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Fattisi
forza, e ritrovata speranza nel futuro, i quattro amici presero a camminare
lungo quel tempio immenso e silenzioso.
Qualsiasi cosa avessero trovato nel corso di
quell’ennesima avventura insieme, l’avrebbero affrontata a testa alta con la
forza del loro legame, come tutte le altre volte.
Camminarono ininterrottamente, per un tempo
che sembrò interminabile. Era una cosa molto strana; benché fossero morti, e
ridotti ormai a semplici anime, le sensazioni che provavano erano stranamente
tangibili.
Sentivano il terreno scricchiolare sotto i
loro piedi, il rumore prodotto dal loro respiro, così come avvertivano la
fatica del camminare ed il freddo che albergava li dentro. Forse era merito di
quella scintilla di vita di cui aveva parlato Atem, o
forse si trattava solo di illusioni, false percezioni provate da anime che in
questo modo, pur nella loro condizione, si sentivano un po’ più vicine alla
vita che avevano lasciato.
Alla fine, in lontananza, comparve una luce.
«Guardate.» disse Anzu
indicandola «Forse è l’uscita».
Fiduciosi, vi andarono incontro, giungendo
infine dinnanzi ad un immenso arco, così grande da poter ospitare al suo
interno un intero autotreno, e con lo stipite superiore intagliato a formare un
disco solare circondato da un paio di ali.
Oltre quella soglia si profilava quella che
sembrava un’unica, immensa palude, dominata da acquitrini, lagune, erba alta e
alberi le cui fronde toccavano l’acqua di stagni fangosi. Il cielo era plumbeo,
e dalle nuvole scure penetrava una luce irreale.
La porta che i ragazzi avevano appena
attraversato era aperta non su di un tempio, per quanto grande potesse essere,
bensì alla base di un’enorme, gigantesca muraglia che scompariva alla vista da
una parte e dall’altra, e talmente alta da poter rivaleggiare con i più alti
grattacieli che Yugi e gli altri avessero mai visto.
«Sarebbe questo l’oltretomba?» disse Jounouchi cercando di fare il sarcastico «Non è esattamente
come me lo ero immaginato, per quelle poche volte che l’ho fatto.»
«Hai ragione.» disse Honda facendogli eco «Non
so, mi sarei aspettato qualcosa di più…
ultraterreno.»
«Credo che questo si chiami Duat.» disse Anzu «Mentre eravamo
in Egitto, ho letto che l’oltretomba egizio è composto da numero imprecisato di
mondi sovrapposti. Tutti questi mondi formano il Duat.
Le anime, dopo la morte, percorrono alcuni di questi mondi prima di arrivare al
luogo dove sarà deciso il loro destino.»
«Il luogo dove dobbiamo arrivare anche noi,
immagino.» disse Jounouchi
«Prima dobbiamo riuscire ad attraversare indenni
un numero indeterminato di mondi.» disse Yugi «E come
ha detto il faraone, temo che sarà un’impresa per niente facile.»
«Forza e coraggio, Yugi.
In qualche modo, ce la faremo».
Yugi, Jounouchi e Honda a quel punto fecero per mettersi a
camminare.
«Aspettate.» disse Anzu.
La ragazza guardava in basso, pensierosa e
preoccupata.
A differenza dei suoi amici, lei non riusciva
ad essere ottimista come loro; il pensiero che, comunque fosse andata, il loro
legame non sarebbe stato del tutto preservato, la rendeva inquieta, impedendole
di riuscire a cogliere il seppur minimo lato positivo di tutta quella faccenda.
Se poi a questo si aggiungeva la
consapevolezza di essere morta, e di quante cose avesse lasciato indietro,
allora la speranza era l’ultima cosa con la quale sentiva di poter affrontate
quel viaggio.
Voleva avere una certezza. Un appiglio al
quale aggrapparsi in quel momento così buio; ed era sicura che, per quanto
cercassero di nasconderlo, anche Yugi e gli altri
stessero pensando la stessa cosa.
«Aspettate.»
«Cosa c’è, Anzu?»
chiese Yugi
«Dite. Ve lo ricordate il nostro giuramento?
Il nostro patto?»
