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Autore: damnslyth    02/05/2012    3 recensioni
La mia convivenza con Louis Tomlinson era inconcepibile: si divertiva a stuzzicarmi mentre io mi divertivo a sbraitargli contro o a lanciargli oggetti. Casa mia, da placida e quieta che era, tra me, lui e le sue quattro sorelle si era trasformata in un manicomio e ancora mi stupivo di come Joanne non ci avesse ancora cacciato a suon di sberle. Pure mio padre, quell'uomo tanto buono quanto tranquillo, era sclerato! La verità è che, come ho sempre sostenuto, dopo la morte di mamma non avrebbe mai più dovuto avere altra donna, soprattutto se una di esse ha messo al mondo l'oggetto dei miei incubi...
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                   Domenica

 

 

Qualcuno inventò una celebre frase che dice “il buongiorno si vede dal mattino”, e io non posso che essere concorde. Domenica mattina, in tutta la mia stanchezza, mi svegliai alle sette perché mio papà aveva avuto la grande ispirazione di mettersi a suonare canzoni deprimenti al pianoforte, e la mia stanza sfortunatamente non era sonorizzata. Aprii un occhio pigramente, allungai la mano verso il maialino che mi faceva da sveglia, notai l'ora, sbuffai stizzita e mi girai dall'altro lato, coprendomi la testa con un cuscino nel tentativo di ascoltare meno note musicali possibili.

 

I was her she was me
We were one we were free
And if there's somebody calling me on
She's the one

 

<< PAPA', TAGLIATI LE VENE! >> strillai invano, mettendomi a sedere e sbuffando infervorata. Avevo tutti i capelli lisci sul viso e li scostai bruscamente, per poi ributtarmi a peso morto nel letto. Quando iniziava con quelle canzoni non finiva più, e non mi restava che sopportare per un altro po' e non violare il suo momento. Spesso si rattristava, e il modo per sfogarsi era quello: pipa in bocca e mani sulla tastiera. E guai a interromperlo: avrebbe mantenuto un cipiglio funereo per minimo tre giorni dopo, e non ci tenevo.
Voltai lo sguardo alla mia sinistra, guardando la data nel calendario sopra la scrivania: domenica 13. Domenica... domenica. Sapevo che doveva accadere qualcosa domenica, ma cosa? Massaggiai le tempie nel tentativo di ricordare, ma nulla. Mi scoprii, posai i piedi a terra e...

<< CAZZO, LOUIS SI TRASFERISCE QUA! >> esclamai e, dal ribrezzo, non mi resi conto di avere il lenzuolo incastrato nella caviglia, così inciampai. Per fortuna non caddi a terra ma mi rovesciai nel letto di mio fratello, che ormai da mesi non veniva usato se non da Samantha quando dormiva qua. Presi il cuscino e ci piantai contro un urlo isterico come pochi: aiutava a sbollire.

<< Perché a me? >> lagnai rivolgendomi al cielo. << Mamma, non puoi fare qualcosa? Non lo sopporto! >>. Continuai a fissare il soffitto in vana attesa di ricevere risposta, che ovviamente non arrivò. Mi alzai a cambiarmi, brontolando arrabbiata: << Che ne so, fa' che mi salvi la vita, fammi innamorare di lui, fai qualcosa, purché inizi ad apprezzarlo! >>. C'era una palese ironia nel mio tono di voce, ma rabbrividii all'idea di me con lui, all'idea di noi due che ci volevamo bene o amavamo. Era una cosa principalmente, evidentemente, nettamente e sicuramente impossibile, che non sarebbe mai avvenuta. Mai.

Mi pettinai i capelli e mi misi una felpa bella grande e calda: fuori nevicava un po' e la casa era sempre fredda a causa dei muri spessi. Scesi a fare colazione e mangiai the con biscotti, mentre una nuova melodia di Robbie Williams si prendeva prepotentemente possesso della mia mente.

 

I've done the freezing
I'm walking out
Madonna's calling me

 

Presi un bel respiro e poi sparecchiai, andando a sedermi sul mio posticino privato, là dove stavo sempre a pensare. Era il quinto scalino della scala che portava al piano superiore a partire dal basso, contro un muro color mogano che conteneva appesi varie cornici di foto mie, di papà, mamma e Kevin. Mi indispettii all'idea che forse sarebbero state sostituite da quelle con la nuova famiglia, ma sapevo che papà non l'avrebbe mai permesso. “Ogni cosa ha il suo posto e ricordo, e giustamente è lì che deve stare” mi diceva sempre, e concordavo.

