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Autore: Bethan Flynn    11/05/2012    1 recensioni
Non era possibile. Non poteva essere lui.
Non adesso che finalmente, dopo dieci anni, era riuscita se non a scrollarsi di dosso il peso di quella colpa che l’aveva sempre schiacciata, perlomeno a conviverci.
Howard Link. Il cognome c’era, i due nei pure, gli occhi grigi anche.
Non li aveva mai dimenticati, e non li avrebbe dimenticati mai.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Link, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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Trovò l'innocence in un tempo relativamente breve, ai piedi di una grossa quercia.
Ringraziò Dio o chi per lui l’aveva aiutato, facendo avvolgere improvvisamente l’albero da fiamme nere come il carbone.
Racchiuse il cubo luminescente in una barriera e tornò di corsa verso il villaggio.

Quando lo vide tornare, Rie pregò che quel tormento finisse alla svelta.
Afferrò l’innocence dalle mani di Link, ormai semi incosciente per via del dolore, ma prima di fondersi con essa doveva farlo andar via di lì.
-Va’ via- sussurrò senza fiato. I polmoni le bruciavano, gli occhi non volevano saperne di vedere come si deve, né di stare aperti –va’ da… Allen, non… stare vicino a… me-. Procedette solo quando fu sicura di averlo visto scomparire.
Il cubo pulsava di una luce azzurrina nel palmo della sua mano.
Rie lo guardò con odio e vi avvicinò il pugnale.
-Inno…cence, impianto- ansimò, toccandolo con la punta.
I fregi che correvano lungo tutta l’arma si tinsero dello stesso nero cupo del manico e della lama, animati solo da qualche lampo violaceo, poi Rie rivolse il coltello verso se stessa e se lo piantò dritto nel petto, senza un attimo d’esitazione.
Esattamente nel cuore.

Il respiro di Allen si faceva sempre più faticoso ed affannato, mentre la sua innocence continuava a sopportare l’estremo sforzo di epurare il corpo del ragazzo dall’effetto della Dark Matter.
Link, seduto lì accanto, il cuore in gola, non sapeva che fare.
-Link- sussurrò l’albino a un tratto –dov’è Rie?-
Il biondo aprì la bocca per rispondere, quando un’esplosione li fece sobbalzare entrambi. Scattò in piedi, colto da un inquietante presentimento.
-Aspettami qui- disse.
Che frase inutile, pensò subito dopo. Dove cavolo voleva che andasse, conciato in quello stato?
Uscito dal palazzo, si trovò di fronte a uno scenario da Apocalisse.
L’edificio su cui aveva lasciato Rie pochi minuti prima era completamente crollato, la polvere oscurava una buona parte della visuale e l’akuma giaceva a terra, contorcendosi.
Ma la cosa che lo atterrì di più fu vedere Rie in piedi, di fronte a quella carcassa, senza dare il minimo cenno di volerlo finire.
Sul suo petto spiccava una grossa stella nera, visibile dall’uniforme strappata, e nelle sue mani il pugnale mandava lampi cupi.
Sembrava che tutta la sua figura fosse avvolta da un’aura sinistra, quasi malvagia.
-Rie!- gridò, correndole incontro –che diamine stai facendo? Finiscilo! Walker sta morendo, laggiù- i suoi occhi si spostarono su di lui, ma era come se non lo vedessero.
Arrivò a pochi passi da lei e si fermò.
-Che ti prende?- sussurrò. L’espressione della ragazza non accennava a mutare, e neppure l’oscurità insita in quegli occhi di solito chiari, e che ora sembravano amalgamarsi al colore del fregio sul suo pugnale.
L’akuma approfittò di quel momento di distrazione. Con un movimento fulmineo, riuscì a sollevarsi dalle radici quel tanto che bastava a prendere la mira e a sparare diretto verso di lei.
Link non ci pensò un secondo. Afferrò i talismani e li scagliò contro l’akuma, gettandosi addosso a Rie. Caddero a terra con un tonfo, i proiettili che la barriera non era riuscita a fermare che fischiavano sopra di loro.
La prese per le spalle e le tirò uno schiaffo –riprenditi! Cessa l’invocazione, usane un’altra, fa’ quello che vuoi, ma ammazza quel dannatissimo coso!- urlò fuori di sé.
Le iridi di Rie si schiarirono di schianto, gli occhi si sgranarono, assumendo un’espressione sbigottita.

