CAPITOLO 10
“Ca-cavoli…” mormoro sbattendo le palpebre per assicurarmi
che la mia vista non mi stia giocando un brutto scherzo: tutt’intorno ci sono
tanti, alti, enormi e mostruosi grattacieli a perdita d’occhio. “Dove diamine
sono fini…”
Un rombo sulla mia
testa mi fa alzare lo sguardo e venire la pelle d’oca.
“Autostrade? Strade
sopraelevate?” Mi chiedo fissando l’esagerata quantità di strade che si snodano
ad un centinaio di metri dal suolo e dalle quali
provengono dei boati che più che altro fanno pensare ad un circuito di Formula
1.
Scuoto la testa,
poggiando una mano a terra e rendendomi conto di esser finita su un prato.
“Maledizione,
che dolore!” Mugolo rimettendomi in piedi con qualche smorfia, l’aria ancora
pregna di assordante inquinamento acustico.
Continuando a
massaggiare lievemente la parte offesa mi guardo meglio intorno, non potendo
fare a meno di notare, al di là del piccolo spazio
verde entro il quale mi trovo, una fiumana di gente che si sposta lungo i
marciapiedi, completamente indifferenti alla saggia frase “camminare guardando
avanti” ; hanno tutti gli occhi incollati a qualcosa che stringono in mano.
“Palmari?” Penso
con un cipiglio dubbioso “Dove diavolo sono finita?” Mi chiedo nuovamente, a
mezza voce.
“Appena lo scopri
informami, per favore!”
La voce della
giovane Gatsby mi fa voltare di scatto, ma non riesco a risponderle nulla
perché un oggetto non identificato schizza verso l’altro, emettendo un fischio,
subito seguito da quello che sembra essere un elicottero che si trascina dietro
un enorme striscione colorato.
“Parti con Uniplù e
nel tuo viaggio sulla Luna ti divertirai di più! Ma
non fatemi ridere!” Esclama Patricia incrociando le braccia al petto “Hanno
dimenticato di aggiungere “solo se sei un miliardario” “
“Suppongo tu abbia
ragione…” mormoro continuando a seguire la scritta con lo sguardo fin quando
non scompare all’orizzonte,
“Dove siamo
finiti?” La voce alquanto nervosa di Hutton mi fa sghignazzare istericamente:
non so se più per il fatto di non avere la più pallida idea di dove siamo stati
catapultati o perché il giovane sonosemprefeliceedottimista-Hutton sia incavolato nero.
Muovo qualche
passo, cercando di allontanarmi con nonchalance per non dover dare spiegazioni
di alcun tipo, soprattutto perché al momento mi trovo a corto di scuse per
quello che sta succedendo; non che ultimamente la cosa si poco frequente.
“Ehi, forse non
dovremmo essere qui.” La voce perplessa di Rob
catalizza sul giovane l’attenzione generale. “Guardate qui, c’è una targa; non
dice -Vietato calpestare le aiuole- però ha tutta l’aria di qualcosa di importante.”
In ricordo delle giovani promesse che vi hanno
brillato.
Recita la targa
dorata che spicca sull’erba.
Inarco un
sopracciglio, non riuscendo a capire il senso della frase, e ritorno a fissare
il fazzoletto di prato senza che i dubbi vengano
chiariti in alcun modo.
“Basta perder
tempo, cerchiamo di andar via di qui.” Mormora Hutton, lanciando uno sguardo
inquieto ai compagni, prima di allontanarsi, quasi a disagio.
“Sono d’accordo!”
Price da’ man forte al ragazzo, scavalcando la bassa recinzione “È inutile
continuare a perderci in inutili supposizioni!” Il
portiere raggiunge il ciglio della strada, le mani sui fianchi, e per un attimo
temo che abbia intenzione di correre dalla’altra parte della strada, ignorando
i mezzi che sfrecciano in maniera fuori dal normale e che non sembrano aver
voglia di far spazio ai pedoni.
