Buonsalve!
Appaio improvvisamente su questi lidi per una flashfic-dedica. :3
E' una SasuSaku non impegnativa che comincia in medias res e si
focalizza su di un momento particolare, risolutivo.
Come sempre amo lasciare le cose sospese (sì, odiatemi pure)! Chi mi
segue da un po' avrà intuito questa mia fissazione. ^^”
In
realtà, di questa fic avevo scritto una parte conclusiva, una specie
di finale ma poi rileggendola ho deciso che appesantiva il tutto e
non ci stava affatto bene. Così ho deciso di lasciare le cose come
alla primissima stesura e, racimolando un bel po' di coraggio,
postare suddetta SasuSaku.
A voi una buona lettura (spero!) e son
proprio curiosa di sapere che ne pensate, che idee avete in merito al
passato che aleggia nella scena. Che finale futuro vedete...(okkey,
forse ho un po' troppe richieste, lasciatemi stare. XD)
Ci terrei
affinchè questa non fosse una spiacevole lettura, ecco.
Ora la
smetto di riempirvi la testa di sproloqui, promesso. Grazie
dell'attenzione. :3
La
dedico panda_chan
perchè è diventata una presenza costante
della mia vita e perchè ha una pazienza esorbitante, visto quanto la
tartasso ad ogni minuto di ogni ora di ogni giorno con le mie
cazzate,
e
le mie lamentele, le mie pazzie, le mie stranezze.
Meriterebbe
molto di più, ma molto molto molto di più, ma questa flashfic non è
che un pensiero volante di gratitudine. :3
How
can you know it if you don't even try?
SasuSaku
Lo
aveva salutato con un mezzo inchino, abbassando la testa in modo che
i capelli rosa le coprissero il volto. Perchè sentiva che le lacrime
le pizzicavano gli occhi e non voleva assolutamente che lui vedesse i
suoi occhi verdi offuscati. Visto che “è fastidioso, il verde”
le aveva rivelato un giorno di primavera di neanche un anno prima,
mostrandole un mezzo sorriso.
«
Prenditi cura di te. » gli aveva detto dopo aver racimolato la forza
necessaria per poter parlare con la solita voce alta e limpida che a
lui “faceva
venire il mal di testa”.
Quando
aveva alzato la testa la figura di Naruto si stagliava di fronte a
quella di lui. Naruto gli stava dando un ultimo abbraccio di amicizia
fraterna, stringendo quelle spalle magre anche se facevano
resistenza, cercando di imprimere in quel corpo sempre freddo
un'energia che difficilmente avrebbe potuto dimenticare. Lei sapeva
bene il significato di quell'ultimo abbraccio.
« Non
ti perdoneremo mai per non averci avvisati, sappilo. Avremmo potuto
trovare una soluzione, te io e Sakura. Avresti potuto vivere con me e
lo zio. Ma inutile dirti queste cose adesso, vero? Lo so bene, che
non vuoi sentire. Ma ricordatelo, che non ti perdoneremo mai e per
questo e perchè senza di noi non puoi andare da nessuna parte, ti
perseguiteremo a vita. Questa è una cazzo di promessa! »
Il discorso di Naruto era cominciato e finito nel tempo di una
folata di vento carica di pioggia. Lei si era aspettata ogni singola
parola che il suo amico aveva detto. E non aveva potuto fare a meno
che annuire e stringere i denti per non scoppiare a dire o fare
qualcosa di inopportuno. Perchè aveva ripromesso a se stessa di
agire in un determinato modo, quel pomeriggio d'estate che giungeva
al termine – al termine di tutto – e quel determinato modo era
rimanere controllata. Statua alla quale neanche la corrosione del
tempo che passa avrebbe scalfito la forza.
Aveva sempre desiderato
essere la forza del ragazzo che di lì ad una manciata di secondi
sarebbe andato via. Ma visto come si erano messe le cose, non ce
l'aveva fatta. Quindi non le rimaneva che stringere i denti e tendere
ogni muscolo alla severità del momento, non lasciare che la Sakura
bambina ferita uscisse allo scoperto.
Il tempo per le scenate era
già passato e finito – aveva continuato a ripetersi mentalmente
mentre vedeva allontanarsi sempre più la sagoma nera di lui, bagnata
dalle prime gocce di pioggia, confondersi tra la folla che entrava ed
usciva dalla stazione.
«
Quel deficiente non ha preso l'ombrello. »
La mano di Naruto si
era posata sulla sua spalla. Lei aveva alzato gli occhi e in quei
occhi aveva
capito esattamente cosa fare. Le era bastato uno sguardo e tutto le
era stato chiaro nella mente. Naruto aveva annuito, un muto
incoraggiamento. E l'aveva lasciata andare.
La statua si era mossa
tutto d'un tratto. Aveva staccato i piedi dal cemento e con una forza
straordinaria aveva cominciato a correre. Marmo bianco che si
trasforma in pelle di pesco.
