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Autore: chi_lamed    05/05/2012    2 recensioni
"Aveva pianto troppo su stesso e non gli erano rimaste più lacrime.
Aveva finalmente bisogno di vedere il sereno."
(tratto dal Primo Capitolo)
"Un cuore spezzato da anni di tormenti geme di dolore anche se appena sfiorato per essere curato. E il farmaco adatto – lo sapeva, lo sapeva perfettamente – lo poteva trovare solo guardando dentro di sé, smettendo di avere paura di se stesso." (tratto dal Secondo Capitolo)
Severus e la filosofia: due mondi non così lontani. Cosa potrà mai avere in comune il Potion Master con Eraclito ed il Taosimo?
E' l'inizio di un viaggio, per riscoprire se stessi, per ricominciare a vivere. Ed avverrà grazie ad un incontro tanto particolare quanto inaspettato.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Severus Piton
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Per arrivare all'alba non c'è altra via che la notte'
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Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.


Panta Rei

 
Chi sono?
 
Un idillio puro e semplice, di quelli rari, così rari che viene spontaneo racchiuderli nella cornice dei ricordi per non farli scappare via lontano. Tanto incantevole da sembrare finto.
Ed invece, per la prima volta, la bellezza della realtà presente era tutta a portata di mano.
Sole splendente, caldo al punto giusto, brezza leggera.
Cinguettio di uccelli, fiume di montagna che scorre ripido e limpido a pochi passi, natura incontaminata.
Tutte cose che solo un anno prima non lo avrebbero interessato minimamente, un po’ per desiderio di rinunciare spontaneamente a qualsiasi fonte di gioia nella vita – una punizione perenne che si era inflitto da solo, quale giudice, carnefice e condannato – ed un po’ perché in quel tempo era troppo indaffarato prima a reggere il suo doppio gioco con Voldemort, poi a farsi quasi uccidere da Nagini.
Tutte occupazioni non da poco, non c’è che dire.

Comodamente seduto su una piccola panchina intagliata in un tronco, Severus riposava all’ombra di un larice, tra le mani un nuovo libro di Pozioni che trattava di rarissimi e complicati preparati provenienti dall’India. La fruttuosa mattinata tra i boschi inglesi in cerca di radici ed erbe non lo aveva per nulla stancato, anzi, gli aveva lasciato un inesprimibile senso di pace interiore, come una boccata d’aria pura dopo un lungo periodo trascorso in un luogo buio dall’aria stantia.
Niente obblighi scolastici, niente impegni al Ministero, nulla di nulla. Solo tempo unicamente per se stesso.
Ne sentiva il bisogno da tanto, similmente all’assetato che nel deserto anela alla fonte.
Arrivato ad un passo dalla morte, era miracolosamente rinato grazie all’aiuto inaspettato di Fanny.
In quegli istanti così cruciali aveva compreso che, nonostante tutto, nonostante la colpa ed il desiderio di espiazione tramite il proprio sacrificio, lui era fatto per la vita. Mentre le lacrime della Fenice scendevano a sanare ogni ferita esteriore, là, presso il confine, in bilico tra l’andare avanti ed il restare, il suo cuore aveva scelto la seconda possibilità.
Istinto di sopravvivenza? Anche.
Era tornato indietro più leggero, lo sentiva, come se un macigno di proporzioni colossali gli fosse stato tolto dalle spalle. Eppure qualcosa ancora non andava.
Il cuore gli aveva concesso la pace, pulsando ritmicamente per svegliarlo alla vita, la ragione invece in alcuni momenti era ancora restia ad accettare tutto, recalcitrante ed ostinata. L’abbraccio di Minerva, il sorriso dei colleghi, gli sguardi ammirati di un intero mondo magico, gli occhi di Harry… tutto gli diceva grazie e bentornato.

La ragione invece chiedeva: perché?
Era una vaga inquietudine, che s’intrufolava nei momenti meno opportuni, quando si sedeva alla scrivania in presidenza, quando si trovava al tavolo degli insegnanti o quando Minerva si rivolgeva a lui in tono materno perché non aveva mangiato abbastanza. Oppure di notte ed allora l’inquietudine diventava incubo: si vedeva afferrato da decine e decine di ombre senza volto né nome, pronte a ghermirlo, perché quella nuova vita che gli era stata regalata era un furto ed un errore; per lui non poteva esistere nessun merito, nessuna redenzione. Non era insolito, poi, trovarlo davanti allo specchio a guardarsi l’avambraccio sinistro completamente immacolato come la sua nuova anima, con la fronte appoggiata alla superficie fredda per accertarsi di essere sveglio e che quella fosse la realtà delle cose.

Perché?
Perché io sono vivo e non altri?
Domande che non trovavano risposta, a cui una gelida mattina di gennaio se n’era aggiunta un’altra, sempre davanti allo specchio, dopo che non riconobbe più l’uomo che vi era riflesso e non certo per una questione di fisionomia.
Chi sono? Fu la domanda che gli salì alle labbra.
Chi è Severus Piton?
Un ex Mangiamorte? Una ex spia? Il Preside di Hogwarts?
Era tutto quello e più ancora.
Era l’Uomo-Severus quello che non riusciva più ad afferrare.
Aveva vissuto quasi un’intera esistenza dietro ad una maschera. Ora che essa non era più, gli risultava difficile capire e mostrare chi fosse veramente. Non era come ricostruire un edificio partendo dalle macerie, era molto più complicato: i frammenti dell’anima sono incredibilmente più fragili ed effimeri, come una bolla di sapone. Aveva bisogno di un lungo e paziente lavoro per maneggiare qualcosa che gli sembrava sconosciuto e sfuggente, quasi estraneo.
E così a quella fatidica mattina se n’erano susseguite altre, fino alla fine della scuola. Non gli era mai capitato di attenderla con tanta trepidazione, quasi più dei suoi stessi studenti. Fatta passare una settimana per le ultime attività, aveva salutato tutto e tutti dichiarando di volersene andare in ferie in un qualsiasi posto, purché fosse lontano dal castello.
Perché una cosa gli era stata chiara, in tutto quel disagio: per avvicinarsi a se stesso doveva prendere il largo. Per superare l’inquietudine e gli incubi doveva rispondere a quella fondamentale domanda che lo tormentava da mesi.
Minerva, Pomona e Poppy erano rimaste presso i cancelli di Hogwarts a guardarlo andare via come se si trattasse di un evento che di lì a poco avrebbe scatenato la fine del mondo. Le espressioni esterrefatte delle tre donne mentre, valigia fluttuante al seguito, oltrepassava la barriera per smaterializzarsi, gli avevano fatto pensare di essersi trasfigurato senza accorgesi in un Ippogrifo a pois.
Era evidente che per loro Severus Piton non sembrava persona capace di mollare tutto ed andarsene in qualcosa di simile ad una vera e propria vacanza.
Ulteriore necessità da ricordare, si era detto: cominciare a vivere sul serio.
Aveva pianto troppo su stesso e non gli erano rimaste più lacrime.
Aveva finalmente bisogno di vedere il sereno.



*****

Note dell'autrice: se siete arrivati fino in fondo senza annoiarvi, vi dimostrerete molto gentili se mi lascerete una recensione, per la quale ve ne sarò enormemente grata.

Il Personaggio Originale arriverà nel prossimo capitolo e promette scintille. E no... sarà completamente fuori dagli schemi e da ogni previsione, spero di stupirvi.

 
  
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