare, Usagi era da sola!
“Ragazzi” gridò Ami
capendo che l’amica era in pericolo “Usagi…è…”. La giovane non terminò la
frase, i presenti capirono ciò che intendeva Ami e si maledissero per averla
lasciata sola in un momento come questo.
Motoki e Unazuki rimasero
al locale, mentre le ragazze con Mamoru si divisero per cercare la bionda.
Usagi stava passeggiando
per le vie di Tokyo, erano appena le sette e spesso la ragazza il giovedì
faceva la strada più lunga per tornare a casa, passando per il Crow, il locale
do Motoki.
Sentiva l’aria
frizzantina nelle narici, il vento che le scompigliava leggermente i capelli
biondi. Adorava tornare a casa sentendosi tanto felice.
Purtroppo la sua felicità
durò poco, perché una mano la afferrò per il polso, trascinandola per un vicolo
cieco. Si ritrovò braccata come un animale in gabbia, circondata da tre luridi
ragazzi, sentiva il pungente odore di alcol che proveniva dai tre; capendo che
non avevano buone intenzioni provò a gridare, ma una forte mano le impedì di
farsi sentire.
I tre cominciarono a
toccarla e ad accarezzarla, Usagi cominciò a dimenarsi, non voleva essere
toccata e soprattutto non da quei tre.
Successe tutto in pochi
attimi, riuscì a liberarsi dalla presa del primo, e con fatica si liberò anche
degli altri due. Raccolse la cartella e cominciò a correre.
Correva con la
disperazione in corpo, voleva andarsene dal luogo in cui stava per subire una
violenza; era spaventata e in queste situazioni di paura, il cervello e la
ragione smettono di funzionare, così la povera ragazza non si accorse che,
invece di andare verso la salvezza, si dirigeva verso la sua trappola.
Raggiunse il porto di
Tokyo, intorno a lei non c’era nessuno, solo angoscioso silenzio.
Spaesata si guardò
intorno cercando una via di fuga ulteriore, ma vedeva solo contenitori di
latta. Ad un certo punto una luce l’accecò; una macchina sportiva rossa le
aveva puntato i fari addosso. Una figura uscì dall’auto e si diresse verso la
giovane, mentre si avvicinava sempre di più si accorse che era una donna, dai
lunghi capelli neri. Usagi riconoscendo la figura spalancò gli occhi un po’ per
lo smarrimento e un po’ per la paura, di fronte a lei vi era la figura di Rei.
Rei si fermò a pochi
metri da Usagi, la squadrò con uno fare minaccioso e poi le disse: “Cara Usagi,
ti ricordi la promessa che mi hai fatto in ospedale? Ecco, dovevi rispettarla!
Invece, ti sei innamorata di Mamoru, pur sapendo che fosse mio!”.
Usagi abbassò il capo,
solo in quel momento capì il turbinio di emozioni che provava per Mamoru, lo
desiderava e soprattutto lo amava. “Chi sei tu Rei per dirmi che Mamoru è solo
tuo! Mamoru è grande e grosso e sa prendere benissimo una decisione da solo”.
Disse Usagi con una carica improvvisa che le veniva dal cuore.
Rei rimase di stucco, non
aveva osato mai risponderle; decise che era il momento di farle pagare la sua
insolenza.
Si girò e corse verso la
macchina rimasta accesa, entrò nell’abitacolo e si decise che ciò che stava per
fare era solo per il bene suo e di Mamoru. Usagi guardò con perplessità Rei,
alla fine un lampo le attraversò la mente, voleva investirla con la macchina!
Si girò e cominciò a
correre, la macchina prese velocità e la inseguì fino allo sfinimento, Rei
continuava a ridere nervosamente stringendo il volante nelle sue mani, Usagi
continuava a correre e dava segni di cedimento, non aveva più il fiato, la
milza e i muscoli delle gambe le dolevano.
La macchina prese il
sopravvento su Usagi, investendola; Rei continuò a ridere fino a quando non si
rese conto che il freno non funzionava più, l'auto, a causa
dell'enorme velocità, finì nella parte alta ancora in costruzione, andando
contro prima alle travi e poi cadendo nell'acqua.
Mamoru correva verso la
scuola di Usagi, si fermò ad un tratto sentendo tre ragazzi che borbottavano
qualcosa, comprese alcune parole che gli fecero ricordare Usagi. Andò da quei
tre e chiese: “Avete visto una ragazza bionda con dei buffi codini?”
“Si, e devo dire che ha
un ottimo sinistro” disse il primo massaggiandosi la mascella.
“Dov’è andata? Lo sapete”
chiese Mamoru cercando di velare la sua preoccupazione.
“Rei ci aveva detto di
mandarla verso il porto, non so il perché” si tradì il secondo.
Mamoru spalancò gli
occhi, non era possibile, in questa storia c’entrava Rei: Usagi era davvero in
pericolo!
Corse ancora verso il
porto, ne era abituato, tutte le mattine faceva jogging, ma ora era una corsa
disperata verso la salvezza della persona amata.
I suoi occhi si soffermarono sulla figura di Usagi
riversa a terra, corse verso di lei cercando di sentirle il battito cardiaco,
dopotutto stava studiando per diventare medico.
Fece un sospiro di
sollievo quando capì che la ragazza era solo svenuta, così chiamò un ambulanza
e aspettò cercando di svegliare l’amata.
