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Autore: 48crash    03/05/2012    0 recensioni
Dal mio amore per l'album di debutto dei Guns N' Roses, e dalla lettura prolungata della biografia di Slash, una nuova opera suddivisa in tre capitoli, ognuno narrato dal punto di vista di una ragazza diversa, e che descrive una canzone dell'album. Tre ragazze diversissime accomunate solo dalle parentesi romantiche più o meno importanti avute con Axl Rose durante la lavorazione di Appetite for Destruction, che lo portarono poi a scrivere una canzone per ognuna di loro: Michelle Young (My Michelle), Barbie Von Grief (Rocket Queen), e Erin Everly (Sweet Child O' Mine). Cercherò di raccontarle attraverso le parole delle canzoni a loro dedicate, grazie alle quali è rimasto impresso per sempre nella storia del rock un pezzo della loro anima.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Axl Rose, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Barbi – Rocket Queen.

 

<< Barbara Von Grief, un nome da suora! E tu non lo sei affatto >>.
Il solito sorriso malizioso gli squarciò il viso per un attimo.
Sorrisi a mia volta. << Nemmeno il tuo nome ti rispecchia, William >>.
<< Come darti torto, bellezza. Non per niente mi faccio chiamare Axl >>.
Ridacchiai a mia volta mentre mi accendevo una sigaretta. Ogni volta che qualcuno pronunciava quel nome, mi veniva immancabilmente in mente il mio primo in contro con il singolare individuo che lo portava, che ora giaceva al mio fianco mezzo spogliato e e mi osservava mentre mi muovevo su quel letto improvvisato.
Era cominciato tutto qualche mese prima. L'avevo visto alcune volte cantare nei locali di L.A. e dintorni, ma non ci avevo mai parlato. Era solo uno dei tanti che ci provavano, anche se forse, particolare com'era, lui ce l'avrebbe fatta. Io ero la regina della scena underground, i miei strip-tease erano i più gettonati di tutta Los Angeles, mi drogavo più di lui, mi scopavo almeno tre uomini a notte, e il mattino dopo scomparivo con una Marlboro rossa tra le labbra camminando sui miei tacchi a spillo vertiginosi, avvolta nel mio cappotto di pelle che mi riparava dalla sofferenza. La musica mi piaceva, mi piaceva da impazzire, e se la mia vita non fosse già stata quella penso che avrei fatto la groupie, o la producer musicale, ma ai tempi ciò che facevo mi appagava completamente ed era abbastanza. In fondo, da qualsiasi parte stai, qualsiasi contatto ti basta. E a me i musicisti bastava strapazzarli un po', ed essere lì a vederli scrivere canzoni e diventare famosi, e poi andarsene via da quei quartieri.
Ricordo che quando mi presentarono Axl non lo trovai nulla di più dei musicisti che mi ero già fatta prima di allora. In verità, a parte i capelli rosso fuoco e quella voce graffiante che tirava fuori sul palco, come se stesse per strozzarsi, non c'era nulla in lui che attirasse la mia attenzione più di quanto lo facesse il suo chitarrista ritmico, Izzy. Ricordo che fu proprio lui a presentarci, anche se al momento ero talmente fatta da non capire da dove fosse saltato fuori lui e quando l'avesse fatto. Ma era tipico di Izzy sbucare fuori dal nulla senza preavviso.
<< Piacere, Barbi >>avevo detto porgendogli la mano e appoggiandomi alla spalla di Izzy. << Sono nota per la mia presenza accanto ai vari musicisti in zona >>.
Forse suonava un po' come "Sono Barbi e faccio la puttana". Non mi importava. Niente di particolare, la verità. Forse anche questo l'aveva colpito di me: dicevo sempre la verità, anche se non era il massimo. Vivevo in quei quartieri fatiscenti da quando ero nata, e sapevo che non era il posto giusto per fare smancerie. In fondo, era pur sempre la verità, e a me non dispiaceva affatto quello che facevo. Non mi importava cosa ne pensassero gli altri.
<< Allora dopo potresti "presenziare" al mio fianco da qualche parte, che ne dici? >>mi aveva risposto il rosso con fare ammiccante. << Axl, comunque >>.
<< Axl?? Che nome è?! Non dirmi che ti chiami seriamente così! >>avevo esclamato senza riuscire a trattenermi.
In quel momento, tutti si erano zittiti, e mi avevano guardato tra il sorpreso e il preoccupato, per poi spostare lo sguardo su di lui, come se si aspettassero che mi uccidesse da un momento all'altro. Sicuramente, in un momento di maggiore coscienza di me stessa mi sarei data un minimo di autocontrollo: avevo già sentito parlare del suo carattere irascibile, anzi, posso dire che, fin dagli esordi, su Axl Rose se ne sentivano di ogni, ma in quel momento proprio non ci avevo pensato.
Alla fine però, lui si era messo a ridere del tutto inaspettatamente.
Quella sera avevo fatto il giro dei locali con lui e la sua band, che aveva un nome che mi aveva catturato fin dal primo momento in cui Izzy me ne aveva parlato, Guns N' Roses. L'idea di affiancare un fiore dalla connotazione romantica come la rosa ad uno strumento di morte come una pistola mi aveva affascinato fin dall'inizio. Solo poi ero entrata nella testa di chi aveva concepito quell'ossimoro. Alla fine della serata, il rosso era sparito chissà dove, e io ero finita a letto con Izzy, come avevo desiderato fin dall'inizio.
Nelle serate che avevano seguito quel primo nostro incontro mi era capitato di uscire con quel gruppo sempre più spesso, li incontravo allo strip, andavo a vedere i loro concerti con qualche amica, uno di loro, di solito il batterista, mi offriva qualche drink. Spesso finivo a letto con Izzy e circuivo quell'ingenuo dell'altro chitarrista, Slash. Era ancora un bambino, e ogni volta che me lo facevo mi guardava ammirato mentre mi slacciavo il reggicalze. Non che io fossi più vecchia di lui, solo più vissuta. A crescere com'ero cresciuta (così in fretta, così dissennatamente), lo si diventa per forza.
