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Autore: CookieKay    18/05/2012    3 recensioni
Ci sono due cose a cui Hayley Doherty non rinuncerebbe mai: il caffè di Starbucks e New York. E allora perchè si è trasferita a Londra e beve caffè in una qualsiasi caffetteria piena zeppa di turisti?
Dal primo capitolo: “Adesso fumi pure?” mi chiese il mio odioso fratellastro, divertito. “E’ illegale per caso?” sputai velenosa. Lui rise “Fa un po’ come ti pare” sentenziò. Abbassai il finestrino e mi accesi una sigaretta. Non ero una fumatrice accanita, ma in quella situazione ne avevo abbastanza bisogno. “C’è uno Starbucks vicino casa?” chiesi aspirando del fumo. “Sì” rispose semplicemente. Questo voleva dire che me lo sarei dovuto trovare da sola. “Senti per la mia salute mentale, possiamo cercare di andare d’accordo?” ero disperata. Volevo almeno un alleato dalla mia parte. “Scordati di immischiarmi nei tuoi problemi con il tuo vecchio.” Era più perspicace di quello che mi ricordavo. “Per favore. Ho bisogno di un amico” buttai lì, tentando di risultare il più disperata possibile. “La smetti di rompermi i coglioni?” esclamò gelido, come al solito, piombando in un silenzio innaturale.
Genere: Commedia, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4:  La mia forza, il mio piacere, il mio dolore

 

