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Autore: Ariel Bliss Russo    06/05/2012    7 recensioni
Trasferirsi in una nuova scuola fa sempre uno strano effetto, specie se la scuola in questione è la A.M.A, Academy of Music and Arts, nel cuore di Londra.
Ma con Janet ci saranno anche Lexy, Jasmine e Kimberly, quindi tutto dovrebbe risultare più semplice.
Oppure no.
Perché quando si renderanno conto che la loro strada è già intrecciata con quella di Louis, Harry, Niall e Liam, semplice è davvero l’aggettivo sbagliato.
Forse ingarbugliata. Complicata. Intrigante. Difficile.
Meglio, si, direi che così diamo l'idea.
Perchè questa è la storia di un gruppo di adolescenti e della loro vita scandita tra una campanella e l’altra.
E’ la storia del passato che ritorna, del presente incomprensibile e del futuro incerto raccontato da tanti punti di vista.
E’ una storia, e basta. E come tale deve essere narrata.
Genere: Comico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Over the moon

Capitolo 2

You move in circles
You don’t need an invitation
You play it right so you can get the right reaction
{Falling Down - Selena Gomez


 

L’edifico e il cortile di fronte si riempirono solo negli ultimi dieci minuti.
I ragazzi si salutavano a distanza o si fermavano per quattro chiacchere, e ognuno sembrava avere il suo gruppo.
Janet si sentiva un po’ spaesata, ma quel caos e l’energia che vibrava nell’aria la rendeva di buon umore.
Il peso dello zaino si era di gran lunga alleggerito, dopo aver sistemato molti dei libri che portava nel suo nuovo armadietto, ed era ancora intenta a memorizzare gli orari delle lezioni appuntati su un foglio, quando andò accidentalmente a sbattere contro qualcuno.
«Ehi, attenta a dove cammini!» protestò la ragazza con cui si era scontrata.
Alzò gli occhi, mortificata, incontrando quelli verdi e irritati dell’altra.
Come al solito ne aveva fatta una delle sue, il primo giorno nella nuova scuola.
«Scusami, non volevo…»  
Prima che potesse dire altro, mettendosi a farfugliare frasi incomprensibili, lo sguardo della ragazza cambiò, con una punta di sorpresa mista a curiosità.
Si accorse solo in quel momento che dietro di lei c’erano altre ragazze, le quali osservavano la scena bisbigliando a mezza voce e lanciando occhiatine furtive.
Janet ammutolì quando le rivolse nuovamente la parola, stavolta con tono più cordiale.
«Sei la ragazza nuova, quella che viene dalla Francia?»
Annuì, sempre più sorpresa dalla rapidità con cui le notizie giravano in quella scuola.
Ed era arrivata da quanto? Due giorni?
Probabilmente qui è normale si disse, abbozzando un mezzo sorriso.
«Oh, è un piacere conoscerti!» esclamò quella, battendo entusiasta le mani fra di loro.
«Io sono Katrina» aggiunse, allungando una mano verso Janet che, confusa dall’ improvviso cambio d’umore della ragazza, la strinse senza badarci troppo.
«Janet» replicò educatamente.
«Mi piace» commentò un’altra delle bionde accanto a Katrina, facendole l’occhiolino «io mi chiamo Sarah»
Janet annuì di nuovo, mentre la dolorosa stretta di paura e disagio nel suo stomaco andò attenuandosi, e avrebbe forse accennato ad un ‘piacere’ un po’ più caloroso se Katrina non l’avesse interrotta.
«Sarah, non c’è fretta di presentarsi, Janet avrà tutto il tempo di conoscerci e, perchè no!, entrare nel nostro gruppo!» esclamò con voce un tantino stridula, inclinando leggermente la testa per squadrare attentamente Janet.
Lei non sapeva che dire.
Possibile che lì si legasse tanto in fretta?
Oh, ma perché tante domande!? Cosa ne sapeva, lei, delle scuole private di Londra se l’unica istruzione che aveva ricevuto era stata rigida e limitata solo alla buona educazione e alla severa disciplina?
«Sarebbe bello» balbettò imbarazzata, abbassando lo sguardo da quello pungente e curiosa della ragazza.
 Katrina fece un sorriso che, ad un occhio inesperto come quello di Janet, poteva sembrare dolce, ma che andava totalmente verso la strada opposta.
Avere una nuova pedina serviva sempre, in una scuola come la loro.
«Ottimo. Benvenuta alla Arts and Music Academy, piccola Janet»
Bizzarro, si era detta la stessa cosa poco fa.
Abbozzò un sorriso più convinto, seguendo il gruppetto di ragazze quando Katrina fece loro cenno di muoversi.
Magari si sarebbe adattata prima di quanto pensasse.
 
