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Autore: JaneA    04/05/2012    1 recensioni
Come si può insegnare ad amare? Soprattutto, come si può insegnare ad amare a qualcuno che non sa, a qualcuno che è vuoto?
Jane è una bambina di 5 anni. Sarà proprio lei ad insegnare a Draco Malfoy ad amare? Tensione, rancore, assenze, tristezza porteranno a quello che è il fine, porteranno all'amore?
Ma soprattutto Draco Malfoy riuscirà a farsi amare?
Cerchiamo di scoprirlo in questa nuova fan fiction! Vi ringrazio immensamente sin da ora :)
Un abbraccio, JaneA
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Close enough to start a war

All that I have is on the floor

God only knows what we’re fighting for

All that I say, you always say more.

Adele – Turning Tables

 

 

 

 

 

 

 

 

Rimasero così per ore. L’aveva sentita piangere. L’aveva stretta a sé. Proprio come qualche anno prima aveva fatto con sua madre.

Quella donna, quella che ora stringeva tra le sue braccia, le somigliava.

Aveva la stessa eleganza, anche se indossava vestiti babbani.

Aveva lo stesso amore materno negli occhi quando guardava la sua bambina. Lo stesso che sua madre, Narcissa Black in Malfoy, riservava a lui.

L’aveva osservata durante tutta la cena. Era premurosa, adorabile.

E quella bambina. Era un tormento, nel vero senso della parola.

Quasi peggio della donna che l’aveva tenuta nel suo grembo, che l’aveva messa al mondo, che l’aveva cresciuta.

Da sola, gli ricordò improvvisamente la sua mente.

La Granger aveva fatto tutto da sola. E c’era da ammetterlo. Aveva fatto un ottimo lavoro. Degno della sapientona Granger.

“Dov’è suo padre?” domandò quando ormai la sentiva respirare regolarmente. Quando le lacrime avevano smesso di scendere sul suo delicato viso, ora arrossato dal pianto.

La sentì inspirare contro il suo petto e poi discostarsene. I loro occhi si fissarono per qualche istante.

“Non c’è.” Disse, mordendosi poi un labbro.

“Deve pur esserci. Dovrebbe esserti accanto ora più che mai.”

“Non c’è, Malfoy. Non so nemmeno chi sia.”

La vide guardarsi le mani.

“Ti va di parlarne?” la incitò

Lei lo guardò, poi inspirò nuovamente.

“Come di sicuro saprai la guerra ha devastato tutti. Tutto quello in cui credevo ne è uscito sconfitto. Il mio amore per Ron. La mia vita. I miei studi. I miei sogni. Tutto. Ero vuota, non riuscivo a reagire. Quella che ero e che tanto ammiravo era sepolta sotto le macerie di Hogwarts e io non sapevo come recuperarla. Ginny e Harry avevano compreso il mio vuoto, anche loro ne erano stati vittima. Ma avevano l’un l’altra, questo permetteva loro di andare avanti. –sospirò- io no. Io non avevo nessuno, se non loro. I miei genitori erano in Australia e sino a che non avessi ritrovato me stessa non sarei tornata da loro, questa fu una delle promesse che feci a me stessa. Non volevo essere un peso per loro, come per nessun altro. Così Harry mi consigliò una vacanza. Partire per dimenticare e ritrovare me stessa. E così feci. Partii per la Grecia e dimenticai la mia vecchia vita. Mi finsi una babbana qualunque, cercai avventure. Conobbi tanta gente. La sera uscivo, mi abbandonavo all’alcool e dimenticavo. È stato lì che ho perso la mia verginità. Forse oltre quella ho perso la parte più importante di me stessa, ma questa perdita mi ha portato Jane –sorrise- Non so chi sia il padre. Quelle sere in Grecia ero troppo ubriaca per ricordare. So solo che lei è la cosa più importante per me. L’ho tenuta lasciando perdere tutti i commenti e le ingiurie della gente. È mia figlia, è la cosa più preziosa che ho.”

L’uomo la guardava. Vedeva il dolore riflesso in quegli occhi castani come quelli della bambina che era addormentata al piano di sopra.

“Ti aiuterò io.” Sussurrò senza spostare lo sguardo dal volto della donna. La vide strabuzzare gli occhi e deglutire.

“Per denaro, medicinali, per stare con lei. Io ci sono.”

“Ho sufficiente denaro, Malfoy.” Enunciò lei fredda.

“Te ne servirà altro per farla guarire.”

“Non me ne servirà altro. Non può guarire. Quindi non disturbarti. Prima che lei si affezioni a te, va via. Esci dalla sua vita. Esci dalla mia!”

“Tua figlia guarirà Hermione!” le disse prendendole la mano. Lei slegò la sua mano da quella presa quasi scottata.

