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Autore: Lunitari    30/11/2006    3 recensioni
La mia prima fanfic, quindi per carità siate buoni!! E' la storia di una band in piena crisi, e di preciso parla del suo componente più enigmatico: dopo lo scioglimento della band, incontrerà una persona che gli cambierà la vita, una persona che giungerà a creare complicazioni su complicazioni...
Genere: Malinconico, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Allora, salve a tutti, mi dispiace molto per avervi fatto aspettare tanto, ma ho avuto parecchio da fare, ultimamente…Vi ringr

Allora, salve a tutti, mi dispiace molto per avervi fatto aspettare tanto, ma ho avuto parecchio da fare, ultimamente…Vi ringrazio tantissimo per tutti i vostri commenti, non mi aspettavo così tante recensioni per quella che consideravo come una schifezza…sono veramente contentissima!!!

Ringrazio quindi per le loro recensioni Lory, _Laura _, grecobain, karin89, machi ed etoil noir!! Spero vivamente di non deludere le vostre aspettative! Se avete critiche costruttive da farmi, le accetterò molto ben volentieri…devo assolutamente migliorarmi!

E adesso, vi lascio al capitolo!

 

Capitolo 1°

 

Hay squadrò freddamente la ragazza, certo di intimorirla un po’: nessuno di coloro che aveva incontrato fino a quel momento era capace di resistere al suo sguardo color ghiaccio, gelido come i ghiacciai della Groenlandia.

Ma con sua sorpresa la ragazza non solo non si scompose, ma si esibì anche in un perfetto sorriso che metteva in mostra i denti bianchi.

“Lo sai vero che la tua è invasione della privacy?” chiese, sospirando stancamente. Aveva come l’impressione che non se la sarebbe tolta di torno tanto presto.

La ragazza non rispose e scrollò le spalle. Continuava a guardarlo con quegli occhi verdi divertiti, come se lo stesse analizzando.

Stettero ancora un po’ nel silenzio più profondo, l’unico rumore che si sentiva era quello del vento che stormiva leggero.

“Non hai una casa dove tornare? E’ tardi” fece lui dopo un po’, in tono scocciato. Si stava inspiegabilmente abituando alla presenza della semi-sconosciuta e questo non gli andava per niente giù.

“Certo che ho un posto dove tornare” rispose Ever, distogliendo gli occhi verdi da lui e concentrandosi sui fiocchi di neve che cadevano. Ad Hay non sfuggì la mancanza del termine ‘casa’. “Solo che volevo godermi un po’ questo bel tempo, al crepuscolo. Credo che sia la parte migliore della giornata”

Sembrava diversa, mentre pronunciava quelle parole. Nel breve tempo che era rimasto con lei, l’aveva giudicata una ragazza allegra, in fondo sorrideva sempre…impicciona, senz’altro, ma piena di vitalità. Adesso anche la voce suonava diversa, non era più il trillo argentino di poco prima, era più bassa, sembrava quasi spenta. E spenti erano i suoi occhi.

“Anche a me piace” commentò neutro il ragazzo, guardando con la coda dell’occhio la mora. “Ma adesso devo andare, i miei saranno preoccupati” disse, alzandosi.

Ever si alzò subito, di scatto: “Ti accompagno!” esclamò sorridendo.

Il cambiamento di umore era impressionante…gli occhi erano tornati a scintillare, il riso aleggiava sulle labbra esangui.

“Ma non pensarci neanche! Non ho certo necessità di essere scortato fino a casa mia!” si indignò Hay, cercando di non mostrarsi troppo stupito di fronte all’improvviso cambiamento di umore della ragazza.

“Ma volevo vedere dove abitavi…sicuramente uno come te starà in una di quelle belle villette vicino al centro, quelle per i ricconi” lo schernì Ever, mettendosi le mani sui fianchi. Ci azzeccò in pieno.

