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Autore: Kim_HyunA    17/05/2012    4 recensioni
Chiuse le proprie dita intorno a quelle di Kibum, ed erano così piccole e fredde che avrebbe voluto non lasciarle più per poterle scaldare.
Fu in quel momento che Jonghyun decise si sarebbe preso cura di lui.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jonghyun, Key
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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A/N: ultima parte

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Si baciarono per la prima volta nella camera di Kibum.
 
Jonghyun aveva preso l’abitudine di andare a trovarlo spesso, ogni volta che l’università glielo permetteva e ogni volta che sentiva la mancanza dell’altro ragazzo.
 
Era come se fosse diventato dipendente da lui e non potesse farne a meno, come se non avesse abbastanza ossigeno per vivere se non lo vedeva ogni volta che ne aveva bisogno.
 
E Kibum era contento delle sue visite, perché i giorni in cui si sentiva più triste e in cui non aveva voglia di uscire, gli faceva piacere poter stare in compagnia e parlare con qualcuno, sentirsi meno solo. Gli piaceva stare con Jonghyun, sembrava così naturale passare i pomeriggi insieme a scherzare, a parlare.
 
Un giorno, seduti sul letto del biondo, avevano deciso di ascoltare della musica insieme e Kibum era rimasto a bocca aperta quando aveva sentito l’altro ragazzo cantare. Non poteva esistere una voce così perfetta coma la sua. Gli entrava nell’anima, lo scuoteva, lo emozionava, lo faceva sentire vivo. La sua voce era calda e armoniosa, prendeva ogni nota con una tale sicurezza che Kibum si chiese se non avesse studiato canto da tutta la vita. La sua cecità gli aveva acuito l’udito e lo sentiva più forte che mai, ogni suo respiro, ogni sua parola, come se fosse lì, nella sua mente. Avrebbe voluto vedere com’era il suo aspetto in quel momento, come la sua bocca si muoveva mentre cantava, come i suoi occhi erano chiusi mentre si perdeva nelle emozioni delle canzoni, o com’erano le sue mani, se le teneva ferme oppure le muoveva. Voleva vedere queste piccole cose, questi piccoli dettagli. Ne sentiva la mancanza anche se non li aveva mai potuti vedere.
Jonghyun si interruppe.
 
-Perché stai piangendo?- la sua voce divenne preoccupata quando vide il volto di Kibum rigato da una lacrima.
 
Kibum non gli rispose ma Jonghyun lo attirò a sé in un abbraccio, stringendolo, stringendolo forte come faceva ogni volta che l’altro si sentiva triste. Si era giurato che si sarebbe preso cura di lui ed era questo quello che stava facendo. Per nessuna ragione al mondo avrebbe smesso di farlo. Era lì per lui, lo sarebbe sempre stato, niente poteva cambiare questo.
 
Kibum teneva le braccia abbandonate lungo il proprio corpo, poi le alzò e le avvolse intorno al collo di Jonghyun, aggrappandosi con le dita alla sua maglietta come se ne andasse della sua stessa vita.
 
-Ehi, che succede?- gli chiese ancora una volta, senza insistenza, ma sinceramente in pensiero per lui. Gli passò le dita tra i capelli, accarezzandolo con dolcezza. Se Kibum non avesse voluto rispondere, non si sarebbe ostinato ad avere una risposta, gli bastava poter stare così e farlo sfogare, non era obbligato a dargli una spiegazione se non voleva.
 
Qualche minuto dopo, quando Kibum si era in parte calmato, senza allontanarsi da Jonghyun gli rispose.
 
-I-io… vorrei soltanto poterti vedere-
 
Le sue parole trafissero Jonghyun come la più mortale delle frecce perché non poteva fare nulla per far avverare il suo desiderio, non poteva fare nulla e si sentiva impotente. Non sapeva cosa dirgli, perché niente sarebbe stato la risposta giusta. Lo strinse più forte, facendogli percepire tutto il suo calore, tutto il suo affetto. Era tutto quello che poteva offrirgli.
 
Si tirò indietro, rimanendo a pochi centimetri dal suo viso, vedendo i suoi occhi velati dal pianto e il suo volto bagnato dalle lacrime. Gli si spezzava il cuore a vederlo così piccolo, così indifeso.
 
