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Autore: TheBard    04/05/2012    2 recensioni
A tutti quelli che stanno leggendo, devo dire due parole, prima di cominciare.
Dovete sapere che i mostri, sì, quelli che, fin da bambini, sognavate nei vostri peggiori incubi, vedevate sotto il letto, nell'armadio, in cantina, quelli che scorgevate sorridervi per un attimo in strada , magari travestiti e, prima che poteste dirlo ai vostri genitori o semplicemente nascondervi al sicuro, protetti da papà e mamma, sparivano misteriosamente, senza lasciare tracce; magari dietro l’angolo di un vicolo, dietro un albero, dentro il portone di qualche casa o in qualche bar puzzolente; quelli che, quando uscivate con gli amici facevate finta di non vedere per non farvi credere pazzo e passavate oltre, abbassando la testa, sperando se ne andassero; quelli che, ancora oggi, magari sul treno, che vi passano accanto mentre camminate sul marciapiede, fate finta di non vedere, ma intanto sperate e pregate perché se ne vadano.
Sì, quei mostri esistono davvero e camminano tranquillamente tra di noi, comprano nei nostri supermercati, lavorano con noi, mangiano e bevono con noi nei nostri ristoranti e bar.
Forse abbiamo un mostro come vicino di casa e non ce ne accorgiamo nemmeno, perché siamo troppo impegnati a credere che non esista ...
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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OMBRE NELLA NOTTE

 
Le nuvole coprivano le stelle in quella notte di tempesta. Una donna camminava ansante per le strade lastricate della cittadina, guardandosi continuamente intorno, forse era braccata da qualcuno. Il cielo le sputava addosso tutto il suo disprezzo. Ma non era solo pioggia a scorrere sulla faccia della giovane, ma anche lacrime. I semplici vestiti erano incollati al suo corpo, tranne che per un rigonfiamento sul ventre. Era incinta. Come se la situazione non bastasse il fagotto che teneva tra le braccia si agitò nel suo telo bianco, ormai fradicio, poi cominciò a piangere. «Su, su, piccolo mio»disse dolcemente la donna «Vedrai che la zia ti porterà al sicuro da quei brutti cattivi che ci danno la caccia! Siamo quasi arrivati …». Le parole non rassicurarono il bambino che, forse a perché sentiva la preoccupazione della donna, forse a causa del tempo, o forse perché sentiva la mancanza della madre, si mise a piangere ancore più forte. Proprio allora un tuono scosse la terra e il cielo. La donna ammutolì. Il bambino pure. «Andiamo, piccolo mio, ormai è il momento»il volto della donna si contrasse per il dolore «E sento che il tuo cuginetto sta per arrivare. Non poteva scegliere un momento più sbagliato di questo».

«Attacchiamo, mio signore?»chiese un mostro coperto di peluria più nera della pece, con corna grandi come quelle di un toro, facendo sbatacchiare le guance flosce e muovendo gli sporgenti denti gialli. Un Darkos. I Darkos erano mostri usciti dagli abissi più oscuri delle Terre del Male, erano malvagi, traditori e voltagabbana. Infatti non esitavano un momento a cambiare schieramento nel caso avesse tirato l’aria sbagliata.
«Non ancora, stupido»disse una figura che, in quel buio, poteva sembrare un uomo. La sua stretta si fece più forte attorno all’arco che aveva in mano. «Dobbiamo aspettare il momento giusto. Adesso è ancora abbastanza in forze potrebbe dare l’allarme. A quel punto ci ritroveremmo tutta la città addosso. E’ questo che vuoi, insulsa bestia?»disse, poi aggiunse, tra se e se «Anche se non credo che nessuno di questi contadini ne avrebbe il coraggio»
«N-no, certo che no, mio signore” si affrettò a rispondere il Darkos, guardandosi i sudici sandali “Solo che pensavo …»
«Tu non devi pensare!»lo interruppe l’altro «Tu esisti solo per servirmi, se non l’hai ancora capito! Adesso taci, se non vuoi che lei ci senta!»fulminò il suo sottoposto con lo sguardo.
«Ma…»un rantolo uscì dalla bocca del mostro, prima che riuscisse a terminare la frase. La povera creatura si portò le mani alla gola, tentando di arrestare l’afflusso di sangue che sgorgava dalla ferita. Il mostro cadde in ginocchio, gorgogliando parole senza senso. Alla fine si accasciò a terra, morto.
L’uomo si chinò lentamente sul mostro, gli tolse le mani dalla gola e vi appoggiò le labbra, continuando finché non prosciugò tutto il sangue dal suo corpo. Un fulmine illuminò il volto dell’uomo mentre si alzava dal suo pasto. I lunghi denti accuminati erano sporchi di sangue, così come il mento e le guance. L’uomo sorrise. No, non l’uomo. Ormai era chiaro che quello non era un uomo. Era un vampiro. Quindi, forse, è più corretto dire: Il vampiro sorrise. Il vampiro sorrise. Ma il suo non era un sorriso normale, era un sorriso malvagio, insanguinato, non solo per il sangue che gli sporcava la bocca in quel momento, ma per tutto il sangue che aveva versato in tutta la sua vita. Gli occhi neri brillavano malevoli. I capelli, neri anche quelli, e a spazzola, tremolarono un po’ al vento e sotto la pioggia.
«Sangue di bestia, sì, ma sempre di sangue si trattava»guardò sia famelico sia divertito gli altri due mostri che erano con lui «Dovreste imparare da questa esperienza. Chi non fa quello che dico io, quando e come lo dico io, farà una brutta fine. Non si parla. Non si pensa. Se vi dico uccidete, uccidete. Se vi dico uccidetevi, uccidetevi»i mostri ammutolirono e si irrigidirono «Avete capito, esseri inutili? Rispondete!»sbraitò il vampiro.
«Sì, maestro!»risposero all’unisono i due.
«Bene»il vampiro si leccò le labbra «Perché non accetterò altre di quelle che considero insubordinazioni».