“Ci sarà un modo
per passare dall’altra parte, no?” Baker misura a lunghi passi il marciapiede
curato fissandosi intorno con aria grave, come alla ricerca di qualcosa che al
momento è invisibile sia a lui che a noi.
Massaggio ancora un
po’ la schiena, dove il dolore si è solo attenuato prima che la voce di Gatsby
mi faccia sorridere, speranzosa “Ragazzi, credo di aver trovato quello che ci
serve!”
Senza farcelo
ripetere ci avviciniamo alla giovane, intenta a guardare torva una cassettina
posta su un palo non più alto di un metro e mezzo; nelle immediate vicinanze vi
è una pedana di metallo grande all’incirca un metro quadrato.
“Non dirmi che
dobbiamo salir lì sopra.” Sussurro un po’ contrariata; quella cosa non mi ispira tanta sicurezza.
“Ho paura di sì…
almeno credo!” La ragazza mi lancia un’occhiata perplessa, alzando gli occhi
sui comandi dello strano congegno “Qui non ci sono istruzioni di nessun genere
e a meno che a qualcuno non venga un’dea migliore, non
abbiamo altre possibilità!”
“Su, sbrighiamoci a
salire su questo aggeggio… voglio… uhm… tornare a
casa…” Holly comincia a spingere i ragazzi, nonostante sembri il più riluttante
ad affidarsi ad una tecnologia sconosciuta.
“Ok…” penso con un
sospiro “Al massimo resteremo fermi su questo lato della stra…”
Sobbalzo quando la
pedana sotto i miei piedi comincia a vibrare paurosamente “Ehi…” mormoro,
lanciando un’occhiata agli altri, che sembrano altrettanto dubbiosi, e di
seguito al marciapiede che al momento mi sembra il posto più sicuro al mondo.
Il pezzo di metallo
aumenta ulteriormente il suo movimento fino a staccarsi improvvisamente dal
terreno con uno scossone che rischia di far finire tutti sull’asfalto. “No… non
si sta alzando troppo, eh Patty?” chiedo un po’ spaventata per la piega che sta
prendendo la situazione “Non chiederlo a me.” La risposta lapidaria non mi rincuora affatto ma non riesco a pensare più a niente
quando il movimento imprevisto e rettilineo della pedana mi mozza il fiato.
L’oggetto si dirige verso la parte opposta della strada con velocità paurosa e
rallenta di colpo poco prima di schiantarsi contro un edificio, restando a
mezz’aria per dei secondi che sembrano infiniti, catapultandoci, poi, malamente
a terra. I passanti ci girano intorno senza nemmeno degnarci di uno sguardo.
“Grazie per aver utilizzato i nostri servizi. La prossima volta si raccomanda l’uso corretto del
nastro. Grazie e buona giornata!” Recita la voce gracchiante attraverso un
altoparlante prima che l’oggetto torni indietro e improvvisamente vengo invasa da un latente istinto omicida.
“Hanno uno strano
senso dell’umorismo in questo posto!” Denton, che si
è già alzato in piedi, non sembra aver accusato il colpo e si guarda intorno
incuriosito dalla gente che continua, imperterrita, ad andare per la sua
strada.
“Un motivo in più
per tornarcene indietro!” Bisbiglia Patty con aria corrucciata, spolverando
lentamente i pantaloni.
“Ok, ok, ho
capito…” penso con un sospiro, mentre mi preparo psicologicamente a fermare
qualcuno per poter chiedere informazioni “Pronta
all’imminente figura di….” Un gemito interrompe il mio dialogo interiore,
facendomi voltate.
Un giovane uomo è
piegato carponi sul marciapiede e continua a mugugnare, con il viso rivolto a
terra.
“Serve aiuto?” Tom
gli si avvicina, porgendogli una mano.
L’altro, al sentire
le parole le parole del ragazzo, alza di scatto la
testa “Eh?”
