Capitolo 3
Quella sera, nessun passante vide
accendersi i lumi in casa Son; solo un nutrito corteo d=
i uomini
in nero e donne con i fazzoletti in testa che accompagnavano in processione=
una
piccola bara in legno di quercia. Goku, suo fra=
tello
ed altri due giovani sulla ventina, la trasportavano piano, amareggiati e
commossi. Goku era visibilmente scosso; la sua
espressione vuota avrebbe intenerito anche le pietre.
Mentr=
e, tra singhiozzi e lacrime a stento trattenuti, =
il
funerale si avviava verso il cimitero, un galoppare di cavalli distolse
l’attenzione dei presenti. Si voltarono tutti; dei gentiluomini disti=
nti
e altezzosi cavalcavano verso di loro. Goku e s=
uo
fratello non conoscevano quelle facce arcigne e
tutt’altro che amichevoli; ma di sicuro non erano venuti per partecip=
are
al loro dolore.
Quello che sembrava il
“capo” avanzò a un palmo dal
piccolo corteo; Goku notò gli occhi neri=
ed i
capelli corvini: così simili ai suoi. Ma realizzò nello stesso
istante che lui e quell’uomo non avevano proprio nulla da spartire: i
suoi occhi infatti erano piccoli e feroci, i
lineamenti del suo viso tesi e marcati, il suo sorriso duro e di scherno. N=
o, decisamente non avevano assolutamente nulla in comune.=
.però..però Goku=
span>
avvertiva qualcosa..qualcosa dentro di sé=
;, che
gli diceva di stare molto lontano da quel tizio.
-Questa &egrav=
e; casa
Son, dico bene?- esordì lo sconosciuto.
-Sì, è casa Son. Cos=
a volete?- prese la parola Goku.
-Si da il caso,
giovanotto, che io sia l’addetto all’imposizione delle tasse e =
al
pagamento di esse. E si da il caso che in questa=
casa
non vengano pagati i debiti da un mese!- disse l’uomo con aria di
superiorità.
Goku<=
/span> si sentì ribollire il sangue. Quel tizio=
non
si era mai fatto vedere lì prima di allora, e adesso aveva il coragg=
io
di presentarsi nella loro proprietà (ma e=
ra
davvero la loro? A questo punto no), piombandoci
all’improvviso senza essere stato invitato, a parlare di tasse e di
debiti durante un funerale. “Gli pare forse che io stia qui a
preoccuparmi dei soldi che non ho mai avuto, mentre do l’ultimo salut=
o a
mio padre?” pensava il ragazzo.
-Io ho sempre vissuto qui con mio =
padre
e mio fratello. E SI DA IL CASO- disse rimarcand=
o bene
le parole –che io sia qui a celebrare il
funerale di mio padre che è venuto a mancare.
-Quin=
di era ovviamente tuo padre ad occuparsi delle que=
stioni
legali in casa vostra- ribattè l’u=
omo
noncurante.
-Sì signore, era
mio padre- si sforzò di rispondere normalmente Goku.
L’uomo lanciò
un’occhiata di profondo disprezzo alla bara in
legno, poi, con altrettanto disgusto, guardò Go=
ku.
-A me non importa proprio niente se
questo signor Son è deceduto. Quello che è certo è che=
non
ha pagato da un mese, quindi, adesso dovrete essere voi figli a pagare per =
lui,
e lo farete immediatamente- affermò
l’uomo estraendo dalla tasca della giacca un taccuino e una penna.
-MA=
span> NOI NON ABBIAMO SOLDI!- esclamò Goku con veemenza. Cominciava ad averne abbastanza di=
quel
nobile con la puzza sotto il naso.
-Molto bene- rispose questo dopo q=
ualche
secondo –vorrà dire che prenderemo i
giusti provvedimenti. Condoglianze, signori.- E oltrepassò il funera=
le.
Lo stuolo di persone che si erano
fermate continuò quindi a camminare, quando Gok=
u
si sentì trattenere per una manica della giacca.
-GOKU! GUARDA!-
urlò il fratello.
I presenti si fermarono.
-Cosa c’=
è?-
fece il ragazzo preoccupato.
-LA CASA! CI STANNO BRUCIANDO LA C=
ASA!
La folla si voltò indietro.=
Gli
occhi di Goku incontrarono il divampare delle f=
iamme
rosse sul tetto della casetta di legno. Non sepp=
e cosa
dire. Ma sentiva dentro di sé lo stesso f=
uoco
che tutti potevano vedere. Chiamò in disparte il parroco.
-Lei mi deve promettere giustizia,=
se giustizia c’è in questo paese- gli
sussurrò piano all’orecchio.
Il prete alzò le spalle, co=
me per
dire “se c’è una giustizia, io me ne lavo le mani”=
. E Goku capì che avr=
ebbe
dovuto farsi giustizia da solo.
***
Quella sera G=
oku
si rese conto di non avere più una casa d=
ove
tornare, e la cosa lo riempiva di rabbia. Non avrebbe f=
atto
come quel codardo di suo fratello, non avrebbe dormito sotto i ponti,
aspettando in silenzio la fine dei suoi giorni. No, lui avrebbe avuto la sua
giustizia. La sua e quella di suo padre. Aveva n=
otato
un distintivo lucente sulla giacca di quell’uomo che era venuto a sal=
dare
i debiti: un toro. Per quanto ignorante fosse in
materia, Goku sapeva che i distintivi, qualunque
immagine rappresentassero, li portavano solo i ricchi; erano affissi sui
cancelli delle ville più importanti, come un marchio di riconoscimen=
to.