«E come potremmo dimenticarcelo?» rispose Jounouchi sorridendo
«Quel giorno, noi facemmo una promessa,
giusto. La promessa di restare insieme, stabilendo tra di noi un legame che
durasse per tutta la vita.
Ora però, credo sia giunto il momento di
rinnovare quella promessa».
Detto questo, Anzu
alzò la mano destra.
«Così come il nostro legame ci ha tenuti
insieme in vita, così ci terrà insieme anche nella morte, così come in quello
che verrà dopo, qualunque cosa sia».
Tutti restarono un momento basiti, anche
quando Anzu protese la mano verso di loro, poi Jounouchi per primo le rispose ponendo anche la prova, e
poco dopo anche Honda fece altrettanto; i tre poi si volsero verso Yugi, che ancora esitava.
«Yugi…» disse Anzu.
Alla fine anche Yugi
abbozzò un sorriso, alzò la mano come a fare un giuramento e la avvicinò a
quelle dei suoi compagni, e per un istante tutti cedettero di vedere
risplendere nuovamente le linee del simbolo che a suo tempo avevano disegnato
per suggellare la loro unione inscindibile.
Quel gesto richiamava così tanti pensieri
nella memoria. Ricordi di un’esistenza ormai conclusa, e che a breve, in ogni
caso, sarebbe stata dimenticata, ma le cui emozioni, ne erano certi, non
sarebbero scomparse mai.
«Sempre insieme.» disse Yugi
«Qualsiasi cosa accada.» disse Honda
«Toki No Owari Made.» disse Anzu «Fino alla fine del Tempo.»
«Dimostreremo a questi sedicenti dei che il
nostro legame è più forte persino della morte stessa.» disse Jounoichi baldanzoso «E che sono degli illusi se pensano di
poterlo spezzare».
A quel punto, e con ritrovata speranza, i
quattro amici si rimisero in cammino, avventurandosi in quella palude
ultraterrena.
Per quanto quel luogo fosse, per l’appunto,
ultraterreno, e per quanto loro quattro fossero solo anime, nulla di quello che
li circondava sembrava irreale ai loro occhi; l’acqua era davvero fredda, il
fango davvero viscido, l’aria davvero pungente, e le fronde degli alberi o delle
erbe alte che sfioravano la pelle davvero tangibili.
«Io sarò pure morto!» si lamentò ad un certo
punto Jounouchi tirando su la scarpa tutta
infradiciata ed infangata «E questo potrà anche essere l’oltretomba, ma questo
schifo mi sembra davvero reale!».
Tutti dovettero fermarsi, perché Jounouchi insistette per sedersi su di un sasso e togliersi
la scarpa per far uscire l’acqua.
Nel frattempo, si erano inoltrati in quella
che aveva tutta l’aria di essere una foresta di alberi bassi e molto fitti,
senza sentieri né strade.
«Avanti, cerca di darti una mossa.» disse
Honda spazientito
«Hai fretta per caso?» disse Jounouchi «Ti ricordo che il tempo è l’unica cosa che non
ci manca, ora come ora.»
«In effetti ha ragione.» disse Yugi, che poi cercò persino di buttarla sul ridere «Si
potrebbe dire quasi che abbiamo tutta l’eternità per aspettarlo.»
«Figurati se spreco la mia eternità ad
aspettare questo rincitrullito.» replicò Honda
«Se non la pianti, ti aiuto a scoprire se
anche da morto puoi sentire dolore.» rispose Jounouchi.
Anzu intanto
si stava guardando attorno, nella speranza magari di trovare qualche punto di
riferimento, quando tutto d’un tratto, in mezzo agli alberi, le parve di
scorgere delle luci, e incuriosita vi andò incontro.
«Anzu, che succede?»
chiese Yugi.
Lui le andò indietro, e i due, raggiunto il
limitare della foresta, si trovarono di fronte ad uno spettacolo alquanto
inquietante. Le luci che Anzu aveva visto erano
prodotte da migliaia, milioni di figure bianche, alte e magre, simili agli
alieni della fantascienza, che camminavano in fila indiana tutte verso uno
stesso punto perdendosi in lontananza, la postura leggermente gobba, la testa
reclinata e la braccia a penzoloni.
