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Autore: SeleneLightwood    08/05/2012    9 recensioni
Kurt e Blaine non si sono mai incontrati, nonostante Westerville e Lima non siano poi così lontane. Non si sono mai scorti tra la folla, nemmeno quando hanno partecipato alle Regionali con due Glee Club rivali. Nemmeno al Lima Bean, quando andavano a prendere il caffè ognuno con i rispettivi amici.
Kurt e Blaine non si sono mai visti. Almeno fino a quando, sullo stesso treno diretto a New York, Blaine non si siede proprio di fronte a Kurt.
Ci credete, voi, nel destino?
*
Si dice che il destino si mostri solo a chi sa riconoscerlo davvero.
Vivi la tua vita distrattamente, piena o vuota che sia, aspettando il momento in cui una qualsiasi entità superiore ti metta di fronte qualcosa, o qualcuno, con tanta prepotente ovvietà da poter dire solo: ah, eccoti qui! Ti cercavo da una vita.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: Lemon, Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo sette

 

 

“You see through, right to the heart of me
You break down my walls with the strength of you love
I never knew love like I've known it with you”

 

 

Il viaggio in treno fino a Harrisburgh fu breve ma intenso.

 

I due ragazzi erano tornati nel loro scompartimento in silenzio, senza tuttavia smettere di sorridersi l’un l’altro. Kurt sospettava che fosse colpa del sorriso di Blaine, così contagioso, se non riusciva più a distogliere lo sguardo dalla sua bocca. Aveva ormai speso un lasso di tempo irragionevolmente lungo in quella attività, così fu estremamente grato alla fortuna, quando Blaine parlò, perché lo costrinse a concentrarsi sulle sue parole e non sulle sue labbra perfette.

 “E così le New Directions mandano spie nella tana del nemico, eh?”

Il cuore di Kurt accelerò quando ripensò a ciò che quella frase in realtà celava. Aveva quasi baciato Blaine. Blaine aveva capito che stava per baciarlo? Non riusciva a smettere di chiedersi cosa passasse per la testa dell’altro ragazzo, visto che non si era mosso di un millimetro per tutto il tempo.

Forse l’ho colto di sorpresa. Di certo ho colto di sorpresa me stesso.

Cosa credeva di fare? Aveva dato al massimo cinque baci in tutta la sua vita – se non si contavano quelli con Brittany – metà dei quali accidentali. Blaine come minimo sarebbe scoppiato a ridere di fronte alla sua evidente inesperienza e goffaggine. Nel peggiore dei casi lo avrebbe spinto via, dicendo di avere un fidanzato.
Cosa mi passa per la testa?

Si riscosse e cercò di formulare una frase di senso compiuto nonostante la massiccia quantità di scenari inquietanti che gli passarono per la mente, che includevano baci non proprio casti, bollenti memorie del sogno e sensi di colpa soffocati a suon di sprangate.

“Sì, beh, ci hanno provato diverse volte” rispose, gesticolando ampiamente. “Volevano spedirmi a spiarvi più per tenermi lontano dai loro costumi di scena che altro, ma alla fine l’ho spuntata io. Certo, siamo dovuti scendere a compromessi sulle piume di struzzo, ma nessuno di loro si è più lamentato, dopo che abbiamo vinto la sfida della settimana”

“E questo Puck che hai nominato…”

“Noah Puckerman, lavapiscine a tempo perso e delinquente a tempo pieno” spiegò Kurt affettuosamente. “Spesso sembravamo più un centro sociale specializzato in sfigati che un gruppo di canto corale coreografato”

Blaine ridacchiò, appoggiandosi al bracciolo tra i loro sedili e reggendosi la guancia con la mano.

Adorabile, pensò Kurt facendo scorrere lo sguardo sulla fossetta al lato della sua bocca e sulle guance arrossate. Assolutamente adorabile.

“Raccontami qualcosa di loro” mormorò con pacatezza.

Kurt rise e sprofondò nel sedile.

“Aneddoti divertenti e spaventosi o gloriosi ed epici?” domandò scrutando il soffitto. Blaine gli appoggiò la mano sul braccio, sopra la stoffa della maglia, e Kurt riportò lo sguardo sul suo viso.

“Metà e metà?” propose stringendosi nelle spalle.

“Ok”

Blaine si sistemò meglio sul suo sedile alla ricerca di una posizione comoda e a Kurt sfuggì un sorriso intenerito, visto che sembrava un bambino che si accoccolava sotto le coperte per sentire una storia.

“In tre anni siamo rimasti più o meno gli stessi membri” iniziò a raccontare mentre giocherellava con il ciondolo che portava al collo. Era quello a forma di stella che era appartenuto a Rachel e che lei gli aveva messo al collo un paio di sere prima, quando lo stava aiutando a fare le valigie. Per ricordarti di me, aveva detto. Come se potesse dimenticarla.

