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Autore: Maricuz_M    10/05/2012    5 recensioni
Sospirai, posando la penna accanto al foglio pieno di frasi appena scritte. Ero su una baita in montagna, ed era la Vigilia di Natale. In quel periodo, forse per la neve che vedevo cadere aldilà della finestra della mia camera o per una semplice casualità, sentivo particolarmente la rinomata atmosfera natalizia, e chissà perché, ne traevo ispirazione inconsciamente. Sentivo il bisogno di scrivere qualcosa di magico e fatato, e quella sera, prima di andare a dormire, mi ero decisa. Non avevo un computer con me, ma carta e qualcosa con cui sporcare il foglio sì.
Piegai leggermente la testa di lato, riprendendo fra le mani la pagina e rileggendo. Non avevo ancora ideato la trama, a dir la verità. L’unica cosa certa era che da quel prologo sarebbe uscito qualcosa di incantato e straordinario. Straordinario nel senso di non ordinario, ovviamente.
Genere: Comico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 12


Dalla sera prima, era andato tutto nel cesso.
No, non proprio tutto, ma buona parte si. Florian mi aveva privato del ciondolo. Inizialmente –e stupidamente- avevo pensato “Wow, adesso si mette a fare pure il ladro di gioielleria. Che paura.” Poi però mi ero resa conto che senza quel piccolo e apparentemente inutile oggetto, ero molto più vulnerabile. La mia considerazione era stata poi confermata da Brandon che aveva esattamente detto “Ti ha rubato il ciondolo così ti ammazza più facilmente. Pensiero gentile, non trovi? Dobbiamo tenere gli occhi aperti, più del solito. Ah, Ruth, se domani ti senti stanca durante la partita è normale. Ti stavi già abituando al lusso, per cui..
Come mi rassicurava quel ragazzo, non lo faceva nessuno, davvero.
In ogni caso, la semifinale non era andata come speravo che andasse. Avevamo perso tre a due, e ci eravamo classificate terze a pari merito a livello nazionale. Non male, ma la delusione c’era, come era ovvio che fosse. Kevin e la sua squadra, invece, avrebbero giocato anche il giorno dopo per aggiudicarsi il primo posto. Per quanto riguardava me, per il giorno dopo avevo in programma un’amorevole conversazione con i miei genitori sulla loro –a me sconosciuta- storia d’amore, così intensa da andare contro gli stessi principi della propria specie. Si, molto commovente, ma io ero forse la persona che sentiva meno tutta quella poesia, visto che rischiavo la vita costantemente.
Osservavo i ragazzi intonare cori allegri e vittoriosi, alzando i bicchieri riempiti di semplice coca-cola e battendo le mani sul tavolo, giusto per fare più rumore. Per quella sera non ci sarebbe stata sicuramente una cena tranquilla, non sapendo che sarebbero stati primi o secondi in un torneo importante come quello che stava ormai giungendo al termine. Sorrisi scuotendo la testa, mentre distoglievo lo sguardo per puntarlo sul mio piatto riempito di patatine fritte. Qualcosa di non salutare, giusto perché era l’ultima sera.
Vidi delle braccia ai miei lati e mi prese un colpo. Le mani si posarono sul tavolo, vicino alle mie, poi un bacio sulla guancia mi tranquillizzò definitivamente. Mi lasciai sfuggire un sospiro di sollievo e voltai la testa leggermente per incrociare lo sguardo incolore di Kevin. Ma cosa non erano i suoi occhi?
“Ehi.” Soffiò, direttamente sul mio viso. Arrossii leggermente per quella vicinanza, non essendo per niente abituata. Come potevo? Ero persino più sensibile dei giorni precedenti, senza il ciondolo. Poi io, le emozioni, non le ho mai sapute controllare.
“Ehi..” mormorai a mia volta, imbarazzata. Sorrise divertito, ma comunque dolce “Perché sei rossa?”
Bastardo. Sbuffai, sentendo sempre più caldo sulla faccia “Perché sei stronzo?”
Scoppiò a ridere, poi mi baciò una seconda volta la guancia, finendo per avvicinarsi all’orecchio e sussurrare, piuttosto serio “Preferisci che con gli altri non faccia niente?”
E non vantarmi di avere una tale persona affianco? Mai. Scossi energicamente la testa, probabilmente intenerendolo vista l’espressione che fece. Stava per sfiorare le mie labbra con le sue, ma la voce di Ryan, sorpresa, ci fece girare di scatto.
“E voi due? State insieme?” no, ci baciamo per hobby.
Mi morsi leggermente il labbro inferiore, non sapendo se confermare o negare. Teoricamente, non stavamo insieme.. Praticamente sì, però. Diedi un’occhiata veloce a Kevin, ancora piegato su di me ma con il volto completamente rivolto verso il mio allenatore. Mi guardai anche un po’ intorno, visto che c’ero, ritrovandomi ancora più rossa di quanto già fossi. Non mi piaceva affatto avere tutti gli occhi puntati addosso, specie se avevano sfumature meravigliate o, ancora peggio, maliziose. Vidi anche Zach che fissava altrove cercando di nascondere quel pizzico di delusione che gli leggevo fin troppo facilmente in faccia.
“Più o meno.” Sentii rispondere, piuttosto criptico, la fata. Grazie per avermi tolto il dubbio, eh.
Cavolo, possibile che nelle situazioni di disagio diventassi ancora più acida e ironica? Battevo ogni record possibile. Per fortuna non mettevo al corrente nessuno dei miei spicchi-di-limone-mentali. Ma sì, inventiamoci nuovi vocaboli. Oh, Dio, Ruth! Smettila!
“Come più o meno?” eh, come più o meno?          
“Più o meno, Ryan.” Replicò pacato il mio più o meno ragazzo.
“..Siete carini.” Commentò, sorridendo ma, soprattutto, trattenendosi dallo scoppiare a ridere. Però probabilmente non gli bastava, vista la sua considerazione “Vi vedevo un po’ distratti, ultimamente.” E continuò, urlando “Un applauso ai due capitani!”
“Oh Cristo.” Sussurrai, sbattendomi una mano sulla fronte per poi coprirmi il viso con la stessa. Non volevo vedere gli altri che sbraitavano complimenti e frasi imbarazzanti. Non volevo vedere la finta allegria di Zach. Non volevo vedere gli occhi di Kevin che mi fissavano con chissà quale espressione. Volevo solo sotterrarmi.
 