«Quelle devono essere le anime dei defunti.»
disse Yugi
«E che cosa ne sarà di loro?» chiese Anzu
«Quello che sarà di noi. Procedono verso una
nuova vita».
Anzu sentì un
brivido alla schiena.
«Mi fanno paura. E pensare che potevamo
esserci anche noi in mezzo a loro.»
«Chi ti dice che non ci siamo stati.»
«Come!?»
«Ormai è chiaro. L’esistenza non è altro che
un continuo susseguirsi di vite, fino al raggiungimento dell’assoluta
illuminazione, come accaduto con Atem. Quindi, è
probabile che quella che abbiamo appena concluso non sia stata la nostra prima
esistenza.»
«Quindi, stai dicendo che potremmo essere già
passati da qui!?»
«Non saprei. Come hai detto tu, il Duat è composto da infiniti mondi, e le anime attraversano
solo alcuni di essi. Forse è la prima volta che vediamo questa palude, ma quasi
certamente non è la prima volta che transitiamo per questo regno».
Di nuovo un brivido attraversò Anzu come una scarica, e la ragazza tornò a guardare quella
fila interminabile di persone che continuavano incessantemente a camminare.
Più indietro, Jounouchi
aveva finalmente quasi finito di sistemarsi la scarpa, e si stava rimettendo il
calzino che in qualche modo era riuscito ad asciugare.
«Hai finito o no?» domandò spazientito Honda
«Se non ti dai una mossa, giuro che ti lascio qui.»
«Figurati. Col senso dell’orientamento che ti
ritrovi, finiresti per girovagare per questa palude schifosa come un fantasma
da qui al giorno del giudizio.»
«Se davvero sarò un fantasma, sta certo che ti
perseguiterò in cento incarnazioni e oltre.»
«Perché? Ci riesci benissimo da vivo».
Jounouchi sbatté la
scarpa sulla pietra dove era seduto per far uscire dei fastidiosi sassoliti,
quando la pietra improvvisamente si mosse facendolo letteralmente volare prima
in aria e poi di nuovo in acqua, fortunatamente bassa.
«Ma che diavolo…».
La roccia scomparve nel fango, che dopo
qualche secondo parve esplodere, e quello che sembrava un semplice sasso si
rivelò essere in realtà la schiena squamosa di un enorme coccodrillo
antropomorfo dai modi di fare e dall’espressioni non proprio beneauguranti.
«E questo da dove salta fuori?» disse Honda
«Ma è mai possibile che tu debba sempre combinare disastri!».
Terrorizzati, come quel mostro prese ad
inseguirli i due ragazzi se la diedero immediatamente a gambe, incrociando
nella loro fuga anche Yugi e Anzu,
che sentendo le loro grida erano corsi verso di loro per capire cosa fosse
successo.
«E quella che razza di bestia è?» chiese Anzu mentre tutti e quattro tentavano di scappare
«Probabilmente è uno di quei mostri di cui ha
parlato Atem! Vuole la nostra scintilla, e se ce la
prende è la fine!».
Purtroppo Anzu non
indossava scarpe proprio adatte alla corsa, men che
meno in un terreno tanto accidentato; subito dopo che lei e gli altri erano
usciti dalla foresta, poggiato un piede in fallo, cadde rovinosamente a terra,
rotolando sull’erba e facendosi, per quanto incredibile potesse essere, anche
male, come se avesse ancora avuto un corpo.
Le anime che camminavano in fila indiana,
vedendo il mostro, urlarono dal terrore, lanciando lamenti terrificanti, per
poi prendere a correre in tutte le direzioni nel tentativo i salvarsi da quella
creatura.
«Anzu!» gridò Yugi.
Subito il ragazzino fece dietrofront e corse
ad aiutare la sua amica, ma come la raggiunse si trovò anche a tu per tu con il
coccodrillo gigante, che spiccato un salto fece per saltar loro addosso.
«Yugi! Anzu!».
Entrambi chiusero gli occhi, mentre Jounouchi e Honda erano paralizzati dalla paura. D’improvviso
comparve una luce, una luce fortissima che accecò tutti; quando si diradò, il
coccodrillo era riverso a terra come intontito, mentre Anzu
e Yugi, riaperti timidamente gli occhi, si accorsero
di trovarsi all’interno di una piccola barriera a forma di cupola.