Non ricordava niente.
Non ricordava assolutamente niente, prima di vederselo piombare addosso.
L’aveva salvata, e adesso era lì, sfinito, terrorizzato, ma pronto a riprendere la battaglia.
Sentì l’akuma prepararsi a ricaricare il colpo, ma non gliene avrebbe dato il tempo.
Strinse il manico del pugnale con più forza e si alzò in piedi, ignorando il dolore alla testa e ai muscoli.
Chiuse gli occhi, respirando profondamente, cercando il contatto con quel nuovo blocco di innocence che adesso portava dentro di sé.
“Insegnami come usarti” pensò, mentre il mondo sprofondava in una sorta di trance.
“Presto, non ho tempo”.
Avvertì il proprio braccio disegnare nei simboli nell’aria con la punta del pugnale, mentre la coscienza del proprio corpo si faceva sempre più debole.
“Innocence, evocazione. Ritorno dalle tenebre” pensò inconsciamente.

Non riusciva a credere ai suoi occhi.
Per quanto si sforzasse, quello andava al di là di ogni previsione, al di là di ogni immaginario che finora avevano sortito le ricerche sull’innocence.
L’akuma si contorse su se stesso a ogni simbolo disegnato da Rie, rimpicciolendo sempre di più fino ad assumere una dimensione umana. Quando l’evocazione cessò, Rie cadde in ginocchio a terra, respirando affannosamente, mentre quello che fino a pochi attimi prima era stato l’essere che avrebbe potuto ucciderli entrambi, ora si dirigeva verso di loro col passo smarrito di due gambette infantili.
Una bambina.
Un caschetto di capelli castani, un vestito stracciato addosso, numerosi segni sul volto, forse di qualche malattia, inequivocabilmente umana.
Fatta eccezione per gli occhi.
Dove avrebbe dovuto esserci la pupilla, spiccavano nette due stelle nere, le cinque punte che finivano nel contorno dell’iride.
-Mam-ma?- balbettò avanzando. Rie si girò allibita verso di lei, poi fissò Link con gli occhi sgranati. Il biondo non potè far altro che leggervi lo stesso sgomento che stava provando di fronte a quello che era inequivocabilmente un processo inverso della trasformazione in akuma.
In pratica, quella bambina era resuscitata.
-Non è possibile…- Rie si toccò il petto, trattenendo una smorfia di dolore. Il simbolo era bollente e faceva male al tatto.
-Dov’è la mia mamma?- la bambina aveva iniziato a piangere, sempre più forte. La ragazza si alzò di scatto, ma le forze l’abbandonarono improvvisamente che non aveva mosso neppure un passo.
La testa le girava, le faceva male dappertutto e non si era mai sentita così debole.
“Che diamine sta succedendo?” pensò, poco prima di perdere conoscenza.

---

Howard fissa pietrificato il muro di fiamme che ha avvolto James all’improvviso, strappandolo da Rie.
Il vestito è lacerato lungo tutta la manica e la spalla, e le è calato fin quasi alla vita. Si vergogna, ma non riesce a smettere di guardarla e di cercare un senso a quello che stanno vedendo i suoi occhi.
E’ terrorizzata, Howard lo sente, ma lo è anche lui, e le urla di suo fratello rimbombano in tutta la stanza.
-James…- sussurra, poi si gira di nuovo verso la bambina che lo guarda atterrita, gli occhi spalancati e muti, ma con una supplica ben visibile.
“Non odiarmi” dicevano “non è come sembra”.
-Rie, perché…- inizia a dire, ma una trave cede, e parte del tetto crolla fra loro due. Il fumo è sempre più denso, e Howard non riesce a vedere niente.
Il corpo di James è riverso a terra, poco più di un tizzone ardente, irriconoscibile, che sprigiona un odore allucinante.
Tossisce, grida aiuto, chiama James, chiama Rie, ma nessuno risponde.
Piangendo si sdraia in un cantuccio, chiude gli occhi.

---

Quando riaprì gli occhi si ritrovò a fissare il soffitto bianco dell’infermieria dell’Ordine. Il dolore al petto era scemato, ed anche i muscoli erano rilassati.
Ma come diamine c’era arrivata, lì?
Cercò di tirarsi a sedere, ma un capogiro la dissuase immediatamente.
Quella nuova innocence l’aveva davvero indebolita così tanto?
E perché non c’era nessuno? Quella stanza non era mai stata così silenziosa.
Girò il capo e vide Allen disteso sul letto accanto al suo, che dormiva. La sua espressione era tranquilla e beata, Rie ne dedusse che non doveva essersi fatto troppo male.
“Grazie al cielo” pensò sospirando.
Poi, all’improvviso, si ricordò di lei.
La bambina.
Quella che lei, Rie Tsubaki, aveva praticamente fatto resuscitare.
Il solo pensiero le faceva stringere lo stomaco.
-Ok, non è possibile, Rie. Calmati- disse al vuoto, cercando nuovamente, ma molto più piano, di alzarsi. Andò meglio, riuscì a mettersi seduta.
Lo specchio di fronte al letto rimandò l’immagine di una ragazza smilza, pallida come un fantasma.
-E questo cosa cavolo…- sussurrò Rie, portandosi una mano al seno e osservando la sua gemella allo specchio fare lo stesso.
Una stella, nera come quelle che avevano soppiantato le pupille nelle iridi di quella bambina. Il simbolo dell’innocence che le connetteva.
Ritorno dalle Tenebre.
Rabbrividì, pensando al nome che inconsciamente aveva dato all’attacco e all’effetto che aveva avuto.
Ed era andata bene che non aveva perso il controllo.
Chissà cosa sarebbe potuto succedere, con un potere del genere.
Decise di botto di alzarsi e di andare a cercare Heb o qualcun altro, o sarebbe impazzita a star lì a rimuginare.
Rimase qualche istante malferma sulle gambe, poi quando decise che aveva abbastanza stabilità si mosse decisa verso la porta, aprendola.

