Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Beatrix Bonnie    14/05/2012    3 recensioni
-Seguito de Il torneo Trecolonie-
Edmund, ormai figlio adottivo del Presidente della Repubblica Magica d'Irlanda, si lascia alle spalle il suo passato, per diventare Edmund McPride, un giovane ambizioso, bello e pieno di talento. Ma presto dovrà fare i conti con la realtà: l'uomo in cui ha riposto la sua fiducia si rivelerà essere un meschino arrivista, mentre il suo passato verrà a bussargli alla porta nel giorno del suo diciassettesimo compleanno. Un misterioso orologio d'oro con le lancette ferme, una setta di folli scienziati, un codice impossibile da decifrare...
Ma quando, tra il clima di terrore e le sconvolgenti rivelazioni sul suo passato, Edmund non riuscirà più a vedere la luce, nel suo orizzonte si staglierà l'unica cosa certa: l'amicizia di Mairead e Laughlin.
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Il Trinity College per Giovani Maghi e Streghe'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO 9
Sibili di razzismo






Faonteroy O'Brian non era solo buon nome e rispetto per la famiglia. Era un ragazzo sveglio che sapeva come barcamenarsi nel mondo senza perdere la sua naturale eleganza signorile. Ma non poteva immaginare che nella sua pacifica esistenza di nobile, infervorata solo da sporadiche arringhe a difesa del proprio casato, se mai qualcuno avesse osato infangarlo, sarebbe entrata come un vortice quella pazza, indisciplinata, impulsiva e irrispettosa Raloi che era sua cugina di (ben!) quarto grado: Mairead Boenisolius.
Era allucinato -sì, allucinato era proprio il vocabolo giusto; e non che un O'Brian si lasciasse allucinare facilmente- dalla sua ingombrante eccentricità, dal modo folle che aveva di trascinarlo sempre in assurde peripezie, dalla sua spontaneità che lo investiva come un tornado.
Un O'Brian aveva rispetto per chiunque e affetto per nessuno.
Eppure Faonteroy aveva cominciato a covare uno strano sentimento che avrebbe potuto vagamente definire affetto nei confronti di Mairead. Perché era sua cugina, ovvio, anche se alla lontana, e dunque meritava quel tribale sodalizio che i nobili dovevano ai consanguinei; ma c'era anche qualcosa di più: era una brava ragazza, in fondo, e Faonteroy era certo che gli volesse bene, sebbene avesse un modo tutto suo di dimostrarlo (obbligarlo a partecipare ad una battaglia di neve non rientrava nel suo canone dei modi per manifestare affetto). Un sentimento onesto e puro come quello di Mairead non poteva che essere ricambiato, dopotutto.
Inoltre a Faonteroy piaceva assumente un profilo tendenzialmente passivo, da martire: che lo trascinasse pure nelle sue folli avventure, lui avrebbe comunque saputo mantenersi in piedi di fronte a qualsiasi tempesta. Saldo come una roccia.
E poi, chissà che l'esuberante cugina non potesse trarre vantaggio dal contatto con lui, assimilando qualche comportamento più consono alla sua posizione sociale.
Fu per tutta questa serie di motivazioni che Faonteroy si risolse a ordinare via gufo un mazzo di fiori da portare a Mairead, andando a trovarla in infermeria. Non che avesse subito gravi ferite o che necessitasse in qualche modo del suo conforto, ma era un gesto che riteneva appropriato alla situazione.
Quando arrivò in infermeria, trovò la cugina seduta a letto che leggeva quello che sembrava il libro di testo di Trasfigurazione.
«Ehi, Faonteroy!» esclamò quando lo vide entrare, alzando gli occhi dal volume (che non pareva studiare con molto entusiasmo).
«Ti ho portato questi per augurati una pronta guarigione» disse il ragazzino, posando il mazzo di fiori sul comodino.
«Oh, ma che dolce!» commentò Mairead, buttando da parte il libro e gettando le braccia intorno al collo del ragazzino, in modo del tutto inaspettato.
Faonteroy si irrigidì come uno stoccafisso. Ma dico, non si abbraccia la gente così, senza preavviso! E anche con il preavviso, bisogna comunque andarci cauti.