«Che è successo!?» disse sorpreso Yugi
«Yugi, la tua
tasca!» esclamò Anzu.
Dall’interno della giacca di Yugi, infatti, giungeva un tenue bagliore, e il ragazzo
infilatavi una mano ne prese fuori il Libro dei Morti datogli da Atem; era quello a produrre a luce, ed era stato quello a
proteggerli in qualche modo costruendo quello scudo.
«Meno male.» disse Honda tirando un sospiro di
sollievo «Per un attimo ho temuto il peggio.»
«Aspetta a festeggiare.» disse preoccupato Jounouchi «Temo non sia ancora finita».
Infatti, il mostro si era già ripreso, ma
piuttosto che accanirsi su Jounouchi e Honda, molto
più indifesi, si avventò invece sulla barriera stessa, prendendo a bersagliarla
di pugni nel tentativo di distruggerla.
«Questo scudo non resisterà a lungo.» disse Yugi vedendo comparire le prime crepe «Dobbiamo fare
qualcosa».
Anche Honda e Jounouchi
erano dello stesso avviso; Honda, senza rifletterci troppo, cercò di avventarsi
sul mostro per affrontarlo a suon di pugni, ma Jounouchi,
con un insolito sangue freddo, lo fermò.
«Quello ti sbrana prima ancora che tu possa
avvicinarti.»
«E allora che cosa vorresti fare? Lasciarli
nei guai senza fare niente?».
In realtà Jounouchi
voleva aiutare Yugi e Anzu
quanto lui, ma sapeva che da soli sarebbe stato inutile; poi, gli cadde l’occhio
sul Dia Dhank.
«Il faraone ha detto che grazie a questo
possiamo risvegliare i nostri ka, e usarli come se
fossero dei mostri. Credo che questa sei l’unica soluzione.»
«Ah, davvero?» ironizzò Honda guardando il suo
«E come si fa?»
«E io che ne so? Prova a concentrarti. Non si
fa sempre così?»
«Concentrarmi!?».
Honda non ci capiva niente, ma il rumore dello
scudo che si disgregava sempre di più fu sufficiente a spingerlo a fare un
tentativo.
Cercando di richiamare a sé tutta la calma e
la concentrazione di cui era capace, provò a focalizzare tutti i suoi pensieri
sul suo ka, sulla sua forma, e sulla volontà di
vederlo comparire davanti a lui. Di colpo, lo avvolse una tenue luce, e il suo
dia dhank da richiuso in sé stesso che era, si aprì,
illuminandosi a sua volta.
«Compari, mio ka!»
esclamò.
Un disegno stilizzato si materializzò sul
bracciale, e subito dopo la luce che circondava Honda prese vita propria,
assumendo le fattezze di un mostro che lui ben conosceva, il Cyber Comandante.
Anche Jounouchi, nel
frattempo, aveva preso a concentrarsi, e anche a lui accadde la stessa cosa,
solo che nel suo caso la luce si tramutò nel Guerriero da Battaglia.
«Tutto qui!?» disse Honda «Certo che potevi
fare di più.»
«Senti chi parla. Il tuo sgorbietto
non ti mette certo nella posizione di poter dire certe cose.»
«Sgorbietto!? Adesso
te lo do io lo sgorbietto!».
Il Cyber Comandante partì dunque alla carica,
proprio quando lo scudo che proteggeva Yugi e Anzu cedette infine sotto i colpi del coccodrillo, che
prima di poter assalire i due ragazzi si vide investito da una pioggia di
proiettili.
«Che sta succedendo!?» esclamò Anzu
«Niente male per uno sgorbio, non credi?»
disse Honda tutto baldanzoso vedendo che l’attacco del Comandante aveva
costretto il mostro ad arretrare
«Non intendo certo stare a guardare! Ora è il
mio turno!».
Anche Jounouchi a
quel punto partì alla carica, e con un diretto ben assestato il Guerriero da
Battaglia riuscì ad allontanare definitivamente il mostro da Yugi e Anzu, che poterono venire
raggiunti dai loro compagni.
