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Autore: suzako    03/12/2006    12 recensioni
Fu solo un brevissimo istante, ma il più piccolo dei sorrisi si fece spazio sul volto di Hinata.
E forse Neji non la vide, forse non se ne accorse neanche: ma forse in quel momento sorrise anche lui...
Genere: Generale, Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Neji Hyuuga
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non nevicava più.
Il cielo era rimasto di un colore plumbeo, grigio uniforme.
Il freddo condensava i suoi respiri in nuvolette di vapore, mentre le lame dei kunai argentati brillavano sinistramente, dai cumuli di neve e terra in cui giacevano, immobili.
Hinata si tirò in piedi, ansimante: era da qualche tempo che non si allenava, e non lo ricordava così faticoso e difficile. Aveva passato tutto il pomeriggio a scagliare i pugnali contro le pareti arboree, e nonostante il byakkugan attivato, pochissimi di essi erano riusciti a centrarle. Per quanto mi impegni, è sempre e comunque inutile. Ma non si sarebbe arresa. Non così, non in quel modo. Anche se avesse dovuto passare tutti i giorni della sua vita in quella spoglia radura, non si sarebbe lasciata sopraffare da un nome troppo altisonante, dalle troppe aspettative, dai troppi rancori celati in quella casa. Con un ultimo sforzo, scagliò lo shuriken che teneva in mano il più lontano possibile, imprimendo tutta la forza che poteva nelle braccia. Esso andò a toccare il bersaglio, senza però conficcarsi. Non era ancora abbastanza. Non era mai abbastanza.
Le sue gambe erano deboli, e le braccia facevano male, mentre ogni respiro graffiava la gola. Si asciugò il sudore dalla fronte, bagnandosi le labbra con un po’ di neve. Raccolse alcuni kunai e shuriken da terra, e ricominciò a lanciare.

Neji correva.
Non sapeva bene perché, e forse non era neanche esattamente consapevole di star correndo. Ma la spinta ai muscoli delle gambe, i passi ritmici sul terreno scivoloso di neve, i movimenti fulminei del corpo non lasciavano dubbi: correva, e anche a notevole velocità.
Non c’era un motivo particolare per la sua fretta. Davvero no. Semplicemente aveva bisogno di quella sacca dei kunai, per il suo allenamento. Non avrebbe saltato un giorno di allenamento per così poco. Quindi sarebbe andato lì, avrebbe preso ciò che gli serviva, e si sarebbe poi allontanato senza dire un’altra parola o degnarla di un solo sguardo. Perché lo sapeva, lo sapeva che lei si sarebbe trovava lì. E l’idea lo infastidiva parecchio.
Lo infastidiva l’idea di vederla, di incontrare quegli occhi chiari come i suoi, ma allo stesso tempo così diversi. Lo infastidiva ogni suo piccolo gesto, sorriso appena accennato, lo infastidiva anche solo il pensiero di ascoltare nuovamente le sue parole, le sue frasi appena sussurrate per la vergogna e la timidezza, forse anche per la paura.
Ha paura di me, madamigella Hinata?
Ma più di ogni altra cosa, lo infastidiva l’idea di volerla vedere.