“Tu cosa ne sai? La conosci da nemmeno un giorno e già pretendi di sapere tutto su di lei, su di me! Non abbiamo bisogno di te e soprattutto non abbiamo bisogno dei tuoi soldi! Mia figlia non guarirà perché non può guarire. Il sangue che le scorre nelle vene è marcio, peggio del mio che ti fa così tanto ribrezzo. Non guarirà perché i medici, i migliori del mondo, che sono riuscita a pagare con i miei soldi, non sanno cosa sia. Hanno detto che è leucemia per dare un nome al mio nemico, al nemico di mia figlia, a quello che me la sta portando via. E sai di chi è la colpa? MIA! Perché non sono riuscita nemmeno a ricordarmi la faccia e il nome dell’uomo con cui ho fatto sesso!”

Il biondo la guardava senza parlare.

Dolore. Solo dolore, quello che provava quella donna. Lasciò che lo scaraventasse tutto contro di sé. Lasciò che lei si sfogasse contro di lui.

La vide accasciarsi sul pavimento e portarsi le mani al viso.

Le si avvicinò e le prese una mano tra le sue.

“Lasciami Malfoy!” urlò.

Lui scottato le si allontanò.

“Mamma?”

Una piccola bambina con gli occhi arrossati scendeva le scale. Aveva sentito le loro urla.

La vide avvicinarsi alla mamma e stringerla, come se tra le due la più fragile fosse la donna. E forse era così.

Dopo aver accarezzato più volte il viso della madre e averle dato un bacio sulla guancia, lo guardò.

“Cosa le hai fatto?” domandò non lasciando libera dalla sua stretta la madre.

“Dovresti andartene, Draco. Tu non sei un bravo amico.”

Draco deglutì. Aveva ragione, quella bambina aveva ragione.

Annuì.

Poi prese la sua giacca e si avvicinò alla bambina.

“Perdonami Jane. È stato un piacere conoscerti.”

Le fece l’occhiolino e poi con andatura elegante si diresse verso la porta.

Si guardò un’ultima volta indietro e poi uscì.

 

 

 

 

 

 

-

 

 

 

 

Aveva fatto riaddormentare la sua bambina  e poi, a stento, si era trascinata nella sua camera da letto.

La vasca da bagno era pronta. Aveva acceso delle candele. Ne aveva bisogno. Aveva bisogno di pensare, di riflettere, di capire.

Aveva lasciato cadere sul pavimento freddo l’abito blu che aveva acquistato per lui. L’acqua calda ora inebriava delicata la sua pelle.

Socchiuse gli occhi, lasciandosi andare.

L’acqua ormai era giunta al naso.

Si tirò su improvvisamente. Cosa stava facendo? Perché l’aveva trattato in quel modo? Non era colpa sua. Non era giusto scaraventare contro di lui tutta la sua rabbia, tutta la sua sofferenza.

Ti stanno portando via tua figlia, si disse mentalmente.

Scosse il capo, lasciando che delle ciocche si bagnassero. Non era stata giusta. Lui era stato così dolce. Era stato così diverso dal vecchio Malfoy.

Che avesse davvero ragione Ginny?

L’aveva visto sorridere e ammiccare a sua figlia prima di uscire. Si era addirittura scusato con lei.

Anche Jane l’aveva colpito, rimproverato.

Non vorrà più vederla, si disse.

No. Non poteva permetterlo. Sua figlia aveva bisogno di tutto l’amore necessario.

Ma Malfoy ne sarebbe stato capace?

 

 

 

 

 

 

 

-

 

 

 

 

“Ti ha cacciato? La bambina ti ha cacciato?”

L’ultimo rampollo di casa Malfoy sostava dinanzi alla vetrata del suo ufficio immobile. Lo sguardo perso. Tra le mani una tazza di caffè bollente gentilmente offerta dal suo migliore amico, che lo stava torturando.

“Blaise, te l’ho già detto venti volte. Sì, mi cacciato. Prima la madre e poi la figlia.”

Si voltò verso il moro che lo scrutava con i suoi verdissimi occhi.

“Come stai?”

“Come vuoi che stia, Blaise? Benissimo. Effettivamente questa notte ci ho pensato. Per fortuna è andata così. Sarebbe stato un caos immischiarsi nella vita delle due Granger. E io ho bisogno di tranquillità.”

“Stai scherzando Draco, vero?”

“Perché dovrei scherzare? Sono serissimo.”

“Ma la bambina? La sua malattia?”

“La Granger è stata ben chiara su questo punto. Non vuole il mio aiuto economico. Non vuole che io stia accanto alla figlia. Non vuole la mia presenza. Più semplice di così?”

Il moro guardò ancora il migliore amico.

“Stai sbagliando Draco.”

“Non sono affari tuoi.”

 

 

 

 

 

-

 

 

 

“Hermione? Hermione? Hermione! Sveglia!”

Un lampo di luce la travolse.

“Aaah!” urlò esasperata.

“Hermione Jean Granger! Alza il tuo bel sedere da questo letto!”

All’improvviso Hermione aprì gli occhi

“Devo portare Jane a scuola!” gridò alzandosi in fretta e aprendo l’armadio.

“Tranquilla, l’ha accompagnata Harry.” Disse Ginny guardandola con un ampio sorriso sulle labbra.

Hermione sospirò lasciandosi poi cadere nuovamente sul letto.