«Tutto bene?» chiese Jounouchi
«Ma come avete fatto!?» chiese Anzu
«È stato un gioco da ragazzi.» rispose Honda a
petto gonfio
«Ti pavoneggerai più tardi.» disse Jounouchi vedendo che il coccodrillo si stava rialzando
«Per prima cosa eliminiamo quello scherzo della natura».
Quel mostro, nonostante l’iniziale apparente
svantaggio, fin dal secondo assalto cominciò tuttavia a mostrarsi più coriaceo
del previsto, e a contrattaccare con inaspettata rapidità. Il suo punto di
forza stava senza dubbio nella resistenza; la sua pelle corazzata respingeva la
maggior parte dei colpi, e quando necessario arrivava ad appallottolarsi su sé stesso
come un riccio trasformandosi in una sorta di schiacciasassi rotolante.
Dopo aver respinto l’ennesimo attacco, il
coccodrillo replicò con la propria mossa, e rotolando come una ruota prima
respinse tutti i colpi del Cyber Comandante e subito dopo lo centrò in pieno,
scagliandolo via; e ancora una volta, come già accaduto in passato, quando il
suo ka venne colpito anche Honda ne avvertì gli
effetti, venendo dilaniato allo stesso tempo sia da un dolore lancinante sia da
una improvvisa stanchezza.
«Ma che diavolo…»
«Ragazzi, fate attenzione!» esclamò Yugi «Quelli sono i vostri ka, e
quindi sono animati dalla vostra energia! Se subissero troppi danni, la vostra
Scintilla potrebbe spegnersi!»
«Non ce la fanno!» disse Anzu
«Dobbiamo aiutarli!».
Yugi guardò il
suo dia dhank.
«D’accordo, proviamoci».
Anche lui e Anzu a
quel punto si concentrarono, riuscendo infine a materializzare a loro volta i
propri ka, rispettivamente il Mago Silente 1 e il
Mago della Fede.
«Non è molto, ma dovremo accontentarci.» disse
Yugi «Probabilmente questo è il massimo che la nostra
forza attuale ci permetta di creare».
Intanto Jounouchi e
Honda erano ormai alle corde; il coccodrillo aveva malmenato a doveri i loro
spiriti, che ora erano inginocchiati a terra assieme ai loro padroni.
«È davvero il colmo.» disse Honda «Sconfitti subito
dopo avere iniziato.»
«Niente da fare.» ringhiò Jounouchi
a denti stretti «Io non ci sto a farmi battere così.»
«Resistete, stiamo arrivando!» esclamò Yugi.
I due maghi corsero all’attacco, usando la
loro magia per rinchiudere il coccodrillo in una sfera di luce rendendolo inoffensivo.
«Adesso, colpitelo!»
esclamò Anzu.
Jounouchi e Honda
ne approfittarono per riprendersi, quindi il Guerriero assestò al mostro un
diretto al muso spedendolo in aria, e il
Comandante lo bersagliò con una selva di missili. Il mostro urlò dal dolore,
dimenandosi per cercare di fuggire dalla sfera, ma alla fine scomparve
mutandosi in pulviscolo.
«Ce l’abbiamo fatta.» disse Honda tirando
fiato «In qualche modo.»
«Dobbiamo stare attenti.» disse Yugi «Questi spiriti esistono grazie alla nostra forza
vitale. Se vengono feriti, o peggio ancora scompaiono, la stessa sorte molto
probabilmente toccherebbe anche a noi.»
«Siamo alle solite.» disse Jounouchi
«Ormai è diventata una regola.»
«Beh, almeno ce ne siamo liberati.» osservò Anzu.
Magari.
Di colpo, dalla foresta giunsero dei lamenti
lugubri e famigliari, e dopo poco un altro esercito di coccodrilli comparve dal
nulla per vendicare il proprio compagno caduto.
«Eh no, così non vale!» esclamò Jounouchi «Quattro contro venti!?»
«Che iella!» disse Honda «Già è stato difficile
abbatterne uno!».
I mostri partirono all’attacco tutti insieme,
ed in breve tempo i quattro ragazzi si ritrovarono circondati e assaliti da
ogni lato. I ka fecero il possibile per proteggere i
loro padroni, ma per quanto forti non potevano fare niente contro una
superiorità nemica così schiacciante; almeno, non con un potere così limitato.