Il posto, era sempre lo stesso. Il che era abbastanza ovvio: come pretendeva che sarebbe potuto cambiare, un piccolo spiazzo nel bel mezzo di un bosco, da un giorno all’altro? I cumuli di neve erano un po’ più sporchi della volta precedente, e il terreno era smosso e rivoltato.
Le impronte dei passi non lasciavano alcun dubbio. Non che ne avesse mai avuti. La corsa l’aveva lasciato quasi senza fiato, e adesso Neji camminava lentamente, un po’ per recuperare battiti cardiaci, un po’ perché di fretta, davvero, non ne aveva più.
Anzi, una fastidiosa sensazione di inadeguatezza mista e insofferenza si stava facendo sempre più spazio dentro di lui, mozzandogli ancora di più il respiro, e impedendogli di focalizzare altrove i suoi pensieri e il suo sguardo. Era terribilmente nervoso, ma troppo orgoglioso per ammetterlo.
Continuò ad avvicinarsi, scrutando con gli occhi bianchi l’ambiente circostante. Ci impiegò poco a vederla, abbandonata esattamente dove doveva averla dimenticata il giorno prima. I kunai erano ancora al loro posto, lucidi e puliti.
Nessuno sembrava averli toccati.
Probabilmente, si era sbagliato. Non doveva essere venuto nessuno. Si guardò ancora intorno, in una patetica ricerca o conferma dei proprio timori. Ascoltò attentamente i suoni portati dal vento leggero, gli odori nell’aria e i segni sugli alberi e sul terreno. Niente.
Si voltò nuovamente. Improvvisamente, il senso della sua presenza in quel posto gli sfuggiva: allenarsi là sarebbe risultato impossibile. Troppi pensieri, troppi dubbi, troppi ricordi…
La residenza della casata principale degli Hyuuga era troppo vicina.
Decise dunque di dirigersi verso il campo allenamento dell’accademia ninja. Sicuramente non ci sarebbe stato nessuno, là.
I suoi passi sul terreno erano appena udibili, eccezion fatta per i rami secchi che si spezzavano sotto di lui. Pochi secondi, e la sua figura scomparve fra il fitto fogliame.

Hinata non poté che tirare un sospiro di sollievo, riemergendo dal suo nascondiglio: l’arte illusoria della maestra Kurenai gli aveva pur insegnato qualcosa, alla fine.
Con un certo rammarico, tentò di scorgere la sagoma di Neji, lontano fra gli alberi, ma fu inutile: con la sua velocità, era probabilmente lontano di mille miglia, oramai.
Era stata una codarda. Appena aveva percepito il suo odore, e il rumore dei passi che si avvicinavano, aveva sentito un brivido lungo la schiena. E ancora, in quel momento non era intenzionata a fuggire. Sarebbe rimasta lì, e avrebbe sostenuto quello sguardo, e le eventuali parole di disprezzo che lui avrebbe potuto rivolgerle. Ma poi…
Una pozzanghera di neve disciolta le aveva portato agli occhi la proprio immagine. Il volto arrossato e graffiato, le mani spaccate e sanguinanti dal freddo che riuscivano a malapena a reggere il pugnale nella corretta posizione. E poi i numerosi kunai e shuriken conficcati al suolo, in netto contrasto con i pochi che erano riusciti a centrare il bersaglio. In quel preciso istante, quando i suoi occhi avevano incontrato la superficie riflettente, Hinata aveva potuto scorgervi quell’espressione di penosa ansia e timore, che non riusciva a scollarsi dal volto, e l’accompagnava da sempre.
Era assolutamente ridicola. Cosa sperava di dimostrare, con quella sciocca presunzione?
No… Lei… Non si sentiva pronta. Non ancora.
E questa volta, non poté farne a meno: le gambe cedettero, dopo le lunghe ore di inutili sforzi, e gli occhi incominciarono a bruciarle in modo familiare. Lottare… Non si sarebbe arresa, ma quella volta, solo quella, voleva sfogare rabbia e frustrazione nell’unico modo che conosceva.

E così pianse, con la testa appoggiata alle ginocchia, le braccia strette intorno alle gambe. Pianse senza preoccuparsi dei singhiozzi troppo forti, della vista appannata, dei pugni chiusi, con le unghie che si conficcavano nella carne fino a farla sanguinare, tanto erano forti.
Quando si accorse di quell’impercettibile, ritmico rumore era già troppo tardi.
Non volendoci credere, alzò la testa lentamente, tenendo comunque gli occhi abbassati.

