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Autore: sonyx1992    07/05/2012    1 recensioni
Dal capitolo 12:"I sogni sono come i bicchieri: si rompono facilmente.
Vengono chiusi in una scatola su cui viene scritto “fragile” come ammonimento, per ricordarci di quanto sia facile perderli.
Tu prendi la scatola tra le mani, stai attenta ad ogni passo, stai attenta alla stretta sul contenitore, lo appoggi al petto, giusto sotto al mento, per poter cogliere le trappole sul cammino.
Ma stai attenta!
Anche quando mancano pochi gradini i pericoli sono lì, in agguato, nascosti dietro l'angolo, celato dentro due bambini che giocano sulle scale.
Ti incontrano, vi scontrate, cadete; e cadono i sogni.
E quella scatola con la scritta “fragile” ti dimostra la sua fragilità lasciando che i tuoi sogni si frantumino.
GAME OVER.
I tuoi sogni sono distrutti, non vedi? Sono lì, a terra, spezzati in miliardi di pezzi, ormai inutili se non per ferire e tagliare chi posa un piede sopra di loro.
Ed ora cosa fai?
Ti siedi, li osservi, pensi a come andare avanti.
È inutile piangere sul latte versato e sui sogni infranti.
Ti alzi, ti tiri su con le braccia e ricominci, raccogli la scatola, rimetti insieme i pezzi di vetro e vai avanti; cammini fino alla tua destinazione, poi ti fermi e ti siedi di nuovo, vicino ad un cumulo di neve, e con le mani rosse ed infreddolite, inizi a modellarla, a schiacciarla, a toglierla.
Cosa fai?
“Voglio costruire un pupazzo di neve”, mi rispondi.
Ed io osservo la scatola accanto a te, con dentro i tuoi sogni infranti.
Ci guardo dentro e mi accorgo che tra i cocci di vetro un bicchiere è ancora intero; si, te lo giuro, non lo vedi? È ancora lì, si è salvato!
Sorrido perché i tuoi sogni ci sono ancora, nascosti tra i pezzi di quelli infranti, ma ci sono ancora.
Quindi, ti aiuto a costruire il pupazzo di neve."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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14- FARSI ABBRACCIARE PER CONSOLARE LA GENTE

 

Lea”

 

 

Ed è strano non averti più.

Guardare nello specchietto retrovisore e scorgere solo Michele, che si tiene il braccio rotto con la mano sana.

Mi manchi, da morire.

Ogni volta che guardo indietro mi coglie un'ansia improvvisa nel non vederti lì, accanto a chi amavi più di ogni cosa al mondo.

Perché hai lasciato la sua spalla? Perché ti sei allontanata proprio in quel momento?

Saresti ancora viva se fossi stata abbracciata a lui, ti avrebbe protetto, vi sareste salvati entrambi.

Ma i due fari improvvisi ti hanno terrorizzato, ti hanno obbligato a chinarti per nasconderti dietro al sedile di Fabio.

Lui che neanche conoscevo; lui che non saprò mai se era amico tuo o solo un conoscente di Michele.

A volte mi chiedo cosa ci facesse lì. Cosa c'entrasse lui con il mio scherzo, con la mia fuga. Possibile che avessimo davvero il disperato bisogno che un dj ci sintonizzasse la radio?

Avremmo potuto benissimo farne a meno, rinunciarci. Avrei cambiato io le canzoni, anche se le mie doti non sono paragonabili al dj dai pantaloni rosso fuoco; oppure, avrei anche potuto spegnerla quella maledetta radio; almeno, così, Laura Pausini sarebbe stata zitta ed avrebbe fatto il suo viaggio in paradiso con qualcun altro.

Ed invece, chissà! Forse ora siete tutti e due lassù a guardare me, Michele e le vite che vanno avanti senza di voi, domandandovi come mai la mia sia ancora qui ferma ad aspettarvi.

 

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“Ricordi quando Simona era voluta andare a pattinare in quel palazzetto del ghiaccio? Non era capace, ma era la solita testarda...”

Michele si sdraia sulla mia coperta, la quale improvvisamente è diventata talmente piccola da costringere Mattia a sedersi sul bordo, bagnandosi con l'erba bagnata.

Federica si siede dalla parte opposta, non vuole stare vicino a lui, vuole sedersi anche lei sul bordo e preferisce fissare il suo ragazzo di nascosto.