“Qualcuno si è aggiunto, qualcuno è mancato per un po’ di tempo, ma alla fine siamo cresciuti insieme”

Dio, come gli mancavano. Come poteva far capire a Blaine cosa avevano significato per lui con il solo utilizzo delle parole? Poi ebbe un’idea.

“Aspetta”

Sotto lo sguardo incuriosito del ragazzo tirò fuori il telefono e cercò un po’ tra le cartelle delle immagini, fino a trovare quello che cercava.

Allo sguardo interrogativo di Blaine commentò con “Supporto visivo”, avvicinandosi fino a sfiorarlo per mostrargli la cartella “Don’t stop Believing” sullo schermo.

Blaine scivolò di nuovo verso di lui e inclinò la testa a pochi centimetri dalla sua spalla, senza però appoggiarsi.

Oh, dai, spostati un altro pochino, supplicò Kurt nella sua mente. Solo un po’.

Porcellana, il tuo amico hobbit sta aspettando che tu apra la bocca. Hai bisogno di un integratore alimentare?, lo prese in giro la coach Sylvester.

Kurt si riscosse e aprì l’album, perfettamente consapevole del viso di Blaine a pochi centimetri da lui.

La prima foto raffigurava il professor Schuester e Rachel, vicino al pianoforte della loro aula di canto, che bisticciavano per un assolo. Finn era seduto lì vicino e si passava una mano in viso con pacata rassegnazione.

“Cominciamo bene” mormorò Kurt, ridacchiando tra sé e sé.

“Lei è Rachel, ce l’hai presente perché ne abbiamo parlato” disse passando l’indice sopra la ragazza nella foto. Blaine annuì e i suoi ricci ricoperti da un quintale di gel sfiorarono appena il collo di Kurt.

“Bene”

Kurt cercò di convincersi che il tremolio della sua voce non ci fosse stato veramente, ma fosse stato una mera allucinazione.

“Lui invece è il professor Schuester, il nostro  ex-direttore, nonché babysitter. Si commuove ad ogni esibizione e ha qualche problema a capire gli adolescenti, ma è un ballerino fantastico. Un po’ troppo fissato con la dance music, il realtà”

“Ehi” protestò Blaine voltandosi verso di lui. “Cos’hai contro la dance?”

Risero entrambi e Kurt indicò il terzo componente della foto.

“Finn era il co-leader del Glee Club. Quarterback un po’ tonto, era convinto di aver messo incinta la sua ragazza, la capo cheerleader Quinn, ma il realtà il padre del bambino era il suo migliore amico, Puck – quel Puck, sì – e lui l’ha lasciata ed è finito con Rachel. Dopo vari tira e molla, perché anche Rachel l’ha tradito con Puck, sono tornati insieme e si sono quasi sposati, ma Quinn – che ha lasciato la bambina alla madre naturale di Rachel, che è stata adottata da una coppia di gay – ha avuto un incidente ed è finita sulla sedia a rotelle e il matrimonio non si è più fatto. In ogni caso mio padre voleva fermarlo, perché Finn è il mio fratellastro. E’ il figlio della moglie di mio padre – Carole – e…”

“Oh santo cielo” esclamò Blaine ad occhi sgranati. “Sembra la trama di una serie televisiva, Kurt! Dovresti prendere in considerazione l’idea di scriverci un libro o qualcosa del genere”

Kurt ridacchiò e sorrise affettuosamente alla foto. In effetti ci si poteva fare qualcosa. Un musical, magari

“Già, sono terribili” disse a Blaine. “In tre anni ne sono successe di tutti i colori, tra intrecci e drammi, ma…”

 

Fece una pausa, per raccogliere le idee. “Alla fine siamo diventati una famiglia” mormorò con una punta di nostalgia e tristezza nella voce. “E’ stata dura separarsi, ma il tempo passa anche quando cerchi di fermarlo”

Accarezzò lo schermo del cellulare con il pollice, strofinando la foto come se toccandola potesse ripercorrere quei momenti, e tenne gli occhi bassi.

Blaine sospirò piano e quando Kurt sentì il suo viso premere lentamente, leggero come una piuma, sulla sua maglia, il suo cuore perse un battito. Blaine gli appoggiò la guancia bollente nell’incavo tra il collo e la spalla e il suo respiro caldo gli solleticò il mento, mandandogli brividi lungo la spina dorsale. Kurt non riusciva a pensare  chiaramente, con Blaine così vicino.

Ci volle tutto l’impegno di cui disponeva per realizzare che Blaine aveva percepito la sua tristezza e aveva agito di conseguenza, avvicinandosi per dargli conforto con quel soffice contatto fisico.

Kurt spese fino all’ultima goccia di determinazione – quella poca che gli era rimasta – per non lasciarsi sfuggire il sospiro di piacere che era salito alle labbra e premeva per uscire.