«Louis, ehi!»
Il moro si girò udendo il suo nome, la mano ancora sullo sportello aperto dell’armadietto, con le sopracciglia aggrottate alla ricerca della persona che lo aveva chiamato.
Il suo sguardo incontrò quello di Harry, a pochi passi dietro di lui, con quel suo modo di camminare e lanciare sguardi che attirava il sesso opposto come la luce con le falene.
Ruotò gli occhi per quella giornaliera dimostrazione di mascolinità, fissando l’amico con fare divertito.
«Hai finito di sfilare per i corridoi della scuola?» gli chiese non appena quello fu abbastanza vicino.
L’altro non degnò di nota quel commento sarcastico, facendo schioccare rumorosamente la lingua con la consapevolezza di quanto desse fastidio a Louis ogni volta che lo faceva.
Era un segno di novità e spesso, spessissimo anzi, Harry gli portava racconti delle sue ultime avventure.
E Louis si annoiava da morire.
«Ok amico, sai che giorno è oggi?» domandò il riccio, sbuffando mentre l’altro era occupato a raccogliere i libri dall’armadietto.
Louis però non rispose subito, intento a cercare il libro di matematica che gli sarebbe servito per la lezione successiva.
Ma dove diavolo l’aveva buttato?
«Ascoltami, dai!» si lamentò Harry, spingendolo fuori da quel buco di metallo e sbattendo lo sportello per obbligarlo a ascoltare ciò che aveva da dirgli.
«Katrina rompe ancora le palle? Diglielo chiaro e tondo anziché portartela a letto ogni volta, no?» lo precedette Louis, poggiando una spalla all’armadietto.
«Non c’entra Katrina, spero. Cioè, non so se lei… ok, il punto è che oggi è il primo lunedì di ottobre» fece lui, passando distrattamente una mano fra i riccioli.
«So leggerlo anche io il calendario… e quindi?»
«Ma come, lo hai dimenticato?»
«Cosa?»
Harry guardò male il ragazzo, scuotendo la testa.
A volte Louis sembrava vivere in un altro pianeta.
«Oggi ci sono le prime audizioni per l’organizzazione dei nuovi gruppi!» esclamò spazientito, lasciando poi sorgere un sorriso calcolatore sul viso.
Merda, Louis lo aveva dimenticato.
Si portava la testa da giorni con quel grande evento, che li vedeva impegnati come parte della giuria, ma non per il vero motivo che avevano le audizioni in sé, no.
La A.M.A, letteralmente Academy of Music and Arts, era un liceo-istituto, il loro ovviamente, situato nel centro di Londra, che dava agli alunni la possibilità di frequentare le lezioni tradizionali come letteratura, matematica, storia, filosofia, biologia e quant’altro insieme a corsi musicali che prevedevano l’uso di almeno uno strumento e il canto o più strumenti insieme, oltre i corsi extra di ballo.
Ogni anno si facevano delle audizioni per raccogliere gli elementi migliori e inserirli nello spettacolo di fine anno.
Più o meno era tutto.
«Hai idea di quante ragazze si esibiranno di fronte a noi? Faremo una lista delle migliori, puoi starne certo» aggiunse, annuendo a se stesso per quell’idea geniale.
Ed ecco perché Harry aveva insistito tanto con la preside per inserire i loro nomi.
Che poi perché ha coinvolto anche me in questa cosa?
Ah giusto, era il suo migliore amico, dovevano fare le cose insieme.
Tsz, fortuna che non facevano tutto insieme, anche se Harry gli aveva detto più volte che c’era stata qualche ragazza che avrebbe accettato una cosa a tre.
Bleah, il solo pensiero gli rivoltava lo stomaco e doveva ancora mangiare.
E poi lui era occupato, ma ad Harry non importava perché Melissa non gli piaceva proprio.
«Non ricordavo fosse oggi» si scusò, approfittando della distrazione di Harry per riaprire l’armadietto e cercare il volume di matematica.
Ecco dov’era! Ma chi ce lo portava dietro il mattone di letteratura?
«Louis, questa cosa del voto basso in matematica ti sta mandando a puttane il cervello. Hai una buona media, non sarà un solo quattro a rovinarla!» sbottò Harry, incrociando le braccia nel momento in cui Louis gli lanciò un’occhiataccia.
«Fatti bocciare anche tu in terza e poi vediamo se non ti viene la voglia di studiare un po’ di più e mandare a fanculo il liceo quando finisci» commentò il moro, richiudendo l’armadietto e avviandosi nel corridoio.
Dopo un secondo Harry lo affiancò con le mani nelle tasche.
Lui non era mai stato bocciato ed era al quarto anno, mentre Louis, che aveva dovuto ripetere il terzo, ora era all’ultimo.
In effetti l’idea di dover ripetere un intero anno lo spaventava.
Peggio, lo terrorizzava completamente.
«Hai ragione. Però questa è un’occasione per svagare un po’!» riprovò, sapendo di avere ragione.
«Non giocare la carta dello studio che mette pressione»
Harry lo superò e gli si parò davanti.
«Louis, Louis, Louis» disse con tono fintamente amareggiato, scuotendo i riccioli e poggiandogli una mano sulla spalla.
L’altro inarcò un sopracciglio, non sapendo se ridere o mandarlo a quel paese.
«Quando capirai che lo faccio per il tuo bene? Studiare è giusto, ovviamente, ma dovresti staccare un attimo la presa» continuò, mimando a gesti il filo che viene via dalla presa nel muro.
Louis sospirò, grattandosi la nuca.
Non gli avrebbe dato tregua finché non avesse acconsentito.
Magari ne ricavava qualcosa di buono.
Vabbè.
«Dove e quando?» chiese svogliatamente, lasciandosi scappare un sorriso quando il viso dell’amico si illuminò a giorno.
Poteva fare il figo quanto voleva, ma in fondo Harry era un tenerone come lui e non avrebbe fatto niente senza Louis.
«All’auditorium dell’ala est, alle quattro. Sei il migliore Louis! Ci vediamo a pranzo!» esordì con foga, lasciandolo con una pacca sulla spalla e correndo per arrivare puntuale alla prossima lezione.
A proposito, lui dove doveva andare adesso?
Quarta ora, quindi… matematica!
Cacchio, se l’era levato dalla testa nel giro di pochi secondi!
Si affrettò verso il lato opposto del corridoio, ignorando che qualcun altro avesse appena assistito alla sua chiacchierata con Harry.
 
