Remus; Frank e
gli amici
Adesso, che col filtro degli anni ho capito
cos’era veramente James Potter per me, e presumibilmente cos’ero a mia
volta per lui, credo di poter capire molte piccole cose degli atteggiamenti di
Remus nei nostri confronti. Certe occhiate, profonde, scavanti, che mi sono
ricordato solo di recente, quando finalmente ho capito. O quel suo tenersi
sempre appena al di là del margine, un filo soltanto, quasi
impercettibilmente ma mai davvero tra noi, come avesse intuito un legame
particolare, solo nostro.
Remus è –ti prego di crederci, credo di
conoscerti a sufficienza da poterti descrivere correttamente- una persona di
un’acutezza, una sensibilità e una capacità
d’osservazione notevoli; ed è anche di una discrezione
encomiabile: schivo per natura, tende allo stesso a modo a non farsi i fatti
altrui.
Non so cosa sapesse esattamente, lui. Se avesse
qualche legittimo sospetto, se ritenesse che fossero semplicemente
fraintendimenti dovuti alla sua troppo fervida fantasia, o se semplicemente
avesse capito. Ma ripensando a lui e al nostro rapporto, alla luce delle nuove
consapevolezze, mi rendo conto che Remus era estremamente ambivalente nei
nostri confronti.
Aveva una tendenza naturale all’isolarsi di
tanto in tanto, a prendersi il suo tempo in solitudine: riflessivo di
carattere, era diverso da noi sotto questo aspetto. Ho l’impressione
però che tendesse talvolta ad esasperare questa sua caratteristica, per
lasciarci i nostri momenti, la nostra intimità. Spesso chiudeva i ponti
con noi, spariva per qualche ora, e se restava presente fisicamente era
comunque altrove con la testa.
Altre volte invece, mi sono accorto che sfoderava
un’inaspettata malizia verso di noi. “Sis, non abbracci anche me?
Non ti vado più a
genio?” sorrideva sornione, al momento dei saluti di fine o inizio
estate, quando mi attardavo a spupazzarmi James, immerso nel ripetermi mille
istruzioni su come comportarmi in caso di bisogno e nel farmi promettere che
avrei trovato un modo per scrivergli e anche magari per vederlo, fermi sulla
pensilina dell’Espresso. In quelle occasioni, Remus sembrava quasi
divertirsi alle nostre spalle. Ma forse sono io che traviso i ricordi, che li
vedo come li voglio vedere e non com’erano nei fatti.
In altri momenti ancora, Remus dava mostra di un’improvvisa
insofferenza nei confronti delle nostre effusioni affettive, o sembrava a
disagio: erano le occasioni in cui sbuffava ogni volta che ci avvicinavamo tra
noi anche solo per bisbigliare sottovoce, in cui si isolava in un angolo della
stanza per tutto il giorno con un gran librone dei suoi. All’epoca,
imputavamo quei repentini cambi d’umore alla sua doppia natura e al ciclo
lunare, ma forse non era così. Mi pare del resto di ricordare che quei
momenti coincidessero per lo più con situazioni di particolare
complicità tra me e James.
Non credo che fosse geloso
del nostro rapporto –non era proprio una cosa da lui, ed inoltre non ne
avrebbe avuto alcuna ragione, dal momento che la nostra apertura verso di lui
è sempre stata massima- quanto piuttosto che si rendesse conto che le
cose tra me e James erano un po’ diverse, un po’ anormali. A volte
lo diceva anche apertamente.
Ricordo un paio di occasioni
in particolare: James aveva quest’abitudine di pacioccarmi sempre i
capelli, diceva che gli piacevano perché erano luminosi, setosi
–sicuramente migliori dei suoi, ma non è che fosse un gran
primato- e a volte, soprappensiero, faceva lo stesso con Remus. Lui si
scostava, immediatamente: “Piantala, Jim, non sono Sirius”
ridacchiava. Ma ora mi pare che quella risata non si allargasse anche agli
occhi.
Forse eravamo proprio io e
James la causa della sua leggera, discreta omofobia.
Della mia, sicuramente.
Credo che, in fin dei conti,
Remus non volesse avere davvero un’idea precisa di cosa ci fosse tra me e
James: e del resto, il sapere la cosa con certezza l’avrebbe messo in una
posizione più che scomoda: difficile accettare una simile liaison tra i
propri migliori amici –soprattutto per un maschio sedicenne, per quanto
maturo quanto Remus- difficile disapprovarli o tagliare i ponti con loro per
una simile ragione, a meno di non essere veri idioti; difficile e pesante
sopportare il pensiero di loro due “insieme” e di quel che
“staranno facendo”, difficile tenersi per sé una simile
consapevolezza, schifoso rivelarla ad altri sputtanando i diretti interessanti.