 

Proprio quando credeva di avere più o meno la situazione sotto controllo, ecco che Blaine lo fece sciogliere di nuovo come un ghiacciolo al sole, sussurrando:  “Sono sicuro che troverete il modo di rivedervi presto”

Il suo tono basso non faceva altro che fargli correre brividi di eccitazione lungo tutto il corpo. “Adesso ci sono skype o facebook ed è decisamente più facile rimanere in contatto”

Oh. Stava davvero cercando di farlo sentire meglio. Blaine capiva, perché probabilmente stava passando la stessa cosa – in fondo anche lui era in viaggio da solo – e lo stava consolando nel modo più semplice e dolce del mondo, con un tocco soffice e qualche parola mormorata, come se si conoscessero da una vita e fosse semplicemente la milionesima volta che lo facevano. Come se sapesse esattamente cosa fare.

La vicinanza, il calore e quella piccola bolla di felicità che gli esplose nello stomaco lo fecero sciogliere e riprese a respirare, rilassandosi sul sedile e allungando la spalla per permettere a Blaine di sistemarsi meglio. Era un chiaro invito e sperava che lo cogliesse. Blaine seguì lentamente il movimento di Kurt e la sua guancia premette con naturalezza sulla stoffa leggera della maglia, strofinando appena alla ricerca della posizione più comoda.

 

Kurt alzò gli occhi per guardare il paesaggio notturno che scorreva velocemente e colse con la coda dell’occhio il loro riflesso sul finestrino. Il suo cuore perse un paio di battiti ancora, saltandogli in gola: il riflesso tremolante e confuso sul vetro sporco pareva uscito da un sogno sbiadito e non riusciva a distogliere lo sguardo, perché sembrava tutto talmente vero da far male.

Erano appoggiati l’uno all’altro ed era la cosa più dolce che avesse mai visto.

Gli faceva venir voglia di piangere, ridere e baciarlo, perché Blaine stava sorridendo e Dio, era talmente bello da togliere il fiato.

 

“Quindi questa Rachel è quasi diventata tua cognata” constatò Blaine a voce molto bassa, interrompendo i suoi pensieri.  

Perfino nella sua voce attutita Kurt riusciva a percepire il sorriso che gli illuminava il volto.

Chissà se sorride anche quando bacia…

“E’ egocentrica, drammatica e completamente fuori di testa.” Gli bruciavano gli occhi e si sentiva come se avesse qualcosa incastrato in gola. Erano troppe sensazioni, tutte insieme.

Non piangere. Non piangere, dannazione.

“E’ la mia migliore amica”

Oh, non voleva dirlo con quel tono lacrimoso…

Blaine si mosse impercettibilmente e i suoi capelli gli sfiorarono di nuovo il mento.

Kurt, miracolosamente, riuscì a ricacciare indietro le lacrime.

Blaine era come un balsamo fresco sulla pelle scottata: un sollievo. Con un minuscolo gesto riusciva a farlo stare meglio e Kurt era sempre più convinto di essersi perdutamente, irreparabilmente innamorato di lui.

“E la ragazza incinta che poi finisce sulla sedia a rotelle?” domandò Blaine con un mezzo sorriso.

Che pettegolo.

Kurt rise debolmente e tirò su col naso.

“Oh, lei! Beh, è uscita con Sam, che però è stato con Santana, e poi con Mercedes, e Quinn è tornata con Puck, il padre della bambina, che però per un periodo ha avuto una storia con la madre di Rachel, e anche con Rachel, e…”

Kurt si lanciò di nuovo nel suo racconto, Blaine ascoltò con attenzione e risero insieme delle numerose disavventure delle New Direction, mentre la nostalgia scivolava via silenziosamente dal suo corpo e le prime luci della stazione di Harrisburgh si affacciavano all’orizzonte.

 

*

 

“Che cosa significa, non ci sono treni per New York?”

Kurt Hummel era solito definirsi una persona relativamente calma – pericolosa, sì, ma calma – perciò si stupì dell’improvvisa sete di sangue che gli ribollì nelle vene di fronte a quel cretino dall’altra parte del vetro della biglietteria, che aveva a stento abbandonato il suo fumetto per rivolgergli un’attenzione davvero scarsa.

In quel momento, in particolare, quel tipo lo stava guardando mezzo annoiato e mezzo addormentato, come se non fosse affatto toccato dal suo dramma. Il problema era che Kurt stava per ‘toccarlo’ con qualcosa di estremamente pesante, pericoloso e contundente, come ad esempio una mazza ferrata, se non si fosse degnato di trovare una soluzione decente.

Di fronte al suo sguardo furente, quello si stiracchiò con calma – ma non si era accorto che stava cercando di ridurlo ad un inutile mucchietto di cenere con una sola occhiata? – e masticò con flemma la gomma che aveva in bocca. Kurt sperò che gli finisse nell’esofago e soffocasse, ma quando non successe niente prese un respiro molto profondo per calmarsi – non poteva ucciderlo, era l’unico bigliettaio che aveva – e riprovò.