“Dovresti stare attenta a tua figlia. Mi ha mandato un messaggio con quell’aggeggio babbano. In realtà l’ha mandato ad Harry ma era per me. Oh beh, insomma hai capito.”

Hermione si grattò la fronte e storcendo il naso chiese

“E cosa ti avrebbe scritto?”

“Che eri triste e che avevi bisogno di me.”

Sorrise la rossa.

Hermione si fissò le mani.

“Allora cosa ti è successo? La piccola mi ha detto mentre la vestivo che hai litigato con Malfoy.”

La riccia sospirò.

“Sì. Abbiamo litigato. Jane ci ha sentiti, si è svegliata e mentre io piangevo ha cacciato Malfoy.”

“Tutta sua madre, eh?!”

“Perché avete litigato, Hermione?” chiese dolcemente la rossa.

“Mi sono sfogata con lui. Mi ha offerto il suo aiuto, i suoi soldi, e io ero a pezzi. Io sono a pezzi, e mi sono sfogata con lui.”

“Sa di Jane?”

La riccia annuì.

“Non è giusto. Perché a me Ginny? Perché? Amo follemente mia figlia. Perché?”

La rossa strinse a sé la donna che aveva dinanzi.

“Devi essere forte. E devi accettare l’aiuto di Malfoy. Se non quello economico, almeno quello morale.”

“L’ho cacciato. Capisci? Mia figlia l’ha fatto uscire di casa. E lui le ha chiesto scusa. Mi ha stretto per ore e io l’ho cacciato!”

“Dovresti contattarlo.”

“No.”

La rossa scosse la testa.

“Stai sbagliando Hermione.”

“Devo pensare a mia figlia, Ginny. Devo pensare solo a lei.”

 

 

 

 

-

 

 

 

Si era ritrovato su quella strada senza pensarci. I piedi, i pensieri l’avevano guidato lì. Lì dove quella bambina l’aveva stretto e abbracciato per la prima volta.

Aveva mentito a Blaise. Non stava bene. Non stava affatto bene.

Non aveva chiuso occhio per tutta la notte. Era stato sempre sul punto di smaterializzarsi a casa della Granger per vedere come stessero entrambe. Per sentire il loro profumo, uguale. Per guardare quei loro occhi.

No. Non stava assolutamente bene.

Aveva fatto telefonate. Ma come aveva detto la Granger, nessun medico sapeva cosa fare se non dire ‘Non c’è più niente da fare.’

Non era riuscito a porre ai dottori la domanda fondamentale.

‘Quanto le resta?’

Non c’era riuscito. Non voleva saperlo. Non poteva esserci un limite di tempo per quegli occhi, per quelle manine.

 

Erano le 15 del pomeriggio. Sarebbero usciti a breve.

L’avrebbe vista. Sarebbe rimasto in disparte. L’avrebbe guardata, si sarebbe assicurato che tutto andasse bene e sarebbe andato via.

E così fece.

Era andato a prenderla Potter. L’aveva vista sorridere al suo padrino e poi prendere la sua mano. C’era stato un momento in cui gli era sembrato che lei lo stesse scrutando. Aveva visto i suoi occhi tristi in quell’attimo. Poi lei si era voltata e lui aveva fatto altrettanto.

Così era tornato al Manor, ad affogare i suoi pensieri nell’alcool. Da solo.

 

 

 

 

-

 

 

 

“Come è andata la giornata con zio Harry, tesoro?”

Hermione guardava la sua bambina disegnare insoddisfatta su un quaderno.

“Mmm.. bene.”

“E cosa avete fatto di bello all’asilo? Oggi non mi hai raccontato nulla.”

“Abbiamo colorato. Imparato una canzone. E John e Billy si sono tirati i capelli.”

“E come mai?” chiese la donna mentre tagliava minuziosamente delle verdure.

“Perché i loro papà hanno fatto lite.”

“Anche tu e Draco ieri vi siete tirati per capelli?”

Hermione sorrise a sua figlia.

“No tesoro, certo che no.”

“E perché ti ha fatto piangere se non ti ha tirato i capelli?”

La donna posò il coltello nel lavabo e dopo essersi pulita le mani al grembiule si avvicinò a sua figlia.

“La mamma era triste e se l’è presa con Draco.”

“Ma lui ci vuole bene?” domandò innocente la bambina fissando la madre mordersi un labbro.

“Non lo so, amore mio. Ma io di certo te ne voglio tantissimo.”

La bambina si lasciò stringere dalla madre.

“Sai che l’ho visto?”

Hermione guardò confusa la bambina.

“Chi hai visto?”

“Draco!”

La donna sbiancò.

“Quando?”

“Oggi. Quando zio Harry è venuto a prendermi lui era lì. Mi stava guardando. Poi quando sono andata via, è andato via anche lui.” Commentò triste Jane.

“E non si è avvicinato?”

La piccola scosse il capo.

“E’ arrabbiato con me, mamma?”

La donna guardò gli occhi della figlia, speranzosi.

“No, lui non è arrabbiato con te.”

E strinse il corpicino di Jane a sé.

 

  
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