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Autore: SunriseNina    07/05/2012    1 recensioni
« OLIVIER ARMSTRONG x SCAR »
«Qualche volta vieni a far visita a Briggs. Sei un esempio che i miei uomini potrebbero seguire.»
«Mi farebbe piacere. Sul serio.» Scar si guardò intorno, come in imbarazzo «A questo punto qui le cose stanno migliorando parecchio. Forse tra qualche mese verrò a farvi visita.»
La donna annuì, soddisfatta.
«Spero di rivederti. Bada a te stesso, Uomo Cicatrice.»
[Da:"Burning ice."]
«Non so minimamente cosa voglio. Sentivo solo il bisogno di dirti che, quando sono con te, è come se tutto sparisse e si facesse più nitido allo stesso tempo. Tu alteri la mia realtà, Olivier. E non so come affrontare questo genere di situazione. »
Lasciarono che il silenzio colmasse quei lunghi istanti; Olivier sentiva accanto a sé il petto di Scar palpitare, ne sentiva il respiro tiepido tra i capelli.
Lui le scostò con indicibile delicatezza una ciocca fuori posto per poter meglio ammirare il suo viso, i suoi tratti nordici, le lunghe ciglia e le deliziose labbra: il complesso, incorniciato da quella fluente chioma color dell’oro, risultava così bello da parere inumano.
«Scar?» lo interpellò nuovamente «Sai che tutto ciò è sbagliato, vero? Sai che né io né te possiamo abbandonare i nostri ruoli per dei miseri sentimenti?»
«Ne sono più che consapevole.» disse lui, ma non smise di abbracciarla. Accostò il capo al suo orecchio, e le mormorò: «Vorrei solo che quest’attimo durasse un’eternità. Vorrei non dovermi più alzar da qui, anche a costo di congelarmi, perché so che una volta che torneremo indietro tutto questo non sarà mai accaduto, e dovrò nuovamente portarmi queste sensazioni nel petto, farle tacere in un modo o nell’altro. So anche che non ti rivedrò chissà per quanto tempo, e comunque se mai ancora ci rivedremo nulla cambierà: io sarò sempre un sacerdote, tu sempre un generale. »
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Olivier Milla Armstrong, Scar
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Olivier strinse i palmi inguantati sulla ringhiera metallica.
Un’alba come poche prima d’allora dominava il cielo, maestosa, coperta da pochi sprazzi di nubi che, il generale conosceva bene la sua terra, sarebbero gradualmente aumentate fino a coprire completamente il cielo; ma fino ad allora lei avrebbe potuto godere di quello spettacolo meraviglioso e di quel silenzio che cullava i sonni delle genti del Nord.
«Sarà il caso di andare a svegliare quel monaco…» ma appena si girò, si trovò Scar a pochi metri da lei; istintivamente afferrò l’elsa della spada che portava alla cintola, e ne sguainò per metà la lama lucente:«Scar!» esclamò, riponendo l’arma al suo posto «Non è educazione spiare una donna, tanto meno non salutare.»
«Non volevo disturbare.»
Lei lo guardò con complicità: «Pronto per la giornata che la aspetta?»
Lui annuì, mostrando forse il primo sorriso da quando era arrivato.
 