“Azzardati a seguirmi e…” cominciò Hay, ma non riuscì a completare la minaccia.

“Oh, e va bene, se proprio ti dà tanta noia, non lo farò…” lo interruppe la mora, ridendo. “Me ne vado anche io, adesso…spero di rivederti, Haywood” aggiunse, cominciando ad allontanarsi in fretta.

“Chiamami Hay!” le urlò di rimando il ragazzo, prima di vederla  scomparire dall’orizzonte. Si maledisse subito dopo…aveva detto il suo nome e aveva chiacchierato tranquillamente con una perfetta sconosciuta! La storia della band doveva averlo sconvolto sul serio, normalmente ad uno sconosciuto non avrebbe degnato nemmeno la metà della sua attenzione.

Si avviò con calma verso casa, riflettendo su quello strano incontro. Chissà se l’avrebbe mai rivista…faceva una gran fatica ad ammetterlo, ma quella strana ragazza lo aveva incuriosito.

 

***

 

“Hay! Era ora! Mamma era davvero preoccupata!”

Una voce squillante gli perforò il timpano appena ebbe messo piede in casa. Hay abbassò stancamente lo sguardo e incontrò due occhi azzurri come i suoi, appartenenti ad una creatura tanto carina quanto petulante, sua sorella minore Aislin.

“Immagino…” sussurrò piano il ragazzo, oltrepassando la sorella ed entrando in camera sua. Stava appunto pensando alla gran preoccupazione di sua madre, che non si era nemmeno degnata di venirlo a salutare, quando si accorse che la sua stanza, normalmente vuota, aveva già un occupante. Fu parecchio sorpreso di vedere Yorick tranquillamente seduto sul bordo del suo letto.

“Oh” commentò “da quanto tempo”

Yorick arrossì sotto lo sguardo azzurro dei Hay e abbassò gli occhi sulle mani che continuava a torturarsi.

Vedendo che il ragazzo non si decideva a spiccicare parola, Hay decise di fare lui la prima mossa.

“Allora, che ci fai qui?” chiese, poggiando amorevolmente la tastiera sopra la scrivania.

“Ecco, io…sono venuto per chiederti…” cominciò esitante il rosso, per poi fermarsi di botto. Il moro attese qualche minuto, prima di incalzarlo.

“Per chiedermi cosa?”

“Se volevi aiutarmi per riuscire a convincere Jed e Lenny a tornare nel gruppo” pronunciò tutto d’un fiato Yorick, socchiudendo gli occhi come se si aspettasse una manata sulla testa.

Hay rimase decisamente spiazzato: “Credi che riuscirei ancora a lavorare con quell’idiota di Jed? Andiamo, non puoi essere così stupido” disse, perdendo la sua abituale cortesia di linguaggio.

Yorick finalmente alzò lo sguardo su di lui: negli occhi grigi c’era ancora molta esitazione, ma erano anche colmi di determinazione, sentimento che mai Hay avrebbe pensato di vedere in uno come lui.

“Haywood…” cominciò, ignorando la smorfia che il moro aveva fatto nel sentir pronunciare il suo nome completo “tu hai creato il nostro gruppo, tu scrivi le canzoni e le musiche, ormai ti sei abituato ad ognuno di noi…Una volta mi dicesti che senza musica non puoi vivere…hai improvvisamente cambiato idea?”

Hay ricambiò lo sguardo stranamente determinato di Yorick con un’occhiata cupa: “No” disse dopo un po’ “ma sono sicuro che potrei trovare qualcun altro”

Non credeva nemmeno lui stesso alle sue parole. La loro band era formidabile. Poteva dire mille cose spiacevoli di Jed, ma su una cosa non transigeva: aveva una voce a dir poco stupenda, che si adattava moltissimo al tipo di musica che lui voleva: a volte arrabbiata, sferzante, terribilmente metal, a volte invece malinconica, fredda e cupa. Con quella voce, Jed riusciva a trasmettere tutte le emozioni che lui metteva dentro alle parole e alla musica che creava. E oltretutto, era anche un buon bassista.

