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Autore: dubious3    08/05/2012    2 recensioni
Un tributo a Telesette e ai suoi cross-over.
Nella lontana terra di Konohamere, un malvagio stregone risorto dal passato esercita il suo terribile e nefasto potere.
L'unico che che può fermarlo è Ser Sasuke Uchiha, il più leggendario eroe della storia del regno, risorto per la stessa magia del negromante.
Peccato che le leggende, spessissimo, esagerino...
Note dell'autore: cambiamento di rating da giallo ad arancione per linguaggio più "forte".
Genere: Avventura, Comico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Orochimaru, Sasuke Uchiha
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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Le Rovine Infestate (in salsa Kajuu e bollito di botte!)

 

 

Con un rombo assordante, una palla di cannone aveva sbriciolato la sommità del torrione principale, scoperchiandola. I frammenti del bastione erano crollati nel cortile principale, dove, ad attenderli, vi era un lago artificiale di lava. Il capitano, dalla prua, godeva dello stupendo lavoro della propria flotta: le palle di cannone tuonavano con fragore sempre maggiore, portandosi via, ad ogni colpo, sempre più parti di muratura. Anche il vulcano, irretito da questo assalto, pareva gorgogliare e ruggire, vomitando lava come una bastia affamata.

"Forza, branco di ceffi d'acqua!" Ordinò il secondo di Orochimaru ai serventi. "Mirate lì, alla bandiera!"

Pur sapendo che non potevano vederlo, Kimimaro puntò con la propria spada una lunghissima asta, che svettavano in altezza sulla cittadella. Su di essa era collocata un'enorme bandiera di stoffa, grigia e lacera, su cui era a mala pena riconoscibile il vortice inscritto in una foglia: il simbolo del regno di Konohamere. 

Da sotto la coperta si udirono tintinni di ossa in segno di approvazione, e immediatamente partì un'altra palla. Il colpo trapassò in pieno il simbolo, squarciando profondamente la stoffa.

"Colpo perfetto, ragazzi!" Ruggì il capitano, trionfante. "Sento odore di licenza per un bel po' di voi... E voi, lord Orochimaru, cosa ne dite di un colpo da maestro?"

Mentre l'intera nave rollava  dalle grida e gli schiamazzi di giubilo, lo stregone, appoggiato sulla balaustra del ponte, rimaneva inerte. Accanto a lui volteggiava in aria il dio oscuro, che lo scrutava con sguardo enigmatico.

"Orochimaru... cosa hai?" Chiese questo al proprio discepolo.

"Nulla... nulla..." Rispose quello, voltandosi ed appoggiandosi sul bastone. Eppure, dal suo tono di voce, era evidente che vi fosse qualcosa che stesse tormentando l'animo di Orochimaru. Il suo signore comprese al volo che doveva trattarsi di quella strega che i suoi sgherri stavano interrogando. O non più: focalizzando la propria divina visione nella zona circostante, avvertì il buco fatto proprio sotto di loro e l'anima della maga volare via.

"Orochimaru... se è per la strega che ti stai preoccupando, allora placati: ho avvertito la sua presenza fuggire da questa nave e dirigersi verso le rovine del castello".

"D-Davvero? D-ove è? Dove è? Dove è?!?" Balbettò lo stregone, ritornando sulla balaustra e scrutando l'aria sottostante con frenesia febbrile. Dentro di lui non sapeva davvero se essere inviperito oppure, in fondo, sollevato.

"Calmati, Orochimaru, per la ragazza: per ora, abbiamo cose molto più importanti a cui pensare. Ascolta bene, perché non abbiamo molto tempo..."

"Non... abbiamo... molto tempo?" Chiese il negromante, intuendo, dalla tono di voce del proprio signore, un pericolo incombente. "Cosa volete dire?"

"Prima di tutto, sappi che nel castello è nascosta una reliquia dai poteri immensi, che potrebbero consegnarci questo paese su un piatto d'argento. Ho mandato degli scout  a recuperarla, nel castello; tuttavia, non siamo i soli alla ricerca di tale manufatto..."

"Non siamo soli? E... che è altro è? Cosa state dicendo...? Ma da quanto tempo...?"

"Non abbiamo tempo per le domande, mi pare di averlo già detto". Troncò la divinità, con voce tagliente, tutte le domande di uno stregone sempre più confuso. "Ascolta, deve radunare a te tutta la tua forza: un nuovo nemico si sta avvicinando... Arriverà qui a momenti".

D'un tratto, un ruggito spaventoso eclissò ogni altro rumore proveniente dalle rovine, seguito dal tuono di diversi passi ad oriente. Con il rumore che gli rimbombava nelle orecchie, Orochimaru voltò lo sguardo.

Ciò che vide fu tale da terrorizzare persino lui, uno stregone che lavora costantemente con cadaveri ambulanti e dei malefici. Una figura colossale, alta più del castello stesso, si avvicinava lenta ma inesorabile al galeone capitano. L'essere aveva le fattezze simile a quelle di una donna umana, seppure ricoperta da squame verde pallido. Era anche munita di una coda lunghissima, da anfibio, collegata ad una cresta che gli arrivava sino al cranio. Il viso della creatura, che pure era ingentilito da fattezze giovani, era illuminato da due occhi ferali, che sfrigolavano di fulmini blu; della stessa lucentezza brillava, in lontananza, un piccolo marchio posto sul suo collo.

"Per l'amor di tutti i demoni, gli dei, i cieli, gli inferi e i purgatori". Lo stregone ebbe il fiato di mugolare appena, riuscendo persino nell'impresa di apparire più bianco cadaverico di prima. "Cosa v-vuole quel c-coso?"

La creatura, quasi rispondendo a tale domanda, ruggì stringendo le mani, palmate, in degli enormi pugni, e sferrò un gancio micidiale al galeone più vicino, frantumandolo come fosse un cereale integrale. Una miriade di schegge, cordame e armamenti volò nel cielo, accompagnata da non-morti che gridavano Arrgghhh tra l'ebete e il marinaresco tipico.

Il capitano Kimimaro, talmente scioccato da far cadere la lama sul piede (fortuna per lui che era un non-morto, altrimenti sapreste che urla), urlò i propri ordini con tutto il fiato che aveva in gola:

"Cosa diavolo state aspettando?!? Teste di pesce marcio, scaricate tutta l'artiglieria che avete su quel mostro! Se non lo riduciamo noi in un colabrodo, quello ci fa' a polpette! Fuoco sul Kappa! Fuoc..."

"Risparmia il fiato, capitano". Lo interruppe la divinità oscura. "Le armi a bordo della nostra flotta non sono minimante capaci di buttar giù un Titano del Mare. Il fuoco del cannone non gli darebbe più fastidio di una punta di zanzara".

"I cannoni... ZANZARA?!?" Strillò Orochimaru, con la voce più alta di un paio di ottava per il panico che lo attanagliava. "Ma allora... siamo tutti MORTI!! MORTI!! MORT...."

Lo sguardo dell'Oscurità, non meno feroce o intimidente di quello del Titano, costrinse lo stregone a tornare in se quel tanto che bastava per non tingere i pantaloni.