A Briggs dominava, ovunque si voltasse lo sguardo, la neve: anche sulle strade dove correvano i bambini e su cui sgommavano le macchine, essa vigeva imperterrita anche quando non nevicava.
Le case avevano esterni spogli e bigi, secondo la buona pratica di economizzare sulle apparenze e di incentrarsi sugli interni: un’abitazione che poteva apparire poco più che una scatola di latta, al suo interno conteneva enormi sale ammobiliate, tappeti variopinti e una temperatura assai migliore di quella esterna. A conti fatti, il ceto medio che comprendeva buona parte della popolazione viveva in una situazione comoda, se non agiata; il contrario di quello che invece succedeva a Ishval.
Nella terra natia di Scar, la povertà attanagliava buona parte della popolazione, ed era all’ordine del giorno che si saltasse un pasto, o che ci si ritrovasse a dormire sul nudo terreno. Ma su questo il suo popolo aveva costruito la sua cultura: i racconti intorno ai focolari comuni, seduti su tappeti di infima fattura, erano l’immagine più comune e affascinante degli Ishvariani. Scar stesso ricordava bene le sere passate ad ascoltare gli anziani, ad osservare le ombre dei fuochi che deformavano i loro volti quando narravano delle fiere delle terre di Xing.
«Woooh guarda, Baba!» una bambina, di sì e no sei anni, agitò la mano inguantata verso il viso di Scar, strattonando la manica della sorella maggiore «Guarda cos’ha quel signore sulla faccia!»
«Vicky!» la ragazzina, che avrà avuto un dozzina d’anni, diede un buffetto sulla guancia della sorella con dolce rimprovero «Non si indicano le persone. Saluta il Generale Armstrong!»
«Ciao, Generaleee!» si sbracciò la piccola, ricevendo un altro colpetto in viso:«Non fare la maleducata! Dai, andiamo…» prima di proseguire però alzò gli occhi azzurri colmi di commozione verso Olivier: «Buongiorno, Generale. Averla in città è sempre un enorme piacere. Le porgo i saluti della mia intera famiglia.»
La donna fece uno dei suoi sorrisi traboccanti d’energia, ricambiando il saluto. La ragazzina si sistemo una cioccia di capelli scuri dietro le orecchie a sventola, poi iniziò a correre trascinando la piccola sorella:«Mi ha salutata! Hai visto, Vicky?!»
«Non tirarmi la mano, Baba! Mi fai male, Babaaa!»
Scar e Olivier rimasero fermi per alcuni secondi sul marciapiede, osservando il duo allontanarsi.
La donna ridacchiò, e fece cenno a Scar di seguirla: «Andiamo. So dove potremmo mangiare, è quasi ora di pranzo.»
Lui annuì: «Quella bambina è stata molto gentile. Erano entrambe molto carine.»
«La piccola ha fatto un’osservazione non proprio galante nei tuoi confronti…»
«Sono bambini.»
«Alla loro età ero molto più sveglia… Non vorrò mai figli.» bofonchiò.
«Ha opinioni di questo tipo su buona parte del genere umano, mi par di capire…»
«Ma che va dicendo! Non sono così mostruosa…» ci rifletté, poi scoppiò a ridere «Sì, forse un po’ lo sono. Ma sono gli altri ad essere dei totali inetti, non io ad essere severa. Guardi quell’idiota del mio ex-fratello, Alex. Grande e grosso ma ha il coraggio di crollare in lacrime sul campo di battaglia.» si voltò incuriosita verso l’interlocutore «Ha mai pianto?»
«Certo, quando sono nato.»
«Grazie del sarcasmo.»
«Non era sarcasmo. Non ricordo altra occasione in cui io abbia mai pianto, sinceramente. Lei?»
«Io
…Un veloce gioco di tasti.
Bianco, nero, bianco.
Una melodia dolce, un fluido fiume di note che si propagava per la stanza.
E ad ogni movimento una lacrima le rigava il volto…

«No, non penso proprio.» rispose con tono insolitamente cupo «Ecco, quello è il locale di cui le parlavo.»
 
