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Autore: Doe    12/05/2012    13 recensioni
DAL TESTO:
Ho continuato a sfiorarmi le labbra arrossate e il collo per interi minuti, dopo che è andato via. Quando il mio corpo è stato completamente sovrastato dal suo, mi sono sentita perduta. Avevo perso ogni speranza, mi ero quasi arresa senza lottare, credendo che questa volta non sarei riuscita a cavarmela. Non avevo però smesso di pregarlo di lasciarmi stare e, non so se sono riuscita a impietosirlo o se semplicemente qualcuno, lassù, mi vuole bene, ma lui ha indietreggiato all’improvviso, si è rassettato i vestiti ed è uscito dalla stanza, subito dopo avermi ricordato che, volente o nolente, prima o poi sarei stata sua.
Ho paura! Sto ancora piangendo da allora. Dice che vuole farmela pagare per essermi presa gioco di lui, ma non era davvero mia intenzione. Dice che dovrei essere lusingata dalle attenzioni che un nobile come lui ha nei confronti di una serva come me.
(Prologo - La bestia)
!SOSPESA! - La storia non viene più aggiornata dalla sua autrice
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon, Salvatore, Elena, Gilbert, Mikael, Rebekah, Mikaelson, Stefan, Salvatore | Coppie: Damon/Elena
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo II

I fratelli Salvatore


Elena aveva ancora gli occhi sgranati, mentre fissava il Conte, e quelli dell’uomo non erano da meno. Il dolce viso olivastro della ragazza che aveva di fronte, il piccolo naso, le labbra carnose, quel ribelle ricciolo a spirale che, sfuggito dall’acconciatura, le ricadeva sugli occhi grandi, profondi e al momento allarmati come quelli di un piccolo cervo spaventato: non c’era nulla che non trovasse affascinante in lei. D’altra parte, Elena pensava che sarebbe stato impossibile non essere attratti dall’uomo dagli occhi di ghiaccio. Era bello dai suoi capelli spettinati e neri come l’ebano, al contrasto della sua pelle diafana, dal rosa tenue che gli colorava leggermente la guance, alla mascella squadrata.

Entrambi, per un momento che sembrò durare secoli, si scoprirono incapaci di muoversi o formulare frasi di senso compiuto. Entrambi, per un istante che desideravano fosse infinito, dimenticarono chi fossero e dove si trovavano.

Fu Elena la prima che diede segni di vita. Udì la sua stessa voce urlarle cosa stai facendo?! e, supponendo si trattasse della sua coscienza, arrossì violentemente e chinò di poco il capo, mentre anche il Conte si ridestava dalla sua trance. Si ricordò di avere ancora la mano sospesa a mezz’aria, proprio di fronte a lei, e si affrettò a mormorare: «Prego, signorina. Lasciate che vi aiuti.»

Elena parve titubante. Considerata la sconvolgente e intensa sensazione che l’aveva travolta pochi istanti prima, solo incontrando i suoi occhi, aveva paura di scoprire cosa sarebbe successo se si fossero toccati. Niente di buono, sospettava.

Ma, un attimo dopo, già si dava della stupida per quelle sue reazioni e la sua coscienza, con tono ammonitrice, le ricordava di dover andare avanti con la sua recita.

Lentamente, allungò la sua mano destra poggiandola su quella di lui. Entrambi furono percorsi da un potente brivido interno, un fulmine a ciel sereno, una scossa che cercarono di nascondere meglio che poterono.

Quando entrambi i piedi di Elena ebbero raggiunto il suolo, lei alzò nuovamente il viso su quello di lui e ritirò la mano dalla sua, come si fosse appena scottata, nell’incontrare ancora quello sguardo abbacinante. Si costrinse a distogliere il suo, in tutta fretta, e raggiungere la Marchesa, cercando dentro di sé ancora uno sprazzo di lucidità. Il Conte si soffermò un attimo ad ammirare quella figura smilza e aggraziata nel suo abito blu, poi la imitò, raggiungendo il fratello di fronte alle due dame.

Il ragazzo che aveva aiutato Rebekah a scendere aveva occhi verdi e capelli castano chiaro e si vedeva che era più giovane del fratello. Elena azzardò che potesse avere la sua età o quella di Rebekah al massimo, mentre l’uomo dagli occhi di ghiaccio era intorno ai ventiquattro anni. Tuttavia, mentre Stefan Salvatore le sorrideva e le baciava la mano, presentandosi, lei si sentì molto più a suo agio nel guardare i suoi occhi che quelli del fratello. Quel giovane sembrava emanare semplicità e fiducia da tutti i pori.