"Orochimaru", continuò "i nostri cannoni non potranno fargli del male, ma abbiamo un'arma effettivamente capace di sconfiggere un bestione di quel calibro".

"E... quale... sarebbe?"

"Tu, stregone: il potere che è nel bastone ti darà la forza per combattere questa nuova minaccia. Diciamo che un dono "extra" che ti ho fatto".

"Sconfiggere quel coso...? Con il potere che mi avete concesso? Ma come...?"

Il negromante non sapeva cosa dire o pensare: certo, i potere del suo signore erano immensi, ma un mostro magico corazzato che avrebbe potuto mangiarsi una casa in sol boccone era... sempre un mostro magico corazzato che avrebbe potuto mangiarsi una casa in sol boccone: mica bruscolini!

"Emmm... mio signore... ma siete sicuro che il vostro dono mi darà... la forza sufficiente? Voglio dire: avete visto quei denti, quegli occhi, quella stazza..."

"Mi hai preso per cieco, per caso?" Rimbeccò il dio con un sarcasmo feroce. " Conosco sin troppo bene la minaccia che tu dovrai affrontare. Normalmente, avrei pensato che sarebbe un suicidio affidare a te missioni del genere; tuttavia, la scelta a disposizione che ti impedirebbe di fare la fine di un antipasto è piuttosto scarsa..."

"Non c'è... proprio altro... modo?" Provò a replicare lo stregone, mentre la voce si sfiatava sempre di più. "Angmar... ad esempio...  Dove è finito... Angmar? DOVE E' FINITO QUELLO SCHIFOSO MANGIAPANE A TRADIMENTO PIU' INUTILE DI UNA CAFFETTIERA INTASATA?!?"

Alle urla isteriche di Orochimaru, il signore del male espanse il proprio corpo gassoso, fino a che la sua aria gelida non toccò  il collo dello stregone.

"Ascoltami bene, piccolo stregone, e non andare nel panico. Ad Angmar ci penseremo dopo. Ora, le opzioni sono due: o te la vedi contro quella mostruosità che sta devastando la tua flotta in questo momento, oppure te la dovrai vedere con me. Cosa preferisci: che il Titano del Mare abbia solo la possibilità di pasteggiare con la tua carne rimmellata e liftata, oppure che io, sicuramente e inequivocabilmente, mi faccia uno spuntino con la tua anima?"

Orochimaru osservò prima il mostro gigantesco che azzannava una delle sue navi, poi il suo signore irato come un'Erinni a pochi centimetri dal proprio volto. Guardò prima il colosso che triturava l'imbarcazione con le proprie mascelle, poi gli occhi infernali dell'Oscurità accendersi come delle fiamme. Girò volto ancora sul gigante che faceva a pezzi un'altra nave con una karate chop, poi l'Oscurità, poi il gigante che ne stritolava altre due come biscotti, e ancora l'Oscurità, poi il gigante che ululava a gran voce il suo nome, e l'Oscurità per un quarta volta...

Insomma, andò avanti di questo ritmo con Orochimaru sempre più convinto che perdere l'anima non fosse, in fin dei conti, una così grossa sventura.

"Mio signore, ho riflettuto pienamente sulla vostra scelta, e, dopo una lunga quanto ponderata riflessione, devo concludere che..."

Prima che lo stregone terminasse la frase, il dio oscuro spalancò la bocca innaturale. All'interno di esso il negromante osservò l'Inferno, con tutti i tormenti, le anime che urlavano tra le fiamme e demoni sghignazzanti. Da quella cavità spuntò un forcone, che andò proprio a trattenere il collo dello stregone.

"Ho... constatato che la vostra offerta è quanto mai giusta, equa, generosa, allettante e priva di una qualsivoglia contropartita. Bestia assassina, sto... glom... arrivando..."

Il forcone dall'Inferno si ritirò nella bocca del dio oscuro, seguito dall'intera visione oltremondana. Soddisfatto, il dio oscuro sogghignò e voltò la propria forma aeriforme.

"Perfetto: come dico sempre io, con le buone maniere si ottiene tutto. Ora, medita attentamente su quel bastone e concentra le tue energie. Il mio potere farà il resto. Buona fortuna, stregone!"

"Sì, lord Orochimaru!"  Incitò, esultando, Kimimaro, che nella foga aveva alzato la spada portandosi appresso piede. "Distrugga quel pesce troppo cresciuto! Gli arpioni bene i punti dove non batte mai il sole e lo sventri da capo a piedi; poi, con la pelle ci faccia la cartavetrata; con le ossa ci costruisca xilofoni, arroti i coltelli e le triti per farci il pane; con le budella ci faccia il lardo e degli ottimi Hugghies; con il cervello ci faccia spremute; con la cresta ci addobbi la casa; con gli occhi rifaccia tutto l'impianto elettrico della casa; con il cuore..."

"Ho capito. HO CAPITO! Di matti con la mania per l'enumerazione macabra questa fiction ne ha vista abbastanza". Orochimaru lo zittì, brusco. Lo stregone si avvicinò lentamente a poppa, esitando ad ogni pazzo. Poco distante da lui, il Titano interruppe per un attimo la sua carneficina, ed alzò l'enorme capo. Avidamente, scrutò l'aria circostante con le sue enormi narici, fiutando qualcosa o qualcosa.

Individuò presto quel qualcuno: rivolse il proprio volto, devastato da una furia che un essere umano non avrebbe mai potuto comprendere, verso lo stregone, e gli ruggì contro, modulando anche parole in una lingua comprensibile agli umani.

"Grarrggh!!! Oro-chimaru... distruggere! DISTRUGGERE!!!"

Lo stregone ormai sudava ghiaccio secco, ma comprendeva bene che non poteva più ritirarsi. Chiuse, allora, gli occhi e strinse con forza il proprio scettro incantato, provando a richiamare tutto il potere possibile.

"Ti prego scettro incantato dammi la forza di sconfiggere quella specie di colosso che mi trova tanto tanto appetitoso sono troppo giovane ed attraente per morire aiutami aiutami..." cantilenò tutto d'un fiato.

Quasi a rispondere a quest'invocazione, dallo smeraldo che ornava il bastone si diffuse una nebbia verdastra, acre e densa, che avvolse totalmente il portatore in una sfera.

"Sta funzionando... STA FUNZIONANDO!!" Urlò il mago dalla gioia, mentre avvertiva un potere mai provato penetrargli nelle ossa. La divinità oscura, vedendo tutto ciò, ghignò compiacendosi.

"Perfetto, mio discepolo. Ora, però, la tua nuova forma è un tantino ingombrante per questo nuovo potere..."

"Cosa volete dire? Non vi sento". Disse Orochimaru, mentre dallo scettro partivano ondate di potere oscuro.

"Vedrai... chiudi gli occhi..."

L'Oscurità, tramite il suo fumo, generò un tentacolo di consistenza solida. Senza dire altro, diede un colpo alla sfera di potere oscuro dove era contenuto il suo discepolo. Questa volò via dalla nave, per precipitare al suolo, sotto gli occhi attoniti del capitano Kimimaro.