La strampalata coppia si sedette ad un tavolino della modesta osteria. Per l'ennesima volta Scar si stupì dell'umiltà della donna, che mai avrebbe approfittato della sua posizione politica e militare per rifocillarsi gratuitamente in locali lussuosi. Inoltre, pensò in cuor suo, probabilmente non voleva metterlo in imbarazzo, essendo perfettamente conscia della frugalità dei monaci Ishvaliani.
«Benvenuti» una vecchia cameriera rivolse loro un sorriso rugoso e cordiale «Cosa posso servirvi?»
«Due minestre, due stufati con le carote e... Lei beve?»
Scar scosse la testa.
«Allora acqua per lui e un boccale di birra per me.»
La donna annuì e sgattaiolò in cucina, recuperando con mano abile i bicchieri ormai vuoti mentre passava accanto ai tavoli.
«Non si preoccupi, fanno uno stufato delizioso. Il minestrone è assolutamente anonimo, ma non è certo la brodaglia che servono a Briggs.»
Scar non proferì parola.
«È impressionante come il silenzio componga buona parte delle sue risposte o dei suoi discorsi, Scar. Mi da quasi l’impressione di parlare da sola.» disse lei con una smorfia beffarda, appoggiandosi allo schienale della sedia.
«Sono di poche parole. In questo modo ognuno può interpretare come vuole il mio silenzio, e non mi creo problemi con nessuno. Trovo fastidiose le persone che si sentono in dovere di informare gli altri di qualsiasi cosa passi loro per la mente.»
«In compenso quando parla dice solo frasi concise e assennate. È un dono divino.»
«Sia lodato il Fondatore.» disse Scar, abbassando riverenzialmente il capo.
«È sempre molto teso, Scar...» assottigliò gli occhi con espressione seria, come se lo stesse scrutando alla ricerca di un particolare occultato.
«Anche lei, Olivier.»
Lei sussultò, sentendosi chiamare per la prima volta per nome da quell'uomo enigmatico:«In modo diverso. Io sono solo rigida, integra. Lei sembra sentirsi perennemente fuori luogo.»
«Perché lo sono.»
«Si sente fuori luogo, ora?» gli chiese, mettendolo alla prova.
«Non voglio offendere la splendida ospitalità del maggiore Armstrong.» rispose lui.
«Che abile astuzia di parole...»osservò con un sorriso quasi crudele Olivier, mentre la cameriera appoggiava davanti a loro i piatti traboccanti «Sarebbe interessante leggere una sua lettera. Non oso immaginare come riempirebbe lei un foglio bianco.»
«Mi impegnerò a scriverle qualcosa, se desidera. Non prometto nulla di buono, però.»
«Apprezzerò lo sforzo. Ora mangiamo.»
I due afferrarono i cucchiai e si sfamarono in sacrosanto silenzio. Anche in un gesto semplice e quotidiano come il mangiare si potevano intravedere i loro animi contrastanti: l'eleganza con cui Olivier si portava alle labbra il cibo, chiaro frutto di un lungo insegnamento di bon ton, e i gesti veloci e rudi di Scar, segno di uno spirito semplice e che voleva evitare qualsiasi genere di sguardo su di sé.
Un giovane cameriere si avvicinò al loro tavolo, ammonticchiando i loro piatti ormai vuoti sul vassoio che reggeva. Era giovane, alto e slanciato, dal mento sottile e dai capelli chiari in completo contrasto con gli occhi scuri e pieni di vitalità: nel complesso, aiutato anche dalla voce cordiale e dal sorriso allegro, era un ragazzo assolutamente affascinante.
«Di vostro gradimento?» sebbene si rivolgesse ad entrambi, era lampante come il suo sguardo non riuscisse a staccarsi dal viso di Olivier, che con assoluta freddezza lo liquidò: «Sì, assolutamente. Pagherò come al solito, secondo il patto con il proprietario.»
«Certo, aspetteremo il signor Miles.» il ragazzo accennò un inchino con il capo. Sembrava cercare, tentennante, un motivo per rimanere. Alla fine, tutto ciò che riuscì a balbettare, fu un misero: «Spero di rivederla presto, generale Armstrong.»
Lei annuì con indifferenza, mentre questo fuggiva letteralmente via.
Scar non volle commentare subito quella scena; preferì restare alcuni secondi in silenzio, per calibrare bene le parole.
Era strano, per non dire anormale, il comportamento completamente distaccato che la donna assumeva nei confronti di chiunque la avvicinasse, anche nel caso di un ragazzo così avvenente e così ovviamente interessato. Certo non avrebbe preferito vederla civettare con un estraneo, anzi, il solo pensiero lo fece insolitamente ribollire, cosicché allontanò velocemente quell'idea; rimaneva comunque che erano così numerosi gli uomini che facevano la corte ad Olivier Armstrong che pareva impossibile che lei si mostrasse così caparbiamente fredda.
«Deve essere una donna molto desiderata, generale.»
Lei fece un’espressione scocciata: «Nessuno è abbastanza coraggioso da farsi avanti, con me. Ma non fraintenda, ovviamente: non ho bisogno di nessuno.»
«Non ha bisogno di nessuno?»
Lo guardò diffidente: «Certo che no. Le sembro una donnetta di casa?» il disprezzo con cui sputò queste ultime parole colpì profondamente il monaco.
«Non intendevo questo. Intendevo dire che non necessariamente bisogna aver bisogno di qualcuno, per amarlo. Può anche solo…Volerlo.»
«Che animo romantico…» lo schernì in realtà profondamente turbata.
«Non volevo essere inopportuno. Volevo solo farle una constatazione, un… apprezzamento.»
«Lo so, lo so.» lei distolse lo sguardo «Grazie, Scar.»
Lui tossicchiò, imbarazzato: «Di nulla. Chiunque potrebbe constatare che non le mancano i pretendenti.»
Olivier lo guardò con aria di sfida, non osava aprire bocca: «E lei, Scar?»
«Scusi?»
«Non mi dica che non c’è nessuna donna che ambisce a lei…»
«No, certo che no. Sono solo un sacerdote.» lui si mise a guardarsi le grosse e callose mani.
«Anche io sono un soldato, ma questo non impedisce agli altri di desiderarmi.»
«Non capisce, io non sono affascinante. Lei sì. Io non ho portamento, né grazia. Parlo poco, non amo chiacchierare con tutti. Sono riservato e anche un po’ rude, ad essere proprio sinceri.»
«Lo sa, Scar?» sorrise lei, alzandosi in piedi e uscendo dal locale «Probabilmente, tutto quello che ha appena elencato sono le caratteristiche che di lei preferisco.»
Scar la guardò, sistemandosi il pesante giaccone; il vento le scarmigliava i capelli, e i suoi occhi parevano brillare pieni di vita: «Sono… Lusingato.»
Lei sorrise nuovamente, per poi esclamare: «Immagino che il suo insolito rossore sia dovuto alla neve, vero, Scar?»
L’uomo si sfiorò le guance, scoprendole improvvisamente calde: «Non saprei, non mi è mai capitato. Dice che è per la neve?»
«Oddio!» la donna non trattenne un risata fragorosa «Ma lei davvero parla come se non avesse mai vissuto su questo pianeta!»
Scar non si offese minimamente, e insieme si incamminarono verso la stazione.
«Saranno già arrivati lì con il bagaglio?»
«Certo, ci staranno attenendo con la macchina: una volta accompagnato lei, farò ritorno con loro a Briggs.»
«Non mi sarebbe dispiaciuto prolungare la mia permanenza.»
«Le ammetto che nemmeno a me sarebbe dispiaciuto ospitarla ancora.» alzò gli occhi al cielo «Forse non si rende conto di come io la tratti, rispetto alle altre persone…»
«No, purtroppo no.»
Lo guardò, con uno sguardo stranamente dolce: «Penso sia la persona con cui mi sia mai trovata così bene in poco tempo. Nonostante le nostre differenze, io e lei siamo compatibili a pelle, Scar.»
«Oh… è una cosa positiva, immagino.»
Olivier guardò la neve calpestata della strada che stavano percorrendo: no, non era una cosa positiva. Non per due persone così diverse, così distanti, che per incontrarsi un misero paio di giorni potevano attendere mesi o anni. Non per due universi paralleli simili a due poli di una calamita, intoccabili uno per l’altro. Non per un fiero generale e per un uomo legato ad voto verso Dio.
Meglio non pensarci, in fondo: di tardo pomeriggio Scar sarebbe partito, e lei non lo avrebbe rivisto per parecchio.
Poteva godere della sua compagnia in giro per la città solo per altre poche ore, e non voleva rovinarsi la giornata con quei pensieri.
 