Gli passò il pollice su una guancia, asciugandogli una lacrima che gli stava scendendo.
 
Non aveva mai visto il suo volto così da vicino, ma ora che erano così a poca distanza l’uno dall’altro e che poteva sentire il suo respiro caldo sul viso, si rese conto di quanto fosse bello. Lasciò che la sua mano indugiasse sulla sua guancia e rimase lì, accarezzandolo con delicatezza.
 
Gli si fece ancora più vicino e giurò che Kibum stesse avvertendo la vicinanza che c’era tra di loro in quel momento, perché si irrigidì lievemente e le sue sopracciglia si contrassero appena.
 
Tanti pensieri si susseguivano nella mente di Jonghyun, come un turbinio confuso che cercava di tirarlo indietro, ma non voleva dare ascolto a quella voce della coscienza. Per questo fece ciò che più si sentiva in quel momento prima che cambiasse davvero idea.
 
Inclinando di poco il volto, esitante, ridusse sempre più la distanza tra i loro volto e poggiò le proprie labbra su quelle di Kibum. Era un contatto leggero, un innocente sfioramento delle loro bocche, eppure Jonghyun si sentì attraversare da una scarica.
 
Si tirò subito indietro, temendo e, allo stesso tempo, volendo vedere la reazione dell’altro. Kibum era rimasto immobile; non se l’aspettava, non se lo poteva aspettare, non aveva potuto vedere la luce negli occhi di Jonghyun, o il sorriso che aveva un momento prima di baciarlo. Non poteva sapere niente di tutto questo.
 
Jonghyun fece scivolare la mano dal suo viso e lo guardò attento, l’espressione di Kibum era indecifrabile e in quel momento aveva paura della reazione che avrebbe potuto avere. Forse non avrebbe dovuto, forse avrebbe fatto meglio a trattenersi. Jonghyun non sapeva quale fosse la cosa più giusta da fare. Ma ormai l’aveva fatta e non c’era modo di tirarsi indietro.
 
Kibum si portò una mano sulle labbra, sfiorandole come se non potesse credere a quello che era appena successo, come se toccandole avesse potuto sentire un residuo di Jonghyun che gli facesse capire che ciò che era avvenuto non era solo frutto della sua immaginazione.
 
Jonghyun lo vide sorridere e mai gli era sembrato così bello come in quel momento. Si avvicinò a lui ancora una volta, questa volta con più sicurezza, senza alcun tentennamento, perché non temeva più un suo rifiuto.
 
Accarezzava con le proprie labbra quelle di Kibum, mentre gli aveva appoggiato una mano intorno ad un fianco. Il biondo rispondeva a quel bacio e le sensazioni che provava erano così amplificate che non gli sembravano reali. Non era possibile sentirsi in questo modo. Eppure era così che si sentiva, con le mani che tremavano per l’emozione, il cuore che gli batteva forte nel petto e le guance arrossate.
 
Come due ragazzini che scoprivano l’amore per la prima volta: le farfalle nello stomaco, il batticuore, l’innocenza di un gesto tanto dolce.
 
Jonghyun si allontanò da lui, guardandolo con il sorriso. Sapeva che non poteva vederlo, ma era certo che sapesse che stava sorridendo in quel momento. Come avrebbe potuto non sorridere? Gli occhi di Jonghyun brillavano pieni di emozione e avrebbe voluto che quella luce potesse raggiungere anche gli occhi di Kibum. Non desiderava altro.
 
Si erano abbracciati dopo, senza una parola, senza imbarazzo, condividendo l’intimità di quel momento con il silenzio. Stretti tra le braccia, respiravano l’uno l’aria dell’altro e sembrava tutto così perfetto in quel momento che non avrebbero più voluto muoversi da lì.
 
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La sera prima dell’operazione Jonghyun era rimasto a dormire da Kibum.
 
Il moro teneva la testa dell’altro appoggiata al suo petto, le mani intrecciate davanti a lui che lo accarezzavano piano da sopra la maglietta.
 
Ad entrambi piaceva passare il tempo in questo modo, completamente isolati dal resto del mondo, in una realtà in cui il tempo sembrava come fermarsi, in cui esistevano solo loro e nessun altro. Non sentivano la mancanza di altro.
 