"Mio signore...! Cosa... avete fatto?!?" Esclamò dalla preoccupazione, fiondandosi sulla balaustra.

"Rilassati, mio fido capitano". Gli rispose il dio oscuro, pacato. "Ora dal nostro uovo uscirà una gallina dalle uova d'oro... Grosse uova d'oro, tanto pericolose..."

Le potenze malefiche che avvolgevano lo stregone parvero sorreggere la sfera a mezz'aria, mentre questa si crepava. Vedendo ciò, a Kimimaro uscì fuori dalle orbite l'occhio, mentre il suo pappagallo, rimasto sempre silente, incominciò a gracchiare:

"Craaa... Forse è momento che davvero Orochimaru salvi noi da mostro infernale... craaa!! Orochimaru è potente... craaa!!! Orochimaru è invincibile... cra!!!"

Tuttavia, poiché nessuno lo stava vedendo, appoggiò le ali su zone che immagino abbiate capito quali fossero, ma che non posso menzionare, e le grattò...

 

**********

 

 

Sin dai tempi dell'antico regno di re Sarutobi, il cortile più esterno della cittadella di Konohamere era pressoché identico ad un vero e proprio paesino in miniatura. Rudimentali casette,costruite con tronchi smussati legati alla buona e con tetti di paglia finemente intrecciata, costeggiavano le cinta murarie più interne, che impedivano l'accesso alla rocca principale ad eventuali nemici. Al di fuori di esse erano collocati piccoli orticelli di terra smussata dove si coltivavano patate. Spesso tra una casa e l'altra erano stati eretti casolari più grandi e spaziosi, adibiti al bestiame, vicino a dei piccoli pozzi in muratura collegati ad un lago sotterraneo, nel cuore della montagna. Vicino alla cinta muraria esterna, invece, venivano interrate rudimentali bancarelle, alternate a depositi a cielo aperto di olio bollente e munizioni varie.

Questa situazione, in realtà, era rimasta invariata fino a qualche giorno fa (altrimenti non sarei potuto essere così preciso), dato che una popolazione contadina aveva continuato ad abitare questa parte delle fortezza. E difficilmente qualcuno li avrebbe sloggiati, se non fosse venuto l'esercito dell'Oscurità ad invadere il posto, e senza nemmeno un'ingiunzione di sfratto, per giunta. Ora di quel quadretto rustico non era rimasto che qualche tugurio mezzo bruciato dalla lava, che tappezzava il terreno in pozze di varie ampiezze.

In mezzo ad una coltre di fumo, prodotto da legno in fiamme e da altri frutti della terra, numerosi villici erano imbavagliati e legati come salami, a ginocchioni sulla sommità delle mura esterne. Dietro di loro, svolazzava uno strano essere, una gigantesca falena, nera e dagli occhi sfavillanti come tutti i Demoni delle Ombre. Al posto delle zampette da insetto, la bestia era munita da corti, ma robusti, tentacoli di polipo, che si agitavano da tutte le parti, a volte sfiorando anche villici. L'essere sorvolava tutta la parte superiore delle mura, e canticchiava una strana canzone muovendo ritmicamente le mascelle.

"Sotto la lava canteròòò... sotto la lava canteròòò...e se mi fate incazzareee, dentro la lavaaa vi getteròòò..."

I prigionieri scossero la testa all'unisono, maledicendo il fatto che non gli avessero imbavagliato le orecchie, tanto quel maledetto non prendeva una nota nemmeno a sparargliela in fronte. Uno di loro, un tipo pingue dalle ganasce particolarmente forti, morse il panno che gli teneva bloccato la bocca e lo lacerò. Potendo così aprirla, sputò dei brandelli di stoffa ed incominciò a strepitare.

"Ahò, ma sto' qua canta in modo così teribbile che è mejo 'na macina arugginita mentre sta a strepità Amanna Liir con n'rospo in gola... Che poi nun so manco chi è sta' Amanna Liir..."

Il falenone, accortosi di avere un pubblico poco attivo, afferrò il contadino con un'appendice e lo portò davanti al suo volto da lepidottero, accarezzando con le lunghe antenne membranose.

"A te non piace il mio c-canto, f-forse? So-fe-li-ma-sol-ra-di-so!" Modulò, inferocito. "E' un oltraggio senza pari! Nessuno può odiare il mio canto: il canto è l'arte s-stessa degli dei, ed io Papillio Caruso son-no il d-dio dell'arte c-canora! So-fe-li-ma-sol-ra-di-so! Vill-lico ingrato! Ora io ti farò assaggiare lo s-stesso destino di Aida, che viene bruciata da viva da Scarpia perché glielo aveva ordinato la Principessa Turandot".

Non sapendo quanto fosse fortunato ad avere davanti un interlocutore che capisse di opera lirica quanto un cavolfiore, il falenone emise uno stridio ancora più cacofonico, per poi scagliare il malcapitato sbraitante dentro una pozza di lava a lui vicina.

Come da tradizione nei più beceri film d'azione, proprio un attimo prima che il poveretto finisse con la capoccia flambé, venne portato in salvo da uno sconosciuto talmente veloce che se ne vide unicamente l'ombra.

"Cosa...?" Tra i prigionieri sorse un mormorio, mentre la mostruosa falena, in preda ad una totale confusione, agitava la ali variopinte.

Un istante dopo, sentì un braccio al tatto pruriginoso stringergli il collo. Girò il più possibile il collo, mentre del pagliericcio gli finiva nell'occhio, per scoprire chi osava prenderlo alle spalle; quello, però, si rivelò immediatamente.

"Sei vuoi conoscere chi, in questo momento, ha la tua cartilagine in pugno, allora ti rivelo subito che è il tuo vecchio incubo peggiore, scarto da balera".

"Ku-kulann?" Realizzò l'insetto con orrore. "Cosa vuoi? So-fe-li-ma-sol-ra-di-so... Infido serpente! Non è stato già abbastanza voltarci le spalle dopo la distruzione di Samarcanda?"

"E' stato più che abbastanza... per voltarvi le spalle, si intende". Gli rispose il demone del grano, duro, stringendo l'arto attorno al collo della bestia con tanta forza da farlo rantolare.

"Maledetto... traditore... cough... e stupido, oltretutto. Avresti potuto essere un dominatore; avresti potuto garantire al tuo popolo una terra sicura, più grande e potente dei Caraibi da cui sono stati cacciati gli Inca nel Rigoletto; avresti potuto a-attingere alla stessa essenza della divinitààààà... So-fe-li-ma-sol-ra-di-so! E hai abbandonato tutto per una tubercolotica cronica ammaliatrice doppiogiochista pacifista lurida sg-gualdrina..."

L'artiglio di Kukulann, posto a qualche centimetro dalle pupille, lo dissuase dal proseguire la sua invettiva.

"Attento a non dire altro... Sai che, quando mettono in mezzo i membri della mia famiglia, tendo a reagire piuttosto violentemente".