Quando Mairead mollò la sua presa ferrea sul cugino, si beò di quei dieci secondi di smarrimento totale che sul volto di Faonteroy si esprimevano con esilaranti espressioni di sconcerto. Aveva una minima facciale impressionante, per essere un nobiletto spocchioso abituato a mostrare una maschera di perfetta rispettabilità ovunque andasse.
Passati quei dieci secondi, Faoneroy tornò imperturbabile. «Sono rammaricato delle tue condizioni di salute e mi accingo a togliere il disturbo per lasciarti riposare, in modo da riprendere più velocemente le forze» recitò come un perfetto gentiluomo.
Mairead ridacchiò. «Quando la smetterai di parlare come se avessi ingoiato un vocabolario?» lo stuzzicò, ben sapendo che ogni concessione all'etichetta -com'era stato per Faonteroy quell'improvviso abbraccio- prevedeva una successiva impennata di rigidità.
«Io non parlo come se avessi ingoiato un vocabolario» replicò Faonteroy, piuttosto offeso. E avrebbe anche aggiunto altro, se non fosse stato investito dall'arrivo improvviso dell'intera squadra di Quidditch dei Raloi. Era proprio il caso di mettere in atto una dignitosa fuga. Alzò una mano in segno di saluto con la stessa rispettabilità della regina d'Inghilterra che si ingrazia le folle, poi si affrettò a levare le tende, prima che quelle due biondine con l'ombretto lo travolgessero con la loro folle esuberanza. Ma erano tutti così iperattivi i Raloi?
«Grazie dei fiori, Faonteroy!» gli gridò dietro Mairead, quando il cugino se la svignò.
«Allora, come ti senti?» le chiese Beatrix, sedendosi sul fondo del suo letto.
«Meglio» rispose Mairead, poi si sistemò i cuscini dietro la schiena, per mettersi seduta.
Chiacchierarono un po' di com'era andata la partita, delle azioni più belle e delle strategie della prossima, finché Mairead non notò che c'era un giocatore di troppo. No, non ci vedeva doppio: c'erano davvero due Lily!
«E tu saresti...?» chiese alla fotocopia della sua compagna di squadra.
«Sono Rosalie, la sua gemella» rispose la ragazzina con un tono zuccheroso. Aveva un enorme fiocco rosa tra i capelli che Mairead trovò vagamente rivoltante.
«Oh, il modo in cui McPride ti ha salvata è stato così eroico!» cinguettò Rosalie con un sospiro estasiato.
Mairead stava per chiedere che cavolo c'entrasse McPride, quando realizzò: certo, Edmund. Ora faceva McPride di cognome. «Be'...» fu il suo commento, non molto loquace, in realtà.
«E così... romantico!» continuò Rosalie, con una vocina talmente sdolcinata che faceva venire il diabete solo a sentirla. E Mairead non si sarebbe stupita se gli occhi della ragazzina si fossero trasformati in pulsanti cuoricini rosa.
Lanciò uno sguardo allibito a Beatrix, che ridacchiò, ma almeno parve capirla al volo.
«Ok, squadra, tutti fuori!» ordinò la capitana con tono imperioso. «Mairead ha bisogno di riposare».
I compagni la salutarono uno ad uno, poi lasciarono l'infermeria, ma prima che anche Beatrix scomparisse oltre l'uscio, Mairead la richiamò.
«Gordon mi è sembrato un po' strano» sussurrò, perché gli altri erano già lontani ma non era comunque il caso di rischiare di farsi sentire.
Beatrix sbuffò e si sedette nuovamente sul fondo del suo letto. «È perché mi ha chiesto di uscire e siccome io gli ho detto di no perché sto già con un altro, lui pensa che sia una scusa» spiegò con uno sbuffo.
«Tu stai con un altro? E da quando?» si informò Mairead, che non si reputava la migliore amica di Beatrix, ma era certa che una cosa del genere l'avrebbe saputa.
La ragazza giochicchiò con un filo tirato della coperta azzurra del letto. «Da qualche mese» rivelò vaga, con un certo disagio.
Mairead aprì la bocca e fece per dire qualcosa, ma non le uscì un solo suono.
«Hai presente Titus Judge?» chiese allora Beatrix, riferendosi al Battitore dell'anno scorso dei Llapac, con cui era andata insieme al Ballo di Capodanno. «Ci siamo messi insieme quest'estate, ma non lo sa ancora nessuno».