Maledetto il mio cuore che non mi voleva ascoltare. Più cercavo di convincerlo a non battere convulsamente ogni volta che vedevo Adam, e più quello mi martellava nel petto, tentando di uscire. Cercavo di evitare di stare nella stessa stanza da sola con lui, ma era un ‘impresa ardua, dato che ogni santissima mattina rimanevamo solo noi due in casa. Sbuffai guardando la mia tazza di latte e cereali, che mi ero appena preparata. “Che facciamo oggi?” la sua voce mi raggiunse alle spalle. Sussultai, spaventata. Non pensavo fosse già sveglio. “Tu non lo so. Io penso che passerò tutto il giorno al negozio di CD” dissi, tornando ad osservare i cereali galleggianti nel latte. “Ti accompagno, allora” “Non ce ne è bisogno” “Tanto non ho nulla da fare” Sospirai sconfitta. Non mi avrebbe dato tregua. Tentai l’ultima carta. “Voglio stare da sola” Lui mi guardò, alzando la sopracciglia e strafottente mi rispose “E chi se ne frega” Se già non avessi sperimentato, gli avrei tirato un cazzotto in faccia. “Fai un po’ come ti pare” dissi alzandomi dalla sedia. Lui mi prese per il braccio “Si può sapere che cazzo hai?” I suoi occhi azzurri mi studiavano, cercando di entrarmi nell’anima per tentare di decifrare il mio strano comportamento. “Niente” dissi, senza guardarlo in faccia. “Rispondimi!” ecco che tornava ad essere un irrimediabile stronzo. “Non sono obbligata a risponderti” “Io direi di si, invece” “Adam, vuoi lasciarmi in pace?” non ce la facevo più. Stavo iniziando a scocciarmi della sua assillante insistenza. “No” rispose semplicemente “Fino a che non mi rispondi” finì, stringendomi il braccio. “Mi fai male” mi lamentai, per la sua stretta. “Non mi interessa” fu la sua risposta gelida. Presa dall’esasperazione, gli schiacciai il piede sotto il mio tallone. Mi lasciò il braccio e corsi sulle scale ridendo. Lui mi rincorse, ridendo a sua volta. Mi acchiappò quando ero quasi arrivata in cima alle scale. Mi prese in braccio di peso, portandomi sulla sua spalla come se fossi un sacco di patate. “Adam, lasciami!” continuavo a dirgli, tra le risate. “Tu sei troppo violenta per i miei gusti! Prima mi tiri un pugno in faccia, poi una tallonata sul piede. Devo fermarti prima che tu mi faccia a pezzi!” mi portò di peso in camera sua e mi lanciò sul suo letto. Avanzava verso di me, con uno strano sorriso dipinto su quella faccia da schiaffi. Prima che potesse fare qualsiasi cosa avesse in mente, mi armai di cuscino e glielo tirai in faccia. L’espressione della sua faccia fu impagabile. Non se l’aspettava. Iniziai a ridere più forte. “Hai capito ora cosa intendevo nel dire che sei violenta?” disse, mettendosi a cavalcioni su di me. Mi fermò le mani sotto le sue e prese a fissarmi in un modo che iniziava a darmi fastidio. “Perché mi guardi a quel modo?” gli chiesi, scorbutica. “Inizio a capire il perché il tuo professore  ha mandato a puttane la sua carriera” Mi colpì come uno schiaffo quella sua affermazione. Per la prima volta in vita mia, non sapevo cosa dire. Rimasi in silenzio, sotto il suo sguardo. “Non dici niente?” mi chiese, come se fosse entrato nella mia testa. “Non ho niente da dire” “Dov’è finita la ragazza disinibita che ha tentato di baciarmi al pub?” disse con ghigno malizioso. “L’ho uccisa” dissi, ironica, facendolo sorridere. “Possiamo provare con una seduta spiritica, allora”. Che diavolo voleva da me? “Si può sapere dove vuoi arrivare?” gli chiesi, seria, puntando i miei occhi nei suoi. “Voglio capire se hai provato a baciarmi solo perché eri ubriaca o..” “O?” “O se c’è altro che dovrei sapere” finì, avvicinandosi pericolosamente a me. Averlo così vicino al mio viso, mi aveva tolto tutte le riserve di ossigeno che possedevo. Mi morsicai il labbro inferiore e mentii spudoratamente “Non c’è nient’altro” ma lui non ne era convinto. “Provamelo” “Che dovrei fare?” “Baciami”. Se non fossi stata già sdraiata, probabilmente sarei caduta per terra. “Cosa?!” esclamai, sperando di aver capito male. “Hai capito bene” disse appoggiando la sua fronte sulla mia. “Adam, non mi piace questo gioco” dissi cercando di divincolarmi. Ma lui strinse di più la presa sulle mie mani “Io non sto giocando”. Guardai le sue labbra. E se anche lo avessi baciato? Infondo era stato lui a chiedermelo. Raffredda i tuoi bollenti spiriti, depravata. E se mi avesse baciata lui? Cosa avrei fatto? Me ne sarei rimasta ferma o avrei dato sfogo a ciò che realmente provavo? Siete fratelli, siete fratelli, siete fratelli. Tentai di convincermi. Ma il mio respiro era già accelerato. Ormai ero in tachicardia. L’aria mi mancava. Lui non stava giocando. E stava aspettando una mia risposta, o quanto meno una mia reazione. Con uno sforzo disumano girai il viso a destra, in modo da non dover sottostare alle sue pretese. “Dovevo aspettarmelo” disse amaramente, alzandosi in piedi e liberandomi da quella morsa. Mi sentii una vigliacca. Ma non potevo rovinare tutto ancora una volta. “Adam” tentai un approccio. “No, senti. Non devi dirmi proprio un cazzo” rispose, arrabbiato. Non me lo disse apertamente, ma sapevo che dovevo uscire dalla sua stanza. Mi vestii lentamente. E tornai nella sua stanza “Vuoi venire al negozio di CD?” gli chiesi dolcemente. Di tutta risposta lui si alzò dal letto, mi spinse fuori dalla sua stanza e mi chiuse la porta in faccia. Come Jamie. Appoggiai una mano su quella porta che ci divideva. Sospirai e mi diressi verso le scale. Poi mi bloccai di colpo. Adam non era Jamie. Adam non mi aveva chiuso fuori dalla sua vita. La rabbia prese il sopravvento sul mio corpo. Spalancai la porta della sua stanza. Lo vidi in piedi, vicino alla finestra. Mi guardava stupito. Mi avvicinai con passo rabbioso verso di lui. I battiti del mio cuore mi rimbombavano nel cervello. Il sangue mi ribolliva nelle vene. E sorprendendo entrambi lo presi con forza per la collottola della felpa. Lo guardai negli occhi e lo tirai verso di me. Baciare Adam fu una delle cose più strane che mi ritrovai a fare fino a quel momento. Non fu un bacio casto e puro. Ma un bacio rabbioso, di sfida. Non avrei mai pensato che ne sarei stata capace. Sentii il sapore delle sue labbra, di energy drink, incontrarsi con le mie, di cereali e latte. Fui pervasa dai brividi quando le nostre lingue si incontrarono. La stanza girava vorticosamente intorno a noi. Ma prima che potessi pentirmi delle mie azioni, mi staccai dalle sue labbra. Sbuffai capricciosa e uscii dalla sua stanza sbattendo la porta. Volevo solo uscire da quella casa. “Che diavolo significava?” mi chiese raggiungendomi, a pochi passi dalla porta d’ingresso. “Volevi che ti baciassi? L’ho fatto! Quindi non stare lì a lamentarti per qualcosa che hai voluto tu!” Se fossi stata un drago, probabilmente avrei sputato fuoco dalle fauci e mi sarebbe uscito fumo dal naso. “Fallo ancora” bisbigliò a pochi centimetri da me. Ma non l’accontentai. Gli diedi le spalle e uscii da casa velocemente. Arrivai al negozio di dischi correndo, col fiatone. “Newyorkese! Sei tornata!” il benvenuto del proprietario del negozio mi risvegliò dai miei sensi di colpa. “Già, ho avuto molto da fare” mentii, sorridendo. Certo, eri troppo impegnata a baciare tuo fratello. Mi lasciò sola, e mi persi come la prima volta, tra gli scaffali. “Oggi fate pausa?” chiesi ad un giovane commesso. “No, oggi siamo aperti tutto il giorno, non-stop” rispose sorridendo. Meno male. Almeno non sarei dovuta tornare a casa e affrontare Adam. “Ehy, newyorkese! Questa è tutta per te!” disse il proprietario indicandomi, spostando l’attenzione dei suoi clienti su di me. Kiss from a rose.

