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Autore: LenahSalvatore    06/05/2012    0 recensioni
Il dolore è parte integrante dell’amore……ti fa crescere, ti cambia e fa diventare sempre più forti i tuoi sentimenti……il dolore per una perdita, un rifiuto, per essere stati mollati è ciò di cui si ha paura quando si ama ma se sarai forte ogni momento passerà e un angelo ti salverà facendoti capire che nulla è perduto……prendigli la mano e tenerla stretta perché anche quell’angelo un giorno potrà abbandonarti.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Guardavo fuori dal finestrino della macchina della mia madrina non che mia nuova tutrice, Tania, la pioggia cadeva inesorabile sull’asfalto delle strade di Londra e sbatteva contro il vetro fornendo una piccola melodia malinconica ai miei pensieri mentre mi dirigevo verso la casa di Tania, ero lì seduta sui sedili posteriori dell’auto a pensare ai fatti appena successi. Mia madre, Clara, era morta da pochi giorni a causa di una malattia che la mia famiglia si portava dietro da anni, prima aveva distrutto la vita a mio padre e poi a mia madre, non avevo fratelli e neanche sorelle, ero sola, nessuno dei miei parenti mi voleva con se, per loro ero troppo malinconica, non sorridevo mai, ormai questo era il mio unico aspetto da quasi sette anni. Vagabondavo insieme a mia madre che cercava di ridarmi il sorriso, cosa impossibile, dalla morte di mio padre non avevo mai avuto momenti felici, i pianti di mia madre mi rendevano ancora più triste e non avevo più la forza di sorridere, ero a metà tra uno zombi e un essere umano, la mia madrina era l’unica che forse riusciva a capirmi e per questo si era fatta carico della mia presenza dopo la morte di mia madre. Londra era ancora più malinconica di quello che la tv mostrava, gli edifici erano tutti grigi, non c’erano colori tranne nei monumenti, forse ero solo io a vederla così o forse era la pioggia a nasconderne i colori, Tania mi aveva iscritta a una delle tante scuole private della città che avrei incominciato a frequentare dal giorno dopo. Dopo varie curve giungemmo di fronte al palazzo dove averi abitato fino a che Tania non si sarebbe stufata di me o magari finche non fosse morta, ormai ero segnata ogni persona che incontravo o mi evitava, o dopo poco mi mollava o addirittura moriva, avevo smesso per questo di frequentare seriamente le persone, mi limitavo a malapena ai ciao fatti più per educazione che per vero e proprio interesse. Il palazzo era molto alto totalmente grigio, il portone era di un marrone scuro strano, direi antico, Tania tirò fuori dalla borsa la chiave e aprì il portone, l’interno era simile alla facciata, avevo ragione era un palazzo antico, sulle pareti vi erano affreschi che raffiguravano persone, probabilmente i costruttori dell’edificio, la scale era di marmo bianco levigato dai passi degli uomini e delle donne venuti prima di me. I muri non erano molto colorati a parte gli affreschi, salite le scale fino al terzo piano, Tania aprì la porta più lontana, era anch’essa vecchia, ma non marrone più beige, sulla porta c’era una scritta in inglese “ home sweet home”, come se quella fosse la mia vera casa, Tania mi aiutò a portare dentro la mia unica valigia e mi condusse nella mia nuova stanza. L’ingresso era molto decorato, al contrario di come mi sembravano le strade lì c’erano molte piante diverse e sui muri molti dipinti che raffiguravano paesaggi felici e assolati, però in mezzo a quei magnifici dipinti ce ne era uno fantastico che mi colpì da subito, era un altro paesaggio ma più malinconico, era una foresta buia e scura, gli alberi erano ricoperti di muschio e sul terreno non c’erano fiori perché la luce non riusciva a filtrare dai fitti rami. Tania si accorse del mio interesse e dopo aver appoggiato la mia valigia davanti a una porta mi venne incontro e disse: Tania – Non ti piace? Scusa avrei dovuto toglierlo mi dispiace! Io – No! È bellissimo lo posso appendere in camera mia se non ti dispiace? Il suo volto si illuminò di un sorriso autentico, come faceva? Non parlò fece solo cenno di si con la testa e prese tra le mani il quadro, si spostò verso la porta della mia nuova stanza, la aprì con forza e me la fece vedere, sulla porta c’era un cartello con scritto” non disturbare”, probabilmente lo aveva messo lì perché fosse usato, avevo già qualche idea. La stanza