«Perché?» domandò scioccamente Mairead. Lei proprio non le riusciva a capire quelle cose delle relazioni segrete: se lei avesse avuto un ragazzo, avrebbe fatto in modo che lo sapesse il mondo intero, giusto per mettere in chiaro che lui era di sua esclusiva proprietà.
«Be', sai, Titus sta cercando di sfondare nel Quidditch e il suo agente ha detto che è meglio se si presenta come single: le squadre sportive ti accettano più volentieri, se non ci sono di mezzo fidanzate impiccione che ti distraggono dalla carriera» raccontò la ragazza, con un certo disappunto. Si vedeva che non era per niente convinta della scelta.
Mairead si ritrovò a pensare alla propria burrascosa relazione con Leonard: lei non avrebbe mai accettato di far finta di non esistere solo per agevolare l'ascesa del suo ragazzo. Figuriamoci, aveva odiato anche solo il pensiero che si fosse scordato di lei mentre era a fare la bella vita da campione.
No, realizzò, i giocatori di Quidditch non erano proprio il suo genere.

Quando Mairead lasciò l'infermeria, la sera seguente, si diresse verso la Sala Mor per cenare, ma trovò un certo trambusto in ingresso: c'era un gruppo di studenti radunati a cerchio intorno a qualcuno o qualcosa. Per fortuna la ragazza individuò subito i suoi amici e li raggiunse, chiedendo cosa fosse successo.
«Diablaiocht» sibilò Laughlin in tono risentito.
Alcuni ragazzi del quarto anno si spostarono e Mairead ebbe l'angelica visione della sua avversaria, fiancheggiata come sempre dalla O'Hara e da Best, che distribuiva volantini con un sorriso accattivante.
«Oh, Boenisolius, ne vuoi uno anche tu?» domandò sarcastica la Nagard, mettendole tra le mani un foglio di pergamena.
Mairead gli diede un'occhiata veloce: lesse il nome Étudiants Inclinée vers le Faîte, ma non conoscendo alcuna parola in francese non capì cosa volesse dire.
«Abbiamo costituito un gruppo studentesco di sostegno per lo studio» spiegò Ailionora, sempre con quel suo fastidioso sorrisetto stampato in faccia. «Étudiants Inclinée vers le Faîte, significa Studenti Indirizzati verso la Vetta».
Solo allora Mairead notò che la ragazza aveva appuntata al corpetto rosso della divisa una spilla con disegnata la cima stilizzata di una montagna. Riportando gli occhi sul volantino, vide che erano segnati alcuni punti che in realtà riguardavano lo studio solo superficialmente e avevano molto l'aria di essere un programma politico. In particolare si soffermò sul terzo, che recitava: dobbiamo essere orgogliosi di essere Irlandesi e dobbiamo temere qualsiasi interferenza rovini la cultura del nostro paese. Per questo ci applichiamo nello studio e nella conservazione delle nostre tradizioni.
«Vuoi unirti a noi?» le chiese Ailionora, con un sorriso falso.
Fu allora che Mairead capì il motivo del nome in francese: le lettere maiuscole, messe vicine, formavano la sigla più temuta in Irlanda. «EIF» mormorò con un filo di voce. «Come avete ottenuto il permesso di fondare un gruppo del genere?»
L'altra ragazza ridacchiò deliziata. «Se lo spacci per un gruppo di studio è molto semplice, in realtà» spiegò, senza avere la benché minima intenzione di mascherare sotto belle parole il suo intento razzista. «Basta la firma di un insegnante e noi abbiamo quella del professor Cumhacht».
Mairead accartocciò il volantino senza troppi complimenti: anche ammesso che Cumhacht accettasse di prendere parte a questi stupidi trucchetti xenofobi, lei non era disposta a stare al gioco.
«È inutile che fai l'eroina» le intimò Ailionora, nel vedere il suo gesto di stizza. «Stanno cominciando tempi difficili per voi sasanachfuil...» disse, poi si voltò verso Laughlin e aggiunse: «...e per i traditori del proprio sangue».
«Non ci fai nessuna paura, Diablaiocht» rispose tranquillo Laughlin, infilandosi le mani nelle tasche della giacca con completo disinteresse.
La ragazza fece un passo verso di loro ma, invece di rivolgersi ai due che aveva appena offeso, puntò i suoi occhi scuri in quelli azzurri e distaccati di Edmund. «Oh, ma non sono io che devo farvi paura. È grazie al suo paparino che dovreste stare attenti alle bacchette che avete nel paniere» sussurrò con uno sguardo di sfida.
