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Autore: Milla Chan    06/05/2012    3 recensioni
La sveglia sul comodino suonò non appena scattarono le 7.30.
Una mano stanca uscì da sotto le coperte e cercò a tentoni il bottone per spegnere quel fastidioso rumore.
Oh, finalmente un po’ di silenzio.
Nor si rigirò nel lenzuolo, sentendo qualcosa di troppo ingombrante opprimerlo. Socchiuse gli occhi appannati e si stiracchiò lentamente, girando lo sguardo alla sua destra. Dan dormiva ancora profondamente, abbracciato al cuscino come un bambino.
Si alzò a sedere senza fretta, non riuscendo ancora a distinguere bene i contorni delle cose che lo cirdondavano.
Ma non potè non notare di avere una mano impigliata tra dei lunghissimi capelli biondi, ondulati, che pareva fossero proprio i suoi; né ignorare due prosperose sporgenze sotto la maglietta del pigiama.
-Ma che cazz...-
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Danimarca, Nordici, Norvegia
Note: nessuna | Avvertimenti: Gender Bender
Capitoli:
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Letto.
Letto, letto, morbido letto, soffice letto, coperte profumate ma perfettamente vissute.
Nor tirò un lungo sospiro mentre si lasciava cadere con la faccia nel cuscino.
Cuscino, oh, il suo cuscino. Il suo amato cuscino.
Chiuse placidamente le palpebre, facendo finalmente riposare gli occhi crepati dalla stanchezza e dall’astinenza dal caffè, circondati da delle occhiaie spaventose.
Erano passati poco meno di tre mesi, ma le sembrava un anno intero.

Caffè.
Nei momenti liberi non riusciva a pensare ad altro, ma doveva immediatamente sradicare quella tentazione dalla sua mente.
Margrethe non avrebbe mangiato, se lei avesse bevuto il caffè. Fa tanto schifo, il latte, se si bevono o mangiano certe cose? Nor non lo sa, ma sa che, se Margrethe è sofisticata e schizzinosa come lei... Allora sì, il latte avrebbe un gustaccio. In ogni caso.
Ma qualche sacrificio, per quanto difficile, bisognava pur farlo, no?

Si girò a pancia in su, portandosi le mani alle tempie e massaggiandole con un lungo sospiro, sentendo già la pesantezza scivolare tra un sonno ormai imminente.
“Vai a riposarti. Sto un po’ io con lei ~” , le aveva detto Dan con un sorriso enorme, prendendo dolcemente tra le braccia la bambina che agitava le braccine in aria tra vari mugolii.
Doveva ammettere che i primi giorni non si fidava a lasciarla a lui, anche se rimaneva nei paraggi. Santo cielo, Dan fa già abbastanza fatica a badare a se stesso, figuriamoci ad un neonato!
Però non poteva fare altrimenti. Sarebbe impazzita, se avesse fatto tutto da sola. Inoltre, Dan si era rivelato, assieme alle fate, un ottimo compagno di giochi (se non dirattamente un giocattolo) per la bambina. Sembrava che le stesse simpatico, con tutte quelle facce stupide, i capelli altrettanto stupidi che afferrava tra le manine minuscole non appena ne aveva l’occasione, i lunghi discorsi che sicuramente lei non capiva, ma che Dan faceva comunque.
Non avevano mai avuto a che fare con un qualcosa di tanto piccino, per questo erano ancora un po’ impacciati.
Quando avevano trovato Ice tanti secoli fa, era piccolo, sì, ma non così tanto.
Oh, Norvegia se lo ricorda bene, quel giorno. Si ricorda il calore dalla propria pelliccia sulle spalle, le nuvolette di fumo che gli uscivano dalla bocca per il freddo e i lamentosi singhiozzi disperati che gli erano giunti all’orecchio con il vento sferzante e gelido. Si ricorda il fagottino piangente con i capelli color argento nascosto tra le piante, si ricorda il cuore che era sprofondato sotto terra quando aveva incontrato i suoi occhioni ametista, si ricorda che non aveva esitato un attimo a prenderlo con sé e portarlo via. Aveva promesso che niente gli sarebbe mai successo, che sarebbe sempre stato bene, con lui, il suo fratellone, nessuno l’avrebbe mai toccato, nessuno gli avrebbe mai fatto del male, nessuno avrebbe mai portato via da lui il suo piccolo...
-...Ice...- socchiuse un po’ gli occhi, appannati, mormorando con voce impastata la continuazione di quello che era stato un breve sogno.