Ma, almeno, è ancora il suo ragazzo?

Quando Michele parla, lei lo guarda, pensa a Simona, sorride; e Mattia la imita.

Ma io non ho voglia di sorridere e, tanto meno, di ricordare.

Alzo lo sguardo sul pupazzo che sembra d'accordo con me, mentre i due bottoni neri iniziano a scivolare sulla sua faccia bagnata, raggiungendo il legnetto che sta al posto del naso.

Lui non ne ha di ricordi, perché io dovrei volerne?

Ricordare è doloroso, ricordare è brutto.

Affondo il volto nel ginocchio sano, cercando di nascondermi, di proteggermi dalle parole di Michele.

Lui se ne accorge e muove lo sguardo su di me, facendo attenzione al braccio ingessato che viene protetto dalla mano sana, stretta su di lui.

Mi guarda e si arrende subito, si stanca di fissare una ragazza che non vuole ascoltarlo e, allora, continua a parlare al cielo, che magari lui è un interlocutore migliore di me.

Era caduta appena aveva messo piede sul ghiaccio ma non si era arresa...era davvero incredibile!”.

Forse non sa che non riesco a tapparmi le orecchie, che se lui parla io sono costretta a sentirlo e faccio fatica a non scivolare sul viale dei ricordi dolorosi; è difficile per me stare in piedi ora che ho una gamba sola che mi regge.

Michele se ne frega, lui vuole solo imitare la zia Milly e i suoi ricordi cancellati da tutti.

Inizia con un episodio e finisce col raccontare tutta la vita che ci sta intorno; però lo fa con gli occhi chiusi, persi chissà dove, magari in uno di quei ricordi e non si accorge del dolore che risveglia, delle lacrime che iniziano a scivolare sui volti di chi l'ascolta.

Nessuno vuole ricordare quelle cose ed io non voglio ricordare Simona.

Smettila, Michele, smettila!

Ma lui non mi sente, resta sdraiato a guardare il cielo, aspettando una risposta dalla sua innamorata, aspettando che lei gli mandi un segno.

Io, invece, mi rifiuto di alzare la testa, so già che un suo segno non lo vedrò mai; preferisco tenere la faccia affondata nel ginocchio, restando con gli occhi chiusi, senza alcuna possibilità di restare delusa dalle parole mute della mia amica morta.

 

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Sapete una cosa? Ho voglia di piangere!

Lasciatemi sola, vi prego, quando sono in pubblico le mie lacrime non vogliono uscire: sono molto timide, non vogliono recitare sullo scenario della mia vita finché il sipario non è calato completamente.

L'unica che le aveva conosciute era Simona.

Con lei loro uscivano lo stesso, non erano più timide, si facevano coraggio ed uscivano.

E lei mi stringeva nel suo abbraccio, un abbraccio infantile, strano: invece di far appoggiare la mia testa sul suo petto era lei quella che si chinava e si aggrappava a me.

Aveva paura di cadere lei, quando piangevo io.

E faceva ridere quel suo modo di consolare la gente facendosi abbracciare, quel suo nascondere la sua faccia nel mio petto; era quasi incomprensibile.

Sembrava volesse consolare più se stessa, pareva quasi fosse lei quella triste.

Ora, però, lei non c'è più, capite?

Come posso piangere per Simona se lei poi non si aggrapperà più al mio petto per consolarmi?

 

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Una protesi di alluminio giace vicino al pupazzo di neve, appoggiandosi a lui.

Apro gli occhi, la guardo e soffro; è brutta quella gamba nuova, quella sostituta della parte mancante del mio corpo, quello strano aggeggio che dovrebbe riuscire a completarmi.

Chiudo gli occhi, di nuovo, perché, a questo punto, è meglio non vedere più nulla, no?

Il passato mi ferisce, il presente mi fa vedere un futuro ancora più doloroso.

Meglio restare con gli occhi chiusi e mandare tutto via, lontano, dove non possono più nuocermi.

Impossibile.

E quando siamo andati in piscina...”

Michele continua, i ricordi fluiscono in lui ed escono spontanei dalle sue labbra.

Smettila, non voglio ricordare...”

Le mie parole invece escono confuse, soffocate, spente.

Ma Michele le sente lo stesso. Anche Federica e Mattia le hanno colte e, tutti e due, ora mi guardano e provano compassione per me.