Una smorfia mi
sorge spontanea alla vista degli enormi occhiali da sole che indossa; hanno più
l’aria di essere una maschera subacquea.
“No, no, va tutto
bene, grazie…” Mormora, con aria stralunata, alzandosi con cautela e rivolgendo
a Baker un rapido sorriso. “Solo un attimo…”
Il moro rimane a
fissarlo per qualche secondo prima di lanciare un’occhiata verso di noi, con
aria perplessa.
“Ecco, ora ci vedo meglio!” Esclama l’altro tirando su gli occhiali e sfregando
piano gli occhi un po’ arrossati “Mi dispiace, a volte sono più distratto del
solito.” Mormora con tranquillità “Inoltre questi pazzoidi fanno buche
dappertutto, come pretendono che la gente non cada e non li denunci per danni?”
Scrolla le spalle “Di questo passo non si potrà neanche guardare la tv senza
rischiare di rompersi l’osso del collo.” Sospira con fare tragico mentre sui
nostri visi si fa largo un’espressione confusa.
“Cosa c’entrano le
buche sui marciapiedi con la televisione?” Domanda Benji, scettico, fissando
l’altro come se fosse impazzito, ricevendo di rimando un’occhiata incerta.
Il
giovane uomo scompiglia nervosamente i capelli ossigenati “Che razza di domanda
è?
Non dirmi che siete anche voi favorevoli all’abolizione dei… oh, scusate…” si interrompe all’improvviso, perdendo di colpo l’aria
combattiva “Sta per iniziare il nuovo episodio.” Sussurra
sommessamente inforcando nuovamente gli occhiali.
“Ehi, un po’ di
educazione, per favore!” Sbotta Gatsby, sfilandogli di colpo l’oggetto dal viso
e fissandolo con aria innervosita.
“Che diamine fai? Sta per…”
“Sì, questo l’ho
capito, ma se fossi così gentile da spiegarci che sta succedendo… ma
soprattutto dove siamo finiti, allora andrebbe tutto meglio.” Patty restituisce
l’oggetto al proprietario che fissa prima i suoi occhiali e poi la ragazza, con
aria sconcertata.
Gli occhi scuri si
spostano poi su tutti noi e il giovane sbatte le palpebre più volte, prima di
accigliarsi “Siete turisti, vero?” Chiede con sospetto.
“Forse…” mi sfugge
dalle labbra.
“Uhm…quindi…”
l’altro continua a fissarci dubbioso “Vi siete persi? Dov’è
che dovete andare?”
“Ascolta, amico,
prima di tutto vorremo sapere dove siamo, poi
decideremo dove andare!” Esclama Patricia con un sorriso innocente aumentando
lo sbigottimento dell’interlocutore.
“Va
bene, va bene, ho capito, dov’è la telecamera? Chi è l’artefice
di questo stupido scherzo?” L’uomo comincia a ridacchiare scuotendo la testa ma
la sua ilarità non dura a lungo perché Gatsby gli si avvicina con una velocità
assurda e lo afferra per il bavero “Ti sembra che stia scherzando? Ti ho
semplicemente chiesto dove siamo!” Sibila con aria
irritata la ragazza mentre diversi passanti lanciano occhiate furtive verso di
noi.
“Ehm… Patty… la
gente ci sta fissando…” borbotto un po’ preoccupata.
“Su, adesso
calmati, non c’è bisogno di metter su questo teatrino, siamo persone civili!”
sbotta Price incrociando le braccia al petto, con un sospiro irritato.
“Benji, se vuoi ne ho anche per te…” Sibila di rimando Gatsby, mentre il
giovane vicino a lei tenta di allentare la presa della ragazza sulla sua
maglia.
“Non c’è bisogno di spaventalo in questo modo, no?” Salta su Hutton
all’improvviso, avvicinandosi ai due e poggiando una mano sulla spalla di
Patty, con un’aria da conciliatore in volto.