Però, ogni volta che uscivo con loro, sentivo lo sguardo di Axl pungermi la pelle. Era chiaro che anche lui, come me, era abituato a farsi chiunque desiderasse, e il fatto che io non gli fossi caduta ai piedi subito, e che avessi addirittura riso del suo nome d'arte, gli bruciava da morire. E io, che ero esattamente identica a lui, mi divertivo a giocarci. Ogni mio movimento, ora che ci penso, era atto a provocarlo, da come camminavo, alle occhiate che gli lanciavo mentre facevo lo spogliarello, a come mi leccavo le labbra ogni volta che bevevo un sorso di quello che mi offrivano. E alla fine erano stati i nostri caratteri tanto affini a far scoppiare la passione tra noi.
Mi ero divertita a negarmi per quasi un mese, mentre lui si faceva decine di altre donne. Ma se devo dire la verità, alla fine non avevo ceduto per pietà, o perché mi fossi stancata di farmi rincorrere. L'avevo fatto solo dopo che aveva sentito le urla di piacere di una mia amica mentre era con lui allo strip, nel camerino accanto al mio. Proprio così, l'avevo fatto solo per me.
Quella sera, quando ero andata nel mio camerino ad infilarmi un paio di jeans dopo la mia esibizione, sapevo che lui mi avrebbe seguito. Proprio non ce la faceva più, povero diavolo.
Quando aveva chiuso la porta dietro di sé, non mi ero nemmeno voltata. Non era né il primo né l'ultimo che entrava nel mio camerino in cerca di qualche attenzione in più, ma gli uomini con cui volevo andare a letto me li sceglievo io, sempre. Se fosse stato un altro, l'avrei cacciato fuori.
<< E così ti sei deciso, alla fine >>avevo detto piatta, sciogliendomi i capelli e buttandoli indietro.
<< E quindi mi aspettavi, Barbi >>aveva commentato lui, con tono malizioso.
Avevo riso gettando la testa all'indietro, prima di voltarmi a guardarlo. Era chiaro che l'idea che fosse una donna a tenere lui sul filo del rasoio lo tormentava. Era questo che lo aveva fatto innamorare di me, più tardi.
Quando mi ero voltata avevo notato il suo sorriso malizioso, con il quale chiunque, io compresa, in quell'ambiente cercava di nascondere la sua sofferenza e il suo passato, e, con la coda dell'occhio, un'erezione imbarazzante sotto i pantaloni di pelle, che lui (devo ammetterlo) dissimulava perfettamente.
<< Lo so che vuoi scoparmi dal primo momento che mi hai vista, William >>avevo detto continuando a rivestirmi, come se lui non fosse stato lì alle mie spalle, sempre più eccitato. Sapevo che quella sera l'attesa sarebbe finita, ma volevo farlo aspettare ancora un po'. È molto meglio spogliarsi se si hanno dei vestiti, addosso.
<< William? Come sai del mio...? >>aveva chiesto lui, preso in contropiede.
<< Niente, me l'ha detto Izzy >>avevo risposto con nonchalance. << A me Axl non piaceva proprio >>avevo aggiunto maliziosa guardandolo dritto negli occhi.
Lui aveva sorriso e scosso la testa. << Ah-ah. Ora tu sai qualcosa di me. E io voglio vedere qualcosa in più su di te. Quindi... >>
<< Ci sto, maschione >>avevo risposto sarcastica. << Fammi finire di vestire, e andiamo da me >>.
L'aria di Los Angeles era fresca, quella sera. Avevamo fumato in silenzio dalla stessa sigaretta, camminando verso il mio appartamento, entrambi stringendoci nei nostri giubbotti di pelle.
L'avevo capito da subito, e quel momento di silenzio prima della notte di sesso sfrenato che ci aspettava mi aveva confermato che dietro alla sua apparenza da duro, quell'Axl nascondeva un'anima malinconica e sofferente, ma che avrebbe pagato purché nessuno ne rivelasse l'esistenza. Di nuovo, eravamo così simili.
Da quella notte in poi, mi ero abituata a sentire il suo respiro sulla pelle, durante la notte, ad uscire correndo mano nella mano con lui, come due ragazzini, dallo strip e dai suoi concerti, a fumare decine di sigarette facendo un tiro a testa fino a che non le consumavamo tutte. Nessuno di noi due era cambiato per l'altro, lui continuava ad andare a letto con qualsiasi cosa si muovesse, io continuavo a farmi i musicisti che suonavano nei dintorni, ma c'era qualcosa nei momenti che passavamo insieme che era diverso da qualsiasi cosa io avessi condiviso con qualsiasi altro uomo. Ammetto che probabilmente provavo davvero qualcosa per lui. Ed era evidente per i miei occhi da profonda conoscitrice del genere maschile che lui provava qualcosa di più che semplice e pura attrazione fisica, per me. Ci somigliavamo. Tanto, troppo.
Abitavo dalla parte opposta della strada rispetto al garage dove vivevano lui e i suoi amici, e per me andarlo a trovare non era difficile. Ma non ci andavo mai, di giorno. Forse non volevo dare a vedere quanto mi fossi intenerita. Ma tanto lui, come me, l'aveva capito. E così, una di quelle notti, mentre io non c'ero, aveva scritto quella canzone. La mia. Non è certo una cosa che capitasse tutti i giorni, che uno che ti scopi ti scriva una canzone.
Si intitolava Rocket Queen ed era proprio come me. Aveva ritmo, pestava duro, parlava di sesso, non diceva altro che la verità. Ma alla fine aveva questo ritornello melodico che diceva tutto quello che, per tutta la vita, avevo desiderato sentirmi dire. Ogni volta che mi ero alzata dal letto di Axl, avevo sperato che almeno lui non mi abbandonasse, lasciandomi andare fuori, al freddo, sotto la fitta pioggia losangelina. E alla fine lui non mi aveva abbandonata. Me l'ero sempre cavata da sola, non avevo mai ricevuto riconoscimenti o aiuti, e, forse per orgoglio, non ne avevo mai chiesti, o dato a vedere quanto mi mancassero. Nemmeno a lui, così simile a me, avevo raccontato nulla di tutto questo, nonostante lui mi raccontasse molte cose del suo passato. Però lui era un genio, e l'aveva capito.
È stata la prima volta che ho sentito quella canzone che per la prima volta dopo anni le lacrime mi hanno annebbiato la vista, anche se non le ho lasciate scendere. È stato in quel momento che ho sentito che lui, tra milioni di altri, ce l'avrebbe fatta.