«Lei è Elena, Elena Gilbert. La mia dama di compagnia», la presentò Rebekah.

Mentre quasi moriva dalla tensione e l’imbarazzo, Elena sentì qualcuno afferrarle con delicatezza nuovamente la mano destra e sgranò gli occhi nel vedere il maggiore dei fratelli Salvatore chinarsi su di essa e, senza distogliere neanche per un istante gli occhi dai suoi, posarvi sopra le labbra carnose e morbide al contatto. Solo lo sguardo completamente incatenato a quello di lui le impedì di svenire sedutastante a causa delle troppe emozioni provate contemporaneamente. 

«Incantato», mormorò con voce roca e suadente lui. «Permettetemi di presentarmi a mia volta, Signorina Elena Gilbert. Sono il Conte Damon Salvatore, fratello maggiore di Stefan.»

«O-Onorata di fare la Vostra conoscenza, Signor Conte», balbettò Elena accennando una riverenza. «E le mie più sentite condoglianze ad entrambi per la vostra grave perdita», aggiunse sperando che Rebekah, fin troppo presa a rimirare entrambi i giovani, ricordasse il motivo per cui loro credevano che la cugina si trovasse lì.

Funzionò. «Oh sì, miei cari cugini. Condoglianze anche da parte mia. Non sapete quanto mi abbia addolorata leggere una così orribile notizia e sapervi qui, soli, a consolarvi l’uno con l’altro per la perdita del mio povero zio, vostro padre… Non potevo pensare di abbandonarvi al vostro dolore.»

Elena non seppe bene cosa fu a trattenerla dallo sghignazzare, rendendosi conto fino a che punto Rebekah poteva essere falsa e meschina, ma qualunque cosa fosse stata gliene fu grata.

«Ringrazio infinitamente entrambe per la vostra bontà d’animo e sono certo che l’anima di mio padre ora si sia ricongiunta a Dio nella pace eterna», rispose Damon Salvatore senza dilungarsi molto e utilizzando dei semplici cliché. Ma, anche se si stava rivolgendo a entrambe, i suoi occhi non si spostarono mai dal viso di Elena.

«Oh, lo sono anch’io», miagolò Rebekah. Era davvero strano che non si fosse ancora accorta di quanto poco il maggiore dei Salvatore la stesse degnando della sua attenzione, considerato il suo egocentrismo. Evidentemente stava ancora valutando chi, tra i due giovani, fosse più attraente.

«Benissimo», esordì Stefan sorridendo sia alla dama bionda, vestita di verde, che alla bruna. «Adesso che le presentazioni sono state fatte, immagino mi farete l’onore di accomodarvi in casa. Ho già fatto preparare le vostre stanze e ordino immediatamente a Matt di portare le vostre cose di sopra. Immagino avrete bisogno di riposare.»

«Oh, niente affatto, caro Stefan. Ci vuole ben altro che un semplice viaggio, per stancarmi», riprese a miagolare la Marchesa. «Piuttosto, mi farebbe piacere che entrambi i miei cugini mi mostrassero questa splendida tenuta, se non sono loro troppo stanchi per farlo.»

«Ne sarei onorato», sorrise Stefan, porgendole cavallerescamente il braccio. Lei lo accettò, sorridendo compiaciuta.

«La Signorina Elena si unisce a noi?», domandò poi, notando che la ragazza se ne stava immobile e silenziosa.

Elena non sapeva bene cosa dover rispondere e guardò in viso la Marchesa, cercando aiuto. Questa scosse lievemente la testa, di nascosto dai due Conti.

«Ehm, in realtà io sarei un po’ stanca e preferirei riposare. Se la Signora Marchesa è d’accordo, ovviamente», rispose infine.

«Oh, sì cara, vai pure», rispose Rebekah fingendo magnanimità.

«Permettetemi di accompagnarvi.» La voce del Conte Damon, giunto non seppe mai quando alla sua destra, fece sussultare e ruotare di scatto Elena. Impedire ai suoi occhi di incontrare quelli di lui, inutile a dirsi, fu una partita persa in partenza.

«Oh, io… Davvero… Non preoccupatevi, non c’è alcun bisogno di… La Marchesa gradirebbe anche la vostra compagnia», balbettò imbarazzata.

«Oh, prometto che vi raggiungerò tra un attimo, cara cugina», disse sorridendo a una Rebekah un po’ contrariata. La Marchesina sorrise a sua volta, falsa.