E così stava davvero con lui, il famoso Louis.
Louis Tomlinson.
Il ragazzo di sua sorella Melissa.
La bionda sorrise, esaltata da quella piccola conferma, mentre poggiava completamente le spalle contro la piccola parte di muro compresa fra le due file di armadietti.
Melissa non l’aveva mai portato a casa, non aveva nemmeno mai detto il suo nome davanti a lei, però era riuscita a origliare una conversazione telefonica con una delle sue amiche pettegole e così… ora ne era sicura.
Seguì con gli occhi la figura del ragazzo moro, che in quel momento le passò davanti distratto dal suono irritante della campanella, senza accorgersi di lei.
Il sorriso diabolico sul suo viso si allargò in un ghigno.
Gli avrebbe fatto cambiare idea, eccome se ci sarebbe riuscita.
E sarebbe riuscita a ritornarle il torto, finalmente.

L'angolo del Cappuccino (?)!
Saaaalve! xD
Okkei, wau, 10 recensioni, preferita da 7, ricordata da 1 e seguita da 9??
Vi adorooo *w*
Sono contenta che questa FF sia stata accolta tanto bene, davvero, e spero che continuerete a seguirla così! :)
Aspetto i vostri commenti, MIAAAAAAAO (?)
Baciiii xD
Bliss Ariel Russo
   
 
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