non era enorme ma neanche minuscola, il letto era vicino alla finestra e proprio di fianco c’era una vite, lei si avvicinò alla vite e vi appese il quadro, sul resto delle pareti c’erano vari poster di cantanti e attori che conoscevo ma per cui non avevo un minimo interesse tranne per un gruppo che ascoltavo da quando era morto mio padre. Appoggiato alla parete di fronte al letto c’era una scrivania in legno con un computer nuovo sopra, la scrivania era piena di fogli e di penne, vicino all’unico angolo vuoto c’era un portapenne anch’esso vuoto e di fianco una piccola lampada nera, appena dietro la porta c’era un vecchio armadio ridipinto di azzurro, le lenzuola erano viola e sul pavimento in marmo c’era un vecchio tappeto persiano, o almeno credo. Tania – Sulla porta c’è un cartello, se vuoi stare da sola giralo dalla parte della scritta! Scusa per il disordine della scrivania non ho avuto il tempo per metterla a posto! I poster te li ho messi per ravvivare un po’ la stanza se vuoi metterli solo di un particolare tipo o toglierli tutti basta che chiedi! Io – Posso tenere solo quelli di quel gruppo lì! Indicai il mio gruppo preferito, anzi l’unico gruppo che ascoltavo ormai da anni, il suo viso si illuminò di nuovo, forse avevo capito, tutti erano talmente disperati riguardo me che ogni mio interesse era importantissimo, un evento anzi non doveva essere ignorato, ecco perché si illuminava sempre a ogni mio interesse, però non dovevo approfittarne. Lei uscì dalla stanza e dopo pochi minuti tornò in camera mia con una sfilza di poster dello stesso gruppo e scotch, appoggiò tutto sul mio letto, la scrivania era troppo piena per poterci ancora appoggiare qualcosa, e staccò dal muro tutti i poster che non mi interessavano e al loro posto mise gli altri, il mio gruppo preferito su tutta una parete, saldò tutto con lo scotch e portò via i poster tolti. Tornata in camera aprì uno dei cassetti della scrivania e tolse dei cd, mi fece avvicinare con un cenno piuttosto marcato e mi fece notare che lì c’erano tutti i cd del mio gruppo preferito, aprì il cassetto sotto e mi fece vedere un lettore cd nuovo di zecca. Tania uscì piano dalla stanza e portò la mia valigia in camera, mi guardò per qualche secondo e poi uscì definitivamente dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle, mi girai verso il letto e aprì la mia valigia, dentro c’era tutta la mia roba, i miei vestiti rigorosamente neri, la mia biancheria intima anch’essa rigorosamente nera e l’unica foto a cui tenevo veramente, quella della mia famiglia prima della sua distruzione. Notai alcune cose che prima non avevo notato, vicino al letto c’era un piccolo comodino con sopra una lampada per leggere, lì vicino ci appoggiai la mia foto, poi vicino alla scrivania c’era uno specchio con la cornice d’orata, aprì l’armadio e incomincia a metterci dentro la mia roba, quando ebbi finito uscì dalla mia stanza per osservare la casa. Uscita dalla stanza tornai a osservare il corridoio che era anche l’ingresso, adesso al posto del quadro malinconico era comparso un altro quadro, un paesaggio felice come gli altri però c’era una particolarità ora dentro il quadro c’era una famiglia felice, era stata dipinta sopra l’enorme prato fiorito mentre consumava il cibo preparato per quell’uscita, troppo smielato per i miei gusti. Osservai il resto del corridoio, c’erano altre tre porte, di fianco al quadro smielato c’era una porta di legno ridipinta di bianco, mi avvicinai e girai il pomello d’oro, era il bagno, le piastrelle erano di un azzurro chiaro quasi bianco, sul fondo c’era una finestra con i vetri opachi e una tendina bianca con dei fiorellini rosa pallido. Sul lato destro del bagno c’era una vasca da bagno enorme, forse era a idromassaggio, e subito prima una doccia un po’ più piccola ma graziosa, naturalmente i vetri esterni erano opachi e c’erano disegnate tante goccioline, sul lato sinistro, invece, c’era sul fondo un water normalissimo, di fianco un bidè candido anch’esso normalissimo. Poi il lavandino con sopra un armadietto bianco con dentro spazzolini, dentifricio e spazzola,spostata leggermente la porta dietro c’era un armadietto altissimo con vari scompartimenti, su quello più in alto c’erano una miriade di trucchi tutti diversi, dentro quello di sotto c’erano tutte le creme possibili e immaginabili. In quello centrale c’erano molti profumi