Sbatto le palpebre,
stupita e decisamente sollevata “Oliver Hutton è
ritornato tra noi?!” mormoro piano temendo di spezzare qualche specie di
incantesimo.
La giovane Gatsby,
presa alla sprovvista, lascia andare indumento dell’altro socchiudendo le
labbra, incapace di aggiungere altro.
“Scusaci, ultimamente
abbiamo un po’ tutti i nervi a fior di pelle.” Concede Holly con un sorriso
mentre il passante annuisce, osservandolo meglio “Potresti, per favore dirci
dove siamo?”
L’altro continua ad
annuire, perplesso, prima di soffiare “Fujisawa.” Con
l’aria di chi sta parlando con qualcuno mentalmente instabile.
“Fu… Fujisawa?” Balbetta Patty prima che un “Ma non è
possibile!” urlato da un Denton sorpreso, faccia
rabbuiare il giovane uomo “Certo che è possibile, questa è Fujisawa…
in Giappone!”
“Lo sappiamo benissimo dove si trova Fujisawa!”
Borbotta Price guardandosi intorno contrariato.
“Ne sei davvero
sicuro?” prova ad accertarsi nuovamente Hutton, riuscendo solo a far diventare
l’altro nuovamente sospettoso “Siete sicuri che non
siano stati i miei amici ad organizzare questa colossale messinscena?”
“Non preoccuparti,
nessun ti sta prendendo in giro…” Baker cerca di essere convincente prima di
domandare “Saresti così gentile da aggiornarci sulla data odierna?”
Se possibile
l’altro assume un’aria ancora più stranita “Oggi è il 14 aprile, ma...”
“Dell’anno?”
“Eh?... Beh, del 2159, ovviamente!”
Tom si volta verso
Holly a quell’esclamazione irritata e l’amico gli ricambia l’occhiata, annuendo
appena.
Le parole appena
pronunciate dal giovane uomo rispondono immediatamente a tutti gli
interrogativi riguardo lo strano aspetto della città e
tutto ciò che la circonda. “Quindi ora dobbiamo solo
capire come ritornare indietro.” Rifletto mordicchiando il labbro inferiore,
con lo sguardo perso nel vuoto. Il fatto di non aver la più pallida idea di
dove cominciare non è molto confortante. “Com’è che abbiamo fatto a far tornare
tutto alla normalità, l’ultima volta?” Mi chiedo cercando di riportare alla
memoria qualcosa che al momento sembra decisamente
avvolto nella nebbia. “Ah!” sbotto di colpo quando finalmente riesco a
ricordare, facendo girare i presenti “Ehm… scusate, stavo pensando ad alta
voce!” mi discolpo alzando le mani. “Cosa dobbiamo
fare ora?” Mi chiede di rimando Gatsby, avvicinandosi di qualche passo. Faccio
spallucce “Beh, prima di arrivare qui eravamo sugli
spalti… almeno noi, quindi penso che potremmo iniziare da lì.” Propongo senza
particolare convinzione.
La giovane annuisce
“Perlomeno è un punto d’inizio.” Si volta verso il giovane uomo che ha assunto
un’aria accigliata e sembra sul punto di mandarci poco elegantemente a quel
paese “Dov’è lo stadio?”
Il biondo sospira,
muovendo qualche passo e osservandoci con una smorfia “Quale stadio cercate?”
“Quello di calcio!”
Esclama Denton come se la cosa fosse palese.
“Con tre ragazzi in
divisa e scarpini e uno… in tuta…” penso con un ghigno.
“Ma allora vi ci
state mettendo di impegno per sembrare dei perfetti
sciroccati… lo sanno tutti che il campo di calcio è stato distrutto circa
trent’anni fa… quello è tutto ciò che rimane!” Indica con aria annoiata il
fazzoletto di prato in cui eravamo poco prima, guardandoci quasi con pietà “Il
calcio è uno sport che ormai non viene quasi più praticato… almeno a livello
agonistico, cosa volete che ce ne facciamo di uno stadio?”