"Ehe-he-he..." ghignò Papillio intonando un'aria, seppure in maniera davvero penosa "fai pure come meglio credi, infida spia: il potere del mio signore non può essere contrastato da n-nulla a q-questo mondooo!! So-fe-li-ma-sol-ra-di-so... Tutti voi sarete presto conquistati e sconfitti dalla furia dei veri f-figli delle tenebre. Subirete una sconfitta più rovinosa di Figaro quando ha affrontato il drago Fafnir nel Flauto Magico. Vi distruggeremo tuttiiii, come Angmar ha massacratooo tua m-moglieeee!!!"

Per un attimo, il demone del grano fu seriamente tentato di spaccare il colpo trapanare la testa di quel bastardo essere infernale; tuttavia, osservandolo bene, non riusciva a provare collera o odio, quanto disgusto. Quel verme esaltato non valeva nemmeno lo sporcarsi le mani.

"Idiota... non sai che neanche che rischio stai correndo..." gli sussurrò "per il bene della missione, dovrei strapparti la testa e cavarti il cranio; tuttavia..."

Mollò il corpo del gigantesco lepidottero, e, con un colpo secco e fulmineo, gli trinciò interamente l'ala destra. Il mostro osservò, inorridito, la sua grande e diafana appendice color castagna svolazzare nell'aria e depositarsi al suolo, nel cortile esterno. Con tutta la ferocia di cui era capace, quindi, modulò un So-fe-li-ma-sol-ra-di-so e partì caricando in tentacoli a mo' di pugni e sferrando un rapido diretto come un pugile. Kukulann deviò il colpo con un palmo e penetrò nella guardia del nemico, e, non dandogli il tempo di riprese, gli sferrò una manata nell'addome corazzato; infine, lo fece volare via con un calcio al volto.

Il falenone disegnò un ampio cerchio nell'aria, quindi cadde nella terra del cortile sbattendo il capo. Il colpo non lo uccise, ma gli diede una perfetta visione della Cintura d'Orione.

"Ora le vedo-o..." Modulò con un bernoccolo in testa di una metrata "Le stelle! Enrico Pavarotti! Luciano Caruso! Gaetano Verdi! Giuseppe Pucciniiii!...." E svenne.

Senza perdere altro tempo a dedicarsi a quella dissacrazione vivente del bel canto, il Demone del Grano, osservò tutti i prigionieri, che festeggiavano la loro liberazione con saltelli e mugolii.

"K... k... lnn! K... k... lnn!"

Il demone del grano sentì un groppo nel viscere, una specie di rimescolamento dato dal malessere: c'era tanta, troppo gente da poter essere portata in salvo, e non c'erano uscite o fughe da quella fortezza infernale. Tutto era bloccato dalla lava, che, lo vedeva bene, zampillava a fiotti sempre più selvaggi dal vulcano. Probabilmente, senza un passaggio segreto o una via di fuga simile, anche loro sarebbero finiti lentamente alla brace, come polli. E se poi fossero riusciti a scappare? La situazione si prospettava ancora peggiore, con l'esercito di non-morti che stringeva tutti in una morsa peggio della roccia fusa.

Per la frustrazione quasi si morse le mani; l'unica cosa che era in grado di fare, per questi poveretti, era almeno liberarli dai legacci. Scelse quindi un paio degli uomini più robusti e stracciò le loro bende con gli artigli.

"Ok... voi, liberate tutti i vostri compagni. Purtroppo, non posso darvi altro aiuto: tutto il castello è circondato da lava fusa, e forse anche da altri pericoli persino più gravi..."

"Angora più gravi? Più gravi de quer teribbile candante?" Chiese uno, sdentato e calvo, salvo che per pochi ciuffi brizzolati sulle tempie.

"Mejo che non te mette a fa' dummande, Chicco" Lo rimproverò un altro, leggermente gobbo e con un cappuccio di pelle in testa. "Questi nun-morti so' tremmenni: fortuna che ce stanno cunicoli su cunicoli, nella fortezza... Intando, te dico che dovemo liberà li nostri amici e parenti!"

"Pure mi' socera? Ma questa è la vorta bona che ne libberemo deffinitivamente!"

"O so che 'na gran rompicojoni, ma se deve fa'. Ora, andemo".

I due contadini non dissero altro, limitandosi ad estrasse dalle loro cintole di cuoio dei coltellacci per sventrare la carne ed incominciarono a liberare le loro famiglie e compagni. Kukulann volse lo sguardo alla sua destra , diretto verso le mura centrale. Allineato con l'entrata del castello vero e proprio, un tamburo ottagonale sormontato da una guglia per lato, era posto un grosso portone in acciaio, con i due battenti leonini costruiti in mithril. Poco distante da esso era riunito tutto il proprio gruppo, con Gozu che teneva stretto l'ex prigioniero sotto l'ascella. Vedendolo vivo e vegeto, con solo ciuffo di capelli spelacchiato dalla lava, tirò un sospiro di sollievo. Si lanciò, quindi, verso di loro con un agile salto ed atterrò oltre una pozza di lava, vicino a dove un rivolo di roccia fusa si riversava.

"Eccoci qua... direi che non possiamo fare altro che avanzare e chiedere consiglio a re Sarutobi su come poter fuggire da qui".

"Emmm... " replicò il genio, sconsolato "Io teme che questo no è problema più urgente... Guardate dietro di voi e tappa orecchie!"

Un ruggito assordante, della stessa belva che avevano udito prima di entrare nella fortezza, proruppe in tutta la cittadella, seguito dalle urla di terrore dei contadini, che scappavano da tutte le parti.

"Mammasantissima!" Esclamò il contadino che Gozu teneva in braccio. Questi lo depose immediatamente, così che potesse scappare come gli altri.

Passata un poco la cacofonia, i nostri eroi alzarono lo sguardo per scoprire la fonte di ogni cosa.

"Cioè... non è possibile... chi mai avrebbe potuto... chi mai..." Sussurrò Sasuke, impietrito. Il suo stupore era, quella volta, talmente grande che nemmeno perdere tutti gli arti sarebbe stato sufficiente. Poco fuori dalla fortezza, poteva osservare bene due esseri giganteschi darsi battaglia senza tregua. Il primo contendente era simile ad un kappa di dimensioni titaniche, dalle fattezze di una guerriera femminile; il secondo, invece, era un gigantesco serpente, bianco come la luna, munito di ben otto teste di pitone che si univano in un solo corpo centrale. Nella bocca della testa più grande, scorgeva appena una figura altrettanto pallida, dai lunghi capelli neri.

"Quelli sono... Isaribi... e... e... un coso Orochi". Balbettò. "Diavolo... il mio Sharingan è difettoso, per forza... ho le trabecole..."

"Affatto, amico mio. Affatto..." Rispose Gozu La sua voce era carica di un'amarezza tremenda, appesantita da memorie dolorose che, purtroppo si trovava costretto a rivelare.

"E' arrivato il momento che vi racconti tutta la storia di Isaribi. Come immagino che tu sappia, lei non è un essere umano: appartiene, infatti, alla razza dei Titani del Mare, creature semi-divine dalla stazza e poteri immensi, tra i quali vi è la possibilità di assumere la forma e l'aspetto di un essere umano".

