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Autore: Alyx    17/05/2012    6 recensioni
Al mio raggio di sole, Trich, perchè grazie a lei ho scoperto il meraviglioso mondo di Percy Jackson.
Quando ero più piccola mi ero iscritta a un corso di danza ma ero stata espulsa dopo che, mentre ero da sola nello spogliatoio, uno scomparto di armadietti aveva preso fuoco.
Poi a dodici anni mia mamma mi aveva rivelato la mia vera natura.
Avevo scoperto di essere una Semidea.
(...)
Ero ancora piccola e non presi troppo male il fatto di essere figlia di un Dio Greco.
Ok.
Diciamo che ero passata dalla fase '
Mamma, non credo più alle favole.' a quella 'Ok. Tutto questo è impossibile!', per poi passare a quella di 'Che figata! Sono figlia di un Dio leggendario!'.
  ***
-Oh, scusa. Disturbavo?
Sorrisi ironica mentre dentro di me la mandavo a fare una cosa non anatomicamente possibile.
-No figurati.- risposi, dolce come l'aceto.
Lei mi diede le spalle e tornò a parlare con Louis, mentre sbuffavo sonoramente e incrociavo le braccia al petto.
Alzai gli occhi al cielo, disgustata dalla lunghezza, se così si può ancora definire, della sua minigonna.
Forse Louis se ne accorse perché ridacchiò sotto i baffi.
Non mi sforzai di ascoltare fino a che non sentii qualcosa come -Dolcezza, a presto- e allora mi strozzai con la saliva.
Cominciai a tossire e Louis la scostò per iniziare a darmi delle pacche sulla schiena, mentre la piccola Afrodite mi fulminava con lo sguardo.
-Louis non potremmo andare a parlare da un'altra parte?- chiese acida mentre davo gli ultimi colpi di tosse.
Come se volesse davvero parlare con Louis.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gli Dèi, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Essere unMezzosangue è una faticaccia



                                                         Capitolo 10
 

                                 Un sogno mi catapulta a Philadelphia




 
 
Mi ritrassi, come scottata, allontanandomi dalle labbra di Louis.
Lui mi guardò confuso.
-Louis...
-Scusa.- disse. -Non... Non volevo.
Io scossi la testa, sbattei le palpebre.
Cosa aveva fatto?
Cosa stavamo facendo?
Perché mi voleva baciare?
Mi alzai di scatto e cercai di allontanarmi.
Louis mi afferrò il polso velocemente.
-Camille... Io... Scusa... Io...- non l'avevo mai visto così impacciato.
-Non... Non importa. 
Mi liberai dalla sua stretta e camminai lontano da lui.
Il mio cuore batteva ancora all'impazzata, mentre un'altra domanda mi assaliva, potente come un'onda durante una tempesta.
Avevo fatto bene a respingerlo?
Ovviamente la parte più razionale di me ne era fermamente convinta.
Ma... Un'altra... Cosa c'era di male?
La testa mi ronzava, come se la ragione e i sentimenti stessero dibattendo.
Strizzai gli occhi e mi appoggiai a una parete rocciosa.
La mia mano toccò le mie labbra, quasi di propria volontà.
Ci eravamo a malapena toccati, ma... Era stato bello.
Sorrisi dentro di me.
Per un attimo mi sentii invincibile. 
Poi tutto il mio mondo vacillò.
Ed ora?
Cosa sarebbe cambiato?
Cosa invece sarebbe rimasto invariato?
Senza nemmeno rendermene conto strinsi Vendetta tra le dita.
Con un trillo la feci roteare in aria e si trasformò nella solita spada.
La piantai nella parete, con potenza.
Cosa avevamo fatto?! Rovinato tutto?!
Combattei con tutto quello che avevo sotto mano, per sconfiggere la rabbia, l'adrenalina, il piacere che infuriavano dentro il mio corpo.
Poi, ad un certo punto Percy bloccò Vendetta con la sua spada.
-Qualche problema?- chiese divertito.
Avevo abbattuto quasi tutto nel raggio di dieci metri.
Le nostre spade di incrociavano ancora.
Roteai su me stessa e mirai al suo fianco.
Percy mi bloccò con facilità.
-Ho solo bisogno di affettare qualcosa.
-Forse allora faresti meglio a venire ad aiutarci.- Ad un tratto si fece serio. -C'è una simpatica famigliola di Serpenti Marini che ci sta attaccando.
 