A Michele invece fanno male quelle parole, lo feriscono, lo fanno titubare: sento che si mette seduto e quando riapro gli occhi per guardarlo il suo sguardo è crollato a terra, mentre la sua mano sana è sempre lì che stringe il braccio rotto.

Ricordare da solo non gli piace. Vorrebbe farlo con qualcuno ed il massimo sarebbe farlo con me, perché io posso comprenderla la sua malinconia, posso capirla la sua sensazione di vuoto.

Mattia e Federica, invece, non riescono ad interpretarla bene, la vedono e basta; possono immaginarla, magari, supporre qualcosa, ma niente di certo e niente di vero.

Perché loro non la vivono, non la sentono dentro, la scorgono solo sulla pelle, in superficie, nascosta in brividi inquietanti, in tremolii nascosti o in un pallore preoccupante.

La mia migliore amica continua a guardarmi, questa volta i miei brividi l'hanno davvero terrorizzata, ha colto alla perfezione il tremolio delle mie parole ed ora non gli resta che individuare il colorito freddo della mia pelle.

Cerca di capirmi, di entrarmi dentro, di interpretare il mio dolore; non so se ci riesce ma mi mette paura: sembra quasi che ce la faccia.

Per impedirglielo la precedo e sono io che distolgo lo sguardo da loro 3, alzandolo sul pupazzo di neve.

Lui, almeno, non mi guarda e non mi giudica.

E Federica non lo capisce quel mio distogliere lo sguardo, quel mio non voler ricordare, quel mio dolore che non condivido con nessuno; i suoi occhi seguono i miei e cadono sul nostro amico bianco.

La mia protesi resta ferma, immobile, non è suo il compito di rompere il silenzio che è calato all'improvviso, lei deve solo star lì ad aspettare; aspettare che io la prenda e che la incastri sotto il mio ginocchio destro, affinché mi regga in piedi, mi faccia camminare; è quella la sua unica funzione, non serve a nient'altro.

E la coperta su cui siamo seduti diventa sempre più piccola.

 

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Non vorrei ferirti, Michele, devi credermi!

Ma ricordare fa male, lo so bene.

Zia Milly non lo sa, invece, per questo che lei continua a raccontare episodi dimenticati senza sosta; per lei i ricordi sono importanti, come lo sono per te.

Ma allora spiegami perché dovrebbe essere così bello ricordare, perché dovrei farlo, perché tu e zia Milly siete così ostinati e testardi in questa cosa!

Non pensi sia meglio dimenticare?

Il pupazzo non ricorda niente e, guardalo, non soffre.

Però, è vero, forse hai ragione, ora che lo osservo meglio lui non sorride nemmeno.

Ormai manca poco alla sua fine, i bottoni scivolano sempre più, ha poche possibilità per ricordare, per sorridere e per piangere.

Se ne andrà anche lui come Simona e Fabio.

Quando alzerò la testa, quando volgerò lo sguardo su di lui, non ci sarà più, non sarà più lì a cambiare le canzoni nella mia macchina o ad appoggiarsi alla spalla di Michele.

Dietro di sé lascerà solo una macchia bagnata, l'unico ricordo che conserveremo di lui.

Ma farà male quel ricordo, ci ferirà e tu, Michele, seduto nei sedili posteriori della mia C3, mi racconterai di lui, lui che ci ha lasciato soli.

Ricordi quando Simona è caduta mentre pattinava? E quando è entrata in piscina ma non sapeva nuotare?”

Ed io questa volta sarò costretta a ricordare, perché la radio è spenta e non c'è più nessuno che può accenderla ed alzare il volume per nascondere la tua voce.

Io ti ascolterò e penserò a Simona, che era davvero un'imbranata, che non era brava in niente, che non si decideva mai a confessarti che tutte quelle cose le faceva solo per te!

A lei non piaceva pattinare, nuotare le faceva paura, ma a te piacevano quelle cose, volevi farle con lei e lei non poteva tirarsi indietro.

Non voglio deluderlo!”, mi confessava sempre e poi si appoggiava al mio petto, ci affondava la sua faccia e si faceva abbracciare.

Infine alzava la testa e mi guardava con quel suo sorriso sulle labbra che sembrava spiegare sempre ogni cosa!

Invece non spiegava proprio niente, ma come si poteva non acconsentire al suo inspiegabile desiderio di renderti felice?