“Lei mi sta dicendo che il prossimo treno per New York è domani mattina alle nove” disse cercando di mantenere un tono di voce calmo.

Quello, per tutta risposta, fece scoppiare la bolla della gomma con aria annoiata.
“Senti, amico, vi ho rimborsato i biglietti, ma più di così non posso fare. Se il treno non c’è non è che posso farlo comparire dal nulla su un binario immaginario”

Il sopracciglio di Kurt scattò verso l’alto come un fulmine.

“E cosa dovremmo fare, allora?”

Qualcuno doveva aver notato la nota pericolosa che ribolliva nel suo tono leggermente più basso del normale, perché una mano calda si posò sul suo gomito e Blaine si fece avanti per sbirciare dietro al vetro che li separava dal bigliettaio.

“Ehi, amico” disse in tono cordiale. “Non è che sai dove possiamo passare la notte, per caso? C’è una sala d’attesa?”

Quello, vagamente rincuorato dal tono amichevole di Blaine in netto contrasto con quello assassino di Kurt, sembrò molto più collaborativo.

“La sala d’attesa è chiusa. L’anno allagata per sbaglio”

Kurt sgranò gli occhi e perfino Blaine, dall’alto della sua calma al limite dello zen, alzò un sopracciglio.

E’ una barzelletta.

“Però c’è un motel a cento metri da qui. Dovete solo uscire dalla stazione e attraversare la strada”

Indicò con un gesto blando del braccio l’uscita, sulla sinistra.

Quando il bigliettaio lanciò l’ennesima occhiata di profondo rammarico al suo fumetto Blaine sembrò capire che era il caso di lasciar perdere, perché sospirò e mormorò un “Grazie”, facendo un paio di passi indietro per sedersi su una panchina lì di fianco e passarsi con aria stanca le mani sulla nuca.

“Che si fa?” chiese, alzando gli occhi dorati su Kurt.

Ma Kurt non lo stava ascoltando, stavolta, visto che era già partito per la tangenziale.

“Non ci posso credere” stava blaterando, misurando ad ampi passi il pavimento della stazione, girando in tondo sempre sulle stesse sei piastrelle, avanti e indietro. “Io non posso dormire su una panchina. In una stazione. Sala d’attesa allagata? Io ce lo affogo! Oh, ucciderò quelli della compagnia, mi sentiranno! Le creme. Oddio, la mia pelle non sopravviverà. Diventerà tutta secca e – rughe. Mi verranno delle maledette rughe”

Si prese le guance tra le mani, praticamente sull’orlo di una crisi di nervi.

“Nessuno mi vorrà più, la mia carriera è finita ancora prima di iniziare”
“Kurt…”

“Non arriverò mai a New York” sussurrò Kurt imperterrito, fermandosi nel bel mezzo della stazione. “E se ci arriverò, dovrò vivere sotto al ponte di Brooklyn, perché sono un uomo finito a soli diciott’anni”

Kurt

“Non voglio fare il barbone!”

“Kurt!”

Blaine si era alzato dalla panchina e si era piazzato di fronte a lui, appoggiandogli dolcemente le mani sui gomiti per attirare la sua attenzione.

“Non finirai sotto ad un ponte” dichiarò divertito. “Il prossimo treno è domani mattina, quindi a meno che non vuoi andare a piedi a New York dobbiamo trovare un posto dove dormire”

Incomprensibilmente Blaine arrossì alle ultime parole, ma non sviò lo sguardo. Molto raramente interrompeva il contatto visivo, aveva notato Kurt.

Una cosa di Blaine che adorava e temeva allo stesso tempo era la sua capacità di inchiodarti sul posto con lo sguardo e guardarti come se fosse in grado di leggerti dentro.

Il cervello di Kurt finalmente collegò le cose tra loro – Kurt immaginò la coach Sylvester intenta a sfiancare i suoi poveri neuroni a suon di frullati di ormoni di procione – e arrossì furiosamente.

“Ehm” mormorò, non riuscendo nemmeno a muoversi, visto che Blaine lo teneva ancora per i gomito con delicatezza.

Forza, Kurt, puoi farcela, si disse cercando di prendere un bel respiro. Prendi in mano la situazione.

 “Non so tu, ma io preferirei dormire su qualcosa che assomigli ad un letto, piuttosto che rimanere a fissare le rotaie fino a domani mattina” disse.

Blaine si rilassò visibilmente, e quando si accorse di star ancora trattenendo Kurt per le braccia abbassò lentamente le mani e sorrise.

“Magari possiamo andare a chiedere a quel motel” mormorò tirando fuori il telefono dalla tasca e controllando l’ora. “Non è ancora mezzanotte”
Kurt cercò di trattenere la sua fantasia, ma ormai quella era già partita al galoppo, edificando scenari molto bollenti a tema Cenerentola, troppo per i suoi standard – ma a quanto pare non per i suoi sogni.