 
Okay.
Quella sera avevano deciso di non darci pace.
Comunque sconfiggemmo quei Cosi Marini abbastanza in fretta, anche se Annabeth si prese un bel morso nel braccio sinistro.
In effetti le frecce avvelenate si erano rivelate utili.
Percy le aveva afferrate poco dopo che avevano ferito la figlia di Atena.
Non era proprio una cima con l'arco, ma ne aveva presi due in pieno che si era polverizzati dopo qualche minuto.
Altri tre li avevamo rispediti al Tartaro a suon di spada e, incredibile ma vero, calci.
Louis si era lanciato nell'impresa "Prendiamo a calci nel didietro Serpenti Marini".
Infine uno o due se l'erano data a gambe dopo che avevano assistito, più o meno incolumi, alla strage familiare.
Quando se ne furono andati, con dietro Louis che li mandava a fare cose non troppo educate, ci avvicinammo ad Annabeth.
Aveva una fantastica sfumatura grigiastra che le si intonava con gli occhi.
Percy si precipitò a prendere dell'ambrosia e tirò fuori da non so dove il kit di Pronto Soccorso, forse quello del furgoncino.
La figlia di Atena si stringeva il braccio al petto, respirando affannosamente, gli occhi chiusi.
-Annabeth! Lascia andare il braccio!- la sgridava Percy.
Lei dissentiva.
Mi chinai accanto a Percy.
-Chase, dacci quel braccio da curare se non vuoi andare a fare un salutino ad Achille e compagnia.- la minacciai.
Con una smorfia di dolore lei ci porse l'arto.
-Alla buon ora.- bofonchiai mentre Percy si improvvisava infermiere.
-Dove cavolo è finito adesso Louis?!- imprecò il ragazzo.
Io mi guardai intorno.
-Credo che abbia appena finito di mandare al Tartaro quei cosi...- E non sapevo sei letteralmente o solo in senso figurato...
Percy sbuffò.
-Vallo a chiamare di grazia! Io non ho la minima idea di cosa fare col suo braccio!
Sbuffai, alzandomi e andandogli incontro.
-Louis!- urlai. -Vieni subito qui!
Lui accennò una corsa.
-Cosa c'è?!- mi urló di rimando.
-Annabeth!
Il ragazzo mi superò, leggermente indeciso.
Lo seguii dopo alcuni secondi.
Non so cosa fece di preciso a sua sorella ma dopo alcuni minuti Annabeth aveva ripreso un po' di colore e respirava normalmente.
Percy la prese tra le braccia e la portò verso il furgoncino, lasciandomi da sola con Louis.
Il mio stomaco si raggomitolò su se' stesso.
E adesso?
-Non credo sia utile continuare con Annabeth in queste condizioni... Cercheremo Pitone domani. 
Il sole stava tramontando e annuii senza guardarlo.
Louis seguì i due alla macchina, lasciandomi da sola, a farmi mille domande.

 
 
Mi strinsi nel giubbotto, mentre tentavo disperatamente di prendere un po' di calore dalla tazza di the che stringevo tra le mani.
Rabbrividii.
E istintivamente pensai a Emily.
Lei non aveva mai freddo...
Fissavo il limite del bacino di Badwater all'erta.
Mi ero proposta per fare il primo turno di guardia, che sarebbe finito verso le tre del mattino.
Era ancora presto, avevamo mangiato qualcosa di quello che avevamo preso a casa di Louis e poi gli altri tre si erano appisolati.
Annabeth era ancora piuttosto pallida.
Louis le aveva tolto tutto il veleno dei mostri ma doveva riposare, quindi non avrebbe fatto il turno di guardia.
Scattai in piedi, sobbalzando a un rumore di passi, e feci scattare Vendetta.
Mi accorsi che era Percy solo quando la spada era già in movimento.
Il figlio di Poseidone si abbassò alla svelta con un' imprecazione.
-Certo che uno non può neppure venire a farti compagnia che cerchi di ammazzarlo... Si vede che sei sorella di Clarisse...
Abbozzai un sorriso, rinfilando Vendetta in tasca.
-Scusa, principino del Mare.
Lui chinò leggermente il capo.
-Accetto le tue scuse, fedele suddita.
Ci guardammo un attimo negli occhi poi scoppiai a ridere, seguita da lui.
Mi rimisi a sedere.
La tazza si era rovesciata quando mi ero alzata, quindi mi limitai a prenderla e posarla vicino alla faretra che Annabeth mi aveva raccomandato di tenere sotto mano.
-Dovresti dormire un po'.- lo rimproverai.
-Oh, be'. È quello che ho fatto. Ma preferisco stare sveglio che sognare la fine dei miei giorni.
Aggrottai le sopracciglia.
-Cosa...?
-Io, non sono sicuro che ti piacerà.
Percy si mise a sedere, le gambe incrociate, di fronte a me.
-In questo periodo non mi piace niente. Andiamo, racconta.
Lui si mise una mano nei capelli.
-Era Pitone. Stava parlando una strana lingua che non capivo. E poi, qualcuno gli rispondeva.
Sospirai. -Emily.
-Esatto. Parlavano, cantilenavano, sibilavano...Una strana conversazione, a pensarci bene. 
-E lei sta...?
-Per essere rapita da un mostro, sta benissimo. 
Fissai il vuoto davanti a me.
-Grazie per...
-Avertelo detto? Non ringraziarmi. Odio fare questi sogni...
Annuii.
Lui mi prese un braccio.
-Vai a dormire. Ci penso io qui. Hai bisogno di riposare.
Per un attimo protestai, poi mi arresi.
Mentre mi stringevo nel giubbotto e mi avvicinavo alla macchina, sperai di non sognare niente. 
Solo il vuoto.


