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Autore: Nefthi    08/05/2012    4 recensioni
Il tutto è partito da una frase letta da qualche parte tempo fa', il concetto di fondo era che le emozioni sono simili in tutti gli uomini per quanto diversi questi siano tra loro, e da qui è nata tutta questa manfrina su un breve 'confronto' (spero si possa definire tale) tra Sephiroth e Tifa (anche se forse sarebbe stato più logico confrontare il One Winged Angel con la sua nemesi più che con lei, ma sono loro i miei personaggi preferiti e qualcosa sulla pugile dovevo pur scrivere). Spero piaccia, le recensioni sono sempre gradite! ^^
Non è una Sephiroth/Tifa (anche se l'idea mi affascina). Accenno di CloTi più avanti.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cloud Strife, Gast, Sephiroth, Tifa Lockheart, Zack Fair
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: FFVII
Capitoli:
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NB. Scena un pò forte alla fine per la crudezza dell'argomento (l'incendio).

2. Furor (Follia)


“You're different from the others, but still human.”
“Was I…?Am I the same as all these monsters...?”
"...I've always felt since I was small... That I was different from the others. Special, in some way. But... not like this..."
“Am I…  human?”

Voleva veramente sapere?
Sì.
Aveva risposto e non era intimorito. Al reattore aveva perso il controllo: il disgusto verso quei mostri lo aveva spinto a sfilare la sua katana dal fodero. Voleva distruggerli, voleva capire quella scritta nel reattore. Una parte di lui pensava di star pretendendo tutto troppo in fretta, una piccolissima parte in confronto al suo intero essere che gli urlava di meritare quelle risposte in quanto suo diritto: gli erano legittime dopo anni di negazioni e rifiuti.
Jenova… il nome di sua madre… DOVEVA sapere!
"My mother's name is Jenova... Jenova Project... Is this just a coincedence?"
Con decisione infilò la chiave nella toppa nascosta e la libreria si aprì rivelando delle scale che lo conducevano verso un sotterraneo: giù per quelle scale risiedeva la verità che a lungo gli era stata taciuta, lo sentiva. Passi decisi, il respiro ancora affannato, il petto gli si alzava e si abbassava ad una velocità impressionante, come mai nella vita. La calma che aveva da sempre distinto il soldato eccellente era svanita; le catene che lo legavano le aveva sciolte con quel ‘sì’. Avanzava tenendo la katana salda nella mano sinistra, pronto a stendere ogni mostro che gli si parava davanti con un singolo movimento del braccio.
 
Ed ecco la porta dell’archivio. Si sentiva come se avesse scoperto la Terra Promessa che spesso le leggende citavano.
Niente più ostacoli.

 *
 
Non una parola in una settimana, solo il fruscio delle pagine ed il rumore dei suoi passi nervosi riverberavano in quello strano laboratorio. Le due capsule di contenimento verdi di fronte la porta d’ingresso riflettevano l’immagine di un uomo spezzato che non si curava né di dormire né di mangiare: da quando Zack lo aveva trovato chiuso in quel buco gli lasciava ogni giorno un piatto di frutta davanti la porta… Lo ritrovava quasi sempre intero la mattina dopo. Il capitano non credeva che il suo generale potesse arrivare a ridursi così: dove era finito Sephiroth, l’amico che non si scomponeva di fronte a nulla? Il soldato non sapeva che dentro di sé l’amico covasse questo stato da anni…
Preferiva pensare che presto sarebbe tornato in sé, tutto come prima. Sentiva che gli sarebbero mancate le risposte secche del generale, le sue osservazioni taglienti… Ormai si era abituato a quella vita a cui non poteva più rinunciare, l’avrebbe paragonata ad un maglione stretto: si era adattato al suo corpo -o meglio- in quel caso era stato lui ad essersi adattato al maglione e si era anche affezionato a quel capo che gli faceva prudere il corpo ma che allo stesso tempo lo riscaldava; se un filo si fosse sfaldato, allora tutto il maglione si sarebbe rovinato… Bah, che assurdità!
Zack distolse lo sguardo dalla porta di quella camera, scuotendo il capo sorridendo per essersi reso conto del suo stupido paragone, Sephiroth lo avrebbe preso in giro fino alla morte se lo avesse saputo. Era tentato di entrare in quella stanza e raccontarglielo ma… Non lo avrebbe sicuramente ascoltato.
Indugiò davanti la soglia ancora qualche minuto, la mano sulla maniglia ma poi la ritrasse. Meglio pensare positivo, pensare in nero non faceva proprio per lui, si sarebbe risolto tutto. Sephiroth non voleva aiuto in quel momento, non si era fatto mai aiutare con facilità a dir la verità ma nonostante ciò era sempre andato tutto bene, doveva avere fiducia in lui, del resto era il suo generale.
«Sarà solo una fase» diceva alzando le spalle in risposta agli sguardi preoccupati dei paesani che attendevano fuori dalla magione con ansia.
“Lo spero con tutto il cuore.”
 