Le dicevo che la capivo, quando non la capivo affatto.

E a lei, Michele, non piaceva andare in macchina, le faceva paura, non si fidava, la sua sorellina era morta in un incidente anni prima e questo la bloccava.

Lei non voleva raccontare a nessuno la sua paura, la nascondeva bene dietro a desideri fitti e a sogni altissimi; un giorno non sopportava più quel peso, lo sentiva lo stesso dietro tutti quei muri insormontabili; mi si era buttata tra le braccia e mi aveva confessato tutto.

Lei era in macchina con la sorella; lei si era salvata perché si è chinata dietro il sedile del padre; sua sorella, invece, era rimasta lì, a guardare la strada che si interrompeva troppo in fretta e a chiedersi come mai i suoi genitori stavano andando verso un albero.

Ma è una storia lunga, Michele e forse anche più dolorosa della nostra.

Simona veniva raramente in macchina con me; ma, quella sera, non aveva avuto esitazioni nel seguirti mentre salivi.

E' colpa mia; io sapevo di quell'incidente, conoscevo il suo istinto di ripararsi dietro il sedile per salvarsi ma, soprattutto, vedevo che tutti quei rischi li correva per te.

Non voglio deluderlo!”, mi diceva con lo sguardo ed io cosa potevo fare?

Tanto non sarebbe successo niente, no? Quante probabilità ci potevano essere che l'incidente sarebbe stato vissuto di nuovo dalla nostra Simona?

Mi sbagliavo, eccome.

Ma tu, Michele, queste cose non le sai; questi ricordi non li conosci.

Non vedi, perfino la tua Simona ha esitato nel raccontarti i suoi!

Lei voleva crescere, voleva solo essere più grande perché quella paura la lasciasse, finalmente; lei non voleva indipendenza, non voleva che la gente indovinasse la sua età, voleva solo dimenticare i suoi ricordi.

E non è meglio così? Non soffriresti nel sentirli se io, ora, alzassi la testa dal mio ginocchio e te li raccontassi?

Vedi? È meglio non ricordare certe cose, è meglio dimenticarle o tenerle nascoste da qualche parte dentro di noi.

Ma è tutto inutile questo mio parlare, tu ,tanto, non li capisci questi concetti, tu sei uguale identico a zia Milly: vuoi solo che gli altri ricordino.

 

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Il pupazzo mi guarda, io affondo di nuovo la testa nel ginocchio, Michele è perso con il suo cielo e Mattia pensa solo a lei, ormai: lei che è seduta dall'altra parte della coperta, sul bordo opposto; troppo impegnata a cercare di capirmi per accorgersi dei suoi sguardi.

Federica ha altro a cui pensare che a se stessa; prima di recuperare Mattia vuole recuperare me.

É strana questa Federica, non la riconosco più.

Non è più interessata a mostrarsi matura, a stare in disparte tenendo i suoi sentimenti nascosti; pensa ad altri sogni questa mia nuova amica, pensa a realizzarli, a viverli sul serio.

Però, vuole che io sia lì con lei, questa volta; desidera che ci aiutiamo a vicenda.

Cosa è successo a questa Federica che, all'improvviso, riesce a capirmi e si alza per raggiungermi?

 

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All'improvviso, Michele, t'interrompi.

Distolgo lo sguardo dalla strada, la mia C3 viaggia sicura questa volta e ti osservo riflesso nello specchietto.

E qualcuno è vicino a te e si fa abbracciare.

Simona appoggia la testa sul tuo petto, facendo attenzione al tuo braccio rotto e spostando delicatamente la mano sana.

Si fa stringere da te, da te che all'improvviso stai in silenzio e la guardi.

Non sembri stupito nell'averla lì ma i tuoi occhi iniziano a bagnarsi, bagnano pure il tuo sorriso malinconico e cadono su Simona, che se ne sta tranquillamente coccolata dalle tue braccia.

E finalmente mi fai capire il vero motivo dei tuoi ricordi; ricordare per riportare indietro chi amiamo e non c'è più; ricordare per sfogarsi, per abbattere quei muri fittizi che abbiamo costruito e che, prima o poi, crolleranno da soli; ora capisco perché Simona si è fatta abbracciare da me, quel giorno e mi ha liberato i suoi ricordi.

Una mano si posa sulla mia spalla.