Siete già alla palestra?
“Sì.. Sono qui fuori. Tra dieci minuti cominciano con il riscaldamento.”
Noi stiamo arrivando.. Aspettaci lì.
Chiusi la chiamata con mio padre sospirando nervosamente. Finalmente, da lì a poco, avrei capito tutto ciò che riguardava il passato di Ruth Styles e i suoi genitori. Del mio futuro, ovviamente, non ne avevo idea. Non sia mai che sappia troppo. Mi appoggiai con la schiena al muro e cominciai a fissarmi le scarpe. Ansia.
“Pronta?” riconobbi la voce, non alzai nemmeno la testa per controllare.
“No, sinceramente no, però.. Cioè..” sbuffai, non riuscendo a spiegare ciò che sentivo, anche perché non avevo idea di quello che volessi.
“Respira, honey. Non è niente di così traumatico.” Alzai lo sguardo per vedere quello divertito di Brandon, in piedi davanti a me con le mani nelle tasche dei jeans.
“Tu sembri tranquillo.”
“Io c’ero anche vent’anni fa. E anche cinquanta, o cento, o duecento.. So cosa è successo. Non me ne stupirò.” Rispose calmo, facendo un passo avanti.
“Giusto, ovvio..” annuii, tornando a fissare i ciuffetti d’erba intorno ai miei piedi. Come siete verdi. Il leggero tocco delle dita del ragazzo sul mio mento mi fece sussultare “Tutto bene, Ruth?”
Lo guardai, senza un’espressione particolare sul viso. Ero come svuotata, non saprei dire il motivo, ma sentivo che dovevo parlare, per vedere cosa tiravo fuori dai miei discorsi inizialmente sconclusionati. Scossi la testa stringendo le labbra, poi presi un respiro “No. Cioè.. Già il fatto che non ho più il ciondolo mi fa girare le scatole.. Poi penso che i genitori di Ruth le hanno mentito per tutta la vita, le hanno nascosto che deve morire, e hanno continuato a farlo anche con me, e sai cosa? Io ieri sera, prima di addormentarmi, ho pensato ancora. Ho pensato che io sto davvero rischiando di concludere la mia vita per uno stupido comandamento che mi sa tanto di medioevo, per un amore che mi ha fatta nascere, ma in un’altra dimensione. Ho pensato che tu non mi avresti mai portata qui se in un futuro sarei dovuta morire davvero, ma come posso non aver paura? Sono vicina al momento in cui arriverò a quel limite, ne sono convinta, e la certezza che non so cosa mi succederà è ancora peggiore della certezza della morte stessa, solo che ha quel barlume di speranza in più. Sono arrabbiata, triste, impaurita e chissà cos’altro..” Aveva senso quello che avevo appena detto? Studiai l’espressione di Brandon: non sembrava né confusa, né perplessa, per cui dedussi che sì, aveva senso, o almeno lo aveva per lui. Sospirò distogliendo per un secondo lo sguardo, poi si umettò le labbra.
“Io non.. non so cosa dirti Ruth. La verità è che neanche io so come andranno veramente a finire le cose. Io deduco, e al 99% le mie deduzioni sono giuste, ma non leggo ciò che il destino ha riserbato per noi. Non so neanche se il destino esista, non l’ho capito in migliaia di anni, figurati se lo capisco adesso. Vorrei poterti dire che non ti succederà niente..” portò il suo palmo sulla mia guancia, rigata da una lacrima sfuggita al controllo, e la accarezzò “Ma non posso