“Mi sembra una buona idea” riuscì a dire nonostante la gola secca. Di certo non aiutò il fatto che Blaine si passò inconsciamente la lingua sul labbro inferiore.

Oddio, pensò con un guizzo di panico. Devo controllarmi. Non posso andare avanti così.

Blaine andò a recuperare chitarra e borsone e si voltò verso di lui con un sorriso timido.

“Andiamo?”

Kurt annuì, cercando di simulare una tranquillità che decisamente non possedeva.

Oh, chi voglio prendere in giro, gemette nella sua testa. Come se non si fosse accorto che sono completamente fuori di testa.

Sono gli ormoni, faccia da pizzichi, commentò malignamente Sue. Dopo la lunga ibernazione alla quale li hai sottoposti, ora si sono risvegliati e sono completamente fuori controllo.

Kurt ringraziò a lungo la fortuna che impedì a Blaine di sentire il singulto di panico che gli sfuggì dalle labbra.

Sono nella merda fino al collo.

 

 

Il Bed&Breakfast ‘Midnight’ non era di certo un edificio lussuoso, ma Kurt si sentì decisamente sollevato quando vide un vaso di fiori sopra al bancone della reception e nessuna prostituta. Lui e Blaine arrancarono dentro, trascinandosi dietro le valigie – Blaine gli aveva persino tenuto aperta la porta. Inutile dirlo, ma Kurt si era sciolto come un ghiacciolo al sole – e aveva giusto iniziato a guardarsi intorno con occhio critico quando una signora paffuta sulla cinquantina spuntò fuori da sotto il bancone e regalò ad entrambi un enorme sorriso.

“Salve!” esclamò, pulendosi le mani sul grembiule ricamato. “Benvenuti ad Midnight! Posso fare qualcosa per voi?”

Porse loro la mano e Blaine fu il primo a stringerla.

“So che è un po’ tardi” disse con un sorriso di scuse che, secondo Kurt, avrebbe intenerito anche il più duro dei cuori. “ma abbiamo perso il treno e cercavamo un posto per la notte”

Ecco, fai gli occhioni dolci. Vedrai che ci lascia l’intero edificio, pensò Kurt osservando Blaine sbattere le ciglia.

La signora si sciolse – come volevasi dimostrare - e strinse vigorosamente la mano anche a Kurt.

“Oh, siete fortunati!” esclamò. “Mi è rimasta una camera doppia, ma è con letti separati. Va bene lo stesso?”

Lanciò loro un’occhiata curiosa, ma non schifata, e Kurt si rilassò visibilmente prima di realizzare pienamente ciò che la donna aveva appena detto.

‘Camera doppia’ equivaleva a ‘dormire con Blaine’.

Blaine, il ragazzo carino, conosciuto in treno quindici ore prima, quello del quale si era innamorato contro ogni logica umana.

 

Ops.

 

Blaine si voltò verso di lui, esitante.

“Per te va bene se…” fece un gesto blando con la mano. Non c’era bisogno che finisse la frase, perché Kurt l’aveva già completata nella sua testa.

Dormiamo insieme?

Considerò la situazione molto velocemente. Era mezzanotte, c’era una sola camera e lui aveva bisogno delle sue creme per la notte. E Blaine era Blaine.

Cliché. La sua vita era un grandissimo, inutile, emozionante cliché.

“Non c’è problema” disse cercando con lo sguardo qualche segno di fastidio sul viso dell’altro. Ma non ne trovò. Anzi, Blaine sorrise lievemente quando prese in consegna le chiavi e per tutto il tragitto fino alla camera 14. Kurt lo seguì lungo lo stretto corridoio in silenzio.

Era una situazione assurda, ne era consapevole. Fortuna, magari.

O uno scherzo del destino. In ogni caso c’era qualcosa, in quello che stava succedendo, che lo attirava come una calamita. Blaine era lì, avrebbero passato la notte nella stessa stanza – tutta la notte – e magari avrebbero parlato ancora.

Kurt non aveva dimenticato di averlo quasi baciato – se lo ricordava anche troppo bene – ed era ora più che mai consapevole del corpo bollente di Blaine a pochi passi da lui.

Tutta la situazione si stava caricando di aspettativa e nonostante una parte di lui – il cucciolo di pinguino, la sua nemesi – voleva fuggire a gambe levate da tutta quella tensione sessuale, l’altra era terribilmente eccitata all’idea di lui, Blaine e un letto negli stessi tre metri quadrati.

Smise persino di domandarsi che cavolo stesse succedendo ai piani bassi.

Aveva ragione Sue. Aveva perso completamente il controllo dei suoi ormoni e in quel momento non riusciva a preoccuparsene.

Blaine gli sorrise prima di infilare la chiave nella serratura e tutto andò al posto giusto. Finché continuava a guardarlo così, il resto non importava.