Author's corner:
Come vedete, oggi sono produttiva, approfittatene!
A parte gli scherzi, sono malaticcia e sto studiando per un esame, perciò qualcosa nel mio cervello è scattato, e ho deciso di portare avanti le cose che devo terminare, da persona seria. Del resto, era da tempo che pensavo di portare a termine questa ff, e a breve (spero!) pubblicherò anche il capitolo su Erin.
In ogni caso, avrei voluto farlo più lungo, questo capitolo, e parlare un po' di più di questa canzone che adoro (non s'era capito?), ma l'ho scritto di getto, e mi è venuto così. Rileggendolo, mi sono accorta che non mi spaice affatto, anzi sono molto fiera del personaggio di Barbi che ho delineato qui. E' molto più rispondente alla realtà rispetto a quello della mia altra ff, "Babe, you're a Rocket Queen", quindi mi sento un po' meno in colpa per averlo usato, e anche il profilo psicologico che ho tratteggiato mi soddisfa appieno.
Tutto il tempo, mentre lo scrivevo, ho ascoltato la stessa canzone (indovinate quale...). Ringrazio i Guns per l'ennesima volta per averla scritta, e mi scuso per l'uso improprio che faccio delle loro canzoni e delle loro figure in questi miei "esperimenti".
Concludo qui il mio papiro, o mi diventerà più lungo del capitolo in sè!
Grazie per aver letto, e ringrazio in anticipo chi recensirà.
Un bacio a tutti,
Lucy

 

  
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