Edmund non aveva la più pallida idea di che cosa significasse quel modo di dire magico, ma sapeva che non era proprio il caso di tirare in ballo suo padre; non davanti a lui, almeno. «Che c'entra mio padre?» aggredì l'altra.
Ailionora finse una risatina deliziata. «Oh, avanti, il Presidente McPride ci sta aiutando un sacco: è grazie alle leggi redatte dal suo Governo che gente come i vostri genitori dovrebbe stare attenta a dove mette i piedi» spiegò, tornando a rivolgersi a Laughlin e Mairead.
«Mio padre non è un sanguinista. Sta solo cercando di proteggere l'Irlanda» sibilò Edmund, sentendosi chiamato in causa.
Ailionora gli lanciò uno sguardo di sufficienza. Ma, ad essere precisi, non le importava proprio un tubo di ciò che Burke -ops, McPride- pensasse di suo padre: il suo unico scopo era quello di seminare zizzania nel magico trio. Non potevano essere restati indifferenti agli enormi cambiamenti che avevano sconvolto l'Irlanda e le loro vite da ragazzi d'oro. Ora toccava a loro sputare sangue.
E lei sarebbe stata a guardare. Dopo aver buttato la miccia, ovviamente.
E infatti...
«Oh, avanti, Ed, sii un po' realista!» sbottò Mairead, leggermente alterata. «Certe leggi sono visibilmente razziste!»
«Razziste? Mio padre sta solo facendo il suo lavoro!» replicò il ragazzo e dal tono che usò, si stava riscaldando anche lui. A volte i Raloi erano proprio delle teste calde.
«Da quando in qua il lavoro del Presidente della Repubblica comporta il varare norme contro chiunque abbia un solo grammo di sangue inglese o sia anche lontanamente in rapporto con l'Inghilterra?» esclamò Mairead, senza minimamente preoccuparsi del fatto che stavano dando spettacolo.
«Non è colpa mia se tuo padre ha sposato un'Inglese e il suo è un Inglesofilo dichiarato!» esplose Edmund. Si pentì subito dopo averlo detto. Nel vedere come i suoi amici reagirono alle sue parole, si accorse di aver fatto un'immane idiozia, ma era troppo tardi per rimediare al danno.
La rabbia di Mairead si sgonfiò tutta d'un colpo, per lasciar posto ad un'amara delusione. «Hai accusato i nostri genitori per difendere un uomo che fino a ieri odiavi con tutto te stesso e che ora hai il coraggio di chiamare padre?» mormorò con un filo di voce carico di rancore. «Mi fai schifo, Edmund McPride».
E con quelle parole se ne andò, accompagnata da uno scandalizzato coro di “oooh” proveniente dal pubblico che aveva assistito alla scena.
Nel vedere la schiena della sua amica che si allontanava da lui, Edmund si sentì svuotato e un peso immane gli piombò addosso, schiacciandolo.
«Edmund» mormorò Laughlin e si sentì che lo stava facendo con una certa fatica.
Il ragazzo si voltò lentamente verso di lui: sentì come una spada che gli trafisse il cuore quando vide la rabbia repressa nello sguardo dell'amico. Luaghlin deglutì e cercò di controllarsi. «Valle dietro e implora il suo perdono» gli ordinò, ignorando la sua Malvagia Coscienza Nagard che gli urlava di scagliare una maledizione contro Edmund per deturpare quel bel faccino che si ritrovava.
«Io... ma tu...» balbettò il Raloi, avendo perso completamente la capacità di parola.
E sì che prima aveva dimostrato di avere una lingua bella affilata.
«Io ti perdono dall'alto della mia magnanimità, perché so che non era tua intenzione dire quelle parole, ma eri alterato dalla rabbia che obnubilava la tua capacità di pensiero, dato che sei uno stupido e impulsivo Raloi» mormorò Laughlin a denti stretti. «E ora vattene, prima che cambi idea e ti spedisca contro un qualche orribile incantesimo di cui potrei pentirmi».
Edmund colse al volo il consiglio e si affrettò a defilarsela, inseguendo Mairead verso la sala comune dei Raloi.
Ailionora si concesse un risolino deliziato.
Fu allora che Laughlin si voltò verso di lei con il peggior sguardo che un Maleficium era capace di fare. E, ad essere sinceri, faceva un tantino paura.
