Ah, il
tempo in cui Lui avrebbe odiato il silenzio. Sono quelli i momenti che cerca.
In un
locale, molte parole entrano in boccali colmi ed escono i conati di vomito
ripetuti e non evitati.
La voce
della bevanda riecheggia nella sala.
A Lui
sembra che ami distorcere le voci che altrimenti sarebbero troppo sincere.
Il telefono
squilla di nuovo. Le note non suonano più familiare. La mano è pesante sui
tasti, e si ferma, non vuole sentire.
Non vuole
rispondere, ma tocca i tasti.
Osserva il
nome sul piccolo schermo. È ovvio e scontato. Qualcuno che non avrebbe cercato
in una serata di vita rubata.
Ah, il
tempo in cui credeva che il mare potesse davvero abbracciare il cielo, e che
questa profumata visione non fosse solo frutto di uno spirare romantico.
Allora
poteva pensare che felicità e serenità si incontrassero in prossimità di quella
linea che tra sonno e veglia individua il confine tra giorno e notte. Tra
amicizia ed amore.
5
In un
locale, non è tardi.
È un
locale nella città di Firenze, non grande, ma accogliente.
Tagliano i
suoni e i tavoli sono comodi per urlare.
Il legno greve
permette di dominare ogni istinto di repressione.
Molti i
tavoli, le sedie sono panche.
Ci sono
schienali, non sono imbottiti, ma il legno pesante e scuro è più caldo di
qualsiasi imbottitura, lo dicono tutti senza saperlo.
Lo dicono
adesso senza pensarci, domani lo diranno senza pensarlo.
Venature
profonde nel faggio del banco richiamano foreste lontane, lingue dure, accenti
ruvidi e spinosi, un angolo di Germania a volte sognato.
I muri di
pietra, calda ruvida pietra che riempie i vuoti del cuore di un edificio, che
costruisce un locale imprigionando l’anima del cemento al suo interno.
Le voci
dei presenti rombano insieme, in un tumulto di storie, in una raffica di
vocali, di toni che si alzano ad ogni boccale che passa.
Sembra
impossibile, che questo rumore
Non
scalfisca la pietra.
Ma Lui
crede che
La pietra
Scalfisca
le voci.
6
Ah, Lui
può almeno dire di aver spinto le sue anche a fluttuare tra molte infatuazioni.
Le ha
sempre controllate mentre badavano di non sfiorare corpi rotti in un pianto da
abbandono, calpestando cuori e sentimenti che non comprendevano.
Lui può
dire di aver calpestato molti amori.
Adesso il
litro nel suo stomaco calpesta la sua resistenza.
I
movimenti si fanno difficili, gli occhi desiderano non vedere.
La visione
disturba la via verso il pentimento.
Un
telefono non smette di squillare. Erroneamente pensa che non sia il suo.
Tocca i
tasti, e accarezza con il pensiero un nome che si allontana sullo schermo, sul
piccolo schermo dove cristalli liquidi danzano e fuggono a comando. Squillando
forse, squillando forse no.
Ah, lui
che può dire di aver calpestato.
Non
ricorda la consistenza di un amore sotto la scarpa.
Non
ricorda se fosse croccante, un biscotto da sbriciolare.
Non
ricorda se sfuggisse come un budello sanguinolento.
Non
ricorda se frusciasse distante come un sacchetto di plastica.
Non
ricorda se urlasse come una lucertola.