-Hai paura?- gli chiese Jonghyun, ma sapeva già la risposta che avrebbe ricevuto.
 
Kibum annuì e l’altro gli diede un bacio dietro il collo, stringendolo più forte.
 
-Ma da una parte non vedo l’ora che arrivi domani- riprese dopo qualche minuto di silenzio -voglio che vada tutto bene. Domani voglio aprire gli occhi e riuscire a vedere, lo spero tanto…-
 
Jonghyun non voleva sentire il suo tono diventare più triste, voleva che fosse felice, soprattutto quella sera.
 
-E se poi non ti piaccio?- gli chiese Jonghyun con tono scherzoso, come se quella fosse la questione più importante.
 
-Ma certo che mi piacerai, stupido- lo rassicurò l’altro sorridendo -E poi lo so già che sei bellissimo-
 
-Come fai a saperlo?- gli chiese incuriosito.
 
-Lo so e basta- Jonghyun amava quando gli rispondeva in questo modo, come se fosse la cosa più ovvia del mondo, come se sapesse davvero cose che non poteva sapere -e poi sei una bellissima persona dentro, lo sarai sicuramente anche fuori-
 
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-È ora di andare- aveva detto la voce del medico cogliendoli di sorpresa.
 
Jonghyun lo strinse tra le braccia ancora una volta, sussurrandogli all’orecchio un -Andrà tutto bene-
 
-Ci vediamo dopo- gli aveva risposto Kibum. Sì, vediamo, suonava bene quel verbo pronunciato dalle sue labbra.
 
Jonghyun non sapeva quanto ci sarebbe voluto, sapeva solo che avrebbe aspettato tutto il tempo necessario. Kibum era lontano, in un'altra stanza, e Jonghyun desiderava solo tenergli la mano in quel momento; quanto doveva sentirsi spaventato?
 
Non aveva idea di come si sarebbe svolta l’operazione, l’unica cosa di cui era a conoscenza è che Kibum sarebbe poi dovuto rimanere al buio per un paio di giorni, solo questo sapeva.
 
Stava seduto su una scomoda sedia in un freddo corridoio, continuando a rigirare le dita delle mani, l’ansia che lo faceva alzare ogni due minuti, fare qualche passo e tornare a sedersi. Gli sembrava di impazzire. Non era un’operazione difficile, di questo era certo, ma c’era sempre l’incertezza che qualcosa potesse non funzionare. E se non si fosse più risvegliato? Jonghyun non ci voleva neanche pensare, non voleva piangere, non voleva stare male, doveva essere forte, doveva esserlo per Kibum.
 
L’attesa gli sembrò infinita, ogni volta che sentiva dei passi nel corridoio, alzava lo sguardo pensando che ci fosse qualche notizia, invece niente, dottori, infermieri, passavano senza nemmeno vederlo, tutti di fretta.
 
Ci fu un momento in cui il corridoio divenne deserto, in cui tutto ciò che sentiva era il suo respiro e il ticchettio dell’orologio alla parete. La lancetta dei secondi si divertiva ad andare più lentamente del normale, il tempo sembrava non scorrere più.
 
Si sentiva la gola secca, gli faceva male la testa ed aveva un peso allo stomaco che non lo abbandonava mai, nemmeno per un secondo. Aveva bisogno di Kibum per stare bene, aveva bisogno che lui stesse bene, che l’operazione avesse un buon esito, che tornasse a vedere. Solo questo. Nient’altro.
 
Aveva poggiato il volto tra le mani nel tentativo di riposarsi quando un medico gli si avvicinò; Jonghyun scattò in piedi, il cuore che gli batteva forte al punto che faceva fatica a respirare. Lo guardava con occhi pieni di aspettativa, le gambe deboli, non aveva nemmeno il coraggio di chiedere.
 
-L’operazione è riuscita, ora…-
 
-Ci vede di nuovo?!- quasi urlò pieno di entusiasmo, tutto il peso che l’opprimeva prima improvvisamente svanito come neve al sole.
 