Abbasso lo sguardo, guardo verso destra e accanto a me siede di nuovo Fabio; ha indosso sempre i suoi pantaloni rosso fuoco ma questa volta non è più nervoso, le mani non gli sudano più, sono diventate sicure e pure lui mi sorride.

Siamo ancora qui, tutti e quattro, come prima, come quando andava ancora tutto bene, quando ancora la mia gamba destra potevo toccarla e vederla.

Ma è solo un attimo e tutti scompaiono, annebbiati dalle mie lacrime.

Hai visto, Michele, cosa hai combinato con i tuoi ricordi?

Sei riuscito pure a risvegliare i miei, ad abbattere i miei muri, dopo tutti gli sforzi che avevo fatto per costruirli.

 

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Federica non aspetta più.

Si alza, allontana Michele e si getta su di me.

Le sue braccia mi stringono, costringendomi ad affondare la faccia nella sua maglia per soffocare i miei singhiozzi improvvisi ed inaspettati.

Sto piangendo, le lacrime sono infinite, non si fermano più, si sono fatte coraggiose ed ora escono copiose e mi allagano il volto.

Sono un mare queste lacrime, sono uno sfogo enorme, mi svuotano completamente.

Federica non è come Simona, lei fa la forte per consolare la gente, non si fa piccola, piccola tra le loro braccia, non si fa stringere; questa volta sono io che imito la ragazza di Michele, la nostra amica imbranata che non si decideva a dirgli che non sapeva nuotare; questa volta sono io che consolo la gente facendomi abbracciare.

Il pupazzo di neve è stanco pure lui di trattenersi: i suoi occhi si staccano e cadono in un momento, con un contatto sordo col terreno.

Non ha più gli occhi ma, ora, piange pure lui; piange per Simona che non c'è più, per Fabio che neanche conosceva; piange per un dj dalle mani sudate e per una ragazza che avrebbe fatto di tutto per il suo ragazzo: avrebbe nuotato, avrebbe pattinato e sarebbe perfino morta.

E Mattia allunga le braccia verso me e Federica, ci abbraccia entrambe, obbligando la mia migliore amica a piangere, a sua volta, nel suo maglione.

 

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Ed è un momento, un attimo solo.

Dal nulla mi sorge una domanda strana, che non c'entra nulla, che non dovrebbe riguardare tutto questo: “Dov'è Nicola? Perché non è qui, a farsi abbracciare insieme a noi?”

 

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Ok, questo è un capitolo davvero, davvero penoso. Lea non se lo meriterebbe ma di meglio non posso fare, in questo momento. :(
Purtroppo, vi dovrete accontentare.
Comunque, come quello di Federica, anche questo è dedicato a Simona che in effetti era davvero un'amica un pò strana, speciale per tutte e due, forse più legata a Lea che a Federica dato che le ha confessato anche dei suoi ricordi dolorosi.
Qui Lea ha capito il vero significato di quei ricordi; del perché uno sente il bisogno di raccontarli; del perché la sua zia Milly e il suo amico Michele non esitano nel riportarli al presente: principalmente lo fanno per alleggerire il loro peso, come aveva fatto Simona raccontando i suoi a Lea; ma lo si fa anche solo per avvicinarsi a quelle persone che non ci sono più ma che ci hanno fatto vivere episodi indimenticabili.
Questo Lea l'ha capito solo ora, lei che vedeva nei ricordi solo un peso e un dolore enorme.
E, alla fine, Michele la costringe a ricordare e il risultato sono le lacrime, lacrime che non era mai riuscita a versare ed ora, invece, vengono liberate facilmente, anche se Simona non c'è per accoglierle con un abbraccio.
Però Federica è lì, al suo fianco, non esita a spostare Michele pur di raggiungerla in tempo; e l'abbraccia soltanto, neanche come faceva Simona, con il suo modo strano e difficile da capire.
E' un abbraccio semplice, affettuoso, comune...al quale si unisce anche Mattia.
E, alla fine, Lea si accorge che manca qualcuno in questo quadro.
E' solo un attimo, ma l'assenza di Nicola la sente.
E lui ora dove sarà? Sarà già partito? Se ne va senza salutare nessuno, senza nemmeno dirlo alla sua Lea?
Nel prossimo capitolo lo scoprirete. ;)
Ora vi lascio, buonanotte a tutti, miei cari!
Con affetto.
=Sony=

 

   
 
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