«Cosa significa?!» tuonò la donna con espressione irata.
«Purtroppo è così, Generale.» disse Miles «La galleria che precede la strada per North City è rimasta bloccata da una caduta di massi. Poco fa è giunta la notizia. Nulla di grave, rimediabile in poco, ma per questa giornata sicuramente non riusciranno a partire treni per North City.»
«Ma è dove il nostro ospite deve effettuare il cambio di treno!»
«Generale, rimedierei, se potessi.»
La donna incrociò le braccia, innervosita, poi tornò a grandi passi verso Scar che la attendeva alla porta della stazione: «Che succede?»
«Un problema di percorso. Sarà obbligato a prolungare la sua permanenza a Briggs ancora per una notte.»
Il cielo si era fatto ormai completamente buio, e difficilmente si riusciva a intravedere nelle tenebre che già prima dell’ora di cena calano sulle terre del Nord.
«Mi dispiace disturbarla ulteriormente.» si scusò Scar, una volta salito in macchina.
«Non mi disturba affatto, si figuri.»
«Non sembrava entusiasta della mia permanenza…»
«Lasci perdere.»
Che poteva fare? Spiegargli che la sua presenza la faceva sentire tremendamente confusa, che i pensieri le si accavallavano nella mente fino a farle dolere le tempie? No, ovvio che no.
Scar, dal canto suo, non seppe come reagire a quella notizia né come interpretare la reazione di Olivier: appena la notizia gli era stata riferita, aveva provato una naturale e incontrollata sensazione di gioia, che immediatamente si era spenta alla vista del cipiglio irritato dell'altra.
Forse non avrebbe dovuto intraprendere quel viaggio, forse avrebbe semplicemente dovuto restarsene a casa, dimenticare la Regina delle Nevi e badare alla sua vita di monaco.
Fin dal principio, si era chiesto con preoccupazione cosa stesse alla base di quel profondo desiderio di ricongiungersi: sperava con tutto il suo cuore che fosse solo il dimostrarsi di una sincera simpatia nei confronti di Olivier, ma più passavano i secondi più si rendeva conto di come quello che provava non potesse definirsi così miseramente come una “simpatia”: era qualcosa di molto più profondo, e questo lo spaventava. Aveva imparato a mettersi in guardia davanti ai legami, e quello che si stava creando con lei era indubbiamente un legame. Un legame tacito, impuro, per cui sentiva di dover provar vergogna.
«Ci vediamo a cena, Scar.»
 