 
Feci appena in tempo ad accoccolarmi sul sedile posteriore e a chiudere gli occhi che il sogno cominciò.
Con la mia solita fortuna, avrei potuto pregare tutti gli Dei dell'Olimpo - sul serio!- ma loro non mi avrebbero ascoltato.
Ammesso che fosse colpa loro, il mio sonno tormentato.
Ne dubitavo, ma la speranza è sempre l'ultima a morire.
Non avevo mai sognato Emily, quindi mi aspettai di vedere lei.
Invece no.
Ero in una villetta di periferia, in piedi e vedevo una giovane donna di circa trentacinque anni che spolverava tranquilla la mensola del caminetto.
Conoscevo quella casa di vista.
Ci ero stata solo due volte.
Era casa di Emily.
A Philadelphia.
Sua madre, Susan, era la donna che puliva.
Sembrava normalissima in quel momento. 
Forse leggermente assente con il pensiero, ma a chi non capitava ogni tanto?
Il campanello suonò tre volte, una dietro l'altra, due trilli più veloci e l'ultimo più lento.
Susan sorrise radiosa, come se sapesse già chi fosse.
Si precipitò alla porta e aprì.
Avevo visto Apollo solo una volta. E sembrava un diciassettenne.
L'Apollo che venne abbracciato da Susan tuttavia, era giovane certo, al massimo venticinque anni, ma almeno non aveva l'età di Emily...
Indossava dei jeans, un paio di mocassini e una maglietta a maniche corte.
Susan lo baciò sulla bocca.
Immagino non potesse ma Apollo fece finta di niente e la abbracciò.
Sorrisi, e me li immaginai tutti e due ventenni, giovani e innamorati.
Apollo guardò la donna e per un attimo si rabbuiò.
Ma fu solo un attimo.
Susan lo trascinò dentro casa.
Quando chiuse la porta feci appena in tempo a vedere la sua macchina -una magnifica Maserati- parcheggiata lì fuori.
E Rachel appisolata sul sedile anteriore.
-Susan...- chiamò il dio, facendomi girare verso di lui.
Aveva messo la donna a sedere, al tavolo della cucina e le stava preparando un bicchiere d'acqua.
Susan si fece seria.
Mi chiesi ancora che problema potesse avere una donna come lei.
Era bella, i boccoli neri come l'ebano le ricadevano sulla schiena, le ciglia lunghe le incorniciavano gli occhi azzurri e trasparenti e aveva dei denti perfetti.
Dalla pila di fascicoli impolverati sul comò, potevo capire che era stata anche molto intelligente. 
Era stata avvocato.
Una giovane in carriera.
E un brutto incidente le aveva rovinato la vita. 
Apollo continuò.
-Susan, c'è stato un problema al Campo Mezzosangue.
Le sopracciglia della donna si aggrottarono.
-Cosa... 
Apollo rimase per un attimo senza dire niente.
-Apollo. - lo chiamò. -Apollo. Come sta Emily?
Susan strinse le mani al tavolo fino a far diventare le nocche bianche.
Improvvisamente gli occhi le si annebbiarono e diventarono quasi bianchi.
Il suo corpo si irrigidì e lei impallidì.
-Che cos'è il Campo Mezzosangue, Apollo? Di cosa stai parlando?
Rabbrividii.
Come... Come era possibile che un attimo priva andasse tutto bene, e subito dopo era tutto così... agghiacciante?
Apollo sospirò.
-È il posto dove vive Emily, Susan, ricordi? Tua figlia. Nostra figlia.
-Emily?-ripeté la donna. -Emily?
Apollo sembrava abbattuto, ma le si avvicinò, la strinse tra le braccia e la fece poggiare a se'.
-Non ti ricordi? Emily. La nostra bambina.
Mi fece quasi tristezza il modo in cui lo disse.
Apollo voleva davvero bene a Susan. E a Emily. E forse era vero. Magari aveva desiderato delle volte, abbandonare tutto e andare a vivere come un mortale. Con loro.
Susan si rilassò e i suoi occhi tornarono azzurrissimi.
-Certo! Emily! Cosa le è successo?
Apollo sembrava sofferente.
-Emily... Qualcuno l'ha presa, Susan. Ma non ti devi preoccupare. La stiamo cercando. E presto tornerà a casa.
La giovane sembrava molto confusa e spaventata.
-Come... Come l'hanno presa? Come... Come...
Susan si rifugiò nel petto di Apollo e strinse la sua maglietta con forza.
Era crudele tutto quello che doveva sopportare.
-Perché? Cosa stanno facendo alla mia bambina?
Il dio le posò una mano tra i capelli. -Niente, Susy. Niente. La stiamo cercando...
Susan singhiozzò. -Emily!
Apollo la strinse a se'.
-La ritroveremo. Non preoccuparti. Presto tornerà a casa.
Apollo posò lo sguardo su di me. 
Come se sapesse che ero lì.
E il mio sangue gelò nelle vene, nel vedere lo sguardo addolorato del dio del Sole.