-Questo non possiamo ancora dirlo. Non ci sono state complicazioni e tutto ciò che doveva essere fatto, è stato eseguito. Deve rimanere al buio per qualche giorno, solo allora potremmo dire se ha recuperato la vista. Ovviamente sarà un processo graduale, ma i risultati dovrebbero vedersi fin da subito-
 
Jonghyun lo ascoltava con attenzione, e anche se non c’era ancora alcuna certezza, non poteva smettere di sorridere.
 
-Posso vederlo ora?- chiese.
 
-È ancora sotto l’effetto dell’anestesia, ma se le fa piacere, può vederlo-
 
Il dottore lo accompagnò fino alla stanza del ragazzo, scusandosi poi in quanto aveva altri impegni che lo costringevano ad andarsene.
 
Quando entrò in quella stanza buia, Jonghyun si avvicinò subito al letto su cui era sdraiato Kibum e si sedette sulla sedia accanto  a lui. I suoi occhi erano bendati, ma Jonghyun poteva comunque dire che stesse dormendo, il suo petto si alzava ed abbassava piano, rilassato.
 
Una leggerissima penombra filtrava dalle finestre e Jonghyun poteva intravedere appena il suo profilo. Gli prese una mano e la strinse forte tra le sue, senza volerla più lasciare andare. Decise che sarebbe rimasto lì fino a quando non si sarebbe svegliato. Voleva essere il primo a cui Kibum avrebbe parlato.
 
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Le sedie degli ospedali sono molto scomode.
 
Jonghyun se ne rese conto quando si svegliò dopo aver dormito per qualche ora, i muscoli indolenziti e la schiena a pezzi. Ancora piuttosto assonnato, ci mise un po’ a focalizzare e vide Kibum seduto sul letto.
 
-Bumie!- lo chiamò felice Jonghyun, alzandosi subito, non potendo contenere il suo entusiasmo.
 
-Lo sapevo che eri qui-
 
-Come fac… no, non dirmelo, lo sapevi e basta, vero?- gli chiese senza smettere di sorridere.
 
La risata di Kibum gli solleticò le orecchie, era così adorabile che Jonghyun non poté trattenersi dall’abbracciarlo.
 
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Il cuore di Jonghyun batteva forte.
 
Ecco, il momento era arrivato, la benda era stata tolta.
 
Kibum teneva gli occhi chiusi e Jonghyun tratteneva il respiro.
 
Come se il tempo si fosse fermato e il mondo ghiacciato.
 
Kibum iniziò a sollevare lentamente le palpebre, i muscoli ancora intorpiditi. La penombra di quella stanza forse troppo intensa per i suoi occhi così sensibili. Aprì progressivamente gli occhi; prima solo ombre sfocate, dai contorni sfumati, poi iniziò a mettere fuoco.
 
La prima persona che intravide fu un ragazzo, sembrava della sua età, i capelli erano scuri ma non ne era sicuro, il buio di quella stanza poteva facilmente ingannarlo, i suoi occhi erano grandi e luminosi. Jonghyun. Dio era talmente bello che si sentì mancare il fiato. Aprì e richiuse la bocca per parlare, ma non riusciva, non sapeva cosa dire, non sapeva cosa fare. Sapeva solo che non riusciva a distogliergli lo sguardo di dosso.
 
Jonghyun lo guardava, sentendosi sulle spine, era riuscito a vederlo? Cosa aveva pensato? Voleva saperlo più di ogni altra cosa, ma l’infermiere aveva dovuto fare gli ultimi controlli per assicurarsi che fosse davvero tutto a posto, e fu costretto ad uscire dalla stanza. Aveva camminato fino alla porta continuando a tenere gli occhi fissi su Kibum e Kibum aveva fatto lo stesso, seguendolo con il volto mentre lo vedeva allontanarsi.
 
L’attesa lo stava nuovamente esasperando, ma questa volta era un’ansia diversa.
 
Quando l’infermiere gli disse che poteva rientrare, le gambe di Jonghyun non riuscivano a muoversi. Con mani tremanti abbassò la maniglia della porta, deglutendo con fatica per quanto era nervoso.
 
Si sedette accanto al ragazzo.
 
-Ciao Kibum- disse, e sembrava impacciato, come se fossero due sconosciuti che si incontravano per la prima volta, troppo imbarazzati per sostenere una conversazione. Eppure uscivano da mesi, si erano abbracciati e baciati, si erano innamorati.
 