farlo. Posso prometterti però che proverò in tutti i modi a difenderti, così come farà Desmond, o Yvone e Kevin. Sei circondata da persone che ti proteggerebbero a tutti i costi, nonostante proprio queste sappiano che non sei la loro Ruth.” Parlava piano, lentamente e a bassa voce, guardandomi intensamente con quegli occhi neri che, in quel momento, riuscivano a tranquillizzarmi “Sei viva e lo resterai. Tornerai a casa, tornerai dalla tua famiglia, tornerai alle tue vacanze di Natale..” lasciò con un sorriso il tono serio, per tornare al suo solito strafottente “Credici e combatti, piccola semi-fata rompicoglioni.”
Sorrisi anche io, annuendo, e abbracciandolo di slancio. Lo sentii protestare e borbottare frasi tipo “No, staccati.” O “Cavolo, Ruth. Ero il menefreghista, io!”
“Non scassare.” Tentai di zittirlo dall’altezza del suo petto.
“No, io scasso. Ti ho dato una mano e ti sei presa il braccio. Si vede che c’hai il sangue umano..” si lamentava, ma intanto mi stringeva anche lui.
“Mi sono presa un abbraccio, non un braccio.” Continuai a stritolarlo.
“Che schifo. Faceva ribrezzo questa, non tristezza.”
“Smettila di fare il cazzone e mostra il buono che c’è in te.”
“Il buono che c’è in me è tutto a livello estetico, honey.” Mi sussurrò all’orecchio dopo essersi abbassato, malizioso. Roteai gli occhi, staccandomi.
“Ma come? Il meglio arrivava adesso!” rise, ed io lo spinsi divertita. Il suo spostamento, mi fece tornare alla realtà. Alle sue spalle, Dianne e Dorian che si avvicinavano. Presi un respiro profondo mentre notai con la coda dell’occhio Brandon girarsi e sistemarsi di fianco a me. Sarebbe rimasto? Senza neanche accorgermene gli corsi incontro per stringere anche loro. Erano pur sempre i miei genitori, e averli fra le braccia mi faceva sentire a casa, nonostante tutto.
Ci salutammo –anche verbalmente- poi sentii mio padre riferirsi a Brandon “Ciao, Brandon.” Questi alzò una mano in un cenno di saluto. Li conosceva? Espressi i miei dubbi, e Dorian inizialmente si limitò ad annuire. Dopo qualche secondo, cominciò a darmi più informazioni.
“Noi.. Sappiamo del ‘trasferimento’, Ruth. So che adesso ti stai chiedendo il motivo per cui noi ti abbiamo ugualmente dato il ciondolo, ma era necessario per compiere le missioni.” Spiegò, sempre l’uomo.
“Allora adesso le posso sapere, queste missioni?” domandai, esasperata. Ogni volta nominavano queste missioni, ed io ancora non sapevo in cosa consistevano.
Intervenne Brandon “Una la stai già portando a termine, e non ti dirò qual è, quindi leva quella faccia a cucciolo di labrador.” Misi il broncio “L’altra è quella di.. aiutarmi a salvare una persona.” Concluse.
“Chi? E perché io?” chiesi, guardandolo.
“Te ne parlerò un altro giorno. Ascolta i tuoi.” Aggrottai la fronte innervosita, poi tornai a dare attenzioni ai miei genitori. Dianne prese un respiro profondo e cominciò a parlare “Ruth.. Come sai tuo padre è una fata, ed io un’umana..” presero a raccontare la loro storia, alternandosi nei discorsi, mentre io ascoltavo attentamente, cercando di assorbire più informazioni possibile.
 