"Questo vuol dire che ciò che abbiamo avuto sotto gli occhi per tutto questo tempo... non era la vera Isaribi? Numi marini..." Quasi biascicò Sagiri, incredulo.

"Esattamente. Per molti anni, nemmeno io saprei dire quanti, ha nascosto il suo vero aspetto agli occhi del genere umano... per poter vivere assieme a loro. Aveva iniziato a nascondersi quando era molto piccola, non saprei dire quanto, però, data l'ovvia differenza di specie. Ciò che so è che Isaribi ha passato la sua infanzia da essere umano a Porto Scorbuto con un dei genitori adottivi, umani. Era contenta... felice... fino a quella sera... La sera in cui li perse..."

Sasuke abbassò il capo, che sentiva troppo pesante. Isaribi gli aveva già accennato a qualcosa riguardante la scomparsa dei suoi genitori, ma, ripensando alla sua reazione alle Grotte di Porto Scorbuto, così straziante e addolorata, solo adesso gli fu chiaro il motivo di tale sofferenza. Non solo: dal ciclopico e bestiale essere che era divenuta, intuì anche altri motivi per cui la ragazza era stritolata dai sensi di colpa, altri avvenimenti per lei dolorosi.

"I genitori di Isaribi erano commercianti. Brave persone, da quanto mi è stato detto". Proseguì Gozu. "Sopratutto, erano persone oneste e di grande forza d'animo; dote rara in una città come Porto Scorbuto, dove quasi nessuno che non sia il predatore più grosso del branco ha il coraggio di alzare il capo. Purtroppo, quando sei una preda, camminare a testa alta comporta il rischio di farsela staccare... Un signorotto del crimine di quel rione li aveva minacciati, costringendoli a pagare una cospicua "protezione", se volevano evitare "spiacevoli incidenti". Loro hanno rifiutato di dare a quegli estorsori un solo doblone, fregandosene di tutte le minacce.

Vedendosi così rispondere un "no" secco, quei bastardi passarono presto dalle parole ai fatti: la notte stessa tentarono di rapire Isaribi, mentre dormiva. Accadde, tuttavia, che fecero rumore e la svegliarono, e che lei così urlò ai genitori. Questi accorsero subito. Ci fu una colluttazione, ma i genitori di Isaribi, per quanto avessero molto più coraggio di quella feccia, erano disarmati e senza allenamento. Presto vennero sottomessi, e i banditi incominciavano a randellarli con dei bastoni. Lei vedeva tutto; voleva intervenire, ma era spaventata tanto da non riuscire a muoversi. Poi, però, hanno minacciato i due con dei coltelli... e non ci vide più, letteralmente. Presa da non so quale forza misteriosa, scatenò tutta la sua potenza.

Di quei momenti Isaribi non ricorda nulla; tutto ciò che vide attorno a se, quando recuperò coscienza, erano le macerie della sua abitazione... sotto cui erano seppelliti i suoi genitori. Maciullati".

Tutti seguirono Sasuke, abbassando lo sguardo, su cui si poteva leggere, comunque, l'oppressione della tristezza. Furono però costretti, o comunque si sentivano così, a rialzare il capo quando udirono l'amica emettere un ruggito simile ad tuono.

Questa si lanciò contro la preda in maniera del tutto scoordinata, come un animale, agitando freneticamente le braccia. Il serpente gigante, apparentemente dotato di più raziocinio, ne approfittò per sferrarle un devastante sgambetto con la coda, che la fece crollare a terra, per poi avvolgerle le braccia e gli arti con le proprie devastanti spire.

L'essere all'interno del serpente più grande parve emettere una risatina stridula, mentre dalle bocche delle altre sette serpi uscivano altrettante lame, simili a quelle di una nodachi  di dimensioni abnormi. Gli animali ersero il loro capo e, puntando i musi contro la carne squamosa della preda, si prepararono ad un letale affondo. Isaribi, cosciente in qualche modo del pericolo, prese un bel respiro ed inarcò la schiena, per poi sferrare un calcio al corpo principale del mostro. La forza della sua forma titanica fu tale da scagliare via il rettile, nonostante la distanza dei due nemici fosse minima, forzandolo a mollare tutte le teste.

"Dannazione maledetta! Lurido pesce troppo cresciuto, muori!"

Sasuke avrebbe riconosciuto un'imprecazione simile fra mille: era Orochimaru, che attraverso metodi sconosciuti, si era trasformato nel gigantesco animale suo omonimo; ed era lui che ora stava lottando con Isaribi!

Ricordandosi bene del consiglio della Luce (che era di mirare al collo, per gli smemorati), puntò con lo Sharingan un'area rotonda, più luminosa delle altre. Senza dire una parole evocò una saetta luminosa nella mano destra e tese la mano indietro, come per scagliarla.

"Non ti preoccupare, Isaribi..." sussurrò "ora ti libero io..."

Una mano, tuttavia, gli serrò il braccio, bloccando: era l'artiglio di Kukulann.

"Aspetta, Sasuke". Gli si rivolse il guerriero più anziano. "Se lo colpisci adesso, finirai sicuramente per distrarla, e magari lo fine dell'incantesimo potrebbe provocarle un leggero stordimento; in una battaglia simile, ciò le sarebbe fatale. Inoltre, scopriresti la nostra posizione, il ché porterebbe alla nostra fine. Non possiamo combattere nemmeno uno di quei colossi con le nostre forze, e certo non due".

"Ma così Isaribi sarà ancora schiava di Angmar!" Replicò l'Uchiha.

"Kukulann ha ragione:" intervenne Gozu "agire con i propri fulmini mistici adesso sarebbe una follia, per tutti. Non è il momento adatto per azioni simili; piuttosto, ritengo che l'unica cosa saggia da fare è, per il momento, andare avanti per la nostra strada".

"Arrghhh!!!" Ruggì dalla collera Sagiri, sfoderando un coltellaccio dalla tasca e puntandolo verso Orochimaru. "Sei fortunato a non sentirci, infida biscia marina, ma aspetta l'occasione giusta e ti ricaccerò nel deretano di scorfano da cui provieni! Arrrghhh!!!"

"Madre dolce..." il Demone del Grano appoggiò il volto sul palmo della mano " era proprio necessario fare tutto in modo in maniera così... smaccatamente da corsaro?"

"Corsaro?" Il membro della resistenza si girò di colpo, fulminando tutti con il proprio sguardo. "Prima di tutto, vi accenno che il corsaro è un privato che ottiene da un governo la lettera di corsa, che gli consente di poter depredare navi di potenze avversarie. La definizione corretta è pirata, sebbene questa sia la più comune. In secondo luogo, ho già accennato che il sogno di tutta la mia vita era di diventarne uno titolato e ufficiale. Ho passato anni ed anni a nascondere la mia passione per i modellini di galeoni e ad ordinare rhum per posta. Ora che ho finalmente conquistato la mia benedetta licenza, LASCIATEMI IN PACE".

