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Autore: Morgana_82    07/05/2012    1 recensioni
I Mounties gestiscono una allevamento di bovini nel Montana, agli inizi del '900.
Denna, la madre, è una donna d'altri tempi, dura e dalle origini sassoni. Ezechiele, il padre, è un uomo bonario, integerrimo e che viaggia spesso per lavoro.
I loro figli sono sei: Aaron, Devon, Damian, Lobo, Aril e Timothy. 
Sono molto belli, intraprendenti e si cacciano spesso nei guai!
Le avventure di questa famiglia così numerosa e movimentata saranno molte e (spero) talvolta divertenti.
ATTENZIONE: Spanking!
Genere: Avventura, Comico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Ricordò che, quando erano bambini, sua madre raccontava la storia di un tizio il quale, vagando per una foresta, capitava davanti alla porta dell’inferno. Sulla porta erano incise le parole “perdete ogni speranza o voi ch’entrate”, o qualcosa del genere.
Ecco: quella era esattamente la sensazione che provava Aaron, stando di fronte alla porta chiusa dello studio.
“Beh”, pensò, “dovrò affrontarli prima o poi”, afferrò la maniglia e scese nell’inferno.
Denna ed Ezechiele lo aspettavano. Lui seduto dietro la scrivania, lei in piedi al suo fianco.
Suo padre aveva profonde occhiaie e la faccia stanca. Gli sembrò terribilmente vecchio
-Siediti, Aaron-, disse Ezechiele stranamente pacato. Il ragazzo obbedì.
-Ti sei riposato?- Chiese sua madre.
Aaron Fece un cenno incerto con la testa.
-Hai mangiato?-, chiese ancora lei.
-Beh-, non sapeva se dirlo, -Damian mi ha… portato la colazione-.
Denna annuì, -bene-.
Ezechiele si schiarì la gola, -Ieri-, esordì, -eravamo tutti stanchi e poco lucidi. Ma adesso, a mente più fresca, desidero riprendere il discorso da dove l’avevamo interrotto, d’accordo?-
-Sì, signore-, disse Aaron deglutendo a vuoto.
-Bene-, disse Ezechiele, -dicevamo che hai un debito di cinquemila dollari con un delinquente che minaccia di farci del male se non gli restituisci i soldi. Dico bene?-
-Sì, signore-, sussurrò Aaron.
-Ovviamente-, disse Ezechiele, -capirai che non è nostra intenzione darti nemmeno un centesimo per pagare quel farabutto-.
-Oh, ma non ve lo avrei chiesto- si affrettò a precisare Aaron, -io troverò il modo di venirne fuori da solo, voi… -
-Non ho finito-, lo interruppe Ezechiele. Aaron si zittì.
-Ciò nonostante, dicevo, siamo pronti a darti tutto il nostro aiuto per venirne fuori. Certo è-, puntualizzò Ezechiele, -che se tu fossi venuto da noi prima, le cose non sarebbero degenerate fino a questo punto-.
-Sì, lo so. Sono stato un idiota-, disse Aaron, amareggiato.
-Su questo siamo tutti d’accordo-, commentò Denna.
-Allora-, proseguì Ezechiele, -adesso ti dico che cosa faremo: andremo a parlare con il caro Vin, e gli proporremo un accordo. Ti faremo ottenere un prestito dalla banca, per l’ammontare esatto della cifra che ti ha prestato e gliela restituirai. Non un centesimo di più. E tu ripagherai il debito alla banca, un po’ alla volta, con il tuo stipendio. Penso che in una ventina d’anni ce la dovresti fare-.
-Non voglio essere pessimista, ma Schneider non mi pare il tipo da accettare una cosa del genere-.
-Beh, sai figliolo, Schneider ha fatto i conti senza l’oste. Forse si è dimenticato che, per quanto io sia una persona pacifica, so anche tirare fuori gli artigli quando è necessario-.
-Non preoccuparti, Aaron-, intervenne Denna, -Vin Schneider è fondamentalmente un idiota-.
Aaron si sentì d’un tratto molto più leggero, eppure profondamente mortificato.
Perché desso le cose sembravano così semplici? E perché i suoi genitori lo trattavano con tanta premura? Avrebbe preferito che gli urlassero contro.
-Sinceramente, non credo di meritare il vostro aiuto. Penso che dovreste cacciarmi di casa a calci. Vi ho deluso, sono un pessimo figlio, io…-
-Oh, ti prego-, lo bloccò Denna, -queste chiacchiere sconclusionate mi fanno venire il mal di testa-.
Fece anche lei il giro della scrivania e si avvicinò al figlio e al marito. Aaron di trovò seduto in mezzo ai due.