Lenny era un ottimo batterista, veloce, e insieme al basso di Jed era il cuore pulsante di tutte le musiche.

Quanto a Yorick…in effetti, quel ragazzo era eccezionale. A vederlo, non gli si sarebbe dato due soldi, ma quando prendeva in mano una chitarra…

Aveva uno straordinario talento naturale, coronato da 8 anni di studio dello strumento.

Hay gli aveva scelti con cura, osservati e giudicati alla perfezione, prima di chiedere loro di formare un gruppo. Un gruppo che era praticamente un suo progetto, un’estensione della sua personalità, e loro, messi tutti insieme, erano perfetti.

Ma aveva sottovalutato i caratteri dei componenti, praticamente ai poli opposti: avrebbe dovuto pensarci prima, sicuramente uno come Jed non sarebbe mai potuto andare d’accordo con lui.

Yorick alzò un sopracciglio, facendo sorridere impercettibilmente Hay, che non lo aveva mai visto così deciso: “E va bene, e va bene: non troverò probabilmente nessun’altro come voi. Ma in ogni caso non ho certo intenzione di andare ad elemosinare la musica di quei due” ammise, perdendo per una frazione di secondo la sua aria altezzosa.

“Questo sarà un problema che affronteremo in seguito…per adesso volevo solo vedere se riuscivi a capire che senza di noi non vivi” sorrise Yorick.

“Ora non esageriamo” Hay ridimensionò subito l’espressione gongolante del ragazzo con un’occhiataccia. Yorick riprese il suo solito atteggiamento timido ed esitante.

“Scusa” disse umilmente a testa bassa, facendosi sfuggire il rapido sorriso sorto sulle labbra di Hay.

Hay gli battè amichevolmente una mano sulla spalla esile, dicendo: “Non ti preoccupare…non era mia intenzione ucciderti, nonostante lo sguardo omicida…”

Yorick alzò la testa con espressione gioiosa.

“…perderei un ottimo chitarrista, altrimenti” aggiunse il moro “E non esisterebbero più gli Ever Dream…”

Nel pronunciare il nome della band, si bloccò di colpo: anche la ragazza che aveva conosciuto quel pomeriggio si chiamava Ever…che coincidenza.

Scosse la testa, leggermente arrabbiato con se stesso: non aveva bisogno di pensare a quella strana giovane, adesso aveva già troppe cose da fare per stare dietro anche a lei.

 

***   

 

Il giorno dopo…

Hay fissava quasi ipnotizzato la stessa frase del libro di letteratura inglese più o meno da mezz’ora: aveva un mal di testa lancinante e doveva ancora finire di studiare per il compito del giorno dopo, ma non riusciva proprio ad andare avanti. Abbandonò con malagrazia il libro sulla scrivania, giudicando di essere abbastanza preparato per prendere almeno una B, che gli avrebbe rovinato sicuramente la sua perfetta media di A. Ma con quel mal di testa, non poteva sforzare ulteriormente la sua mente a immagazzinare informazioni, che, in quelle condizioni, si sarebbe scordato dopo circa venti minuti.

Si alzò dalla sedia e si pose davanti alla porta-finestra che dava sul piccolo terrazzino, appoggiando la fronte al vetro freddo. Erano più o meno le sette e fuori era già buio pesto, per vedere fuori avrebbe dovuto accendere la luce del terrazzo.

Quel giorno le temperature erano leggermente più alte del solito, ed infatti, invece di nevicare, fuori pioveva a dirotto. Hay si concentrò sulle gocce di pioggia che scivolavano dal vetro, quando improvvisamente distinse una sagoma scura che si muoveva sul terrazzo. Incuriosito, socchiuse gli occhi per distinguere meglio se era vera o un prodotto della sua immaginazione: di colpo, però, si ritrovò ad osservare un paio di occhi verdissimi vagamente familiari.