"Sicuro... sicuro..." Kukulann protese la mani avanti, per potersi scusare meglio. "Davvero, la mia era solo una domanda fatta così, perché mi sembrava un atteggiamento poco consono..."

"POCO CHE?!?"

"Nulla, nulla. Non ti arrabbiare: in fondo, tutta la faccenda è una sciocchezza. Continua a fare il pirata come più ti aggrada, non sarò certo ad impedirtelo".

Sagiri rimase sul chi vive per un attimo; poi, però, si rilassò del tutto.

"Ma sì: avete ragione a dire che, in fondo, è tutto una scempiaggine. Del resto, abbiamo cose più urgenti a cui pensare, prima di tutto ad avanzare nella fortezza".

"Sicuramente... ed io crede che noi deve fare presto..." Si intromise Al, drizzando le orecchie. "Altra energia malefica in arrivo...?"

Nel captare l'aura in arrivo, la bocca del piccolo genio si spalancò in un rantolo di orrore, mentre i suoi occhi si torcevano.

"No è possibile... è lei... noi ha talmente tanta sfiga che crede che se candida noi a Olimpiadi di Sfiga, sfortuna abbandona noi per farci arrivare ultimi..."

Stranito non poco da questa strana mescolanza di genuino terrore e umorismo da due soldi, Sasuke chiese ad Al chiarimenti:

"Al... non dirmi che sta per arrivare Angmar, un esercito di Demoni delle Ombre o qualcosa del genere?!?"

"Io volere tanto dire che risposta è no; purtroppo, terza è azzeccata... nuova forza malefica è in arrivo... essa è..."

Kukulann non lo ascoltava. Il suo sguardo era fisso fra i merli del castello, e teneva serrata la falce nelle mani, come si stesse preparando a sferrare o parare un colpo micidiale. Prendendo un lungo respiro, estrasse l'arma ed effettuò un balzo in alto.

"Cos..."

Davanti agli occhi attoniti del gruppo, il colpo di falce del demone venne interrotto a mezz'aria dall'incrocio di un'altra lama, la cui forza fu tale da sprizzare scintille e fendere l'aria intorno alle armi. Osservando bene l'assalitore, Al abbassò il capo, sconsolato sino all'inverosimile.

"Io immaginava di Angmar... Kushina..."

L'antica regina, un tempo uccisa dai demoni di Shukaku, ora era tornata sul campo di battaglia. Si trattava di una donna dalla figura slanciata, ma atletica, esaltata da una lieve veste azzurra che le lasciava scoperte le braccia e il ventre. I suoi capelli, fulvi di un rosso accesso, si agitavano da tutte le parti come fossero i serpenti di una gorgone, partendo da uno spesso turbante che le cingeva il capo e copriva la bocca. Per contrasto, i suoi occhi, grigi, sembravano totalmente spenti e privi di ogni barlume di vitalità, sebbene in quel momento la donna avesse abbastanza forza da tenere Kukulann in stallo con la propria scimitarra.

Lo scontro aereo durò giusto il tempo necessario per i due guerrieri di scrutarsi; un istante dopo, i due si separarono dallo stacco e saltarono indietro, atterrando l'uno su un torrione delle mura esterne, l'altra sulla cinta interna.

"Amici... dovete andare via, subito!" Si rivolse il Demone del Grano ai suoi compagni. Questi lessero sul suo volto una preoccupazione tremenda.

"Terrò io a bada Kushina. Il vostro cammino non deve interrompersi ulteriormente. Oltretutto, è probabile che vi siano altri nemici in arrivo, vero Al?"

Il piccolo genio teneva gli occhi bassi, temendo quasi di alzare lo sguardo e mostrare il suo volto agli altri, sopratutto a Kushina. Sussurrò appena la risposta.

"Sì è così... io sente altri demoni. E' tanti".

"Allora sapere bene cosa fare: andate via, immediatamente, e avanzate verso il vostro obbiettivo".

La risposta di Kukulann, per quanto non fosse affatto inattesa, turbò non poco i suoi alleati. Erano già reduci dall'abbandono di ben tre compagni, e quest'ennesima ritirata sembrava davvero troppo dolorosa e codarda da sopportare.

"Kukulann..." L'Uchiha avanzò di un passo, rivolgendosi all'amico. "Conosco la tua forza, e mi fido delle tue capacità di uscirne vivo... ciononostante, renditi conto che ciò che ci stai chiedendo è davvero pesante".

"Pesante ma necessario". Si intromise Gozu. "Guardatevi attorno..."

Indicò con le dita il gruppo di contadini appena salvati: questi pregavano, bestemmiavano e si nascondevano sotto ripari, sperando che l'orribile tormenta di oscurità non li inghiottisse.

"Se ci fosse uno scontro del genere adesso, risulterebbe in una strage. Ritirarci anche questa volta è la scelta più saggia..."

"Ma... Gozu..."

Prima che Sasuke potesse concludere la frase, Kushina troncò la frase avventandosi contro di lui con la sciabola in pugno. Istintivamente, l'Uchiha generò lo scudo magico per proteggersi, quindi estrasse la Tagliateste.

La lama della regina, come nessun'arma prima d'ora, penetrò nella difesa magica come fosse burro ed affondò cercando il proprio avversario; tuttavia, Sasuke aveva già parato il colpo con il piatto della propria arma. La regina, approfittando della scopertura di un fianco nel nemico, ritardò l'assalto di un istante per poi lanciarsi contro l'avversario e sferrargli una potente manata alle costole.

La quantità di moto di moto del colpo fu tale da scagliare Kushina molto metri contro la cinta più interna; tuttavia, ella si riprese egregiamente ed atterrò con il piedi appoggiati sul muro principale.

Tornata a terra, abbassò la lama per un attimo ed osservò dentro l'orbita cava di Sasuke, riconoscendo in essa Al. Vide in piccolo genietto raggomitolarsi su stesso in una palla di pelo, non volendo in alcun modo vedere la protetta che aveva fallito di proteggere. Per un attimo, chiuse gli occhi, poi ordinò, altera.

"Al Kyubi, come tua sovrana e padrona, ti ordino di ascoltare i tuoi compagni e quello che ti dice Gozu. Andatevene subito... vi prego..."

L'ultima supplica della regina sciolse ogni resistenza del gruppo come neve al sole. Gozu rapidamente si avvicinò al castello ed infilò i propri guanti in mithril nel portone. Trapassando il legno e il metallo come se fossero burro, incise con rapidi movimenti un quadrato perfetto. La figura rimossa cadde all'indietro, scoprendo un passaggio abbastanza grande da far passare tutti.

"Forza, svelti!" Incitò. Immediatamente il gruppo si fiondò nell'entrata, passando così nel secondo muro di cinta. Non prima, però, che Al gemette, desolato.

"Kushina... Kukulann... io... buona fortuna".

La regina non rispose a quest'accorato addio. Si limitò, invece, ad abbassarsi sulle ginocchia e a piegare il bracco con la lama all'indietro, puntandolo verso Kukulann. Questi, comprendendone la posizione di battaglia, rispose mettendo in una posizione di guardia con un palmo proteso in avanti.