There used to be a greying tower alone on the sea.
You became the light on the dark side of me.
Love remained a drug that's the high and not the pill.

But did you know,
That when it snows,
My eyes become large and,
The light that you shine can be seen.

Baby,
I compare you to a kiss from a rose on the grey.
kiss from a rose on the grey.

And now that your rose is is in bloom.
A light hits the gloom on the grey.

There is so much a man can tell you,
So much he can say.
There's so much inside.

You remain,
You...
My power, my pleasure, my pain, baby
To me you're like a growing addiction that i can't deny... yeah.
Won't you tell me is that healthy, baby?

But did you know,
That when it snows,
My eyes become large and the light that you shine can be seen.

Baby,
I've...
I compare you to a kiss from a rose on the grey.
Been...kissed from a rose on the grey.

Stranger it feels, yeah
Stranger it feels, yeah.

Now that your rose is in bloom.
A light hits the gloom on the grey,
I've been kissed by a rose on the grey,
I've been kissed by a rose
been kissed by a rose on the grey.

I've been kissed by a rose on the grey,
and if i should fall, at all
I've been kissed by a rose
been kissed by a rose on the grey.

There is so much a man can tell you,
So much he can say.
There's so much inside.

You remain
You...
My power, my pleasure, my pain.

To me you're like a growing addiction that i can't deny, yeah
Won't you tell me is that healthy, baby.

But did you know,
That when it snows,
My eyes become large and the light that you shine can be seen.

I compare you to a kiss from a rose on the grey.
Been...kissed from a rose on the grey.

Ooh, the more i get of you
Stranger it feels, yeah
Stranger it feels.

Now that your rose is in bloom,
A light hits the gloom on the grey.
Yes i compare you to a kiss from a rose on the grey
I've...been kissed from a rose on the grey.

Ooh, the more i get of you
Stranger it feels, yeah
Stranger it feels, yeah.

And now that your rose is in bloom
A light hits the gloom on the grey
Now that your rose is in bloom,
A light hits the gloom on the grey.

 

Amavo quella canzone. Non so come quell’uomo potesse saperlo, o anche solo immaginarlo. Ho sempre pensato che fosse la canzone più romantica che qualcuno potesse cantare. E non potei evitare di pensare ad Adam, mentre estasiata ascoltavo le parole di quella meravigliosa canzone. Soprattutto dopo gli ultimi avvenimenti. My power, my pleasure, my pain. Sospirai scuotendo la testa sconsolata. Perché alla fine il mio cuore doveva vincere sempre? L’aveva fatto con Jamie e ne ero uscita distrutta. Quindi, perché ancora? Sbuffai per l’ennesima volta e ripresi a guardare quella moltitudine di dischi sotto i miei occhi. Dopo più di quattro ore di full-immersion nei CD, non avevo trovato ancora nulla che valesse davvero la pena di comprare. “Tieni” davanti al mio naso c’era un fumante hot-dog. “Grazie mille” dissi, quasi sbavando, verso il proprietario del negozio che brandiva il panino come un trofeo verso di me. “ Ho pensato stessi morendo di fame” ammise, guardandomi mentre sbranavo letteralmente l’hot-dog “E avevo ragione” finì ridendo, constatando quanto fossi affamata. “Ti vedo un po’ spenta oggi” mi disse, appoggiandomi una mano sulla spalla. Perché dovevo essere così dannatamente trasparente con gli estranei? Perché non riuscivo a fingere come tutte le persone? “Mi sono svegliata male” mentii, sperando non mi chiedesse altro. “Problemi con qualche ragazzo?” chiese, subito scoppiando a ridere vedendomi arrossire visibilmente. “Come non detto.” E sparì dietro il bancone lasciandomi sola con i miei pensieri. Dovevo organizzarmi la giornata in modo da evitare di incontrare Adam. Ma come potevo? Vivevamo sotto lo stesso tetto, e solo un muro sottile separava le nostre camere. Lasciai cadere la testa all’indietro, sbattendo contro uno scaffale e facendo cadere sulla mia fronte un CD che era in bilico. Bestemmiai in cinque lingue diverse, massaggiandomi la fronte dolorante. Raccolsi il CD. Pink. Non ero una sua grande fan, ma quello era un segno del destino. Che probabilità c’erano che solo quel CD fosse messo in bilico e che colpisse proprio me in piena fronte? Mi decisi a comprarlo, notando subito che era scontato. Dodici sterline. Non sapevo nemmeno a quanti dollari corrispondessero. Ma di sicuro non mi avrebbero mandato sul lastrico. Mentre pagavo, pensai a cosa mi sarebbe aspettato a casa. “Che posso fare per passare il tempo qui?” chiesi al proprietario del negozio con cui ormai mi sentivo in piena confidenza. “Se mai stata ai Kensington Gardens?” mi chiese. Scossi la testa. “Non sono molto lontani da qui. Un paio di minuti a piedi. E’ un parco rilassante” concluse strizzandomi l’occhio. Gli sorrisi e uscii dal negozio.