 
 
Aprii gli occhi di scatto.
Fuori era ancora buio.
Annabeth si mosse con un gemito.
Louis si allungò a controllare che stesse bene.
Chiusi gli occhi, per evitare che potesse sapere che ero sveglia.
Lo sentii sbuffare.
-Pensi che non mi sia accorto che sei sveglia?
Come aveva fatto...?
Fare finta di niente non mi sarebbe servito a nulla, così mi alzai dolorante e mi portai le ginocchia al petto, il mento poggiato su di esse.
-Come hai fatto a sapere...?
-Il tuo respiro.- mi interruppe. -Hai fatto un incubo, vero?
Mi limitai ad annuire, cercando di non pensare al bacio di poche ore prima.
-Era Emily?
Dissentii.
-Pitone?
Scossi ancora la testa.
-Cosa...?
-Apollo.- gracchiai, la voce roca. -E Susan, sua madre.
Poi mi venne in mente la figura che avevo intravisto sulla Maserati.
-E Rachel.- aggiunsi allora.
-Rachel?
-Era sul carro di Apollo. Sai, credo che il Dio, sappia più di quanto faccia intendere. Insomma, è un caso che Rachel gli giri sempre intorno, mentre il mostro al quale ha rubato l'Oracolo si è riformato e rapito una sua figlia?
Cercai di moderare i toni, visto che Annabeth dormiva ancora.
-Credo di...
-Certo che no! - sbottai. -Apollo sa! Sa perché Emily è sparita. Sa tutto! Ma non ci aiuta!
-Non giungere a conclusioni affrettate, Camille. Chirone ha detto...
-Coma fai a essere così sicuro che Apollo ascolterà Chirone? È solo uno sciocco mezzo cavallo! Un Dio potrebbe spiaccicarlo come un moscerino sul parabrezza di quella sua stupida Maserati!
-Camille...
-Camille un bel niente! La mia migliore amica è stata rapita...
-Non lo sai!- mi interruppe violentemente Louis. -Non lo sai, se l'ha rapita. 
-Emily non sarebbe andata contro suo padre. - sibilai tra i denti.
-E perché? E non rifilarmi la storiella, si voglio bene, sono una famiglia perfetta! Perché lo sai benissimo che nessuno di noi può permettersi una  famiglia!
Ci risiamo.
Stavamo litigando ancora per quello stupido motivo.
-Non vedo l'ora di vedere la tua faccia quando Emily mi darà ragione.- sibilai a pochi centimetri dalla sua faccia.
E al diavolo il bacio di prima!
Era uno stupido egocentrico, doveva sempre avere ragione!
Stava per rispondermi indignato quando con la coda del occhio intravidi un'ombra. 
Gli tappai istintivamente la bocca con la mano.
Mi posai l'incide destro sulle labbra, intimandogli si stare zitto.
Mi sporsi verso il finestrino.
Mi aspettavo un mostro.
Invece c'era Rachel.










Angolo dell'Autrice:
Ta dan! Eccomi qui!
:D
Bè, ve l'avevo detto che non sarebbe stato tutto rose e fiori...
Eh, si. 
Vi do il permesso di pensare che Camille sia una psicopatica squilibrata.
;D
Comunque, all'inizio non sapevo se mettere 'In Philadelphia' o 'a Philadelphia.'
Alla fine ho optato per 'a' ma non ne sono sicura.
Quindi se non vi torna... ditemelo.
Sono stata troppo cattiva a finire il capitolo così?
Nah.. Dai. :D
Se vi lancio una sfida?
Con 6 recensioni aggiorno giovedì prossimo XD
Andiamo, che ce la fate ♥
Grazie mille ovviamente a chi ha recensito lo scorso capitolo, Mnemosines, AleJackson, JupiterEj, Aryelle e Dafne Rheb Ariadne. :D Ma anche a chi ha solo letto.
Un bacione a tutti.
A presto!
Alice
   
 
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