"Sono passati più di cento anni, dal nostro ultimo scontro, Kushina". Disse il Demone del Grano. "Eppure, devo dire che la tua maestria con la lama non è diminuita di un punto".

"E nemmeno tu sembri aver perso il tuo tocco letale, Kukulann" Gli rispose la guerriera. "Ho sentito molto parlare di te, in questo periodo, e della battaglia che stai combattendo per liberare questa terra dal male... e..." rimase in silenzio, dubbiosa se dire qualcosa di evidentemente doloroso o meno " ho anche sentito della morte di tua  moglie... Mi dispiace dal più profondo del cuore... e mi dispiace ancora di più per ciò che sono costretta a fare ora..."

Troncò quasi il discorso, effettuando uno scatto laterale per poi sferrare un fendente dal basso verso l'alto. Kukulann evitò il colpo saltando all'indietro, quindi cominciò a ruotare vorticosamente la falce da guerra.

Inspiegabilmente, i capelli della donna, già selvaggi, si animarono letteralmente di vita propria, raggruppandosi in lunghe trecce con la bocca di un canide. Questi parvero persino latrare, e spalancarono la loro pelosa bocca prima di sferrare un attacco frontale. Il Demone del Grano trinciò con due colpi queste fulve appendici, che si dispersero in un mucchio di capelli sul terreno, e contrattaccò con un fendente laterale.

Kushina, i cui capelli erano magicamente ricresciuti, deflesse il colpo con la scimitarra ed assestò una stoccata in avanti. Seguì così un rapidissimo scambio di colpi, in cui entrambi i contendenti agitavano e maneggiavano le loro armi a velocità forsennate.

Non abbastanza, però, da impedire loro, in mezzo a quest'assalto continuato ed implacabile, di mettersi a discutere.

"Stoccata, parata..." commentò Kukulann tutti i colpi che l'avversaria tentava di mettere a segno, senza apparente segno di fatica nella voce. "Le tue abilità sono dello stesso, elevatissimo calibro dell'ultima volta in cui abbiamo incrociato le lame, lo confermo".

"Lo stesso devo constatarlo di te". Rispose Kushina. "La tua forza è rimasta la stessa di cento anni fa. Purtroppo per noi, quel bastardo di Angmar aveva altri progetti ben più ambiziosi del semplice ammazzarmi e massacrare la mia famiglia..."

Lo sguardo di Kushina volò lontano, verso il giorno della sua fine. Ciò che ricordava erano fiamme e strilli di un bambino in fasce; e nebbia, tanta nebbia densa e violacea. Rammentava poi del Maresciallo Oscuro, il quale gli rivolgeva il suo ghigno satanico con in braccio il proprio piccolo. Ripensando, infine, all'ultimo lampo di luce che aveva visto e ai pianti del suo bambino, riuscì solo con un enorme sforzo a ricacciare le lacrime negli occhi.

"Quella notte... Angmar mi tolse ogni cosa... la mia vita, il mio regno, mio figlio... e ora, persino la libertà e la pace".

"Già..." Kukulann sentiva, dentro di se, un forte senso di comunanza nei confronti di quella donna, in quanto anche lui era reduce della terribile esperienza di vedere i propri cari massacrati senza aver potuto far nulla.

"Quel maledetto... dovrà scontare questo, e molto altro. E' sempre stato, da quanto mi ricordi, un codardo sadico con il temperamento di un bambino capriccioso. E' anche per questa ragione che me ne sono andato. La più importante, però, la conosci meglio di tutti".

Sotto il turbante, la regina recuperò il sorriso.

"Ti riferisci alla assassinio all'ambasciata? Già... quella volta nel mio regno era giunta la mia cara, vecchia amica ambasciatrice del popolo dei Demoni del Grano. Era venuta per chiedere udienza con me, e anche per stabilire eventuali trattative di pace e di abbandono delle forze dei Demoni delle Ombre. Una missione così, ovviamente, non poteva andare a genio ai maestri oscuri e alle loro classiche voglie di dominio su tutto e tutti..."

"... così mandarono me come assassino" proseguì Kukulann "per uccidere la dissenziente e dare la colpa alla sovrana ospitante, rinfocolando così le ostilità tra i due popoli per sempre. Sarebbe andato tutto alla perfezione... se non fossi venuta tu a scoprirmi mentre ero nella camera da letto degli ospiti, sul punto di compiere la mia missione. Lottammo quella volta per tutta la notte, lungo ogni corridoio, ogni stanza, ogni salone, finché..."

"Non te le diedi di santa ragione. Alla fine dello scontro ti trovavi più nell'altro mondo che in questo. Saresti morto per le ferite, se non avessi deciso di chiamare un dottore e salvarti la vita".

Kukulann sorrise: lo scontro con Kushina gli era costato una sconfitta molto, molto dolorosa, e anche tutte le ossa; nondimeno, quello rimaneva uno degli scontri più duri ed eccitanti della sua vita, di quelli che avrebbe ricordato per sempre.

"Eh già... Quella sì che è stata una lotta fenomenale. Immagino che i tuoi scrivani di corti ne abbia tirato sopra un poemetto epico. A proposito di questo scontro, c'è una domanda che volevo chiederti da tanto, tanto tempo..."

"Dimmi pure, avanti". Chiese lei, incuriosita.

Il Demone del Grano abbassò lo sguardo quel tanto che gli bastava per non interrompere la catena di attacchi e contromosse, o anche solo di rallentarne. Da ciò, Kushina notò che un forte dubbio lo tormentava.

"Quella volta, al palazzo, ero un tuo nemico; anzi, ero uno dei tuoi nemici più famigerati e pericolosi, uno dei sicari più efficienti al soldo dell'Oscurità.  Non c'era alcun motivo, quella volta, di risparmiarmi la vita; invece, ogni saggezza tattica avrebbe consigliato di uccidermi immediatamente, nel momento in cui ero debole e privo di difese..."

"Naahhhaahhh... ma chi se ne frega di saggezza tattica e idiozie per vegliardi calcolatori del genere! Sapevo, dentro di me, che in fondo eri una persona buona. Quando sono arrivata, tenevi la daga alzata, bloccata a mezz'aria in una sorta di esitazione. Considerata la velocità da te mostrata nel nostro scontro precedente, avresti potuto uccidere l'ambasciatrice in qualunque momento. Durante il nostro scontro, poi, non ho rilevato né odio né malizia, ma la semplice attuazione di un dovere, che pure non condividevi del tutto. Inoltre, lo nostra è stata una lotta troppo divertente: quando mi sarebbe capitato di nuovo un avversario di un livello simile?"

Il Demone del Grano si unì a Kushina nel sorridere dalla soddisfazione.