«Insisto, Signorina Elena. Vi prego di esaudire questo mio semplice desiderio. E poi», aggiunse avvicinandosi per sussurrare al suo orecchio, «sono certo che mia cugina sopravviverà. Al momento ha mio fratello Stefan, con cui civettare

Elena, rossa in viso per l’intimità che quell’uomo si era tranquillamente permesso, si lasciò sfuggire una piccola risata, che tentò di mascherare al meglio con un colpo di tosse. Non riuscì ad ingannare comunque il Conte – neanche Rebekah, a quanto pareva, c’era riuscita – che le sorrise sghembo. La ragazza non sapeva se a colpirla di più era la perspicacia, la tagliente ironia di cui sembrava essere dotato o l’abbacinante mezzo sorriso di quell’uomo.

Mentre Stefan e la Marchesa si allontanavano per il giardino, Damon fece chiamare Matt, lo stalliere, un ragazzone alto, biondo e di bell’aspetto.

«Matt, porta dentro il bagaglio della Signorina», ordinò.

«Sì, Signore.»

Matt, che ovviamente non aveva idea che il bagaglio di Elena fosse una malridotta sacca marrone, portò dentro tutti i bagagli, salvando così la giovane da una sicura umiliazione.

Nel frattempo, il Conte aveva condotto Elena in casa, dove alcune domestiche l’avevano accolta con un inchino, mentre lei cercava in tutti i modi di non pensare che era al loro rango che apparteneva, non a quello dell’uomo al suo fianco. Si chiese se fosse il nuovo corsetto, a stringere così, o se le troppe bugie le stavano già togliendo l’aria. E pensare che era solo all’inizio della sua recita. Quanto a lungo avrebbe potuto resistere?

«Volete davvero raggiungere subito le vostre stanze o mi concedereste l’onore di mostrarvi il palazzo?», le domandò ancora il Conte. Elena provò ancora più disagio nel notare che le rivolgeva lo stesso sguardo degli uomini nella locanda di Cassandra, come fosse un coniglio e lui una volpe affamata.

«Io… Veramente… Non saprei…»

«Su, ci sarà almeno una stanza, in tutto il palazzo, che avete curiosità di vedere.»

, fece l’alterego di lei. La mia.

Invece un’immagine risalente a poco prima, con le tende sollevate dal vento, al secondo piano, si fece spazio in lei, e non si accorse di stare mormorando «La biblioteca» finché non fu tardi.

«Ottima scelta», sorrise ancora una volta lui. «Mi fareste l’onore?», aggiunse poi porgendole il braccio. Tirando un lungo sospiro mentale e imitando al meglio il gesto di poco prima della Marchesa, Elena colse l’invito del Conte.

 

 

La biblioteca di Palazzo Veritas possedeva lo spaventoso numero di ventitremila libri. Occupava praticamente quasi tutto il secondo piano e scaffali, scrivania e mobili vari erano tutti in mogano.

Quando Elena vi entrò, scortata dal Conte, l’emozione fu così tanta che dimenticò la recita ancora in corso e si ritrovò a girare su se stessa, naso all’insù, al centro della stanza, rimirando estasiata quella quantità inaudita di libri. Il Conte Damon, ancora sulla porta, la fissava, divertito e affascinato dal suo entusiasmo da bambina. Quando lei se ne accorse, arrossì e cercò di ridarsi un contegno.

«Oh no, continuate pure. A me piaceva osservarvi.» La spudorata sincerità di quell’uomo mise Elena ancora più in imbarazzo.

Vedendo che la ragazza non dava segno di voler continuare, il Conte attraversò la stanza, mormorando un distratto «Come preferite», e scostò le tende bordeaux della portafinestra. Con un inchino, invitò Elena a precederlo e la giovane si ritrovò nella veranda osservata pochi minuti prima dalla carrozza. Buffo che tutto fosse anche più grande di come l’aveva immaginato.

Fu subito attratta dalla vista che dava sul giardino e sulla campagna che circondava il palazzo. Avanzò quasi in maniera automatica verso il parapetto, poggiandovi sopra entrambi i palmi e lasciando viaggiare il suo sguardo. Avvertì la presenza del Conte al suo fianco. Pochi centimetri separavano il suo corpo da quello di lei e, nonostante il panorama che aveva di fronte, non riuscì a distrarsi da quel pensiero.

Mentre Elena fissava il paesaggio, Damon Salvatore fissava lei, e rimaneva affascinato da ogni singolo particolare che in precedenza gli era sfuggito, dalle lunghe ciglia arcuate agli occhi che luccicavano in reazione al suo entusiasmo, fino alle guance rese ancora più scure dal sangue che affiorava al di sotto dell’epidermide. Non sapeva se la ragazza si fosse accorta dello sguardo famelico che le stava rivolgendo e nemmeno gli importava: la bellezza era fatta per essere ammirata.