*
 
La sua mente si imbeveva di assurdi termini tecnici e di inutili date, finché non trovò quel diario, il diario di Gast.
Nel silenzio di quella biblioteca sotterranea aveva trovato le sue risposte grazie a quel libriccino dalla copertina nera consunta.
Rivolse il viso al soffitto di legno, polveroso e pieno di ragnatele, e rise rabbioso.
“I’m the chosen one!”
Sentiva il cervello pesante, aveva bisogno di sfogarsi.
Percepì un rumore di passi titubanti che si univa alla sua risata liberatoria: nonostante la flebile luce della lampada a petrolio riconobbe uno di quei vili traditori. Gli si parò davanti e lui rise di nuovo, stavolta di gioia secondo il suo parere e sicuramente folle secondo gli altri: poteva scorgere una tacita e preoccupata domanda negli occhi azzurri del soldato: “E’  impazzito?” una domanda che cercava di nascondere, malamente, con caute parole, Zack però non era mai riuscito a mentire, almeno non a lui.
Si sentiva saturo di parole inutili, sentiva di averne abbastanza così lo zittì con un cenno della mano. Decise di spiegare… Forse vomitare quei resoconti a qualcun altro avrebbe contribuito allo sfogo.
"...I am the one that was produced."
"Pr... Produced?"
"Yes. Professor Gast, leader of the Jenova Project and genius scientist, produced me."

Aveva detto tutto ciò con una calma che non gli apparteneva più e percepiva anche di non essersi ancora sfogato del tutto. Superò il capitano che neanche lo fissava più, aveva lo sguardo perso nel vuoto, era ancora imbambolato per la sorpresa –che c’era da sorprendersi?- e cominciò ad avanzare lento verso l’uscita, il rumore dei passi che risuonavano contro il legno cavo si univano al ticchettio del pendolo nella camera adiacente.
 Aveva addosso l’impellente bisogno di vederla e avrebbe distrutto chiunque gli si fosse parato davanti: doveva, no, meritava di sfogarsi. Lui era il prescelto, lui doveva purificare il Pianeta e avrebbe cominciato subito, nel cammino che lo separava da lei.
"How ... How did he?? Se..Sephiroth??"
Basta parole.
"Out of the way. I'm going to see my mother."
 
*
 
Tifa stava riposando sotto l’ombra del suo pino preferito, non che Nibelheim avesse così tanto bisogno di ombre visto che quasi quasi il sole non si degnava di spuntare neanche durante l’estate, ma a lei piaceva il senso di protezione che le forniva quell’albero poco distante dal villaggio e poi stranamente lì non si era mai fatto vivo un mostro, probabilmente qualcosa in quel luogo li spaventava infatti in anni ed anni di frequentare quel posto la ragazza non aveva trovato nulla di sospetto.
 