«Taci, vipera, o potrei sfogare su di te la mia rabbia» le intimò con astio e la ragazza ebbe il buon gusto di non replicare.

Quando bussarono alla porta della stanza, Mairead era certa che fosse Edmund, perché né Paig né Ailis (le sue due compagne di stanza) sembravano tipe inclini a consolare gli altri animi afflitti. E comunque non bussavano quando dovevano entrare.
«Posso parlarti?» mormorò Edmund, apparendo sull'uscio e trovando l'amica distesa a pancia in su sul suo letto.
«Vattene, non ho nulla da dirti» rispose in tono duro, mettendosi a sedere, con la netta impressione di aver già vissuto quella scena, solo al contrario: l'anno scorso, quando Edmund aveva smesso di parlarle per via della sua relazione con Connery. Quella volta era stata lei ad implorarlo di chiarire, ora i ruoli si erano ribaltati.
«Senti, Mairead, non volevo dire quelle cose su tuo padre» tentò di scusarsi Edmund, ignorando il muro di indifferenza contro cui andava a sbattere.
«Sta di fatto che le hai dette» sibilò in risposta Mairead.
Edmund si avvicinò di qualche passo, ma evitò di guardare l'amica in faccia, perché non riusciva a sopportare la limpidezza dei suoi occhi verdi. «Lo so che McPride non ti va a genio, ma per me è importante, ora che ho imparato a conoscerlo» cominciò a dire, in tono serio. «Lui mi ha dato una casa, una famiglia, e ha dato un senso al mio essere Edmund, accogliendomi nella sua vita. Io non ho mai avuto tutto questo e ora che ce l'ho non voglio perderlo».
Mairead distolse gli occhi dall'amico, perché si sentì terribilmente colpevole: fintanto che Edmund era l'orfanello brillante e senza passato, lei e Laughlin rappresentavano per lui le persone più importanti, erano la sua vita. Ma ora lui era un McPride: aveva qualcos'altro, oltre alla loro amicizia. Era stata egoista, perché lo voleva tutto per sé.
«Prova almeno ad essere felice per me» sussurrò Edmund, sedendosi al suo fianco sul letto.
Mairead si voltò a guardarlo e i loro occhi si incrociarono. «Ci proverò» mormorò con un mezzo sorriso. «Io non parlo male di tuo padre, tu non parli male del mio» propose, come se fosse un patto di stato.
Edmund rispose al sorriso, incredibilmente più sollevato. «Non potrei mai davvero parlare male di Reammon: è un'ottima persona».
«Un po' sbadato, ma sì...» concesse Mairead, con una scrollata di spalle. E poi abbracciò di getto Edmund, perché era il suo migliore amico e avrebbe fatto di tutto per non perderlo.







Ebbene sì, era OVVIO che prima o poi Mairead e Edmund avrebbero litigato. Per fortuna sono stupidi e impulsivi, ma si vogliono troppo bene per tenersi il broncio a vicenda troppo a lungo. La loro riappacificazione è costruita sul modello di questa, quando Mairead cercava di convincere Ed a sopportare la sua relazione con Leonard.
Laughlin, comunque, resta sempre il migliore: "Io ti perdono dall'alto della mia magnanimità" è una frase che solo uno come lui poteva pronunciare!
Quanto all'EIF, per favore apprezzate il mio sforzo per creare una sigla in una lingua di cui conosco 4 parole in croce. Però che sia in fncese ha senso perché mi immagino che questa lingua faccia parte del bagaglio di ogni buon nobile purosangue (Finan Best è nobile e Ailionora aspira ad esserlo); ovviamente l'uso del francese è una copertura per nascondere la sigla.
Tornando indietro, Mairead ha finalmente realizzato che NON le piacciono i giocatori di Quidditch. Magari presto o tardi realizzerà che le piacciono i morettini tenebrosi con gli occhi azzurri... ;)
Infine, quanto mi era mancato Faonteroy! *-* E' adorabile un tredicenne che si atteggia da vecchio lord imbacuccato! XD
Nel prossimo capitolo, tireremo ancora un po' in giro Eddy... ormai sta diventando un piacevole passatempo! E poi, nuove lezioni! Ci vediamo mercoledì 23 maggio!
A presto,
Beatrix

   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Beatrix Bonnie