-Ti sei comportato da stupido, è vero. Sei stato arrogante, avventato ed anche vigliacco. Però, io so che tipo di persona sei. Sei onesto, sincero, buono. Aver commesso uno sbaglio, anche se molto grosso, non cancella queste cose. L’importante è che tu abbia imparato da quel che è successo, e che la cosa non si verifichi ancora-.
-Puoi sterne certa-, esclamò Aaron.
-Ovviamente questo non significa che non ci saranno conseguenze, per il tuo comportamento-, aggiunse Denna, -quando questa faccenda sarà chiusa, io e te faremo una lunga, lunghissima chiacchierata. Ci siamo capiti?-
-Sì, signora-, ecco: quella era sua madre.
-Bene, adesso tu e tuo padre dovete andare. Sbrigatevi, o non riuscirete a tornare prima di sera-.
 
La giornata si era coperta lentamente di un velo grigio, tirava un vento sottile e fresco.
“Le belle giornate stanno finendo, l’autunno si avvicina”, pensò Aaron.
Padre e figlio cavalcavano in silenzio, lungo la strada maestra. Ezechiele cavalcava il suo roano,Burnt. Dalla fonda usurata appesa alla sella spiccava lucido il calcio del fucile Henry.
Dalla cintura di Aaron pendeva una vecchia colt peacemaker.
Aaron avrebbe voluto dire qualcosa. Qualsiasi cosa, pur di spezzare il silenzio. Solo che le parole restavano come incollate al palato.
Fu Ezechiele a parlare per primo.
-Sai come ho conosciuto tua madre, Aaron?- Chiese l’uomo, guardando davanti a sé.
-Cosa?- disse Aaron, colto alla sprovvista dalla domanda.
-Io e tua madre, lo sai come ci siamo conosciuti?- Ripeté Ezechiele.
-Beh, sì. Ce lo avete raccontato molte volte. Il nonno ti raccolse sulla pista, mentre erano in viaggio verso la frontiera. Eri stato pestato da qualche balordo, e la nonna e mamma si presero cura di te-.
Ezechiele annuì, -sì, esatto. Avevo più o meno l’età di Lobo, all’epoca. Ma ti ho mai raccontato perché ero stato pestato? Perché mi avevano lasciato mezzo morto sulla pista?-
Aaron ci pensò, -no, non credo che tu lo abbia mai detto-.
Ezechiele annui, -sono cresciuto senza genitori, lo sai. Fino a che la mia vita non si è intersecata con quella della famiglia Wolfgang, nessuno si era mai preoccupato di pormi qualche limite. Anzi, nessuno si era mai preoccupato di me, in generale-.
Aaron si fece attento, era una parte di storia della sua famiglia che non conosceva, ed era molto curioso.
-Guardando all’indietro nella mia giovinezza-, disse amaramente Ezechiele, -non c’è quasi nulla che salverei: scelte sbagliate, presone sbagliate, situazioni sbagliate. E, tra un bicchiere e una scazzottata, finii per cadere nella trappola del gioco d’azzardo-.
-Che cosa?- Esclamò Aaron
-Sì-, disse calmo Ezechiele, -hai capito bene. Avevo problemi con il gioco d’azzardo. Dadi, carte, combattimenti. Scommettevo su tutto. Ero malato. Perdevo soldi, lavoro, amici. Vagavo da una città all’altra, da un lavoro all’altro, senza radici, senza uno scopo-.
-Non ci credo, te lo stai inventando-.
-È la pura verità-, insisté Ezechiele. -Ho commesso molti errori, quando ero ragazzo. Alcuni davvero grossi-, guardò il figlio dritto negli occhi, -e li ho pagati cari. Quasi ci ho rimesso la vita. Quella volta avevo perso molti soldi, ed ero pieno di debiti. Pensai di rifarmi truccando una partita a dadi, ma non ero furbo come pensavo. Fui scoperto, e decisero di farmela pagare. Sarei morto, probabilmente, se tuo nonno non mi avesse raccolto sul ciglio di una strada. Lui e tua nonna furono la mia salvezza-.
Aaron rimase in silenzio, cercando di assimilare quelle notizie così sconcertanti.
-Si presero cura di me-, continuò Ezechiele, -non solo fisicamente. Mi aiutarono a dare una svolta alla mia vita. È grazie a loro che sono diventato l’uomo che vedi. Sono stato fortunato. A me piace pensare che mi sia stata concessa una seconda possibilità-.
-Perché mi stai raccontando questa storia-, chiese Aaron, -temi che possa diventare un malato di gioco? Beh, non preoccuparti di questo. Ho imparato la lezione. Non mi avvicinerò mai più ad un tavolo in tutta la mia vita. Te lo assicuro-.