«Se restiamo qui siamo morti, se capite cosa
intendo.» disse Jounouchi ritrovandosi schiena e
schiena coi suoi compagni.
Yugi non
sapeva che cosa fare, ma confidava nel fatto che Atem
non li avrebbe mai spinti a partecipare a quella prova se non ci fosse stata
almeno una possibilità di riuscita; quindi, se c’era, dovevano trovarla.
L’unica cosa da fare, era provare a scappare,
ma fino a che fossero stati circondati sarebbe stato impossibile. A quel punto,
gli venne l’idea di provare a consultare nuovamente il Libro dei Morti; forse,
al suo interno, c’era qualcosa che poteva aiutarli ad uscire da quella brutta
situazione.
Il ragazzino prese nuovamente fuori il rotolo,
e questa volta lo aprì. Purtroppo, era scritto in geroglifico antico, una
lingua che lui non sapeva; eppure, ad un tratto i simboli presero a brillare,
ed un fascio di luce si sollevò dal papiro schizzando verso il cielo per poi
ripiombare rapidissimo a terra poco lontano da lì, assumendo la forma di quella
che aveva tutta l’aria di essere una porta.
«Guardate!» esclamò «Forse quella è l’uscita
di questo mondo! Se la raggiungiamo possiamo farcela!»
«E come facciamo!?» chiese Jounouchi.
Agli occhi di Yugi,
la soluzione era una sola.
«Io resto qui e faccio da esca. Cercherò di
attirare la loro attenzione, e intanto voi potrete scappare.»
«Starai scherzando, spero!»
«Honda ha ragione!» replicò Anzu «Non puoi chiederci di lasciarti qui.»
«Però… allora come
faremo?»
«Deve pur esserci una soluzione…»
disse Jounouchi.
Poi, a Yugi venne un’idea;
non era sicuro che potesse funzionare, ma a quel punto provare non costava
niente.
«Forse ho trovato!» esclamò «Jounouchi! Ordina al tuo guerriero di colpire il suolo!»
«E per quale motivo?»
«Sarebbe troppo lunga da spiegare! Fidati di
me!»
«Se lo dici tu, mi fido. Guerriero da
Battaglia!».
Il guerriero, interpretando i pensieri di Jounouchi, spiccò un salto altissimo, quindi ripiombò a
terra colpendo il suolo con tutta la forza di cui era capace. In questo modo si
generò un violento ed improvviso terremoto che fece perdere l’equilibrio a
quasi tutti i mostri, alcuni dei quali finirono addirittura inghiottiti da una
piccola voragine apertasi per la forza del colpo, creando in questo modo un
varco nelle linee nemiche.
Contemporaneamente, il Mago Silente usò la sua
magia per generare una sorta di tappeto antigravità sotto i piedi dei ragazzi,
che in questo modo non furono interessati dal tremore riuscendo a restare ben
fermi sulle proprie gambe.
«Gran bella pensata!» disse Honda
«Presto, approfittiamone!» gridò Yugi.
I quattro amici si misero immediatamente a
correre verso quella porta di luce; non avevano idea di cosa fosse, o di dove
sarebbero eventualmente finiti, ma sempre meglio che restare lì.
I coccodrilli, ripresisi, andarono loro
dietro, ma Yugi e gli altri fecero in tempo a
gettarsi all’interno del portale, che subito dopo si chiuse tagliando la strada
agli inseguitori e bloccandoli definitivamente; per il rotto della cuffia, ma
ce l’avevano fatta.
Nota dell’Autore
Eccomi qua!^_^
Dopo aver scritto
questo capitolo, posso confermarvi e darvi la certezza che ce ne saranno altri
due, oltre ad un breve epilogo.
Scrivere questo
capitolo è stato interessante, anche se un po’ faticoso. Inoltre in questi
giorni la mia connessione ha fatto un po’ le bizze, il che se non altro mi ha
dato molto tempo per scrivere.
Anche se il tempo da
oggi in poi potrebbe iniziare a scarseggiare, sono ancora fiducioso nel fatto
che per mercoledì prossimo dovrei e potrei aver finito.
A presto!^_^
Carlos Olivera