Un insolito silenzio proveniva dalla mensa della fortezza.
Più che insolito, inspiegabile: in assoluto, la cena era il momento in cui le regole venivano più accantonate, e ci si poteva rilassare prima di gettarsi a dormire. Gli uomini ne approfittavano per chiacchierare rumorosamente, giocare a carte e bere quel poco di alcolico che era loro permesso.
Cos'era la causa di quel silenzio di tomba?
Olivier affrettò il passo, chiedendosi dove fosse il monaco che doveva attenderla alla porta della mensa, e irruppe nel locale: davanti ai suoi occhi si presentò una scena alquanto bizzarra.
Uno scarno numero di persone era seduta ai tavoli, e a capo chino mangiava il suo ultimo pasto; ma in fondo alla sala, ecco che si vedeva una calca di persone ammassate intorno all'ultimo tavolo. Chi si era seduto in terra, chi su una sedia trascinata da un'altra posizione, sbocconcellavano gli avanzi dei loro pasti ascoltando in riverenziale silenzio Scar, seduto in mezzo a loro.
Olivier si avvicinò, cercando di non farsi notare; riuscì ad intercettare solo una parte dei discorsi del monaco, che in quel momento aveva appena terminato un sermone profondo e si era voltato verso uno di quelli seduti in terra più vicini a lui: «Tu, ad esempio. Hai mai ucciso una persona?»
Il soldato sorrise tristemente: «Io… Ho partecipato alla guerra di Ishval.»
Era evidente che temeva una reazione violenta dell’uomo, ma Scar gli pose con gentilezza la mano sulla spalla: «Guarda i miei occhi: ormai sono privi di risentimento. Questo è il Fondatore. Nulla mi impedisce di chiamarti fratello, e non provo alcun genere di odio verso di te.»
«Sono tante belle parole!» commentò un giovane seduto su un tavolo, stringendo una pagnotta smangiucchiata nella mano «Ma l’uomo non può solo ingoiare la rabbia, non è nella sua natura…»
«Per questo io vi parlo del Fondatore. Io, uomo, solo, non potevo far nulla e la mia anima era intrisa della negatività umana; ma l’avvicinarsi a Dio purifica. E non dico solo come culto, ma come idea: l’avvicinarsi al Bene, al voler bene agli altri. Questo è avvicinarsi a Dio.»
«Bel discorso, Uomo Cicatrice.» applaudì Olivier, facendo restare tutti muti «Ma non è il momento. Avanti, tutti in ordine ai tavoli.»
Il gruppetto, destabilizzato per l’arrivo inaspettato della donna, si disperse per la sala in un brusio generale: solo Scar rimase, seduto, attendendo che Olivier gli parlasse.
«Che hai da guardare?» lo apostrofò.
«Nulla. Mi chiedevo se volevi forse dirmi qualcosa.»
«Niente di niente. Su, muoviti. Vieni a mangiare con me e gli altri.» indicò il tavolo a cui erano seduti Falman, Miles e altri soldati chiaramente di rango superiore.
«Grazie» disse lui, tentennante «Ma non me la sento di mangiare con voi. Mi sentirei… inadatto.»
«Deve essere una qualche fobia della folla che ti impedisce di cenare come una persona normale…» disse lei «Andiamo, allora. Ti accompagno alla cella e poi torno qui a cenare.»
Scar annuì, e seguì la donna per il corridoio.
«Non ti avevo mai sentito parlare così.»
«Che intendi?»
«La tua voce, quei gesti… Quei discorsi aulici e forbiti…» imitò l’ampio movimento che soleva fare il monaco con le mani nominando il Fondatore «La tua abilità oratoria sembra esserci solo quando devi far propaganda religiosa.»
«Non era mia intenzione fare propaganda. Mi hanno chiesto chi fossi, e da lì ho iniziato a parlare.» rispose lui, rude.
«Calmati. Dicevo per dire. So perfettamente che non sei un lurido verme che approfitta delle menti plasmabili degli altri.» abbassò lo sguardo mestamente «Ma non vorrei che tu illudessi così quei soldati con quelle congetture sul perdono in ogni dove e in ogni quando.»
«Non sono congetture. Il Fondatore perdona davvero…»
«Ma Briggs no.» disse lei, enigmatica «A Briggs vive il più forte. Questa è la regola. Le nostre discipline ferree danno luogo a una selezione naturale, e i più deboli devono rassegnarsi. Non è moralmente giusto, forse, ma è il fondamento su cui abbiamo costruito la nostra potenza.»
Lui annuì: «Ad Ishval è tutto il contrario. Chi è forte si abbassa al livello dei deboli, per poterli aiutare.»
«Sono completamente opposti. Esattamente come me e te, Scar.»
Già, opposti e intoccabili: non era questa la muta verità che si stava creando tra loro?
«Eccoci.» Olivier si fermò al di fuori della cella «Buonanotte, Scar.»
«Anche a lei, Generale.» corrucciò le sopracciglia, alla ricerca delle parole giuste «Volevo dirle che lei, Olivier… è una persona molto speciale. Una donna molto speciale. E sono contento di averla conosciuta.»
Lei sentì il cuore balzarle in gola, ma replicò con ironia: «Conoscermi? Nessuno mi conosce davvero, e di sicuro lei non è uno di quelli che più si può dire che mi siano mai stati vicini.»
«A volte non occorre il tempo trascorso. Bastano pochi attimi, a volte, per conoscere una persona. O quantomeno per capirla.»
«Non si scervelli troppo, Scar.» disse lei, allontanandosi «Dorma bene.»
L’uomo si sdraiò sulla scomoda branda, guardando il soffitto scuro: anche tra le crepe di quella misera cella riusciva a scorgere il sorriso luminoso di Olivier, i suoi occhi dalle lunghe ciglia, le sue labbra rosee. Pregò infinitamente il Fondatore che potesse attenuare quelle fitte al petto che gli capitavano ogni volta che uno di quei particolari gli saltava all’occhio.
 