Dopotutto la politica del “non vedo, non sento, non parlo”,
adottata del resto anche da me e James nei confronti di noi stessi, era la
più semplice e comoda.
E dopo, quando col passare degli anni forse avrebbe
potuto capire meglio, credo che davvero non lo volesse più:
l’immagine che avevamo gli uni degli altri, i nostri rapporti, era tutto
ormai troppo consueto, consolidato, familiare per rimetterlo in discussione in
modo simile anche solo nei propri pensieri; credo che avrebbe turbato troppo il
suo sistema di vita, e del resto Remus era già abbastanza turbato dalla
Licantropia, dalla guerra civile e tutto il resto.
Si avvicinò anche molto a Lily, con
l’andare del tempo: erano già amici sin dagli anni della scuola,
ma dopo si attaccarono ancora di più. Lui era estremamente fraterno con
La signora Potter; può darsi che in qualche modo si sentisse persino
colpevole, per non averla messa in guardia da quell’amore che la vedeva
spodestata dal primo posto nel gradino d’importanza.
Un altro che forse potrebbe aver intuito qualcosa
–ma non lo potrò mai sapere con certezza, perché sono
andate perdute e distrutte tutte le nozioni presenti nella sua mente, per colpa
di una banda di balordi assassini coi quali sono ovviamente imparentato-
è Frank.
Frank Paciock era veramente nato per essere un
Auror: aveva una capacità d’intuizione e una prontezza mentale che
non ho mai riscontrato in nessun altro. Sapeva leggere attraverso i gesti, le
parole, gli occhi di tutti quelli che gli stavano intorno, tanto che a volte mi
veniva da chiedermi se fosse un Legimens senza saperlo.
Ed era anche leale, onesto e colmo di rispetto per
ogni essere vivente. Aveva inoltre il dono naturale di saper portare conforto e
far sembrare meno fosca qualunque situazione, anche la più cupa: spesso
e volentieri, era da Frank che andavo a sfogarmi quando qualcosa non funzionava
nel verso giusto. Pertanto mi conosceva molto bene, come conosceva bene James.
E che considerasse in qualche modo speciale il nostro rapporto lo si intuiva dal
modo in cui si relazionava con noi, sempre tenendosi ad una certa affettuosa
distanza, sempre lontano da tutto quel che erano gli aspetti più intimi della nostra amicizia, disinteressandosi
in tronco ai nostri litigi, le
incomprensioni e similari, a meno che non si trattasse di episodi
particolarmente gravi. Per lui, comunque, sembrava ovvio che io e James fossimo
sempre insieme, avessimo tutto in comune. E quando ci vedeva ognuno per conto
proprio per più di qualche ora, pareva sinceramente perplesso.
Non mi pare che abbia mai fatto allusioni o battute,
almeno non in mia presenza, però mi sembra che ogni tanto, per esempio
quando parlavo di James quando lui non c’era –mi vengono in mente
un paio di occasioni in particolare, due riunioni dell’Ordine- mi
guardava con l’aria di chi la sa lunga.
Fabian e Kingsley, invece, ci trovavano un po’
fastidiosi qualche volta. Lo so per certo, il vecchio King pensava che avremmo
dovuto essere un po’ più “virili”: gli uomini non si
toccano fra loro, non si abbracciano –salvo per saluti spacconi- e per
Merlino non si coccolano! E sicuramente non con tanta poca discrezione quanta
me e Jim. E un’altra cosa che lo seccava era che fossimo sempre insieme,
che non agissimo quasi mai ciascuno per conto proprio e sempre un po’
controvoglia. Non era esattamente così, ovviamente –facevo anche
delle cose per conto mio- ma l’esasperazione doveva averlo portato a
cancellare le sfumature. Era comunque un buon amico, ed è il principale
responsabile del fatto che io mi trovi qui e non di nuovo ad Azkaban senza
più un’anima. Fabian invece era più morbido, ma anche lui
trovava un po’ eccessivo il nostro stare insieme. Era però
talmente elettrizzato dalla nostra compagnia –in mia presenza l’ho
visto sempre e soltanto ridere- ed aveva un umorismo tanto simile al nostro,
che l’amicizia con noi era in qualche modo inevitabile.
In generale, comunque, a parte appunto Remus e
Frank, che forse intuivano, i nostri amici ci consideravano semplicemente un
duo particolarmente affiatato; e se vedevano qualcosa di morboso o eccessivo
tra di noi, era sempre e soltanto a livello di amicizia.