“Che stai dicendo?”
Quasi grida Holly, con aria sconcertata in volto.
L’altro alza le
mani “Ehi, è inutile che ti scaldi tanto, amico. È un
dato di fatto e non capisco perché mi stiate guardando tutti come se scendeste
dalle nuvole, dopotutto sono passati quasi trent’anni, non poche
giorni e ora, se non vi dispiace…” Il giovane muove qualche altro passo
“Ho perso fin troppo tempo con degli sconosciuti psicopatici… mi avete anche
fatto perdere la mia puntata, quindi ora lasciatemi in pace per favore… buona
fortuna!” Esclama infilando gli occhiali e cominciando a pigiare un pulsante
sulle aste, tirandone fuori un paio di piccole cuffie da mp3.
“Se non c’è un
campo, almeno ci sarà un prato… più grande, no?” Chiedo assalita
improvvisamente dall’ansia: non avere neanche un misero posto dal quale
cominciare non è molto rassicurante. Il tipo fa finta di non sentire e mi vien
voglia di tirargli dietro una scarpa.
“Sto parlando con
te, dannazione, almeno rispondi!” Sbotto, cominciando a tremare per il nervoso.
L’altro sbuffa
“Siete una cosa impossibile… In quella direzione, proseguite fino alla fine
della strada e poi continuate a sinistra, ve lo troverete di fronte!” Esclama
facendo segno con un dito verso la direzione da seguire “E per favore non
fatevi più vedere!” Infila le cuffie e si allontana a passo sostenuto.
“Bene…” borbotto
con una smorfia “Grazie tante, non ci voleva tanto.”
“Voglio tornare a
casa…” Patty ridacchia con fare tragicomico “Non c’è più nessuno che gioca a
calcio… assurdo, no?” Chiede guardando i ragazzi che le ricambiano l’occhiata
sconcertata; Holly ha lo sguardo perso nel vuoto, e sembra non aver ascoltato
le parole della ragazza.
“Oliver?” Baker
muove un passo verso l’amico che si volta di scatto, senza però guardarlo in
viso “Cosa stiamo aspettando, raggiungiamo questo
posto!”
Un mormorio confuso
risponde all’esclamazione del giovane.
“Dite che siamo
arrivati?” Chiedo con una smorfia guardando la distesa d’erba un po’ incolta
che si stende a perdita d’occhio. Siamo passati dalla
città più caotica mai vista all’aperta campagna; non che il cambio di ambiente
non mi faccia piacere, però mi sarei aspettata un paesaggio meno selvaggio.
“Potremmo provare a
proseguire, ma ho come l’impressione che fra qualche chilometro saremmo ancora
circondati dal nulla.” Patty muove qualche passo nell’erba che le arriva quasi
alle caviglie. “Ehi, guardate, ci sono delle persone lì!” Esclama con aria
speranzosa.
“Non è un pallone,
quello?” Il viso di Rob si illumina
di colpo, riuscendo ad attirare l’attenzione di Holly, che, a braccia conserte,
tenta di non guardare nient’altro che le proprie scarpe.
Uno scalpiccio viene seguito da delle urla concitate: quattro uomini
continuano a correre sull’erba passandosi velocemente un pallone; hanno i volti
arrossati e sudati, ma questo non sembra causar loro problemi mentre continuano
ad andare avanti e indietro.
Un passaggio
sbagliato fa impennare la palla che si allontana, seguita dalle protese
contrariate del gruppo.
“Non ditemelo…”
mormora Hutton, con aria tesa prima che Denton cominci a scalpitare, con un ghigno divertito.
“Palla!” si sente
urlare nella nostra direzione quando il pallone comincia la sua discesa,
rischiando di arrivarci contro da un momento all’altro.