di marche diverse, ne riconobbi solo alcuni che avevo visto in tv, sul penultimo ripiano c’erano shampoo e balsamo a volontà, non osai continuare a guardare lì e aprì l’ultimo scompartimento dove c’era la carta-igenica, chiuso tutto uscì dalla porta del bagno e mi ritrovai in corridoio. Vicino alla porta della mia camera ce ne era un’altra più scura, mi avvicinai e la aprì con forza, tutte le porte della casa erano stranamente pesanti, era la camera di Tania infatti era sdraiata sul suo letto a guardare delle foto dentro un album piangendo, chiusi la porta e me ne andai subito. Non volevo disturbarla, arrivai alla fine del corridoio e aprì l’ultima porta, era la cucina, ampia e molto colorata, il tavolo era beige chiaro e le sedie bianche, il resto dei mobili erano di marrone chiaro tranne il frigorifero che era più scuro anche se a causa degli innumerevoli bigliettini appuntati sopra era molto colorato, sembrava un arcobaleno. Il pavimento era di marmo bianco e sul fondo della cucina c’era una porta-finestra che dava su un terrazzo impraticabile, era pieno di piante e fiori troppo colorato, non riuscivo a guardarlo sprizzava vivacità da tutti i pori, una vivacità che io avevo ormai perso e che non c’era modo di riacquistare, ormai vivevo la mia vita più come un obbligo che come un diritto. A destra c’era un’altra porta bianca, la aprì e mi ritrovai in un immenso salotto, al centro della stanza padroneggiava un divano blu scuro con dietro altre piante quasi a fare da spalla, davanti c’era un piccolo tavolino di vetro appoggiato su un tappeto che sembrava persiano dai colori vivaci, sopra il tavolino c’erano tre telecomandi di diverse sfumature di nero. Alzai lo sguardo e di fronte al tavolino c’era una libreria immensa con ogni sorta di libro adagiato sopra nel più perfetto ordine, neanche una biblioteca era così ordinata, Tania si era presa troppo disturbo per me, incastonato al centro c’era una tv al plasma con sotto un piccolo mobiletto, mi avvicinai e lo aprì, dentro c’erano ogni sorta di dvd messi in commercio, lo richiusi. Tornai in camera mia senza guardare il quadro smielato che raffigurava la famigliola felice e mi chiusi in camera dopo aver girato il cartellino messo sulla mia porta dalla parte della scritta, aprì i cassetti della scrivania dove c’erano il lettore cd e i dischi, presi tutto e mi sdraiai sul letto, dopo aver scelto quale cd ascoltare misi a posto gli altri e incominciai ad ascoltare la prima canzone al massimo volume. Dopo la seconda traccia avevo già le lacrime agli occhi, non ci badai e continuai ad ascoltare le tracce mentre le lacrime scendevano sempre più veloci, provai a non pensare ai miei argomenti tabù, cioè famiglia, padre, madre, felicità e unione, troppe lacrime sgorgavano e non riuscivo a frenarle. Non so quanto tempo passò fatto sta che il cd era finito e ricominciato almeno tre volte, quando Tania bussò alla mia porta: Tania – è pronta la cena vieni! Mi alzai di scatto al suono della sua voce, buttai il lettore cd con il disco dentro contro il cuscino del mio letto, mi guardai allo specchio cercando di rendermi presentabile, i capelli formavano una nuvola grigia con dei ciuffi neri, i miei occhi erano diventati rossi dal piangere, non potevo certo andare da Tania messa così. Uscì di corsa dalla camera e mi fiondai in bagno, mi chiusi la porta alle spalle e andai allo specchio, aprì l’armadietto e cercai di far tornare i miei capelli normali con la spazzola, tolsi la fascia grigia dalla testa così ora era solo una nuvola informa nera, dopo qualche spazzolata i capelli tornarono alla solita cornice nera e mossa intorno al mio volto. Mi lavai la faccia e così anche gli occhi tornarono più o meno normali, intorno alla pupilla azzurro cielo ora c’era solo un leggero velo rosso che lentamente si confondeva con il bianco, cercai di stabilizzare la calma e con un gesto automatico aprì la porta e andai in cucina, Tania stava preparando la cena, andava dal tavolo ai fornelli e poi di nuovo il tavolo ogni tanto passava anche dal frigo. Mi fece cenno di sedermi dove preferivo, presi il posto più vicino alla porta e aspettai che avesse finito, poi si sedette anche lei nel posto che avevo lasciato vuoto e servì a entrambe la bistecca con l’insalata, durante la cena nessuna delle due parlò e di questo gliene fui grata, quando finimmo la aiutai a lavare i piatti mentre