Ci mise un attimo a collegare il cervello. All’improvviso, si tirò a sedere di scatto, guardando l’orologio.
Quattro ore...? Aveva dormito quattro fottute ore?
Ma Margrethe doveva mangiare ogni tre ore, perché nessuno l’ha chiamata? Perché non aveva pianto, non si era lamentata? Dov’era Dan?
Sentì quasi l’aria mancarle. Santo cielo, e se era successo qualcosa?
Si alzò velocemente in piedi e corse verso la porta.
Perché non sentiva la rumorosa voce di quell’idiota!?
Corse giù per le scale, saltando qualche gradino.
-Dan...?- ansimò con il fiatone, ancora per le scale. Nessuna risposta.
-Dan...!- camminò velocemente verso il divano con il cuore in gola, e...
-...Oh.-
Si sentì piacevolmente alleggerita, mentre il suo battito tornava normale e si diceva di calmarsi.

Danimarca, coricato sul divano, dormiva profondamente, e la bambina distesa placidamente sul suo petto faceva lo stesso.
Nor rimase per un po’ ad osservare quella scena adorabile.
Osservò la bocca socchiusa del danese, l’espressione beata, i suoi capelli sparsi sul cuscino, una mano dietro la nuca e l’altra sul minuscolo piedino della bambina, avvolto in una calzina leggera ricamata.
Quando spostò lo sguardo su Margrethe, le sembrò di vedere un Dan in miniatura, tanto si somigliavano per espressione e atteggiamento, in quel frangente.
Si lasciò sfuggire un sorriso e si chinò lentamente a prendere in braccio la bambina, che si svegliò con un piagnucolio.
-Nnnh?- Dan alzò appena la testa, aprendo pigramente un occhio, mugolando.
-Oh, ben svegliato, aitante padre.- formulò con una nota sarcastica la ragazza, mentre si sedeva sul bordo del divano, spingendo Dan per fargli capire che voleva spazio.
-Nnnh, ciao Norge...- il danese si mise faticosamente su un fianco per permetterle di sedersi, affondando il gomito nel cuscino e tenendosi la testa con la mano. -...Norge, sai, pensavo a una cosa...-
La ragazza, iniziando a dar da mangiare a Margrethe, non disse niente, se non un verso indistinto che significava che Danimarca poteva parlare senza rischio di essere preso a pugni.
-...Norge, hai intenzione di tornare un ragazzo, non è vero?-
Norvegia gli riservò uno sguardo di pietra mentre sentiva la mano dell’altro passare distrattamente tra i lunghi capelli.
-Certo che sì.- rispose con fermezza, spostando gli occhi sulla bambina affamata. -...Quando... quando passeremo dal latte a roba più consistente, si intende.-
-Capisco, sì...-  gli rispose annuendo l’altro, un po’ poco convinto. Nor se ne accorse, e digrignò i denti.
-Non posso rimanere ragazza a vita. Non voglio. Non voglio.- cominciò in tono acido, allontandando la sua mano da lei in modo brusco.
-Davvero, lo capisco, ti do ragione, solo che mi chiedevo...- Dan ritraè la mano, un po’ abbacchiato. –...Cosa le diremo quando sarà grande?-
-La verità.- rispose a denti stretti, alzandosi in piedi, boccheggiando, con gli occhi lucidi. –Credi forse che non le diremo che noi siamo Nazioni, che non crescerà con la consapevolezza di essere diversa dagli altri?-
-...Nor...-
-Credi che, oh, no, non noterà che i suoi genitori non invecchiano? Non possiamo non dirle la verità.-
-Nor...-
-Pensi per caso che non si sentirà a suo agio, ad aspettare fuori dalla sala dei meeting assieme a Sealand, a Ladonia, a Wy, e gli altri? Pensi invece che se la passerebbe bene se la riempissimo di bugie tipo “oh, sì, tu sei umana, sei come tutti gli altri bambini”.-
Nor parlava con voce altalenante, agitata, cullando forse con troppa enfasi la bambina e fissando con gli occhi arrossati il ragazzo che la guardava, un’espressione spaventata che gli aleggiava in volto.
-Norge, dannazione, lasciami parlare e ascoltami...-
-Non sai che Margrethe non è né umana né Nazione, o non ce l’hai ancora ben presente? Margrethe, pur non avendo tutti i nostri problemi, la preoccupazione di avere un intero popolo sulle spalle, non invecchierà oltre un certo limite, come noi. Ti rendi conto? È qualcosa che gli esseri umani cercano da sempre, Dan. La spensieratezza di un essere umano comune e le caratteristiche di una Nazione. È l’esistenza migliore che si possa desiderare, deve esserne consapevole, non puoi dirle che...-
-Norvegia!- Dan si alzò in piedi, gridando, prendendola per le spalle e scuotendola con forza. –Smettila, riprenditi, ho capito, stai tranquilla!-
La ragazza smise di parlare, esaminando i suoi occhi  con i propri, di ghiaccio, sgranati e scettici, interrompendo di cullare la bambina che si era già riaddormentata e girandosi di schiena per andarsene dalla stanza.
-Nor... Mantieni la calma. Ho capito. – continuò il danese, abbassando la voce, sorridendo e seguendola su per le scale. –Ti avevo solo chiesto una cosa, non c’è bisogno di scaldarsi, okay?-
La ragazza appoggiò Margrethe nel suo lettino, appoggiando poi le mani sulle sponde di legno. Il ragazzo l’abbracciò da dietro, passandole le mani sul ventre.
 Nor stette in silenzio, corrucciando appena la fronte e stirando la bocca in una smorfia.
-...Ti ricordi quando ti sei svegliata che eri donna? È quasi un anno, eh...- ridacchiò Danimarca, respirando con lentezza il profumo dolce dei suoi capelli.
-...E abbiamo fatto l’amore una volta. Oh, no, scusami, non abbiamo fatto l’amore, abbiamo fatto sesso. Una volta. Una dannata volta. Io me lo ricordo appena e tu non te lo ricordi neanche.- sussurrò piano, vicino al suo orecchio, abbassando piano la testa e poggiando ripetutamente le labbra socchiuse sul suo collo in una serie di baci caldi.
Nor gemette piano, colta di sorpresa, socchiudendo gli occhi e inclinando la testa di lato. Oh, non che a lei non fosse mancato, anzi. Era strano pensare che fosse passato così tanto tempo. Avrebbe voluto strattonarlo per il colletto e buttarlo sul letto, spogliarlo senza fretta, godendosi ogni contimetro di pelle scoperta, fare l’amore finchè non sarebbero crollati, fargli sentire che sì, lo ama, lo ama da impazzire, per tutto quello che aveva fatto, che stava facendo e che avrebbe fatto, per quello, per tutto.
Ma la sua già bassa incoscienza se n’era definitivamente andata da quando era diventata una ragazza, facendo sembrare il sesso qualcosa di quasi terrificante. Per questo aveva un po’ di paura.
Paura che non sarebbero riusciti a controllarsi. Perché loro sono così, sono troppo passionali.
Beh, però è una paura davvero stupida, pensando che, dannazione, sarebbe bastato un fottuto contraccettivo.