In quel momento la donna si voltò verso di loro. Per un istante rimase lì, come pietrificata, poi il suo sguardo mutò, mentre riconosceva il vampiro e la sua banda di mostri. Le pupille di lei si dilatarono, così come le sue narici. Il suo respiro si fece affannoso. Alla fine la donna si decise a correre, proprio nel momento in cui due frecce nere si conficcarono nel terreno dove era lei un attimo prima, dirigendosi verso la periferia del paese. Passava accanto alle finestre sbarrate chiedendo aiuto, bussava freneticamente alle porte delle case, ma nessuno rispondeva al suo appello. La sua destinazione era ancora lontana e il bambino poteva nascere da un momento all’altro. Il vampiro, però, stava facendo di tutto per riprenderla. Saltava di tetto in tetto, come un’ombra nera, velocissima e sempre più vicina lei.
La donna guardò indietro e vide i due Darkos, guardò sopra di sè e vide il vampiro (gran bella situazione) che, a braccia spalancate e con un sorriso malvagio, ma malvagio davvero, planava verso di lei. La donna scartò di lato con la forza della disperazione e cominciò a correre più veloce che poteva verso un edificio semidiroccato ala fine della strada. L’edificio era lungo abbastanza basso e grigio, poiché il tempo gli aveva strappato via tutta la verniciatura. Il giardino di terra brulla che era sul retro era tanto pieno d’acqua che sembrava un palude.

La donna rovinò contro la porta e cominciò a bussare e a chiedere aiuto. Un paio di secondi dopo si accese una luce e la porta si aprì.
«Cosa succede di tanto importante per svegliarmi a quest’ora di notte?»disse una ragazza sulla ventina, con i capelli castani assonnata e molto, ma molto irritata. Per un secondo si chiese perché la donna non rispondesse, ma la guardasse soltanto implorante. Poi lo sguardo della ragazza cadde alle spalle della donna e vide i tre mostri che la inseguivano, tutti e tre sporchi di fango - il che li faceva sembrare ancora più mostruosi - con in testa il vampiro che lanciava ruggiti sovrumani. La ragazza trascinò dentro la donna e sbarrò la porta appena in tempo, perché se avesse aspettato ancora qualche secondo, i cinque solchi che il vampiro aveva inciso sulla porta con un colpo di artigli avrebbero ucciso la donna.
Il vampiro urlò tutta la sua rabbia al cielo. Sorrise, guardando i Darkos rimasti atterriti dietro di lui, che, riconoscendo quel sorriso sadico e spietato, provarono a scappare. Ma quei mostri erano troppo lenti per il vampiro, che li sorpassò con facilità e si piazzò davanti a loro.
Gli occhi del vampiro scintillarono nel buio. Uccise i Darkos lentamente, senza fretta, per fargli assaporare tutto il dolore e la paura possibile. Sbatteva i corpi dei mostri sulle pareti, sulle finestre e sulla porta dell’edificio grigio, per ricordare a chi era dentro che lui c’era, anche se non poteva entrare, essendo un vampiro, e che sarebbe rimasto lì fino a quando la notte glielo avrebbe concesso.    

«Forza,forza» disse la ragazza, ignorando i rumori provenienti da fuori «Puoi farcela… aspetta… ecco mettiti sul mio letto, tranquilla… ora io arrivo…»
«A-aspetta... prendilo… si chiama Aaron ed è mio nipote… prenditi cura di lui… i suoi genitori sono morti… uccisi dal vampiro che hai visto prima… come mio marito» disse la donna, ansimando, stremata.
«Non preoccuparti, amica mia, mi prenderò cura di lui e, se lo desideri anche del tuo bambino»disse dolcemente la ragazza, mettendole un panno bagnato sulla fronte
«Oh, sì»rispose la donna, con un sorriso affaticato «È tutto quello che desidero» appena la donna ebbe finito di parlare il suo urlo squarciò la notte.
Ore dopo, sul fare dell’alba, il vagito di un bambino appena nato rallegrò al Sole il suo risveglio.
«Come vuoi che lo chiami?»chiese la ragazza, i lunghi capelli raccolti in una coda, più stanca che mai
«C-chiamalo Erik, in modo che questo bambino abbia un futuro grandioso»disse la donna, ancora più stremata della ragazza e, vedendo che quest’ultima stava per domandarle qualcosa disse: «Non interrompermi. Mi ha detto così Apollo, ma, mi raccomando, il bambino non dovrà mai saperlo questo. Apollo mi ha anche detto che mio figlio è destinato a riportare in vita i Paladini della Luce»la ragazza si portò una mano alla bocca. La donna sorrise. «Dagli questo»disse infine, sfilandosi dal collo una collana, con appeso l’effige di legno di un lupo «Era di suo padre. Spero che gli porterà fortuna»sospirò «Sento che è giunta la mia ora. Buona fortuna, amica mia, e che gli Dei ti assistano». Il dispendio di energie consumate nella fuga era troppo per la donna, che spirò, con il sorriso sulle labbra. Il braccio che reggeva la collana cadde di lato, la mano si aprì e l’effige del lupo volo a terra, dove atterrò con un tonfo.
Un raggio di sole entrò dalla finestra e si posò sul viso della donna. Alzando lo sguardo la giovane vide, solo per un attimo, affacciato alla finestra, un ragazzo dai capelli rossi come il fuoco, che piangeva. In quel momento la giovane capì che tutto era possibile.
  
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