Seduti ai piedi di un albero, al riparo dai caldi raggi di sole di metà Luglio, il ragazzo accarezzava lievemente le braccia della fanciulla con la testa posata sul suo petto. La guardava attentamente, mentre sfogliava le pagine del libro che stava leggendo. Era completamente abbandonata su di lui, rilassata, come se non gli avesse detto, pochi giorni prima, la sua specie di appartenenza. Il pensiero che lei continuasse a fidarsi di lui, gli faceva gonfiare il cuore di un’emozione che non aveva mai provato prima. A dirla tutta, niente era riuscito a fargli provare qualcosa di forte come faceva la giovane umana, e questa consapevolezza scaturiva sempre la solita domanda nella sua mente “Può essere la loro razza considerata inferiore?
Si ricordava che quando non era che un bambino, la madre gli raccontava sempre storie sulle fate e sul loro amore. Non avrebbe mai scordato gli occhi sognanti della donna quando gli diceva che quel gruppo di creature di cui faceva parte era in grado di amare come nessun’altro, capace di cambiare completamente nel momento in cui trovava quell’unica persona in grado di fargli battere davvero il cuore, scaldandolo. Sapeva che nel momento in cui una fata provava quel sentimento per qualcuno, non poteva e non riusciva a disinnamorarsi o invaghirsi di qualcun altro. Anche per questo gli esseri umani erano visti come inferiori, vittime di sentimenti a volte contrastanti, a volte con sfumature diverse da quelli provati per un’altra persona. Le fate no. Le fate erano le uniche a poter dire “Ti amerò per sempre” senza mentire, ma non potevano dirlo ad un umano, inadatto per ricevere tale sentimento, incapace di ricambiarlo. Sempre secondo le fate, ovviamente.
Eppure Dorian lo sentiva, lo vedeva. Ogni volta che Dianne lo guardava negli occhi con quelle iridi color cioccolato, vedeva quell’enorme affetto che provava per lui, quell’ammirazione quando faceva qualcosa. Sentiva il calore provenire dall’essere consideratoinferiore sebbene non lo fosse. Ed erano sguardi che le dedicava lui stesso.
Si era completamente innamorato di quella ragazza nel giro di due mesi scarsi. Da freddo e distante era diventato un’altra persona. Sorrideva spesso, trasmetteva entusiasmo con un’occhiata e si sentiva davvero vivo, ma quando contento era andato a dirlo alla sua famiglia, si era ritrovato solo, senza una casa e senza i suoi poteri. Inizialmente aveva avuto paura di aver perso tutto per una persona che, forse, non provava ciò che provava lui per lei. Si era deciso, si sarebbe dichiarato, e da quando stavano insieme era, se possibile, ancora più vivo di prima.  Si era ritrovato a ringraziare il cielo per aver lasciato perdere una razza guidata da comandamenti antiquati e per aver trovato Dianne. Nel frattempo era stato aiutato da un ragazzo, anche lui un non-umano, e si era trovato un’abitazione ed un lavoro. Aveva vent’anni, e non più qualcosa alle spalle.
Dopo mesi, gli aveva finalmente detto anche il resto, e nonostante la confusione iniziale della ragazza, era andato tutto bene. Al posto suo non avrebbe creduto ad una singola parola, eppure lei lo aveva fatto. Si era fidata.
“Ti amo.” Mormorò sui capelli castani della giovane, all’improvviso. Lei smise di leggere e girò la testa per guardarlo, con espressione perplessa ma sorridente.
“Anche io.. Me l’hai detto perché volevi più attenzioni?” scherzò. Dorian scosse la testa ridacchiando, prima di baciarla delicatamente sulle labbra.
“Volevo dirtelo..”
“Dovresti smetterla di pensare al passato.” Se ne uscì lei. L’adorava quando esprimeva quelle affermazioni spiazzanti, degne di un elfo. Sembrava leggesse nel pensiero.
“Sono fortunato.” Disse invece lui, studiandole il viso. “Perché sei così bella?” Si chiedeva.
“Fortunato per esser stato diseredato e per esserti innamorato di una tizia psicopatica?”
“Sì. Per me è una fortuna.” Lo fissò qualche secondo, poi abbassò lo sguardo.
“Anche per me.. Però.. Mi sento in colpa.” Sussurrò, intenerendo il ragazzo.
“L’unica colpa che hai è quella di essere ciò che sei. Il che è un merito.” La rassicurò, carezzandole i capelli. Lei sospirò, tornando ad appoggiarsi al petto dell’amato.
“Penso che non avrò più il coraggio di leggere un fantasy.”