Usagi si risvegliò in una
stanza bianca, tante domande le attanagliavano la mente; cercò di alzarsi dal
letto, sentì il tipico odore dei disinfettanti e capì che era finita in
ospedale.
In quel momento entrò un
medico che cominciò a visitarla, quando ebbe finito entrarono le sue amiche,
Motoki, Unazuki e soprattutto Mamoru.
“Usagi” disse Minako
trattenendo le lacrime, “ci hai fatto penare” rispose Makoto concludendo il
pensiero di Minako.
La bionda fissò le amiche
contenta di vederle dopo l’incidente, era al settimo cielo.
Il tempo passò fra
risate, lacrime di gioia e racconti, Mamoru stava in silenzio e fissava prima
Usagi e poi la camera, e altrettanto faceva la ragazza; alla fine il gruppo
notando la situazione pesante che si stava creando decise di sciogliersi e di
andare a casa, lasciandoli soli.
Cominciò Mamoru dicendo:
“Usagi, sono contento che tu stia bene, pensavo..”,“No, io ho commesso un
errore, non dovevo fare nulla, ho sbagliato” lo interruppe la giovane.
Mamoru si sentì mancare
il fiato, non era possibile, le sue amiche avevano detto che c’era un po’ di
speranza, ma con quelle parole quella luce si era ormai spenta.
Decise di provarci e così
le disse: ”Ma non puoi cancellare così l’amore? Proviamo gli stessi sentimenti,
e non puoi impedire di innamorarti perché l’hai promesso”
Usagi si morse un labbro,
conosceva la storia e soprattutto aveva ragione, pensò di non andare oltre a
quella storia e così disse con tono duro: ”Mi spiace, era solo una cosa
passeggera, passerà, anzi mi correggo, è già passata”.
Mamoru non ci credeva,
perché si comportava così? Prese coraggio e le disse: “Ok, come vuoi. Comunque
domani parto.”
“Dove vai?” chiese
timidamente Usagi, “In guerra” fu l’unica risposta.
Usagi rimase nella camera
da sola, perché l’aveva fatto? Perché?
Non trovava nessuna spiegazione
al suo gesto. Disperazione? Non lo sapeva, la risposta l’avrebbe trovata
dormendo, purtroppo era incurante del fatto che non avrebbe chiuso occhio
pensando a lui.
Mamoru entrò nel suo
appartamento, voleva farsi solo una doccia fredda e dimenticare.
Anche lui aveva tante
domande in testa e la risposta non arrivava. Era deciso, sarebbe partito per
dimenticarla e per rifarsi una vita nuova, sotto le bombe.
Il giorno dopo Usagi si
svegliò, non aveva chiuso occhio durante tutta la notte, attanagliata dai sensi
di colpa e dalla moltitudine di domande.
Ami entrò in camera sua,
la salutò e vedendo che c’era qualcosa che non quadrava le chiese: “Usa, ma che
hai?”, Usagi non disse nulla, fece solo scendere copiose lacrime dai suoi occhi
profondi.
Ami capì e le disse:
”Usa, ascolta…vestiti e vai da lui. Ciò che hai fatto è stato per la
disperazione, ma il tuo cuore ti dice di lasciarti andare e di correre da lui”.
La bionda fissò l’amica chiedendosi perché sapeva tutte quelle cose, ma capì
che non c’era tempo per le domande, si vestì e uscì.
Corse con tutto il fiato
che aveva nei polmoni, la meta era l’appartamento di Mamoru.
Salì di corsa le scale e
suonò alla porta:nessuno rispose. Attese, minuti che le laceravano il cuore,
che la struggeva, fino a quando la vecchietta, vicina di Mamoru, uscendo
dall’appartamento con i bigodini in testa le disse: “Se cerchi Mamoru non è in
casa, è partito…pure di buon ora”.
La bionda capì che si era
diretto alla stazione, scese le scale, cercando di non cadere, chiamò un taxi e
si diresse verso la stazione.
Giunta a destinazione
fissò il tabellone delle partenze e cercò il treno; Maledizione stava per
partire!
L’annunciatore fece
l’ultima chiamata, e Usagi pregava disperatamente di ritardare mentre andava
verso il binario. Il treno stava partendo, con l’ultimo scatto cominciò a
cercare con lo sguardo a cercare il ragazzo, ma il treno ebbe la meglio e il
convoglio partì.
La ragazza si abbandonò
per terra, le forze e il fiato le mancavano, cominciò a piangere per ciò che aveva
fatto. Era stata una stupida!
“Usako” una voce profonda
e calda, ma soprattutto sensuale, la richiamò, lei si girò cercando di capire
se non era la sua immaginazione a giocarle un brutto scherzo; lo vide, davanti
a lei, gli occhi pieni di lacrime e di disperazione.
La giovane non ci pensò
un attimo e gli saltò al collo baciandolo con tutta la passione che aveva in
corpo. Lui rispose accarezzandola e stringendola a sé.
Quel giorno segnò per
loro l’inizio di ciò che avevano sempre cercato, un anima gemella che ti amasse
nel profondo.
Passarono insieme il
resto della loro vita, avvolti dall’amore che li univa.
FINE
Ecco qua l’ultimo
capitolo!
Finalmente vero?? Ora
potrò dedicarmi alla stesura delle altre storie, così non ci saranno più
aggiornamenti biblici!
Cmq spero che vi sia
piaciuta la storia e colgo l’occasione per ringraziare coloro che hanno letto e
recensito!
Grazie.
Bacioni a tutti,
Alessandra