"Hai dimostrato di sapermi leggere come un libro aperto. Percettiva tanto nella battaglia che al di fuori! E la tua scommessa, per quanto rischiosa, si è rivelata vincente. Ciò che volevo era assicurare un futuro alla mia gente, e pensavo che andare contro le forze dell'Oscurità fosse una follia... In un certo senso, lo è stata, come tutto quello che è accaduto dopo. Chi avrebbe potuto immaginare, ad esempio, che la persona che avevo cercato di assassinare, sarebbe, infine, divenuta mia moglie?"

"Già... sembrava quasi una favola, il vostro rapporto".

"Per molto tempo lo è stato, la favola migliore della mia vita: purtroppo, E vissero Felici e Contenti non dura mai per sempre. Ciononostante, non rimpiango nulla, alcun momento della mia vita... se non di non essere riuscito ad impedire a Kuroi di compiere il mio stesso errore. E devo tutto a te. Ho passato molti anni pensando ad una cosa".

"E cioè?"

"Di non averti mai ringraziato come si deve. E di non averti mai fatto conoscere i miei marmocchi".

La regina abbassò ancora lo sguardo: si ricordava bene, molto bene del pancione della sua amica Emera l'ultima volta che la vide. Sicuramente parte del suo cuore le doleva fino a bruciargli per non aver avuto la stessa sua fortuna; eppure, era sicuramente felice che almeno lei e Kukulann potessero aver coronato il loro sogno portando altra vita nel mondo.

Anche Kukulann, da parte sua, rifletteva con rabbia quanto fosse ingiusto che Kushina non avesse mai potuto godere le gioia di una maternità. I suoi pensieri, però, dovettero interrompersi per lasciare spazio ad un'attenzione molto maggiore: la velocità dei fendenti della regina aumentava sempre di più, costringendolo a controbattere con rapidità sempre maggiore.

"No... no... Kukulann, ascolta" quasi supplicò lei, con ansia " avrei tante cose che vorrei tanto sentire e vedere prima di morire davvero... ma non c'è.. tempo. Sapevo che avresti potuto parare i miei colpi, a quella velocità, praticamente tenendo gli occhi chiusi; ora, invece, non riesco ad impedire a me stessa di fare... sul serio".

I colpi di Kushina raggiunsero una velocità tale da diventare saette sfuocate, invisibili ad un occhio poco allenato. Kukulann, certamente, poco allenato non era, e parò quest'ennesima carambola di attacchi con una rotazione della falce. I capelli di Kushina tuttavia, si animarono, ergendosi ancora più attivi e folti di qualche minuto fa'. Unendosi ad un'ultima stoccata, le estensioni afferrarono l'arma del Demone del Grano proprio mentre questi deviava l'affondo. Come se fossero due mani, la spezzarono proprio nel punto in cui era attaccata alla lama.

Kukulann voleva imprecare, ma non ne aveva affatto il tempo, poiché ora si trovava in grande svantaggio, privo di arma come era.

Male... male... male... Pensò. Devo assolutamente riequilibrare lo scontro..

In una frazione di secondo, mentre le appendici tenevano saldamente ancora le parti di arma, Kukulann approfittò del fatto che Kushina avesse proteso in avanti il braccio sinistro per colpirlo con le dita a forma di becco. La donna fu più veloce a ritrarre l'arto prima che venisse trapassato; tuttavia, il demone aveva raggiunto la scanalatura.

"Presa!" Con un ruggito di trionfo, afferrò il filo con due dita, sferrando contemporaneamente un'artigliata in avanti, come se stesse maneggiando un coltello. I capelli di Kushina si posero avanti per parare il colpo, che ebbe, comunque l'effetto di farla ritrarre. Non solo: Kukulann le aveva sfilato la scimitarra, che ora impugnava per l'elsa.

"Sembra che adesso la situazione si sia invertita". Constatò il demone, posando rapidamente l'occhio sulla propria orma, lavorata in acciaio e oro.

La donna ormai non ascoltata più, ridotta ad un automa agli ordini dei Demoni delle Ombre, pronta solo ad uccidere. Senza dire una parola, piantò i piedi sul terreno ed aprì le candide braccia, stringendo i palmi con tanta violenza da far apparire una ragnatela di vene. Si lanciò così all'attacco, sferrando un diretto contro Kukulann a tutta forza.

Il Demone del Grano evitò il colpo, con un'agile capriola all'indietro, mentre con la propria velocità Kushina andò a colpire un pezzo di mura interna, frantumando metri di roccia. Per quanto avesse mancato il bersaglio, i propri capelli si ergevano e miravano al nemico, scagliandosi a forma di picche.

Kukulann ruotò su se stesso vorticosamente a mezz'aria, trinciando con la lama i capelli della donna come una mietitrebbia. Ella, che ne frattempo si era girata, osservò bene il nemico guadagnare sempre più velocità contro di lei. Con un balzo all'indietro, saltò sulla parte alta della cinta muraria.

Il guerriero vorticava ancora con forza, apparentemente andando a sbattere contro il terreno sottostante. Eppure, all'ultimo istante, riuscì a fare perno su una gamba, atterrando in maniera morbida e scagliandosi con ancora maggior velocità contro l'avversario. Non essendo in grado di schivare un colpo del genere, o, forse, volendo penetrare nella difesa di Kukulann, la donna non si spostò e ruggì, tirando un pugno diretto all'addome nemico.

"Raarrggh!... Cough... cough..."

In un attimo, tutto ritornò per le lei del tutto chiaro. Udì un rumore di calcinacci e frantumati ed avvertì un fortissimo dolore proprio nel petto. Guardando più in basso, vide Kukulann schiantato contro le altre mura, seduto davanti ad un parete di roccia crepata in varie parti; vide anche la propria stessa lama impalargli il cuore.

"Eh.. eh..." Boccheggiò rivolta al suo rivale e amico, sputando sangue. "Devo fare... una correzione sulla valutazione della tua forza: non è rimasta affatto le stessa, bensì, si è accresciuta".

"Eheheheh... un altro favore che ti devo". Rispose quello, lievemente ansante.

"No..sono io ad essere in debito con te... della mia libertà..."

Alzò gli occhi al cielo, scrutando tra le nuvole infernale uno spiraglio di luce consolatoria. Si tolse per la prima volta il copricapo e lo gettò al vento, rivelando i suoi lineamenti morbidi. Su di essi le lacrime, questa volta, fluivano liberamente.

"Piccolo mio... la mamma sta tornando da te..."

Cadde in avanti, crollando dalle mura. Quando toccò il suolo, era già morta.

Il Demone del Grano sì alzò, arrancando per un attimo sulle proprie gambe.

"Kushina, ora sei libera, definitivamente. Incontra il tuo posto nella Sala degli Eroi".

L'ennesima cacofonia di strilli e guaiti, mista agli urli ben più rimbombanti dei titani che lottavano al di fuori della fortezza, risuonò nella cittadella.

"Prego solo di raggiungerti il più tardi possibile..."

 

**************

 

Angolo dell'autore: e con questo siamo a quota ottomila parole. Direi che è un vero e proprio record personale! Come sempre, c'è il gioco delle citazioni, tra le tante segnalate in corsivo (a parte il dialetto in romanaccio, naturalmente) Per il resto, ringrazio tutti. Ciao!

 

 

  
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