Quando se la trovò davanti, in piedi, il viso stanco ma inequivocabilmente viva, Link non potè che tirare un segretissimo e blindato sospiro di sollievo.
-Dove pensi di andare?- chiese perentorio, non spostandosi di un millimetro davanti alla sua faccia scocciata.
-Dov’è lei?- si era aspettato quella domanda. Sospirò –è chiusa nei sotterranei, Heb la sta analizzando e Komui anche. Della dark matter non c’è più traccia, e le sue funzioni vitali sono buone- disse.
-Ma?- fece Rie. Aveva sentito l’esitazione nella sua voce.
Possibile che dopo dieci anni fosse ancora in grado di entrare in sintonia con lui a quel modo?
-… ma non dà segno di una ripresa di conoscenza, mentale, intendo- aggiunse poi. Rie contemplò per qualche attimo lo stipite della porta, immersa in chissà quali pensieri, poi sospirò e lo guardò di nuovo.
-Fammi passare, Howard- disse piano.
-Sei appena uscita da uno dei più grossi casi di sovraccarico fisico da innocence che l’Ordine abbia mai conosciuto. Sarebbe il caso tu ti riposassi- replicò lui impassibile, afferrandola per le spalle e guidandola verso il letto.
Rie cercò di divincolarsi, ma le gambe le cedettero improvvisamente.
Non cadde, c’era Link a sostenerla. Abbassò la testa bruscamente –non serve che mi prendi in braccio, so camminare. Devo vederla, subito- mormorò, cercando di recuperare un autocontrollo. Si sentiva il viso in fiamme.
Il ragazzo sospirò –e va bene- disse –dovrei stare con Walker, ma faremo uno strappo alla regola- buttò il taccuino con gli appunti sul letto e la prese in braccio come se niente fosse, decretando che sarebbe stata sicuramente una bella forma di suicidio.
Rie cercò subito di ribellarsi –che accidenti fai? Mettimi subito giù, adesso!- sbottò, ma ottenne solo un cenno secco di diniego –mi ammazzeranno già abbastanza perché ti faccio uscire, non ho intenzione di dover spiegare a Komui perché mi trovo solo con uno dei suoi migliori Generali in pieno collasso- rispose, chiudendo con uno scatto la porta dell’infermeria.
Rie non disse più niente, limitandosi a farsi trasportare.

---

-Dimmi, Howard. Che c’è?- ancora abbacinata dalla luce verde, Rie lo guarda con la testa lievemente inclinata.
Lui deglutisce. Sa cosa vorrebbe dire, ma le parole che gli vengono in mente o sono sbagliate, o sono troppe, o sono troppo poche.
-Non dovrai più preoccuparti di loro- dice piano –se non ti fidi di James, fidati di me. Io ti proteggerò- il viso assume il cipiglio risoluto con cui i bambini fanno le loro promesse più importanti. Rie sorride, contenta ma anche triste.
Sa che niente dura per sempre, quello l’ha già scoperto.
Anche lei vuole diventare forte, per proteggere, e non per essere un peso.
-Mi fido- dice semplicemente.


Note dell'Autrice:

Nessuna recensione per lo scorso capitolo, che depressione T___T
Mi sa che è un po' colpa mia, devo fare ammenda: so che le vicende passate di Rie scritte così fanno capire ben poco. La storia era nata in un modo diverso in realtà, ovvero James non aveva semplicemente intenzione di picchiare Rie ma avrebbe voluto essere ancora più stro***... a buon intenditor poche parole. Ovviamente le cose sarebbero poi andate esattamente allo stesso modo: niente sarebbe accaduto perchè sarebbe morto stecchito. Però sul sito ci sono precise regole riguardo questo tipo di rapporti, quindi anche se non avevo certo fatto descrizioni particolareggiate o indugiato più di due parole sulla cosa ho pensato che fosse meglio "aggiustare" le scene che parlavano di quell'episodio. E' anche vero che così la storia sta meno in piedi, però non volevo rischiare di dare noia a qualcuno, nè tantomeno di incorrere in sanzioni.


Spero che qualcuno continui a seguire!! *__*

A presto!

Bethan
   
 
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