 

I suoi passi risuonavano solitari per la buia scala a chiocciola.
Aprì la porticina: essa emise uno stridente cigolio che si propagò per la piccola stanza. La donna accese la luce, muovendo con sicurezza la mano sul muro fino all’interruttore: la lampadina appesa al soffitto di quel vuoto e inutilizzato sgabuzzino illuminava lugubremente le pareti vuote.
Ed eccolo, sulla parete più lontana, unico arredo di quel nascondiglio remoto.
Olivier rimosse il drappeggio rosso che a lungo lo aveva protetto dalla polvere, si sedette sullo sgabello e inspirò profondamente.
Era tanto, troppo tempo che non veniva in quella stanza, e ne aveva sentito il bisogno divorarle l’anima per tutta la giornata.
Si sistemò il ciuffo di capelli ribelli dietro l’orecchio, amareggiata per quello scompiglio emotivo che le attanagliava il cuore.

Ma che serviva rimuginarci, in quel momento?
Era lì proprio per sfogarsi.

«Iniziamo.» sussurrò con espressione soddisfatta.












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Oook, secondo capitolo u.u questo mi da la speranza di poter terminare questa Long :'D
Avviso subito che, causa scuola, non riuscirò a scrivere per ben più di una settimana... indi per cui, chi attendesse il prossimo capitolo si metta il cuore in pace perché ci metterò parecchio x°D
Anche perché è un capitolo cruciale, il prossimo! u.u entriamo nel vivo della vicenda accennata nell'ultimo paragrafetto... :3
Spero vi sia piaciuto. Ah, e abbiate pietà degli errori ortografici e grammaticali, pubblico sempre molto di fretta xD dovrei averli corretti tutti, ma vi invito a segnalarmeli se ne trovate.


Nina.
   
 
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