Pensava agli avvenimenti dell’ultima settimana… Chissà se Sephiroth sarebbe mai uscito dalla magione, era chiuso lì dentro da una settimana. Di che si nutriva? Dei mostri della magione?
Rise da sola per l’assurdità dell’immagine che le si piazzò in mente. Probabile per uno come lui.
Aveva provato a scucire qualche informazione a Zack, ma figurarsi se parlava! Era sempre più preoccupato, era evidente, ma non esprimeva i suoi pensieri, lui che non faceva altro che dare aria alla bocca; era da quella gita sul monte che non si vantava più della sua forza, velocità, agilità eccetera. Doveva esserci qualcosa sotto...
Dato che non rispondeva al «Cosa succede?», la ragazza cominciò a domandargli «Sephiroth oggi è uscito?» e fino a quel momento lui aveva risposto scuotendo tristemente il capo e allontanandosi con le spalle lievemente ricurve.
Segreti della Shin-Ra… Bah! Non era potuta entrare al reattore proprio a causa delle informazioni riservate della compagnia, ma cosa poteva esserci di tanto riservato?
L’avevano tenuta fuori, controllata dall’unico fante sopravvissuto al crollo del ponte. Lui poi era peggio di Zack e Sephiroth: teneva rigorosamente il casco e la testa bassa, rispondeva ai suoi saluti con grugniti e lievi cenni della mano e quando lei si avvicinava scappava via, manco avesse la peste! Però c’erano delle rare volte in cui le si avvicinava e con una voce strana le chiedeva un timido «Come stai?», lei strabuzzava gli occhi e rispondeva «Bene» e neanche il tempo di ricambiare che lui già era scappato via. Era strano… Però quelle attenzioni le facevano piacere, doveva ammetterlo.
 
Si girò a pancia in giù e strappò un piccolo fiorellino di campo che cominciò a rigirare fra le dita, osservandolo assorta.
Non sapeva proprio come passare il tempo. Zangan era occupato come suo padre a cercare di capire cosa stesse succedendo alla magione: entrambi erano in pensiero: suo padre che solitamente durante il pranzo le chiedeva cose del tipo «Come è andata la giornata?» o «Che hai fatto oggi con Zangan?», da qualche giorno osservava muto e pensieroso il suo piatto, ingoiando un boccone di tanto in tanto, al che lei decideva di rompere l’insolito silenzio con un «Come và papà?» o «Che succede papà?» pronunciato con un tono fintamente allegro grazie al quale riusciva a nascondere il risentimento; lui alzava lo sguardo come se si rendesse conto della presenza della sua unica figlia solo in quel momento e rispondeva di essere preoccupato per le sorti del paese e che aveva paura che i SOLDIER avessero scoperto qualcosa di sbagliato dentro il reattore che lui manteneva con tanta cura e quindi aveva paura che la Shin-Ra potesse cambiare idea e spostare il reattore in qualche altra città, ciò avrebbe significato per Nibelheim un ritorno alla povertà e alla miseria: più uomini che partono per cercare fortuna altrove, più donne che partono insieme agli uomini e a poco a poco il paese sarebbe morto. Come Zangan, suo padre amava quel piccolo paesino sperduto nelle montagne e non voleva vederlo morire. Il suo maestro aveva addirittura visitato posti su posti durante i suoi viaggi, posti più belli, posti più brutti, posti più o meno affascinanti ma “mai nessuno era come Nibelheim” secondo la sua opinione.
 
Tifa ascoltava spesso questi discorsi fra suo padre e Zangan… E si ritrovava ad invidiare Cloud. Cosa ci vedevano in quel piccolo ammasso di quattro casupole avvolte nella nebbia e nel gelo? Lui aveva avuto il coraggio di voltare pagina e di andare via, ed il pensiero della partenza di Cloud la portava sempre ad una domanda: perché questo voltafaccia così drastico? Ogni qualvolta incontrava la mamma di Cloud le chiedeva notizie e lei rispondeva di non aver ricevuto niente cercando senza successo di nascondere il dispiacere per quel figlio lontano che pareva essersi dimenticato della sua famiglia –e degli amici se così loro potevano definirsi, non si erano mai parlati molto dopotutto, ma l’aveva colpita il fatto che avesse detto proprio a lei della sua partenza, chissà perché proprio lei poi…-
«Cloud, capisco me che non sono nessuno, ma tua mamma…?» Tifa se lo chiedeva durante la notte, immaginando di parlare con lui. Non avevano neanche un indirizzo per provare a contattarlo…
 