Stesi i piedi lungo la mia scala preferita, e socchiusi gli occhi a godermi quel silenzio significativo che sempre contraddistingueva casa nostra. Papà aveva iniziato a suonare più lentamente e non cantava più, e mi avvolse una strana sensazione di tristezza. La casa sì, era sempre stata troppo silenziosa, vuota e spenta, ma la verità era che forse a me piaceva così. L'idea che presto sarebbe stato l'opposto, che non mi sarei più svegliata sentendo papà suonare o che non avrei più potuto starmene in pace nel mio scalino preferito mi opprimeva, e mi venne un grosso groppo in gola.

La mia vita sarebbe stata completamente rivoluzionata, e non sapevo se ero pronta ad accettarlo, abbandonare la solita routine e affezionarmi a nuove persone, io che facevo difficoltà. Tutti quelli a cui avevo voluto bene se n'erano andati, a partire da mia mamma a mia nonna a causa di un litigio famigliare, poi le mie vecchie migliori amiche e il mio unico ex ragazzo. Samantha era la sola che era riuscita ad abbattere quel muro e freddezza esteriore che mi ero inconsapevolmente costruita, e conoscere la vera me. Troppa gente attorno avrebbe compromesso ogni cosa...

Tornai seduta e mi appoggia con il fianco contro il muro, a fissare la porta di casa. Presto sarebbe entrata gente nuova, e quasi certamente non ne sarebbe mai più uscita. Pure Louis... mi aveva fatto così male in passato, portavo un rancore tremendo nei suoi confronti e non gli avrei promesso per nessuna ragione al mondo di conoscermi a fondo. Saremmo andati avanti a litigare, forse più civilmente, e basta, poi, così inaspettatamente com'era piombato nella mia vita, se ne sarebbe andato, ne ero più che sicura, e perciò per proteggermi non avrei tentato di apprezzarlo o farmi apprezzare.

Mi resi conto che il pianoforte non sfornava più note e che mio papà era davanti a me, con un sorriso dolce: << Allora, Kim, sei pronta? >>. Non risposi e feci un mugolio, così lui sospirò e si sedette accanto a me. << Non cambierà niente, te lo prometto. Tra noi due, intendo... la casa sarà sempre la stessa, ma più viva >> convenne, e annuii. Quando mio papà prometteva un cosa era certo che l'avrebbe eseguita, e ciò mi rasserenò. Mi strinse una mano e gli sorrisi, poi si alzò e tornò in cucina.

Rimasi ancora a pensare, quando il campanello suonò, e un vario tonfo di borsoni e valigie interromperono il silenzio. Feci una smorfia e non mi alzai, e quando suonò una seconda e terza volta, mio papà si affacciò a fissarmi in modo eloquente, così con poca grazia e felicità aprii la porta di poco, trovandomi un ragazzo con un'espressione deficiente e un sorriso ameba stampato in faccia. << Cara, mi apri? >>.

<< Ficcati il cara in... >> papà simulò una tosse molto brusca e innaturale e roteai gli occhi, aprendo del tutto. << Prego, Tomlinson >>.

Entrò portandosi le valigie dietro, e storsi il naso in maniera visibile a causa dei litri di profumo che si era spruzzato.

<< Louis! Benvenuto >> sorrise mio padre, e si strinsero la mano in maniera confidente, cosa che mi sorprese. << Sono sicuro che ti troverai bene, anche con Kim >>. Mi guardarono entrambi, e feci un sorriso cordiale ma subdolo. << Ti spiegherà lei tutto, sarà un buon inizio >>.

<< Non ne dubito >> rispose posando il cappotto nell'attaccapanni e guardandomi come per domandarmi quando si inizia. Trattenni un'espressione sprezzante, presi un bel respiro e gli dissi: << Seguimi >>. Salii le scale e mi seguì silenzioso, stupendomi una seconda volta. Aprii la camera di fronte alla mia, che era sempre stata una stanza in più, e lo lasciai sistemare dentro le valigie. << Quando si trasferiranno anche tua madre e le tue sorelle si cambierà disposizione, quindi momentaneamente starai qui >> riferii con voce annoiata.