“A
che serve l'ombrello dopotutto? E' solo uno strumento di troppo”
La
figura nera era riapparsa tra la folla. Lei l'aveva individuata. Era
a pochi metri dall'entrata della stazione, avanzava senza esitazione
ma anche senza fretta. Allora aveva avuto la certezza, lei, che ce
l'avrebbe fatta sicuramente
a raggiungerla. Rallentò addirittura un po' il passo nelle ballerine
rosa, macchia di colore stonata nel grigiore del mondo quel
giorno.
Quando la distanza che la separava da lui era diventata
poco più di tre metri, aveva deciso di chiamarlo
per nome. Non avrebbe potuto farlo né un metro più indietro né uno
più avanti. A tre metri di distanza da lui che non si era accorto di
una statua che aveva preso vita, aveva pronunciato quel
nome.
“Non
farlo più, smettila di inserire il mio nome ad ogni fottutissima
frase che dici”
le aveva detto una sera di due mesi prima, di fronte al mare, mentre
se ne stavano seduti sulla sabbia con le spalle che si sfioravano.
Lei lo aveva ascoltato e abbassando la testa aveva sorriso, i lunghi
capelli rosa che le coprivano le labbra.
Anche a tre metri da
«
Sasuke »
lei aveva sorriso. Ma questa volta non aveva abbassato la testa.
L'aveva mantenuta alta e aveva pronunciato quel
nome che si era ripromessa di non pronunciare mai più. Promesse
infrante come onde che sbattono contro gli scogli.
« Sasuke.
»
Lui non si girò subito. Ma si fermò. Allora lei tornò a
chiamarlo per nome. Una, due, tre, quattro volte. Non le importava
che la gente si voltasse ad osservarla, che il mondo si impicciasse
nei suoi affari e in quelli di « Sasuke ». Che affari strani erano,
in fondo? A tutti capita di veder partire l'uomo amato. A tutti
capita che ad amare sia solo uno dei due. A tutti capita di non
essere considerati affidabili. Di sapere della partenza del tuo più
caro amico solamente quando il treno sta per partire.
A tutti
capita di avere la sensazione di non aver fatto abbastanza, i sensi
di colpa di chi vive su questa terra.
Quella era la sua vita.
Quelli erano i loro
momenti.
Che guardassero pure tutti, lo spettacolo dell'ultima ora. Mancava
giusto il lieto
fine.
Aveva cercato di essere solo una cosa, lei. E così aveva
fatto Naruto. Ognuno a suo modo, dacchè avevano conosciuto Sasuke,
si erano dati un obiettivo inderogabile e inamovibile e con tenacia
lo avevano perseguito. Cadendo e rialzandosi sempre.
Erano caduti
entrambi per l'ennesima volta. Loro – nient'altro
che spugne
del dolore altrui, materassi su cui attutire i colpi –
erano caduti assieme. Ma lei era andata un po' più giù, il fosso su
cui era caduta era più in basso rispetto a quello dove Naruto si
trovava. Aveva cercato degli appigli su cui poter fare forza per
scalare la roccia fino alla superficie. Aveva creduto di non
trovarli, gli occhi persi nel buio dell'abisso.
Ma alla fine li
aveva trovati.
« Sasuke. »
E finalmente lui si girò. Lei era
a neanche un metro da lui. Lo vide in faccia. Riconobbe gli occhi
neri e la carnagione chiara. I capelli scurissimi che erano cresciuti
un po' troppo rispetto alla prima volta che lo aveva visto gli
coprivano la fronte e parte dell'occhio sinistro – quello cieco
-. Le labbra erano socchiuse, unica, piccola ma preziosa prova di un
qualcosa che assomigliasse almeno vagamente ad un moto di
stupore.
Lei non aveva nulla da dirgli e lo stesso valeva per lei.
In fondo il loro rapporto non era mai stato dei più densi di
parole.
Doveva solamente agire. Strinse la mano destra attorno al
manico dell'ombrello viola che stava portando con sé come un tesoro
prezioso.
Guardò lui negli occhi e senza mollare il contatto
visivo prese una mano di Sasuke e vi spinse nel palmo il manico
dell'ombrello. Lui, forse per un riflesso automatico, chiuse a pugno
la mano.
Lo
scambio era fatto. Ad un'occhiata non approfondita, dava l'idea di
non essere affatto equivalente.
Ma questo non importava né a lei né a lui. L'importante in quel
presente era il gesto
appena compiuto. Nient'altro.
Ogni gesto ha una causa. Ogni causa
produce un effetto.
L'ultima cosa che lei doveva fare era la più
dura, ma vi era stata abituata. Era lui stesso ad averla abituata in
quei due anni che lei, lui e Naruto avevano passato assieme. Per
questo curvò appena le labbra in un sorriso sincero e diede le
spalle al ragazzo che amava.
Era pronta ad aspettare. L'effetto
sarebbe giunto, presto o tardi. E lei non avrebbe fatto altro che
aspettarlo.
Le lacrime tornarono a punzecchiarle gli occhi ed era
di nuovo tempo di essere forte.
Mentre tornava verso Naruto sentì
a lungo lo sguardo di Sasuke sulle sue spalle che divennero bollenti
laddove tale sguardo le toccava. Fu un calore che non avrebbe mai
dimenticato, indelebile come l'energia che Naruto aveva trasmesso a
Sasuke con l'abbraccio, ineliminabile
come un ombrello viola.