«Bah!» La ragazza lasciò andare il fiore che cominciò a disperdersi nel vento e si alzò. Sarebbe tornata al villaggio: si stava facendo sera, aveva fame ed un lieve torpore l’aveva assalita: non voleva rischiare di addormentarsi lì, dove il vento gelido della notte riusciva ad attraversare l’imponente barriera montuosa. Rabbrividì al pensiero della possibilità di un viaggiatore incauto vestito come lei, addormentatosi per sempre sotto quello stesso pino.
In pochi minuti giunse a tre conclusioni: la prima era che passava troppo tempo sola, la seconda era una diretta conseguenza della prima: la sua mente si dava a fin troppi voli pindarici. La terza… Doveva cambiare vestiario. Nonostante Tifa amasse le cowgirl, una canottiera, un gilet smanicato ed una minigonna non andavano bene per la montagna gelida. Una piccola voce dentro di lei le ricordava con malizia il vero motivo per cui aveva scelto quel vestiario, se solo lo avesse saputo sua mamma o anche suo padre… Voleva far colpo: sui soldati, su Cloud –che tra l’altro non era venuto- ma in ogni caso nessuno sembrava prestare molta attenzione a lei, neanche Zack dal giorno della visita al reattore. Ammetteva con tranquillità di odiare certi atteggiamenti dei ragazzi alla vista anche di un solo centimetro di pelle femminile scoperto, ma allo stesso tempo sentiva di non poter fare a meno dei loro complimenti, era una ragazza dopotutto. Al diavolo i giudizi della gente sul suo vestiario, solo che sentiva freddo…
Incrociò le braccia al petto e cominciò ad avviarsi verso casa ed i palmi scorrevano piano piano sulle pallide braccia infreddolite mentre il cielo si faceva sempre più scuro…
 
…ed una città si accendeva al terribile bisbiglio di un generale ritenuto matto che bisbigliava con crudeltà «Hell Firaga».
Lui sentiva di provare piacere nelle fiamme e nella sua selvaggia follia distruttiva…
  
*
 
Gli occhi color rubino lievemente assonnati furono brutalmente investiti da una luce rossa che la costrinse a strizzarli con forza. Uno strano rumore si era impadronito delle sue orecchie poco prima di svoltare l’angolo creato da una piccola insenatura ed entrare in città; sentiva una sorta di scricchiolio o scoppiettio ed anche… non sapeva dirlo con certezza…
Mai avrebbe collegato quel rumore alle urla della sua gente ed al crepitio delle fiamme che stavano divorando ogni cosa e persone senza freno.
 
“COSA E’ SUCCESSO?!” La ragazza mollò la presa sulle braccia, le abbassò rapidamente sobbalzando ed indietreggiò di qualche passo. Il volto si girava nervosamente a destra e a sinistra, sbigottita e con gli occhi spalancati seguiva la sua gente che correva verso l’uscita da quell’inferno. Non poteva crederci…
 
“Papà!”
Al pensiero d suo padre si era girata di scatto alla ricerca della loro casa: non riusciva a riconoscere più nulla, le fiamme stavano divorando tutto. Sperò con tutto il cuore che lui al momento dello scoppio dell’incendio si trovasse fuori, come ogni pomeriggio, o al massimo che fosse uscito rapidamente e che fosse scappato.
Doveva essere così, probabilmente era lì, in quella piazza, attorno al grande recipiente alla ricerca della sua bambina, così decise di cercarlo: si avventurò all’interno dello spiazzo, la gente che le veniva contro per correre verso l’uscita, non si curava del fatto che lei stesse andando incontro al pericolo.
«Papà? Papà? Sono Tifa dove sei?» provava a chiamarlo affrettando sempre più il passo e cercando invano di sovrastare le urla dei suoi paesani e solo adesso si stava accorgendo di quanto fosse popoloso quel piccolo borgo di montagna.
Cosa era successo?
 