Copro la bocca per
non ridere troppo rumorosamente mentre faccio qualche passo indietro e osservo
l’aria quasi famelica di Rob che, con un mezzo salto,
aggancia la palla e senza crearsi alcun problema se la
sistema meglio sui piedi, sotto lo sguardo rassegnato di Benji e Tom che scuote
la testa senza però nascondere un sorriso.
“Arrivo subito!”
Esclama il n.20, non si sa se rivolto a noi o agli uomini che aspettano che gli
venga ridato l’oggetto.
“Perfetto!” Penso
continuando a ridacchiare “Abbiamo perso Rob… adesso
sì, che non riusciremo più a tornare indietro!”
Il ragazzo, ormai
dimentico di noialtri si aggiunge al gruppo dando spettacolo delle sue
capacità, fra gli sguardi sorpresi ed entusiasti degli uomini.
“Si sta gasando…”
mormora Patty con una mano sul viso.
“Quel ragazzo non
cambierà mai… ho paura che non si sbrigherà in poco tempo!” Price fa spallucce,
sedendosi a terra, ma non ha l’aria di essere troppo contrariato.
“Forse dovremmo…”
comincia Baker cercando di trattenere un sorriso, ma la frase gli rimane a metà
quando viene chiamato dal compagno di squadra “Tua,
Tom!” si sente urlare prima che il n. 11 si veda costretto ad agganciare il
pallone calciato all’improvviso.
“Cosa vi avevo
detto, ora ha coinvolto anche Tom.” Sospira Benjamin distendendo le gambe a
terra “Scontato, vero?” Domanda lanciando un’occhiata ad
Holly che ricambia il suo sguardo senza riuscire a dir nulla.
Gli schiamazzi
aumentano mentre il piccolo gruppo si avvicina a noi, senza far fermare il
pallone neanche per un attimo.
“Dovremmo cercare
un modo per lasciare questo posto… non possiamo perder tempo… in questo modo…”
Sussurra Hutton con poca convinzione, senza perdersi un solo movimento degli
amici poco lontani; il suo sguardo suggerisce tutt’altro rispetto alle parole
appena pronunciate.
“Allora perché non
provi a farli smettere?” Domanda Price fissando l’altro “Pensi di non esserne
capace o hai paura che basti un attimo prima che tu stesso cominci a giocare,
eh Oliver?”
D’un tratto avverto
l’aria intorno a noi farsi pesante; muovo qualche passo in avanti per spostare
l’attenzione dai due giovani che continuano a guardarsi in silenzio; cerco di
concentrarmi sui rapidi passaggi di palla a poca distanza, ma non posso fare a
meno di ascoltare le voci dei ragazzi dietro di me.
“Sei
convinto che la mia determinazione sia così debole? Pensavo di aver
dimostrato il contrario in questi anni… evidentemente non mi conosci bene come
pensavo.”
Un
lieve risata risponde alle parole di Hutton “Io invece sono sicuro di
conoscere abbastanza bene Oliver Hutton, il ragazzo che ama il calcio più di se
stesso e che tratta il pallone come un amico. È questo il giovane che conosco…
e tu non gli assomigli per nulla. Chi diavolo sei,
tu?” Le parole del portiere rimangono sospese per qualche secondo, sovrastate
solo dal vociare del gruppo poco distante.
“Che cavolo sta
cercando di fare?” Mi domando con una punta di panico, contenta di non poter
vedere l’espressione di Hutton dopo quelle frasi.
“Non sono
impazzito, Benji, te lo assicuro, è solo che…” Il giovane smette di parlare,
sospirando pesantemente.
“Cosa? Vorrei tanto
saperlo e non sono l’unico che aspetta la tua risposta, sai? L’unica cosa che
stai ottenendo, comportandoti in questo modo, è il malumore generale e la cosa
che davvero mi fa innervosire è che il primo a non star bene per una decisione
stupida ed affrettata, sei proprio tu!”