Perlopiù erano certi che ci fossimo davvero
trovati. Una volta sentii Dung parlare con Dorcas, ricordo ancora le parole
perché mi rimasero impresse con un enorme senso di piacere: “Per
Merlino, quei due… Da qualche parte, il Dio dei Babbani sta stringendo in
mano due pezzi di puzzle perfettamente combacianti ed esclama: Ah! Lo sapevo che
erano qui da qualche parte!”[1]
Questa era l’idea comunemente diffusasi di
noi: che fossimo due individui fatti per essere amici che si sono semplicemente
trovati, in mezzo ai sei miliardi di umani che popolano oggi la terra. La
nostra, perciò, era una complicità se vogliamo del tutto normale.
Paradossalmente, quello che è andato
più vicino alla realtà è stato, ancora una volta, quella
malalingua di Piton. Lui, che andava in giro per la scuola a sibilare che il
vero partner di Potter ero io, non Lily, e che ripeteva quanto fossimo
disgustosi, sempre “avvinghiati”. E se anche aveva delle buone
ragioni per avercela con noi, non faceva che ripetere simili cattiverie,
ottenendo come unico risultato il fatto che gli altri studenti, sapendo quanto
tra noi e lui scorresse cattivo sangue, non credevano a un accidenti, mentre
invece in effetti aveva quasi ragione.
Comunque, se qualcun altro ha mai avuto sospetti o
intuizioni maliziose, le ha sempre nascoste più che bene, almeno a me. E
l’idea che circolassero voci su noi due, alle nostre spalle, mi pare
fondamentalmente ridicola, e probabilmente a quindici anni di distanza lo sarei
venuto a sapere.
Adesso, tutti cercano di evitare di pronunciare il
suo nome in mia presenza: come se non sentendolo potessi scordare che è
morto, e che l’ho ammazzato io. Come se non udendolo potessi
dimenticarmelo, il suo nome.
Oh, Jim, Jim, quanto poco hanno capito…
Mai poco quanto noi, non è vero?
… Merda… Sto conversando con un morto.
Vado a dormire, sono stanco.
X Mixky: Uuuh… L’altra
sera ti ho infilata nella risposta al volo mentre pubblicavo, e non ho fatto
caso bene a cosa scrivevi… Mi hai citata! Era Because quella… Oh,
che emozione! “Sis”… Dovrei metterci su un copyright su quel
nomignolo, farei un sacco di soldi. Comunque, è fantastico che ti
piaccia tanto quello che scrivo. Davvero, per me è importantissimo. Non
mi piace fare l’ipocrita e dire che scrivo solo per me e menate simili. Scrivo
anche per me, così come scrivo per la gloria eccetera…
X giulia: Mh. Esaustiva e
molto lusinghiera. Ti ringrazio. Sapere di dare un’impressione di
realismo e coerenza è veramente una soddisfazione enorme. E’ anche
per questo che ero molto titubante prima di pubblicare la storia, non sapevo se
sarebbe sembrata solo una cazzata senza senso con pretese di serietà…
Grazie anche per l’autirevolezza che mi fornisci nel considerare la mia “firma”
su uno scritto come una garanzia, perché è fantastico anche
questo. Riguardo al pairing, come ho già scritto non lo condivido
minimamente neanche io. E’ tutta colpa di quel serpente di sourcream che
mi fa fare queste Cose Molto Cattive (alle quali, lo ammetto, mi piego senza
opporre una gran resistenza. E’ andata più o meno così: Mail sourcream: “pensavo che potresti
scrivere una James/Sirius (…)” Io, mentalmente:”Brrr, che
orrore –cervellino malato che si accende con un clic sinistro- Ma posso
riuscire a fare anche questo! Allora vediamo un po’, potrei fare che a
Grimmauld Place eccetera eccetera” il che dimostra che sono un
pessimo soggetto)
Peraltro, sicuramente il
fatto che sia tutto filtrato dai ricordi e dalla memoria porta, sì, sottolineare
determinate cose magari con più calore, a deformare eccetera.
X Lizzyluna: Personalmente,
mi trovo –purtroppo- d’accordo con la simpaticona che ha commentato
dopo di te. Cioè, in realtà non del tutto d’accordo. La
descrizione da te effettuata non coincide con la mia idea di Sirius. Ha un
carattere molto più forte, o meglio più definito ed autonomo
rispetto a quello che sembri indicare, almeno per quanto riguarda la mia idea
di lui, quella che cerco di dare nelle mie storie.
Quanto alla
credibilità, mi riempie d’orgoglio, grazie.
X sourcream: Vedi sopra, mia
cara, e comunque sì, è con me che avevi parlato di Harry –o
almeno, anche con me- e sì, lui non è autonomo. Ma essere Grifondoro
non è affatto un disturbo visto che gente come Sirius o Remus o James
è assolutamente ME-RA-VI-GLIO-SA. Se poi voi siete talmente fetenti da
non avere amici, la cosa non mi tange. Fatti vostri, insomma.
Dehehe.