Un uomo dalla corporatura massiccia la urtò facendola cadere di lato e senza curarsi di aiutarla continuò la sua fuga, forse neanche si era accorto di averla travolta.
«Dannazione!» batté il pugno sul terreno e alzò lo sguardo: era caduta abbastanza distante da vedere quel groviglio di corpi che si dirigeva verso la salvezza. Le fecero impressione… Chi piangeva, chi con una borsa in mano cercava la propria famiglia per scappare, chi teneva i bambini per mano o in braccio, piangenti o apatici perché non avevano ancora realizzato cosa stesse succedendo e Tifa sentiva di poterli comprendere. In quel momento voleva essere come quei bambini che scappavano via tra le braccia dei genitori. Lei però era “adulta”, non aveva la madre ed in quel momento non aveva neanche il padre.
Si asciugò le lacrime che avevano cominciato a rigarle il volto lasciando solchi fra lo strato di terra e fuliggine che le copriva il viso bianco. Non poteva piangere in quel momento.
C’era chi in quel tumulto aveva la forza di articolare frasi di senso compiuto: un uomo gridava «Andremo a Rocket Town, lì saremo al sicuro!» e chi invece che diceva «E’ pazzo, è pazzo! Lo dicevo che era strano, non dovevamo fidarci, me lo sentivo! Dannata Shin-Ra!».
“Shin-Ra?!”
Tifa, che si era già rimessa in piedi, avrebbe voluto capire di più ma le voci furono sovrastate da altre urla e non riuscì a capire più nulla.
La sua casa, i suoi ricordi, la sua gente ed i luoghi che ben conosceva… Tutto divorato dalle fiamme. Ma cosa c’entrava la Shin-Ra in tutto questo?
 
Un sonoro CRACK riscosse Tifa. Una trave del pozzo aveva ceduto e adesso stava crollando proprio verso di lei che si trovava proprio lì vicino, la ragazza però era stata ben allenata da Zangan e riuscì a scartare di lato appena in tempo, un bambino però non era stato altrettanto rapido e rimase intrappolato dal peso della trave spezzata che gravava sulla piccola schiena. Tifa lo guardò: le lacrime scendevano lungo il volto annerito dal fumo del piccolo e allungò la mano verso di lei. Si rese conto di stare indietreggiando mentre le lacrime provavano nuovamente ad uscire… Non aveva il cuore di abbandonarlo, nonostante il suo corpo volesse palesemente scappare, provò a sollevare la trave ma era troppo pesante, in fondo lei non era altro che una ragazzina.
«Vado a cercare aiuto, ok?! Da sola non ce la faccio!» Il bambino continuò a fissarla immobile, senza la forza di parlare, con una supplica nello sguardo.
 