 

 

La loro stanza era carina, molto più accogliente di quanto Kurt si fosse aspettato, nonostante fosse comunque molto piccola e modesta.

Le pareti erano di un bel verde brillante e c’era una finestra che dava sul giardino del retro, del quale si vedeva poco a causa del buio della notte.

I due letti erano uno a poca distanza dall’altro, divisi semplicemente da un comodino in legno chiaro. Kurt apprezzò particolarmente le coperte dorate: risaltavano il verde delle pareti, rendendolo in qualche modo più bello.

La parete di sinistra era spoglia, mentre su quella di destra, proprio al centro, c’era la porta del bagno.

Il pavimento era una semplice moquette marrone scuro, un po’ più chiara in alcuni punti, dov’era rovinata. ma nel complesso, a Kurt piacque molto.

Non era di certo una stanza da hotel a quattro stelle, ma era…accogliente. Kurt si costrinse a non pensare al termine ‘intima’ con Blaine così vicino.

“Però” commentò Blaine guardandosi intorno con soddisfazione. “Non è male”
“Sì, è davvero carina” rispose Kurt appoggiando all’angolo libero la sua valigia. “Mi piacciono i colori, e se non altro non dobbiamo dividerla con topi grandi come rinoceronti”

“Abbi fiducia nei motel d’america, Kurt” scherzò Blaine.

Kurt gli si affiancò e osservarono insieme la stanza per un istante.

“Fa tanto film horror, secondo te? Voglio dire, e se la signora della reception fosse una sorta di Serial Killer?”

Blaine ridacchiò di fronte alla sua finta espressione preoccupata e gli diede una spallata scherzosa.
“Io non andrò di certo avanti in mutande a controllare, se sento qualche rumore. Non ho mai capito perché la gente dei film horror sia così stupida” rispose scuotendo la testa. “Anzi, sai che ti dico? Posso dormire sul letto più vicino alla porta? Voglio morire per primo e non sapere come va a finire”

Tirò fuori i suoi occhi a cucciolo smarrito e Kurt stava per dirgli che ‘certo, puoi dormire dove vuoi, anche sopra di me’ quando si rese conto della sua profonda idiozia e si ritrovò a ridere per non piangere, andandosi a sedere sul letto di sinistra. Quello lontano dalla porta, ovviamente.

Blaine aveva comunque un’incredibile capacità di farti sentire a tuo agio in ogni occasione. Con lui l’imbarazzo di Kurt durava ridicolmente poco. Si sentiva diverso, come se con lui potesse essere… Kurt. Solo Kurt.

 

Blaine appoggiò cautamente la chitarra alla parete e poi il borsone sopra al suo letto.

“Kurt?” chiamò timidamente. Kurt si voltò verso di lui, sorpreso ma con un gran sorriso idiota stampato in viso. Adorava il modo in cui Blaine pronunciava il suo nome ed era una cosa terribilmente ridicola.

“Mhm?” chiese stiracchiandosi.

“Ti dispiace se vado a farmi una doccia?” domandò Blaine massaggiandosi la nuca. Aveva forse le guance rosse di imbarazzo? In effetti anche Kurt sentiva improvvisamente molto caldo. Che fossero accesi i riscaldamenti, nonostante fosse fine estate? “E’ stata una lunga giornata” aggiunse Blaine, come per giustificarsi.

Kurt si ritrovò a balbettare la risposta.

“No, no, c-certo che no! T-tranquillo!” esclamò arrossendo fino alla radice del capelli. Si voltò per dargli le spalle e fissare la parete vuota. “Io aspetto qui. Fermo. Sul letto. Cioè, è ovvio che aspetto qui e – Sì. Aspetto. Uhm”

Cercò disperatamente di trattenere i pensieri e di non permettere loro di finire dove non avrebbero dovuto, ma –

Troppo tardi.

Un’immagine sfocata di Blaine sotto il getto di acqua bollente, circondato solo dal vapore, lo colpì come un treno in corsa lasciandolo boccheggiante lì, sul letto.

Senza che riuscisse a fermarla la sua immaginazione lo proiettò nella stanza dall’altra parte del muro, immerso nel calore, mentre il corpo bollente di Blaine era premuto contro il suo e le sue labbra scivolavano sulla pelle bagnata e la mano scendeva fino allo stomaco e –

Oddio.

Kurt si portò una mano alla guancia solo per sentire la pelle bruciare sotto al suo tocco lieve. Non che avesse bisogno di toccarsi la faccia per sapere cosa stesse succedendo. Qualcuno, laggiù, stava di nuovo mandando brividi a tutto il corpo, alla evidente ricerca di attenzioni.

Merdamerdamerda.