“Che cosa…” cominciò a dire, per poi accorgersi che la ragazza, al di là della finestra, non poteva sentirlo. Ever busso timidamente sul vetro, sorridendo in una maniera che equivaleva a dire: “aprimi, ti prego, sto facendo il bagno”.

Hay aprì di scatto la porta-finestra e afferrò la ragazza per un polso, catapultandola con poca grazia dentro la stanza. Mentre richiudeva, si chiese se per caso fosse impazzito.

“Che diamine ci fai tu qui?!” chiese con voce strozzata, trattenendosi dallo sbattere la testa contro il muro per auto-punirsi per aver introdotto una sconosciuta in casa.

La mora intanto si era tranquillamente accomodata sulla sedia togliendosi anche il giacchetto, incurante del lago che si era formato ai suoi piedi grazie ai vestiti zuppi e ai capelli bagnati.

Hay intanto non potè fare a meno di studiarla attentamente: i vestiti bagnati le si erano appiccicati addosso, mettendo in risalto le forme ben modellate. La pelle alabastrina, la faceva sembrare terribilmente ad una malata di anemia, ma a parte questo, era una gran bella ragazza. Il moro scacciò quei pensieri dalla sua mente, cercando di evitare di pensare con i lombi invece che con il cervello.

“Sono venuta a trovarti” fece quella, con una calma assoluta, come se intrufolarsi di nascosto su un terrazzo alle sette di sera e sotto una pioggia scrosciante fosse la cosa più normale del mondo.

“Ah, ecco” fece sarcasticamente il moro “come ho fatto a non capirlo prima? E, di grazia, come avresti fatto a sapere dove abito?”

“Perché ti ho seguito, l’altro giorno” rispose la ragazza, facendo spallucce.

“Ma se ti ho visto chiaramente sparire dalla parte opposta alla mia!”

“Sono brava in queste cose…” ghignò la mora, a mò di spiegazione.

Il ragazzo la guardò sconcertato con i suoi occhi azzurri: “Mi vuoi spiegare cosa mai ti ho fatto, per meritare la tua petulante attenzione?”

La ragazza lo guardò, con un sorriso triste negli occhi: si stava verificando lo stesso fenomeno del giorno prima, era come se davanti a lui ci fosse una persona diversa nelle stesse sembianze.

“Perché sei stato abbastanza scortese con me, ieri” rispose.

“Ah, capisco. E per te è naturale essere così con le persone scortesi? Solitamente è il contrario” commentò perplesso il ragazzo. La sua testa minacciava di scoppiare da un momento all’altro.

“Beh, con me sono tutti gentili e accondiscendenti fino all’ipocrisia, viscidi ed untuosi. Tu sei stato un piacevole cambiamento” affermò lei, seria. Non sembrava assolutamente la persona che pochi secondi fa gli aveva confessato sorridendo di averlo seguito. “E poi mi sei sembrato interessante….sembri così solo”

Hay irrigidì la mascella: “Io non sono affatto solo” mentì spudoratamente.

“Certo, naturalmente” sorrise Ever, tornando ad essere la ragazza spensierata di prima. “Hai risolto con i tuoi amici?”

“Non sono affari tuoi!” esclamò il ragazzo, poco propenso a sbottonarsi sulla questione, che non lo aveva fatto dormire per tutta la notte. Non sapeva ancora come fare per rimettere insieme tutti i pezzi della band.

“Come vuoi” fece Ever, alzando le spalle. Si alzò di scatto dalla sedia, esclamando: “Senti, mi potresti prestare dei vestiti? Questi sono diventati piuttosto fastidiosi”

Hay rimase a bocca aperta nel vedere che la ragazza, ignorando il suo silenzio che tutti avrebbero comunemente interpretato come un NO tondo tondo, aveva spalancato sicura le ante dell’armadio e stava adesso osservando quale capo di vestiario avrebbe potuto mettersi.