<< Tranquilla donna di ghiaccio, mi piace >> convenne osservandosi intorno, sempre con quel sorrisetto in volto. Data la sua apparente tranquillità, trovai il momento adatto per mettergli in chiaro alcune cose. Tirai fuori un foglio dalla felpa e glielo porsi: << Questo è per convivere in sintonia >>.

Mi scrutò mordendosi il labbro e poi lo prese, leggendolo. Aspettai la sua reazione. Dopo qualche secondo recitò: << Non posso mettere piede in camera tua, nel tuo bagno, toccare la tua roba, e devo starti sempre al massimo tre passi lontano, mh? >>.

<< Esatto >> confermai decisa. Fece una risata che mi fece rizzare i nervi, ma poi mise il foglio in tasca e disse: << Va bene >>. Inarcai le sopracciglia, perplessa, ma poi alzai le spalle, soddisfatta. Fece dei passi avanti e indietro, più volte, e mi accigliai: << Ma sei scemo? >>.

<< No, controllo la distanza di sicurezza >> rispose facendo tre passi avanti e indietro, in mia direzione. << Uno, due, tre >>.

Sbuffai sonoramente e poi uscii dalla camera, entrando nella mia. Mi misi sul letto e accesi il pc, chattando con Samantha su Facebook. Per le seguenti due ore, ovvero fino all'incirca nove e mezza, la casa era invasa dallo stesso silenzio e tranquillità di sempre, e a mia sorpresa Louis non fece il minimo rumore, se non qualche impreco a causa di oggetti sfuggiti dalle mani. Sorrisi contenta e continuai a fare le mie cose, quando poco dopo si aprì la porta.

<< Wow >> mimò entrando e chiudendosi la porta alle spalle.

<< Che ci fai qui? >> sbottai minacciosa. Mi sorrise: << Stai calma sorellina, sto solo guardando la tua stanza >>.

<< Non mi chiamare così >> sibilai.

<< Va bene, donna di ghiaccio >> rispose quieto scrollando le spalle. << Figo >> convenne rigirandosi il mio portapenne tra le mani. Glielo presi: << Sei dislessico o hai capito le regole? >>.

<< Andiamo, non puoi pretendere che me ne sia segregato lì e non esplori la mia nuova casa >>.

<< Sì invece >> ribattei rimettendomi seduta nel letto. Si accomodò accanto a me, finendomi addosso, e mi coprii il naso con la felpa: << Quanto cazzo di profumo ti sei messo? >>.

<< Quanto cazzo mi pare >> rispose con quel sorriso idiota e rivoltante. << Mh, chi è Samantha? Una tua amica? E' bella? >>.

<< Fatti i cazzi tuoi >> inveii chiudendo il pc di botto.

<< Come siamo irascibili >> osservò alzandosi e guardando dal vetro della porta che conduceva al mio piccolo balcone.

<< Forse non hai capito che io...>>.

<< Sì lo so, non mi sopporti >> sbadigliò noncurante. << Ma ricordati che mi avrai nella tua vita per il resto dei giorni, quindi tantovale che ti abitui alla mia costante presenza da subito >>.

Roteai gli occhi e poi uscii, invitandolo a fare lo stesso, ma era impegnato a osservare le mie foto di pallavolo.

<< Tomlinson >>.

<< Arrivo >> lagnò uscendo.

 

A pranzo mio padre e lui chiacchierarono animatamente del più e del meno facendomi sentire il terzo incomodo, ma non ci badai. Sparecchiai e lui mi aiutò, sorprendendomi ancora su come fosse abile nei lavori domestici e portandomi a pensare che lo facesse spesso. Asciugammo i piatti in silenzio, uno accanto all'altro, e ogni tanto buttai l'occhio verso il suo cipiglio attento. Sembrava così innocuo ed educato...

<< Finito >> proclamò dopo, asciugandosi le mani con un po' di carta.

<< Ce l'abbiamo la lavastoviglie, solo che è rotta >> gli annunciai concludendo pure io.

<< Sì, non importa. Esco, a dopo! >> e, sorridendo a mio padre in salotto, uscì. Mi appoggiai al lavandino, pensierosa, quando mio padre entrò: << E' un bravo ragazzo >>.

<< Fai presto a dirlo >> risposi alludendo per poi tornare su in camera. Passai il pomeriggio a studiare con tranquillità, rendendomi conto che, ad ogni modo, rispettava la casa, la sua ordinarietà e i miei spazi, se non per alcune volte.