“Allora ok” mormorò Blaine timidamente a nessuno in particolare. Senza incontrare il suo sguardo frugò un po’ nel borsone e prese un paio di vestiti – a Kurt sembrò di intravedere con la coda dell’occhio un paio di pantaloni della tuta e una t-shirt bianca – e si tolse le scarpe. Poi si frugò nelle tasche, tirando fuori il cellulare e una serie di foglietti di carta, tutti scritti. Ridacchiò nervosamente e borbottò qualcosa come “ma perché giro con tutta questa carta?” e li appoggiò sul letto di fianco al suo borsone.

Kurt si fissò le mani, cercando disperatamente qualcosa da dire o da fare per impedire alla sua mente di finire sotto la doccia con Blaine, senza vestiti, fino a che non venne distratto da un sospiro quasi impercettibile e poi il lieve fruscio di vestiti sfilati.

Oh mio dio.

Non guardare, non girarti, non guardare, non…

Merda.

Kurt alzò di scatto il viso da sopra la spalla solo per trovarsi davanti Blaine, senza maglietta, voltato di spalle.

Non riuscì nemmeno a deglutire, figuriamoci a muoversi o a distogliere lo sguardo.

Blaine aveva la pelle piuttosto scura e abbronzata e, nonostante sembrasse molto magro, era in realtà un fascio di muscoli, a cominciare dalle braccia per finire con l’ultima parte della schiena, dove – Oh, Dio – c’erano delle meravigliose fossette, sopra le quali Kurt immaginò di passare le dita. I pantaloni erano calati sui fianchi e lasciavano scoperto l’elastico dei boxer e Kurt si ritrovò a ringraziare che li avesse ancora addosso, o non avrebbe più risposto delle proprie azioni.

Poi notò qualcosa che gli tolse completamente il respiro. Proprio all’altezza dei reni, giusto sopra l’elastico dei boxer, c’era una lunga cicatrice, più chiara rispetto alla pelle, uno squarcio che gli attraversava i fianchi da sinistra a destra per tutta la lunghezza della schiena. Kurt dovette costringersi a rimanere fermo per trattenere l’impulso di alzarsi e passare le dita sopra quella sottile linea rosa, con delicatezza, chiedergli come se l’era fatta, passarci le labbra per lasciare una scia di baci…

Moriva dalla voglia di toccarlo, e se Blaine si fosse girato –

Doveva smetterla di comportarsi da maniaco, maledizione!

Pregò ardentemente che Blaine non fosse in grado di leggere nel pensiero, perché altrimenti avrebbe dovuto spiegare un bel po’ di cose.

Con un ultimo lieve sospiro Blaine andò verso il bagno, senza voltarsi verso di lui né dare segno di essersi accorto che Kurt se lo stava mangiando con gli occhi. La porta si chiuse alle sue spalle con un soffice tonfo. Ma era troppo tardi, perché Kurt aveva scorto una porzione del suo viso.

Ed era rosso tanto quanto il suo.

Quando sentì Blaine accendere l’acqua della doccia e il rumore della tenda che scorreva gli giunse alle orecchie, decise che doveva distrarsi, o avrebbe fatto qualcosa di terribilmente stupido, come fare irruzione in bagno.

E davvero non era il caso.

 

Si guardò intorno alla disperata ricerca di qualcosa da fare e notò sopra al letto di Blaine la marea di foglietti e post it colorati che aveva tirato fuori dalle tasche, neanche fosse un prestigiatore.

No, Kurt, si impose. Non puoi farti gli affari suoi così. Se vuoi sapere qualcosa chiedi. Non farlo. Non andare a leggerli.

Ma Kurt Hummel era una persona terribilmente curiosa, lo sapevano tutti.

Quando la sua coscienza, con la voce di Sue Sylvester, commentò con Se in Vietnam avessi fatto come te ora sarei nient’altro che un mucchietto di cenere, si alzò e si passò una mano sul viso, tirando fuori un gemito strozzato.

Oh, al diavolo!

Si avvicinò cautamente a quella marea di carta colorata, sbirciando con fare curioso e stando bene attento al suono della doccia in bagno.

C’erano un paio di scontrini, di cui uno del Lima Bean. Krut lo fissò sorpreso. Quante volte era stato in quel locale? E non aveva mai incontrato Blaine? Poi si ricordò che Blaine era di Westerville. Difficilmente sarebbe venuto a prendere il caffè a Lima, facendosi due ore di macchina. Doveva essere stata una visita occasionale. Non riuscì a leggere la sua ordinazione, sfortunatamente. In quel punto di scontrino c’era l’alone che aveva lasciato la tazza di tè o caffè che Blaine doveva averci appoggiato sopra.

C’erano un paio di post-it verdi. Kurt spostò appena il primo, che diceva “La cena è nel frigo” per leggere quello sotto, che invece recitava: “Siamo andati al party del senatore Willbour. Non torniamo prima dell’ora di pranzo, quindi dovrai andare in stazione da solo. Chiamaci quando sei in viaggio. Mamma”.