<< Madamigella Hinata… >>

Non si era accorta di quel respiro così leggero, ma riconobbe subito i sandali fasciati, le gambe nude, la pelle bianca come la sua. Non ebbe comunque la forza di alzare lo sguardo, di affrontare quegli occhi. Che espressione avrebbero avuto? Forse non voleva saperlo.
Hinata non rispose.

<< Perché siete qua? >>

Si morse il labbro, e con uno sforzo di volontà, rispose:

<< I-Io… Volevo… Non sapevo, d-dove… >>, farfugliò la ragazza, incapace di concretizzare la confusione dei pensieri che gli vorticavano nella mente.

Neji non disse nulla, ma si mosse verso i tronchi degli alberi, saggiandone la superficie con una mano, quasi accarezzando le pareti nodose e scorticate, tracciando il contorno dei tagli.

<< Avete usato i miei attrezzi per allenarvi. Ma non si può dire che il risultato sia stato soddisfacente. >>, mormorò con voce fredda e distante.

<< Sì, è vero. >>

La voce di Hinata era suonata in quel momento stranamente indifferente, quasi gelida.

<< Eppure non avete smesso. Non avete rinunciato. >>

<< Forse… Dovrei farlo. >>

Questa volta, Neji non disse nulla.

<< Forse dovrei davvero arrendermi – proseguì Hinata – forse è inutile che io combatta, mi sforzi con tutta me stessa: per quanto possa provare, non sarò mai degna del nome che porto, non sarò mai abbastanza, agli occhi… Di tutti. >>

Anche ai tuoi, Neji.

<< Però, se davvero smettessi… Di sperare, di provare ogni volta, che senso avrebbe tutto quanto? Perché vivere senza uno scopo, è come essere morti, e anche se una meta non ce l’ho… Provando, lottando, in qualche modo riesco a sentire di esserci. A-Anche se sono inutile, anche se può non importare a nessuno, io sono qui. E non voglio smettere di sforzarmi. Non… Non ancora. >>, terminò con voce soffocata, sopraffatta dal pianto e dalla tristezza.

Cos’avrebbe fatto lui, adesso? Sarebbe scappato nuovamente, lasciando sola con il proprio dolore? L’avrebbe denigrata ancora di più? Non riusciva a immaginare una possibile reazione, la mente troppo confusa e ovattata dalle lacrime.

<< E’ tutta una questione di metodo… >>

Hinata non poté fare a meno di alzare gli occhi, di soprassalto. Neji le dava le spalle, reggendo con una mano uno shuriken di medie dimensioni, mentre si metteva in posizione da combattimento.

<< La forza fisica e la bravura sono fattori relativi, bisogna infatti essere in gradi di valutare in poco tempo fattori come la forza dell’aria, gli ostacoli dell’ambiente, la preparazione difensiva dell’avversario e l’eventuale effetto di tecniche magiche o illusorie. >>

Detto questo, impugnò meglio l’arma, per poi lanciarla con un minimo movimento delle dita, centrando il ramo di un abete poco distante.

<< Le sessioni d’allenamento servono più che altro ad acquistare sicurezza – proseguì, come se nulla fosse – in una battaglia, o durante una missione è tutto diverso. Per prima cosa, l’impugnatura standard che viene insegnata all’accademia, non è detto sia la migliore: infatti è meglio cercarne piuttosto una che si adatti alla persona, e sia d’uso più immediato e istintivo… >>

Hinata lo stava fissando, attonita, da quando aveva incominciato a parlare: possibile che stesse succedendo davvero? Non riusciva ancora a capire la situazione, com’era possibile…

“Neji Hyuuga… Che aiuta me?”

Hinata, pur faticosamente, si alzò in piedi, fissandolo ancora con muta sorpresa: quando lui ebbe finito di spiegarle la teoria delle tecniche dell’uso delle armi, si voltò a guardarla, e fu talmente inaspettato, e la colse talmente di sorpresa che non ebbe il tempo di distogliere o la sguardo, o chiudere gli occhi.
Quell’espressione… Non ricordava di averla mai letta, sul suo volto.
Non era odio, neanche disprezzo. Nulla di tutto quello. Ma neanche felicità, gioia, parole a loro estranee. Era semplicemente… Una calma non rassegnata, ma decisa, che ora vedeva in quegli occhi bianchi come i suoi.