La dolcezza.
Scusate, ma l'idea che ho dell'amore tra Dorian e Dianne è.. boh. Cioè, il loro è quello assoluto, quello che ti annulla, che ti fa vivere. *chiude il pezzo da romanzo rosa*
Buon salve, creaturine mie. <3
Allora, allora.. Questo capitolo? Che mi dite?
Sono consapevole che infondo i fatti non sono moltissimi, però dovete riconoscere che si sa qualcosa in più su questo fottuto amore tra fate o tra due specie diverse. Insomma, si spiegano tante cose.
E a parte questo, che ne dite della coppia Keth/Ruvin? (Devo ancora decidere come definirla.. Magari se mi date un consiglio! D:)
Per me sono la dolcezza. Sarà che oltre a loro due vedo anche il cambiamento di Kevin. Piccolo, è cresciuto. :')
Se vi interessa, ho un altro disegno (e ultimo, per adesso) che rappresenta proprio Ruth e Kevin nella prima scena e la nostra cara Yvone, che farà il suo ritorno tra qualche capitolo! :D Clicca e mangiati una banana.
Infine, a perer mio, è stata molto bella anche la scena tra Brandon e Ruth. ._. Sono molto da discussioni serie, loro. VABE'.
Fatemi sapere cosa ne pensate voi. :)

Grazie all'infinito per tutto il vostro supporto, come sempre.
Siete veramente tanto lovely. :')

Il prossimo capitolo è previsto per il 15, Martedì!
Che poi io Sabato e Lunedì ho pure l'esame del PET. Non so se lo conoscete, credo di sì. Una certificazione di inglese.. Mi vergogno per l'orale. D:

Ci becchiamo! :3

Un sorrisetto malizioso da Brandon
    *Ma un bacio come dicono tutti, no? NO! Devo mettere riferimenti alla storia! Idiota..*

Maricuz
   
 
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