Si riscosse dallo stupore e le andò vicino, dicendo: “Ehi, se non ti dispiace quella è roba mia, se la vuoi almeno chiedimi il permesso!” esclamò, stappandole una maglietta di mano.

“Ma io te l’ho chiesto, tu sei stato muto come un pesce, quindi siccome per me chi tace acconsente, l’ho interpretato come un sì. E poi, scusa, che ti costa prestarmi qualcosa? Se rimango con questi vestiti, mi prenderò una polmonite”

Il ragionamento, in effetti, non faceva una piega.

“Non è certo colpa mia, se tu sei così pazza da andare tranquillamente a giro sotto la pioggia” fece lui, in un disperato tentativo di farsi valere su di lei. Tentativo inutile, perché Ever aveva già afferrato un paio di Jeans e una maglietta. Hay non riusciva a spiegarsi perché diavolo quella ragazza dovesse fargli quell’effetto, in genere intimoriva tutti con il suo atteggiamento scostante e altezzoso, mentre quella ragazza gli si era avvicinata, anzi, gli si era attaccata come una sanguisuga e difficilmente se la sarebbe tolta di torno. Ma quello che veramente lo atterriva era il fatto che Ever riusciva ad indebolire tutte le sue difese, a farlo rispondere come un bambino litigioso, e soprattutto, che questa cosa cominciava quasi a piacergli. Hay sospirò, sperando vivamente che questo suo strano comportamento fosse dovuto al suo mal di testa e non ad uno sbrinamento permanente del suo animo.

Ever intanto, ignorando completamente la presenza dell’altro, aveva cominciato a togliersi i pantaloni.

“Cosa stai facendo?” quasi urlò Hay, vedendo la ragazza in procinto di rimanere solo in biancheria davanti a lui.

“Mi sto spogliano per mettermi i tuoi vestiti. O credevi che riuscissi a vestirmi senza spogliarmi? Anzi, a proposito…ti potresti girare, per favore? Mi ero quasi dimenticata che c’eri anche tu” fece la mora, parlando come ad un bambino scemo.

Hay le scoccò uno sguardo omicida che lei ignorò tranquillamente e si girò di spalle, gettando dopo un po’ una fuggevole occhiata.

“E non sbirciare!”

Alla fine, dopo qualche minuto, gli permise di girarsi verso di lei: aveva indosso i suoi pantaloni che erano evidentemente troppo larghi e troppo Lunghi, visto che se li doveva tenere con le mani e se li pestava leggermente, e una semplice maglia nera che era troppo grande di spalle e un po’ troppo lunga, ma per il resto le stava decentemente.

“Non è che mi daresti anche una cintura? Altrimenti mi ritrovo in mutande…” chiese Ever, esibendo il suo miglior sorriso a trentadue denti.

“Ma naturalmente! E dopo cosa vuoi? Il mio PIN del cellulare? L’accesso del mio conto in banca?” fece lui sarcasticamente, dandole comunque una cintura con le borchie.

“Hai un conto in banca?”

“No, stavo scherzando”

Hay prese il lungo cappotto di Ever e lo posò sul termosifone insieme ai vestiti, sperando vivamente che si asciugassero in fretta.

Ever intanto la aveva raggiunto alle spalle silenziosamente e lo abbracciò da dietro, prendendolo completamente alla sprovvista e facendolo irrigidire come un baccalà.

“Grazie mille, Hay” sussurrò la mora, con la guancia appoggiata contro la sua schiena.

Hay stava appunto per scrollarsela di dosso con malagrazia, quando la porta di camera sua si spalancò di botto, rivelando la piccola figura di Aislin, che decise in quel momento di rompere tutti i vetri della casa, urlando:

“HAYWOOD!!! CHE COSA STAI FACENDO?!?!”

 

 

  
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