-Sono già stata irresponsabile una volta, Dan.-
Danimarca ghignò, scuotendo piano la testa e facendo scivolare le sue mani per il corpo sinuoso.
-Norge, Norge, e io non sono tanto inutile. A volte compro anche cose utili, sai...-
La ragazza girò la testa, guardandolo da sopra la sua spalla con gli occhi pressoché increduli, portando una mano dietro al suo collo e facendo incontrare le loro bocche già dischiuse e umide.
...Oh, allora poteva mandare tutto al diavolo e staccare per un po’?
Dan rispose al bacio, con il cuore gonfio di gioia, sollevandola da terra e stringendola forte contro di sé, sentendo le sue gambe stringersi attorno ai fianchi e le mani aggrapparsi in modo quasi disperato alla camicia.

FINE VENTISEIESIMO CAPITOLO!

Angolo autrice.
Come annunciato su Facebook: ALLA FACCIA DELLA PAUSA! Sono tornata più carica di prima ed ho un sacco di csoe da dirvi!
Ci stiamo forse avviando verso la fine? Sì, è ufficiale. Finirò al capitolo 28.
Ovvero, il prossimo sarà il penultimo. °A°
Ah, oggi sono in vena di dolcezze, quindi vi dirò una cosa che avrei dovuto dire molto tempo fa, oltre che un semplice grazie: insomma, voglio dirvi che io sarei veramente depressa se non ci foste voi, lettori, ad incitarmi con le vostre recensioni. Anche se alcune recensitrici me le sono misteriosamente persa per strada (°D°), altre mi si sono aggiunte (TheJolly, che ultimamente mi recensisce sempre i capitoli, grazie grazie! <3), e altre ancora sono mie seguaci fin dagli ancestrali principi, come la mia amatissima, simpaticissima, adoratissima happylight <333 *lancia bacini e complimenti*
Quindi, grazie di cuore, perché io penso tutto il giorno a cosa scrivere per far felice sia la mia mente di fangirl sia voi lettrici (/lettori?)

   
 
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