Tornò alle sette di sera e cenammo, questa volta aggiungendomi anche io nei discorsi. Era incredibile come apparisse maturo e beneducato in presenza di mio padre, sembrava completamente un'altra persona. Questa volta i piatti toccarono a mio padre, e ognuno tornò nelle proprie stanze. Tutto sommato, la giornata era trascorsa normalmente.

 

                                                                                                                                           * * *

 

Per tutta la settimana seguente, i giorni erano passati esattamente allo stesso modo di quella fatidica domenica: Louis non creava disturbo se non ogni tanto, e tutto era tranquillo e al suo posto. Iniziai addirittura a ricredermi sul suo temperamento quando, sabato mattina, mi svegliai con un'immensa voglia di urinare, ma dato che il mio bagno era otturato, andai in quello comune. Indovinate? Era occupato.

<< Papà? >> supplicai, non trattenendomi più.

<< Mike è al lavoro, sono io >> rispose una vocina da checca isterica.

<< Tomlinson, fammi entrare immediatamente, non la tengo più! >>. Certa che mi aprisse, dato il suo nuovo atteggiamento a casa mia, abbassai più volte la maniglia, ma niente. << Tomlinson?! >>. Una risatina mi fece sgranare gli occhi e capire tutto: iniziai a battere furiosa. << TOMLINSON, QUESTA E' CASA MIA, APRI SUBITO! >>.

<< Se non erro, ora è pure mia, così come la tua piastra >> cantilenò bastardo. Spalancai la bocca, sconcertata, e diedi più calci: << BRADIPO, NON USARE LA MIA PIASTRA PER I TUOI LURIDI CAPELLI! >>. Il ghigno si fece più rumoroso. Mi morsi il labbro e imprecai sia dal nervoso che dalla pipì che scappava, quando una lampante idea mi balenò. Scesi in fretta maledicendolo e presi la chiave di riserva da un cassetto, poi risalii e aprii, spalancando la porta di scatto. Fortunatamente era vestito, ma stava usando la MIA piastra, la MIA lacca e aveva procurato un casino infernale.

<< Tranquilla, metterò a posto prima che tuo padre torni >> disse per poi tornare a canticchiare. Spensi la piastra e lui mi guardò indignato, riaccendendola. La spensi, la riaccese, la spensi, la riaccese, staccai la spina. << Ehi! >>.

<< Ehi un corno! Sparisci o ti piastro la pelle >> minacciai guardando desiderosa il water.

<< Piscia pure, intanto finisco >>.

Lo fissai: << Col cazzo! >>.

<< Vuoi che anche il mio cazzo pisci con la tua... >>.

Lo interruppi disgustata: << Porco! Fuori! >> e lo spintonai con tutte le forze che avevo. Andai a svuotarmi la vescica e poi mi lavai la faccia, soddisfatta e contenta che non si lamentasse più. Ma, quando andai ad aprire la porta, quella non lo fece...

<< Tomlinson... non dirmi che... >>.

<< Volevi entrare, no? Ora stacci. Ah! Già che ci sei, riordina, così eviterai una sgridata >>.

<< Questa me la pagherai Louis William Tomlinson, fosse l'ultima cosa che faccio! >> sibilai, e lo sentii scendere le scale fischiettando.

No, lui non era beneducato o altro, era solo un viscido schifoso manipolatore, e capii che la convivenza con lui era appena iniziata.

 

 

Salve gente! :D vi chiedo SCUSA a caratteri cubitali per il ritardo, ma ho avuto vari problemi con il computer (ancora -.-' infatti chiedo scusa per la nuova scrittura), di salute (virus intestinale) e scuola (quanto studio!). Vi ringrazio per le recensioni, contano molto per me, quindi vi pregherei di non smettere di farle çwç
Non ditemi che ci siete casate, eh? Pensavate davvero che Louis Tomlinson fosse diventato un angelo di punto in bianco? E no mie care, come ha detto Kim, la convivenza è appena iniziata, e ne vedrete delle belle, altroché se ne vedrete u.u
Quindi questo è un capitolo di passaggio, presto inizierà il vero intrecciarsi della storia. A presto, spero, se il computer me lo permetterà! Vi mando un grosso bacio e buona giornata ;)

P.s.: per le lettrici di Unexpected, prossimamente il nuovissimo capitolo della seconda parte!
Hasta la vista!

  
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