Trovò una donna che piangendo fissava il vuoto davanti a sé ed una bambina che le abbracciava la gamba ripetendo «Dov’è papà?».
«Signora, per favore mi aiuti!» Tifa la strattonava agitata ma quella neanche si voltava. «Signora, la prego, un bambino è in pericolo!».
Quella continuava ad ignorarla finché non alzò il braccio e con voce strascicata, quasi le parole lottassero tra loro per uscire, disse: «Lui… lui era in cima alle scale, corse di sotto e ci spinse fuori… ma… Qualcosa andò storto… e lui inciampò, questione di secondi, e… ed una trave gli bloccò il passaggio. Allora provò a scappare dalla finestra e adesso… adesso lui è lì.» Tifa alzò lo sguardo verso il punto in cui lei indicava ed urlò tutto l’orrore che le si era accumulato nel cuore fino a quel momento, con tutto il fiato che sentiva di avere in corpo: metà del fisico dell’uomo, testa e torace, pendeva dalla finestra sanguinando.
«I vetri si sono rotti a causa di… di… un’esplosione ed hanno trafitto mio marito mentre tentava di fuggire dalla finestra. E’ intrappolato… Saremmo dovuti invecchiare insieme, in quella casa, avrebbe dovuto vedere Lily crescere…» la voce della ragazza si ruppe e pianse più forte e Tifa non sapeva che fare o che dire «C-coraggio, vada via, è pericoloso restare qui…» improvvisamente la donna la spinse via facendola cadere di nuovo, allontanò anche la bambina che chiese cosa avesse intenzione di fare, stupita da quel cambiamento. «Voglio raggiungerlo!» e cominciò a correre. «NO!» gridò la ragazzina da terra cercando di alzarsi in tempo per afferrarla ma quella era già entrata attraverso uno spiraglio che si era creato nella porta d’ingresso grazie allo spezzarsi della trave. La bambina cominciò a camminare per seguirla gridando «Mamma, MAMMA!» ma Tifa stavolta fu più rapida e riuscì ad afferrarla.
«Voglio la mamma, dov’è la mamma? Voglio la mamma!»
«Tranquilla che la mamma sta… s-sta tornando, sta v-vedendo… c-come sta papà. T-t-tranquilla…» Tifa non sapeva che inventarsi per calmarla «T-ti và di aiutare qualcuno?» le chiese ricordandosi del bambino, magari ciò l’avrebbe distratta ma quando si girò capì che era troppo tardi.
Il giovane era ormai immobile ed una ragazza gli stava accanto toccandogli distrattamente la testa ed urlando il suo dolore. Tifa si sentì svenire ma una presa forte alla sua spalla la fece sobbalzare. «Tifa! Grazie al cielo stai bene! Ti chiamavo ma non rispondevi, avevo temuto il peggio…» A questo punto lei avrebbe voluto il peggio: voleva scivolare in un sonno profondo lì, in mezzo a quella piazza, pur di non vedere più nulla… ma non espresse quel suo strano desiderio al maestro Zangan, non era il caso. «Và via da questo inferno, ci penso io qui.»
«Ma chi… chi…?» chiese Tifa guardando il suo maestro che la sosteneva ancora e lo vide incupirsi, anche il tono della voce cambiò quando pronunciò quel nome: «Sephiroth». Tifa spalancò gli occhi «S-Sephiroth?! Ma… PERCHE’?». Zangan non rispose, si limitò a prendere la bambina che sembrava essersi calmata nonostante continuasse a fissare la casa come in aspettativa. Anche Tifa fissava la propria dopo averla finalmente individuata: era diventata un rudere in pochi minuti, poi ad un tratto ricordò. «ZANGAN! Dov’è mio padre?».
«Al reattore. Stai tranquilla Tifa, lì è al sicur…»
«Al reattore?! Sephiroth andava lì!» la terza voce che fece spaventare Tifa apparteneva a mastro Marc, teneva in braccio sua figlia Emily, di quattordici anni, aveva un braccio sanguinante «Mph! Quel bastardo maniaco ha ridotto la mia piccola così!»
«Zitto tu! Tifa non ascoltarlo, tu adesso… Tifa? TIFA!» la ragazza correva verso il monte, lontana dal sangue, lontana dal calore, lontana dalla sofferenza e dall’odore di carne bruciata ma soprattutto lontana dal rumore del crollo di una casa e dalle urla di una bambina che chiamava disperata i suoi genitori.