Quasi istintivamente, il Conte avvicinò il suo viso a quello di lei e indicò un punto in lontananza. «Vedete laggiù, dietro quelle colline, le costruzioni che si intravedono?», chiese. Paradossalmente, la ragazza fu colta da una vampata di calore, nell’avvertire l’alito fresco del Conte sul collo.

«Sì», rispose.

«Quella è Torino.»

«È…» Elena non trovava le parole «…Davvero bellissima

«Si, lo è.» Un altro sussurro, un altro soffio freddo sulla pelle. Elena si voltò, rendendosi conto che, mentre parlava, il Conte non aveva distolto lo sguardo da lei neanche per un attimo. La sua conferma non era, evidentemente, riferita alla città, e quando la ragazza se ne rese conto fu spaventata dalla miriade di emozioni contrastanti che provò nello stesso istante.

La prima cosa che fece fu distogliere lo sguardo da quello di lui e abbassarlo, mentre il sangue, traditore, le imporporava nuovamente le guance. La seconda fu voltare i tacchi e mormorare: «Sono stanca. Desidero andare a riposarmi.»

«Certo», disse lui dopo un attimo. «Vi mostro subito le Vostre stanze.»

In silenzio, rientrarono in casa e uscirono dalla biblioteca.

Il Conte la invitò a percorrere un lungo e ampio corridoio e poi a salire le scale. La stanza che avevano fatto preparare per lei era vicina a quella della Marchesa, come lui stesso le accennò mostrandogli entrambe le porte. Si trovava al quarto piano, l’ultimo, mentre le stanze di entrambi i conti e quella che era stata la stanza di Giuseppe Salvatore e della moglie si trovavano al terzo.

Mostrandogli l’elegante camera da letto dall’arredo color glicine, il Conte le chiese se fosse di suo gradimento. Elena non riusciva a concepire anche solo l’idea che potesse non esserlo, ma per non dare nell’occhio si limitò ad un semplice «Sì, vi ringrazio, è perfetta» in risposta. Poi, augurandole un buon riposo, il bel Conte si congedò con un inchino.

Quando si richiuse la porta alle spalle, Elena, sentendosi finalmente al sicuro, vi poggiò contro la schiena e chiuse gli occhi per qualche istante. Il respiro ansante stava, via via, calmandosi; il cuore, prima al galoppo, aveva riacquisito un ritmo normale; non ricordava esattamente quando la testa aveva preso a pulsarle, ma faceva così male che la ragazza si portò una mano alla fronte. L’altra, delicatamente, la poggiò sul petto lasciato scoperto dalla generosa scollatura dell’abito, in corrispondenza del cuore.

Che cosa le stava accadendo? Aveva completamente perso il controllo di se stessa. Non si era mai sentita così prima di quel momento e non poteva certo dire che quella nuova sensazione le piacesse.

Delle immagini piuttosto vivide del Conte Salvatore, del suo sguardo ipnotizzante, del sorriso ammaliatore, percorrevano senza sosta la sua mente, confondendole ancora di più le idee. Aprì gli occhi, sperando che si volatilizzassero insieme a quell’eccesso di emozioni cui si rifiutava di dar significato.

Il mondo sembrò tornare tranquillo.

Cullata da quell’idea, Elena si avvicinò al suo nuovo letto, sopra il quale stavano sia i bagagli della Marchesa che la sua sacca. Prese a tirar fuori la sua roba, con la lentezza calcolata di chi è intenzionato a distrarre la mente da precisi pensieri.


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Angolo di un'Autrice che in questo momento dovrebbe esser sotto la doccia

per prepararsi al suo sabato sera & non è per niente convinta del capitolo


Buon Sabato, lettrici!

Non commento, come al solito. Al massimo posso scusarmi perché è più breve. Ma era necessario concludere in questo modo. Cerco sempre di suddividere i capitoli in maniera adeguata, non si tratta di mancanza d'ispirazione o qualcosa di simile. :)

Ringrazio le 16 persone che hanno inserito la storia tra le preferite, le 3 che l'hanno inserita tra le ricordate e le 18 che l'hanno inserita tra le seguite. E soprattutto le 8 lettrici che hanno recensito il primo capitolo. Grazie del vostro sostegno. :)

Vi avverto anche che potrei aggiornare prima del previsto, nell'arco della settimana.

Un bacio e un buon weekend a tutte!

Lisa

   
 
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