Il tono del n.1 si
alza di poco e solo in quel momento mi accorgo che gli altri hanno smesso di
correre e stanno tornando indietro.
“Questo… questo non
vero!” Borbotta Holly mentre Tom e Rob sono ormai
vicini.
“Non è colpa mia se
il primo a non esserne convinto sei proprio tu. Sei sempre stato un testone, ma
questa volta hai davvero superato te stesso!”
“Benji, adesso
basta.” Baker si ferma a pochi passi dai due.
“Non dirmi cosa
devo fare, Tom, soprattutto perché pensi esattamente le
stesse cose.”
Inspiro lentamente
prima di lanciare uno sguardo a Patty, che non ha detto una singola parola;
sembra una statua di marmo, immobile in mezzo all’erba.
Deglutisco,
spostando l’attenzione sui ragazzi che si squadrano con aria accigliata.
“Può darsi, ma non
è questo il modo di dire le cose.” Il giovane scuote la testa, riuscendo a
strappare all’altro solo una smorfia “Scusa tanto se non sono sensibile come
te, evidentemente non è una dote che madre natura ha voluto regalarmi.”
“Ehi, ragazzi, su, lasciamo perdere.” Cerca di sdrammatizzare Denton con un sorriso, guardando dall’uno all’altro prima
di fissare Holly, che ha abbassato gli occhi sul prato.
“No, no, io invece
penso che sia proprio questo il momento per discutere della questione: qui, in
questa specie di futuro distorto, con il calcio praticamente
scomparso e senza sapere se e quando torneremo nella nostra epoca. Dopotutto
cos’abbiamo da fare?” Price fa spallucce, con aria
noncurante.
“Ne abbiamo già
parlato, e lo sai che per Holly è una storia chiusa…” Tom alza lo sguardo
sull’amico che non da’ segno di voler ascoltare. “So benissimo che ha preso una
decisione shoccante ma non tocca a noi decidere cosa sia meglio per lui.
Implorarlo o costringerlo a fare qualcosa contro la sua volontà non sarebbe una
vittoria… né per noi, né per il calcio né per qualunque altra persona. E
questo, Benjamin, lo sai anche tu.”
“Sì, sì, lo so!” il
portiere comincia ad urlare alzandosi in piedi con uno
scatto “Ma, dannazione, non possiamo...”
“Ragazzi, per
favore…” Mormora Hutton all’improvviso, stringendo i pugni lungo i fianchi.
Uno sbuffo irritato
“Stavamo semplicemente discutendo, non ho intenzione di azzuffarmi…” Sibila
Price, allontanandosi di qualche passo “Anche perché sarebbe inutile…” Aggiunge
con la voce che va spegnandosi.
Il silenzio che
segue sembra assordante.
Rimango a fissarmi
in giro, ancora turbata dalla diatriba appena conclusa che però non ha portato
a grandi risultati, se si esclude l’aria estremamente
combattuta che ha assunto Holly.
Nessuno sembra in
vena di rompere quella quiete soffocante e lo strano fruscio che avverto dopo
un po’ mi sembra quasi liberatorio.
“E rassicurante…”
penso socchiudendo gli occhi, mentre un odore familiare mi pizzica le narici.
“Sembra quasi
l’odore salmastro del mare.” Penso con un lieve sorriso, data l’assurdità della
cosa.
Un colpo di vento
mi fa vorticare i capelli davanti al viso e mi ritrovo a respirare a fondo
prima di avvertire un brusco vuoto allo stomaco.
Spalanco gli occhi,
un po’ spaventata, ritrovandomi davanti ad un’immensa distesa azzurrina, come
se fossi appena entrata in una stanza con le pareti e il pavimento dipinte
dello stesso identico color cielo. “Che cavolo…” mi dico, disorientata,
socchiudendo le labbra senza che nessun suono esca dalla mia bocca.
“Aiuto…” riesco solo a pensare prima che la forza di gravità mi trascini verso il basso.