Chilometriche note. >.>
Et voilà! Ho anticipato! Non avevo voglia di studiare questa sera e quindi eccomi qui! Un po’ macabro questo capitolo, eh? Se non ricordo male avevo preso appunti per questa parte in un momento in cui ero particolarmente giù… Spero non vi abbia schifato.
Ho inserito un brevissimo Zack PoV: non era previsto, ma mi interessava far esprimere i pensieri di un amico riguardo la follia di Seph; fossi stata in Zack mi sarei sentita orribilmente sapendo di non poter aiutare colui che credo un amico e spero di aver trasmesso questa sensazione (ad un certo punto mi sembrava una ZackxSeph! XD). Ho pure mischiato Tifa PoV e Seph PoV in un punto *facepalm* spero che ciò non vi faccia storcere il naso, questo capitolo si è praticamente scritto solo.
Umh altro appunto. Il riferimento ai due ex first class (nel precedente capitolo e nel futuro) è necessario per far notare l’eccessiva solitudine di Sephiroth, simile ma allo stesso tempo diversa da quella di Tifa… (A proposito  io vivo in un paese e mi sento in dovere di compatirla). Avete notato che entrambi sono abbastanza soli? Tifa, volendo, può non essere sola permettendosi la compagnia di qualche ragazzo della città visto che è brava a socializzare nonostante la timidezza; lei però non vuole, perché cerca la compagnia di Cloud che è assente e quella della sua famiglia che non si può propriamente definire attiva. Sephiroth è un asociale, passando il termine: lui vuole e non vuole la solitudine che è dovuta al suo essere: gli unici con cui poteva sentirsi un po’ meno solo erano Genesis ed Angeal che amo ed odio. Amo perché hanno ottime potenzialità, odio perché credo che la Enix le abbia sfruttate malissimo (per esempio mi ha dato parecchio fastidio lo stravolgimento della scena del reattore dove è Genesis a spiattellare la verità sulla “vera” essenza di Sephiroth, ecco perché l’ho fatto schiattare prima, fatemela passare. :P) Ciononostante le potenzialità dei due individui sopra mi hanno ispirata e spero di riuscire a sfruttarle bene in un’idea che giace da mesi nel mio blocco per appunti.
“Furor” l’ho usato in riferimento alla follia di Tifa nello sfidare Sephiroth, “sfida” che avrà luogo nel prossimo capitolo perché questo era diventato un po’ troppo lungo quindi qui ho lasciato “l’intenzione” di sfidarlo sperando sia tangibile (già il terzo ed i quarto sono corti ç_ç a meno che non mi venga un attacco di scrittura compulsiva ed ispirata ma non temete, il quinto è corposetto! :D) ed in riferimento a quella evidente di Sephiroth (e dire che il latino lo schifavo ai tempi del liceo, devo essere proprio scema ^^’).
Sono scema anche perché ho scordato di specificare perché “Curiositas” nello scorso capitolo: è in riferimento al fatto che la piccola ragazzina di campagna in un certo senso prova interesse nei confronti di quei soldati (come il resto dei paesani comunque, anche se li ho trascurati molto lì) ed anche alla certa curiosità che Sephiroth prova verso Tifa quando rimugina sull’atteggiamento della ragazza. Spero di non aver dato titoli sbagliati…
Infine volevo ringraziare chiunque abbia letto, ma soprattutto chi mi ha lasciato un’opinione, non sapete quanto mi renda felice leggerle. Se notate errori o imprecisioni fatemeli presenti. Mi dispiace rispondere così “freddamente” ma al momento non ho molta testa… C’è il libro di chimica che mi tormenta, odioso! Però nonostante la presenza fastidiosa di quel mucchio di pagine rilegate ho scritto una one shot su Vincent e Yuffie (della serie “notizie inutili che non interessano a nessuno ma che voglio comunicare lo stesso”). Credo di pubblicarla la prossima settimana, insieme al nuovo capitolo o fra due, dipende da che facciamo a lezione. >.>
Salute gente! E fate sapere che ne pensate se vi và. (Certo che sono logorroica, eh. Scusatemi, vi prego.)
Ps. La parte sul vestiario di Tifa mi ha fatta sbellicare. Io la adoro, però bisogna ammettere che da come si veste non è che si possa ritenere con facilità una ragazza timida, dolce e seria! XD Eh sì, le apparenze ingannano.
  
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