 
-Perché piangi?- gli chiese preoccupato quando gli vide gli occhi lucidi e una lacrima sul viso.
 
E la commozione di Kibum era tale da impedirgli di parlare, voleva dirgli tante cose, ma le lacrime erano troppe. Lacrime di gioia. Non se ne preoccupava, avrebbe avuto tutto il tempo per parlare, per dirgli quanto era felice in quel momento, per dirgli cosa si provava a vedere di nuovo, come si sentiva ad essere tornato in vita, come si sentiva ora che poteva vederlo e il suo volto non era solo un’immagine costruita nella sua mente.
 
Kibum si limitò a buttare le braccia al collo di Jonghyun, stringendolo forte e cogliendolo di sorpresa. Jonghyun rimase incerto per un istante, poi alzò a sua volta le braccia intorno alla sua schiena, poggiando il volto nell’incavo del suo collo.
 
Quell’abbraccio valeva più di mille parole per Jonghyun.
 
-Jonghyun… io… t-tu…- iniziò Kibum.
 
-Shhh, non dire niente- gli sussurrò, la mano salita ad accarezzarlo all’attaccatura dei capelli.
 
Rimasero stretti in quell’abbraccio silenzioso per tanto tempo.
 
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Kibum guardava intorno a sé.
 
Tutto gli sembrava più bello ora che poteva vedere di nuovo, come se stesse scoprendo il mondo per la prima volta. Ma soprattutto non poteva staccare gli occhi di dosso da Jonghyun.
 
Quando era potuto ritornare a casa, Jonghyun l’aveva riaccompagnato con la sua macchina e Kibum non poteva non guardarlo, come se avesse voluto recuperare il tempo perso di quando lo aveva accanto ma non era in grado di vederlo.
 
Si era già innamorato del suo sorriso e dei suoi occhi che sembravano come quelli di un cucciolo. Amava come i capelli gli ricadevano sulla fronte e le sue mani gli sembravano così forti. Gliel’aveva detto che lo trovava bellissimo.
 
E Jonghyun, se fosse stata un’altra persona, gliel’avrebbe detto di smettere di fissarlo in quel modo, ma gli occhi di Kibum non lo mettevano in imbarazzo, lo mettevano di buonumore, lo facevano sorridere.
 
Fermi ad un semaforo, Jonghyun si era girato verso di lui e gli aveva sorriso, portando una mano alla sua gamba e accarezzandogliela dolcemente.
 
Quando erano ripartiti, Kibum sobbalzò sul sedile come se si fosse improvvisamente ricordato di qualcosa. Abbassando lo specchietto del lato passeggeri, si controllò l’aspetto, sistemandosi i capelli con una mano e guardandosi con attenzione.
 
-Oh, che sollievo, sono sempre bello- scherzò e Jonghyun non poté fare a meno di ridere di gusto. Adorabile. Non c’era una parola che potesse definirlo meglio. O forse sì, perfetto lo descriveva appieno, ma non glielo avrebbe mai detto o si sarebbe montato la testa ancora di più.
 
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Gli occhi di Kibum gli trafiggevano l’anima.
 
Jonghyun gli aveva chiesto com’era tornare a vedere.
 
-È la cosa più bella che mi sia mai capitata. È una sensazione indescrivibile. È come… è come nascere una seconda volta. Mi mancava tutto questo-
 
Jonghyun lo tirò a sé dandogli un leggero bacio, continuando a tenerlo per mano mentre camminavano piano tra i viali del parco nel quale si erano conosciuti tempo prima. Ma c’era una differenza ora. Ora avrebbero potuto guardare il mondo insieme.
 
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Gli occhi di Kibum gli trafiggevano l’anima.
 
Jonghyun gli aveva chiesto com’era tornare a vedere.
 
-È la cosa più bella che mi sia mai capitata. È una sensazione indescrivibile. È come… è come nascere una seconda volta. Mi mancava tutto questo-
 
Jonghyun lo tirò a sé dandogli un leggero bacio, continuando a tenerlo per mano mentre camminavano piano tra i viali del parco nel quale si erano conosciuti tempo prima. Ma c’era una differenza ora. Ora avrebbero potuto guardare il mondo insieme.

  
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