Il contatto visivo non era durato più di tre secondi, prima che Neji si voltasse nuovamente, e le piazzasse un kunai affilato in mano. Hinata lo guardò, interrogativa.

<< Provate voi. >>

La ragazza deglutì, prima di guardarlo nuovamente, e parlare piano.

<< C-come… Come sapevi che io… Ero…? >>

Neji giocherellò un attimo con il manico di una lama, prima di rispondere.

<< Questa notte ha nevicato, ma quando ho preso i kunai, erano perfettamente lucidi. >>, mormorò con calma, ma senza guardarla.

E Hinata, mentre lui la guidava in ogni suo movimento, e mentre sentiva il tocco di quelle mani appena percettibile sulla pelle, non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire il più piccolo dei sorrisi.

E probabilmente Neji non lo vide, probabilmente non se ne accorse neanche. Ma forse, mentre la guardava esercitarsi, in piedi dietro di lei, sorrise anche lui.

 

* * *

Non sono molto soddisfatta, con questo capitolo. E' completamente diverso da come pensavo di scriverlo. Comunque, come epilogo, non mi dispiace. Ah sì, avete capito bene, questa è la fine! Evvai^^

Che dire? Spero sia soddisfacente, ditemi voi che ne pensate.
La prossima storia che pubblicherò sarà una GaaraTemari comissionatami da Arashi Belial. Ah, non finirò mai di ringraziarla per questo: aspettavo da chissà quanto una scusa per scruvere su questi due, non ne avrei avuto il coraggio altrimenti XD

Helen Lance: grazie, effettivamente mi piace descrivere. Spero che anche questo capitolo sia riuscito bene^_^

Lyla: ecco, spero che questo capitolo si possa classificare come 'quello in cui è successo qualcosa fra i due'. Perché altrimenti la cosa è leggermente un problema. Grazie per il commento^^"

Dark Feder: ah, no dai, niente inchini. Troppo buona come sempre!

Jaly Chan: grazie grazie grazie! Sia per la recensione che... Beh, per la cosidetta 'pubblicità'.

Kagchan: eheh, ecco qua il capitolo, fammi sapere.

Kitty: ah, meno male, in effetti è un tipo così imperscrutabile... Uhm, ecco, detesto dire questo tipo di cose, ma vorrei farti notare che ogni volta che lasci una recensione, si visualizza doppia: non credo sia colpa tua, ma non è che magari schiacci due volte il tasto invio, o cose così? Non so, non vorrei davvero che ti desse fastidio, è che mi spiace sovraccaricare gli amministratori di lavoro, anche se di certo non è un problema mio. Grazie mille per la recensione^_^

Lalla259: Ehhh, potere dell'autrice sadica a me, bwaahahaha! Non è che lo faccio a posta, giuuuro (si, come no), scherzi a parte, ho avuto poco tempo ieri e oggi. Comunque, alla fine ce l'ho fatta: enjoy!

Kimmalfoy: mi fa piacere vedere che sei soddisfatta. Ovviamente continuerò a scrivere, oramai non mi ferma più nessuno. Grazie per i complimenti, soprattutto perché a volte mi viene il dubbio di scrivere troppo dettagliatamente, non vorrei che i capitoli risultassero pesanti o noiosi... O.o"

Shuriken: ok, allora me la prendo comoda a torno ai miei usuali aggiornamenti-ogni-morte-di-papa. No scherzo, non potrei mai! (ah no? Nooo...) grazie per aver letto, comunque.

DarkPhoenix: ma bene, così siamo a due fan del sadismo sui personaggi! Olè! Viva il dolore&tormento! XD


Alla prossima,

suzako


  
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