Kurt spese un minuto a riflettere su quello che aveva appena letto. I genitori di Blaine non dovevano essere molto attenti a loro figlio, se non si erano nemmeno presi la briga di accompagnarlo in stazione. Kurt ricordava di averlo visto da solo. Eppure, quando Blaine gli aveva parlato di sua madre e della sua religione, non aveva notato rancore o cose simili. Tuttavia, Blaine era stato con lui dall’inizio del viaggio, e Kurt non l’aveva visto fare nessuna telefonata. Forse era solo bravo a mascherare i suoi sentimenti.

Gli altri foglietti erano un insieme di scritte stupide di probabili vecchi compagni di scuola, roba del tipo ‘Warbler una volta, Warbler per sempre’ o ‘puoi pagare le mie bollette?’. Un paio di numeri di telefono scribacchiati sul bordo di un biglietto da visita di un negozio di musica, ‘Violet Violin’, e un indirizzo, ’45° strada, Rockabilly’.

L’ultimo post-it, di un fucsia accecante, attirò l’attenzione di Kurt più di tutti gli altri.

Lo prese delicatamente in mano e fissò la scritta fino a che non realizzò che era un appuntamento.

 

Provino

13/09/2012

Ore 15

NYC

 

Kurt sfiorò con la punta delle dita la scritta in nero. Quella era la calligrafia di Blaine? Era buffa, rotonda. Faceva il ricciolo alla fine delle ‘o’, e –

Un momento.

Blaine aveva un provino? A New York? Era quello che andava a fare, quindi? Un provino? Se andava a fare un provino, questo implicava che andava a vivere nella Grande Mela o no?

Kurt sobbalzò quando sentì Blaine chiudere il getto d’acqua, dall’altra parte della porta.

Rimise il foglietto dov’era, sentendosi un cretino, e cercò di scacciare i pensieri e i sensi di colpa. Decise che farsi una bella doccia non era poi così tanto una cattiva idea – anche se entrare nella stessa vasca dove fino a cinque minuti prima era stato Blaine senza vestiti lo faceva sentire un pazzo – e si piegò sulla sua valigia per tirare fuori le cose da portarsi in bagno.

Non si sarebbe mica spogliato davanti a Blaine tanto per provocarlo, come invece aveva pensato bene di fare qualcun altro!

Ma mentre le sue mani vagavano per la valigia alla ricerca dello scrub alle alghe notò che la zip davanti era aperta.

Infilò la mano nella tasca, perplesso, e i suoi polpastrelli incontrarono il bordo di un foglio di carta ripiegato in malo modo.

“Ahi!”

Tirò fuori la mano e il foglio, succhiandosi l’indice con una smorfia. Si era tagliato.

Sul foglio – un normale F4 da computer – c’era il suo nome.

Kurt lo girò, perplesso, e i suoi occhi caddero su una lettera, scritta a mano, piena di cancellature.

Non ebbe bisogno di guardare la firma per capire, aveva riconosciuto la calligrafia disordinata fin da subito.

Era di Dave.

 

 

 

 

 

 

Angolo dell’Autrice

 

Angolo di Blaine

 

 

Salve, care lettrici di On My Way! Qui parla Blaine Anderson! Finalmente sono riuscito ad appropriarmi ufficialmente della tastiera di Selene, e sento il bisogno di chiedervi scusa, perché questo non è il capitolo che doveva esserci. Esatto, ragazze, sono intervenuto con un sacco di cose inutili – tipo togliermi la maglietta davanti a Kurt, quella sì che è stata una grande idea – quindi se voi aspettavate delle spiegazioni su Dave, e vi assicuro che le aspettavo anche io...beh,  dovrete aspettare martedì prossimo, perché per colpa mia questo capitolo è venuto di tipo 5400 parole.

Scusate, mi dispiace!

In ogni caso, non prendete questo capitolo come un capitolo di passaggio, perché sembra che Selene no dica niente, lo so, ma in realtà dovete leggere tra le righe. Molto attentamente, tipo con la lente di ingrandimento, ma ci sono cose tra la roba che scrive, che poi vi saranno utili per capirci qualcosa in futuro. Parola di Warbler!

Ora, prima che il capo venga a riprendersi la tastiera, ditemi. Non sono stato adorabile con Kurt? Non sono un cucciolo adorabilmente adorabiloso? *-* Arf!

E la canzone che introduce il capitolo? Sì, è I have nothing! Selene ha sviluppato una morbosa fissazione per quella canzone, pensate che continua a girare per casa in pigiama, borbottando “Who’s Chandler?” e “Tell me you’re unhappy”. Fa paura, davvero.

Ah, c’era una cosa che volevo dirvi prima che Selene riprenda la tastiera con la forza, riguardante i miei segreti, ed è –

 

 

Blaine Anderson Warbler, eclissati dalla tastiera, ora!

 

 

Ops. Ok, magari ve lo dico la prossima volta!

 

 

   
 
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