la aiutavo lei purtroppo incominciò: Tania – Allora ti piace Londra? Le risposi con un debole cenno di assenso sperando che le bastasse, anche lei fece un cenno che non compresi e poi sbuffò, era evidente che la mia risposta non la soddisfaceva, ma non avevo la voglia di formulare risposte più articolate. Tania – Le tue cose per la scuola sono sulla tua scrivania, i tuoi libri invece sono sotto la scrivania, ti ho preso uno zaino e a quanto pare il colore ti piace, è di fianco alla scrivania! Feci un altro cenno di assenso e mi concentrai sui piatti, finito di lavarli la ringraziai con un debole grazie e lei si girò e se ne andò in salotto, era evidente che la stavo esasperando, tornai in camera e mi fiondai alla scrivania. Le carte sparse sopra la scrivania erano gli orari scolastici e le richieste dei professori, li sistemai tutti in un cassetto vuoto della scrivania tranne gli orari, presi la cartella nera e tirai fuori il diario e l’astuccio, presi un po’ delle penne sulla scrivania e le misi nell’astuccio le altre le misi nel porta penne vuoto, presi l’orario e controllai le materie del giorno dopo. Matematica, inglese e latino, fantastico! Presi i libri da sotto la scrivania e ricacciai tutto dentro lo zaino, non sapevo cosa fare forse se avrei acceso il computer potevo distrarmi, notai però che non c’erano le casse, ciò non mi disturbò, non mi interessavo di altra musica se non del gruppo che ascoltavo ormai da anni. Il computer era molto veloce e subito mi fiondai in internet per cercare qualcosa da fare, l’occhio però mi sfuggì su un link nella pagina centrale che diceva “ ragazza perde prima il padre e poi la madre a causa di una malattia genetica”. Sotto alla scritta in neretto che portava a un articolo più dettagliato c’era un piccolo testo” una ragazza di Bologna perde prima il padre e a distanza di sette anni perde la madre a causa di una malattia genetica, ora abita a Londra nella casa della sua madrina, i medici vorrebbero visitarla per scoprire se anche lei ne è affetta”. Come era possibile che la mia storia fosse giunta fino ai giornali di Londra? Non mi sembrava un caso così straziante da finire sui giornali di tutto il mondo, ma la mia era una visione personale, un mio giudizio, io la mia situazione la vivevo come un dramma ma solo mio, non di tutti. Era una cosa mia, nella mia mente, mia personale,non di tutti, ciò mi dava anche un certo fastidio, ma non ci badai, mi era salito un po’ di nervosismo per cui forse era meglio spegnere internet e il computer e così feci, andai verso l’armadio e tirai fuori il mio unico pigiama grigio. Mi diressi verso il bagno, la porta della cucina era aperta così potevo sentire il programma che stava ascoltando Tania, non ci badai molto sembrava un dibattito, aprì con forza la porta del bagno e la richiusi, mi tolsi i vestiti e mi fiondai nella doccia, a tutti piaceva farla calda a me invece era sempre piaciuta fredda, mi rilassavo molto di più. Dopo la doccia mi asciugai i capelli e il corpo, mi misi i pigiama e mi lavai di denti, posai tutti i miei vestiti di quel giorno nella sacca della roba sporca che era vicino al lavandino, uscì dal bagno e andai in camera, mi sdraiai sul letto riprendendo il lettore cd e riascoltando la stessa musica. Decisi che forse era meglio dormire, sapevo già quello che avrei sognato, il mio solito incubo, lascia il lettore cd sul comodino e me ne andai a letto, mi addormentai subito e l’incubo riprese, ero da sola nella foresta, la mia famiglia ci andava spesso per fare i pic-nic, questa volta sapevo però di essere sola, nessuno era con me perché le persone con cui andavo in quei posti erano morte, non le avrei mai più riviste. Il dolore al cuore tornò, la malattia mi stava di nuovo colpendo ma questa volta ero consapevole che sarebbe stata l’ultima, la malattia genetica che la mia famiglia si portava dietro da anni stava decimando l’ultimo suo componente, almeno sarei morta nella consapevolezza che non avevo inflitto la mia pena a qualcun altro, come un figlio. Il dolore mi avvertì che ormai mancava poco, i polmoni stavano cedendo così come il cuore, il dolore mi stava tagliando anzi lacerando gli organi, lo sapevo mancava poco, sarei morta da sola nei luoghi della mia felicità, sarei stata da sola per sempre e ciò mi rattristava ma almeno sarei morta.
  
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