-Non è così semplice, purtroppo-.
-Non mi credi?-.
-Oh, no. Penso che tu creda in quello che dici. Ma so cosa vuol dire avere quel tarlo, nella testa, che scava senza sosta, e ti fa fremere le mani e lo stomaco. Vuoi dirmi che non ci hai mai pensato, da quando hai giocato l’ultima volta? Non hai mai sentito il bisogno di farlo di nuovo?-
Aaron distolse gli occhi. In realtà sì… ci aveva pensato. Molte volte.
-Sono abbastanza forte da resistere. Tu ce l’hai fatta, no?-
-Sì, ce l’ho fatta. Ma non ho detto che sia stato semplice-.
-Che vuoi dire?-
-Innanzitutto ho dovuto volerlo… volerlo davvero. Ho dovuto ammettere di avere un problema, che avevo bisogno di aiuto. E poi, non ce l’avrei fatta da solo-.
-Mamma ti aiutò?-
-Sì, l’amore per lei mi aiutò tanto, fu lo stimolo di cui avevo bisogno. Ma diciamo che anche il nerbo di bue di tua nonna, fu un bell’incentivo-.
Aaron lo guardò, incredulo, -la nonna Bernadette?-
-Quella donna era dura come il granito-, annuì Ezechiele, -capì dal primo momento che ero un combina guai-.
-Non riesco ad immaginarti come un combina guai… e la nonna ti picchiava?- commentò Aaron, sempre incredulo.
-Eccome-, rispose Ezechiele, -me lo ricordo come se fosse ieri. Aveva quel nerbo di bue sempre appeso alla cintura, e lo usava dannatamente bene. Non ci mise molto a inculcarmi il concetto di Disziplin, come era solita dire-.
-Mi ricorda molto mamma-.
-Tua madre è uno zuccherino, al confronto. Credimi-, si interruppe per controllare che suo figlio lo stesse ascoltando, -appena mi rimisi in piedi, dopo essere stato tra la vita e la morte per settimane, la prima cosa che feci fu raggiungere un qualsiasi saloon e sedermi ad un tavolo. Mi giocai i pochi soldi che mi avevano dato per comprare chiodi e altra roba. Mi sentivo fortunato, ed infatti vinsi una sommetta discreta. Quando tornai alla carovana, offrii a Bernadette i soldi della vincita. Volevo sdebitarmi delle cure che mi avevano prestato. Ma tua nonna guardò il denaro come se fosse letame. “Dove l’hai preso?” mi chiese. “L’ho vinto”, risposi io, che non ci trovavo nulla di strano. Lei allora prese il denaro e lo gettò per terra, “questo denaro è maledetto”, mi disse, “Dio ti sta dando una seconda opportunità per redimerti. Non giocare più d’azzardo finché rimani con noi. O te ne pentirai”. Io, in effetti, avevo tutta l’intenzione di restare, perché tua madre con quegli occhi azzurri mi aveva già stregato. Tuttavia né le sue suppliche, né le minacce di Bernadette servirono a tenermi lontano dalle carte. Passarono pochi giorni che mi ritrovai di nuovo nello stesso saloon. Stavolta però la fortuna non fu dalla mia parte, e persi. Tornai alla carovana senza soldi e senza la merce che avrei dovuto comprare. Tua nonna mi vide tornare a mani vuote, e comprese subito cosa era successo. Non ho mai capito come quella donna così minuta possedesse una tale forza bruta. Comunque, mi ricordo solo che nel tempo di un secondo mi ritrovai in ginocchio, con il braccio piegato dietro la schiena e le nerbate che piovevano come fulmini. Ti risparmio i particolari, ti basti sapere che ho viaggiato sdraiato nel carro per una settimana, prima di poter camminare di nuovo-.
-Accidenti… e io che la ricordavo come una dolce vecchina. E dopo di quello hai smesso?-
-No. Come ti ho detto è stato fondamentale che io ammettessi di avere un problema. C’è voluto tempo, e pazienza-. Ezechiele si sporse dal cavallo e posò una mano sulla spalla di Aaron, -figliolo, credimi, io mi fido di te. E so che sei armato delle migliori intenzioni. Voglio solo dirti che, se dovessi sentire di nuovo quel tarlo, quel prurito alle mani… vieni da me. Parlarne è un’ottima medicina. Ed è sicuramente più indolore del nerbo-.
-Grazie papà. Ti prometto che lo farò-.
-Bene. Adesso andiamo a prendere a calci nel culo Vin Schneider-.

  
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