Lui avrebbe trovato quel toro. E avrebbe fatto fuori
la famiglia che abitava in quella villa.
Si mise in cam=
mino
quando non era ancora completamente buio, abbandonò la campag=
na
ed arrivò in città. Chiunque lo vedesse lo scambiava per un
comune barbone, quindi Goku realizzò
che in quel momento non c’era alcun pericolo. Squadrò
dall’alto in basso molti cancelli, prima di
trovare quello giusto: apparteneva alla villa più grande e bella che=
lui
avesse mai visto. Ma non c’era tempo per
soffermarsi in contemplazione: la sete di vendetta era più viva che =
mai.
Goku scavalcò senza difficoltà il
cancello, ed avanzò carponi fino alla scuderia; decise che non era
ancora il momento di far guerra: desiderava che quelle insulse persone
vedessero con i loro occhi ciò che le aspettava, una ad una. E nel
silenzio della stalla,
abban=
donandosi a terra sulla paglia morbida, attese.
Lo svegliò un rumore di zoc=
coli
di cavallo in lontananza. Era mattina, e il sole splendeva già alto.
Alcune voci giunsero alle orecchie ancora assonnate del ragazzo.
-Chic=
hi, tesoro, quante volte ti ho detto
che non bisogna cavalcare come un maschiaccio? Devi met=
tere
le gambe entrambe da una parte, lo sai! Anche a cavallo bisogna
dimostrare di essere dignitose e rispettabili!
Goku<=
/span> si accovacciò accanto ad una fessura ape=
rta
nella porta in legno. Quello che vide lo lasci&o=
grave;
stranito per qualche secondo. Una ragazza bruna stava entrando nella stalla=
col
suo cavallo; evidentemente tornava in quel momento da una passeggiata
mattutina.
-“Anche a cavallo bisogna
dimostrare di essere dignitose e rispettabili!=
8221;-
fece Chichi imitando la voce superba della madr=
e con
una smorfia –Io cavalco come mi pare!
Goku<=
/span> lasciò perdere per un
momento i suoi piani di vendetta; si soffermò ad osservare la ragazza
che scioglieva i suoi lunghi capelli ed apriva un bottone della sua camicet=
ta
bianca. Ma doveva essere davvero molto distratto,
perché calpestò inavvertitamente un piccolo legnetto vicino ai
suoi piedi, provocando un fastidioso “crac”. Chichi
si voltò di scatto, ma non vide nessuno. Goku=
span>
era protetto dal portone legnoso che li divideva. La ragazza prese un ferro=
di
cavallo e lo gettò al di là del po=
rtone,
mancando di qualche centimetro il piede di Goku=
che
tirò un sospiro di sollievo. Ma anche in =
questo
caso il ragazzo non si era curato di fare rumore, e si ritrovò tutto=
ad
un tratto un forcone ad un palmo dal suo naso. Spaventato aprì la po=
rta
per fuggire, ma davanti c’era lei, che lo fissava con occhi felini.
-Sta fermo! Non ti azzardare ad
avvicinarti! Non fare un altro passo! Oppure io ti infilzo!
Da parte a parte! Sì, hai capito bene!
Sembrava talmente determinata che =
Goku non osò contraddirla. Indietreggiò=
di
qualche passo. Ma Chichi
urlò, e, forse senza volerlo, conficcò il forcone nella gamba
sinistra del ragazzo. Goku =
vide
tutte le stelle del firmamento girargli attorno per qualche minuto, mentre =
la
ragazza, inorridita, era corsa fuori urlando a squarciagola.
-PAPA=
’! PAPA’!
Un uomo in pigiama, alto e imponen=
te,
con un cappello a forma di corna di toro, uscì in cortile trafelato,
seguito da quella che doveva essere sua moglie.
-Chic=
hi, figliola, che succede? Per=
ché
urli?
-PAPA=
’! OH PAPA’! HO RISCHIA=
TO DI
ESSERE VIOLENTATA, C’E’ UN RAGAZZO NELLA STALLA, E’ UN
VERO MOSTRO!
Nel frattempo, il povero Goku, azzoppato e tremante di freddo, era riuscito ad
uscire dalla scuderia. I suoi propositi assassini avevano tutta l’ari=
a di
essere di nuovo lì, nella sua testa, pronti ad esplodere.
-NON SO CHI LEI SIA
SIGNORE!- gridò riferendosi all’anziano padre della ragazza
–MA UNA COSA LA SO: CHI PER LEI HA BRUCIATO LA CASA DI MIO PADRE! IO
VOGLIO VENDETTA!
L’anziano si voltò ve=
rso di
lui stravolto.
-NEAN=
CH’IO SO CHI SEI TU RAGAZZO! MA=
NESSUNO PUO’ PRESENTARSI IN CASA MIA IN QUESTO MODO, IMPORTUNARE MIA
FIGLIA E SPERARE DI FARLA FRANCA! PORTATELO DI SOPRA, ADESSO!
Goku<=
/span> cercò invano di divincolarsi dalla stret=
ta di
quattro uomini che lo trascinavano, finchè non
sentì un forte pugno rimbombare sulla sua
schiena. Chiude gli occhi e non capì pi&u=
grave;
nulla.
Fine 3° Capitolo