 

Al contrario delle mie aspettative, riuscii a non perdermi. Entrando ai Kensington, non potei non notare la moltitudine di scoiattoli che correvano sull’erba o saltavano da un albero all’altro. Fu come tornare a New York, a Central Park dove amavo oziare sorseggiando caffè macchiato con panna. New York mi mancava, più di quanto pensassi. Mi mancavano il caos newyorkese, le mie uscite pomeridiane senza meta tra la folla e i turisti. Mia madre, i miei amici, Jamie. Camminai continuando a guardarmi intorno, curiosa. Arrivai davanti ad una piccola statua, dove molti si facevano le foto. Aspettai che nessuno si mettesse in posa per avvicinarmi e capire di chi si trattasse. Sembrava un mezzo folletto che suonava un flauto. Pensai immediatamente alle leggende celtiche. “Scusi, chi è?” chiesi a una signora, indicandogli la statua. Mi guardò come se fossi un alieno. “E’ la statua di Peter Pan” mi rispose. “Ah, grazie” risposi, riportando il mio sguardo su Peter. Da piccola amavo il cartone della Disney su questo personaggio. Lo guardavo quaranta volte al giorno, fino a sapere tutte le battute dei personaggi a memoria. Sorrisi. E così ero davanti alla statua del mio idolo da bambina. Il ragazzo che non cresce mai, proprio davanti a me. Se solo potesse essere vero. Se solo potessimo rimanere per sempre piccoli e non crescere mai. Sospirai, allontanandomi dalla statua e sedendomi su una panchina. Chiusi gli occhi. Il rumore del vento sugli alberi era rilassante. Sentivo ogni foglia muoversi, ogni passerotto svolazzare libero. L’unica cosa che mi infastidiva terribilmente era il vociare delle persone intorno a me. Se solo avessi potuto volare all’Isola-che-non-c’è e stare tranquilla. Iniziò a piovere. Una pioggia leggera. La gente intorno a me correva per trovare riparo sotto agli alberi. Mi alzai dalla panchina, sapendo che il destino mi voleva a casa, con Adam ad affrontare quella situazione. Tutto era contro di me. Tornai a passo lento a casa, sotto quella fastidiosa pioggerellina. Aprii la porta e dopo un minuto entrai in casa. Salii al piano di sopra. La porta della camera di Adam era stranamente aperta. Sbirciai all’interno, ma lui non c’era. Sospirai sollevata. Pericolo scampato. Era uscito. Poi fui presa dall’ansia. E se fosse stato con Lauren? Mi diedi uno schiaffo. Poi mi misi a ridere. Ero patetica. Stavo impazzendo. E aveva ragione mio fratello: ero troppo violenta. Mi sdraiai sul mio letto e chiusi gli occhi. Almeno se avessi dormito, Adam non mi avrebbe raggiunta. Ma contro ogni mia aspettativa non riuscii a dormire. Rimasi ferma immobile nel letto, ad occhi chiusi. Sentii la porta d’ingresso sbattere e come se avessi fatto un incubo mi alzai di scatto, ad occhi spalancati. Il cuore mi batteva a mille. Sentii dei passi pesanti sulle scale. Era lui. Ormai avevo imparato a riconoscere il suo modo di camminare e di salire le scale. Rimasi ferma, senza fare nessun rumore, sperando che non si accorgesse della mia presenza. La porta, cazzo! Pensai, notando che avevo lasciato la porta aperta. Merda. Infatti, come se fosse stato attratto dai miei pensieri, lo vidi infilare la testa in camera mia. Dalla sua espressione, non si aspettava di trovarmi lì, seduta sul letto con la faccia di chi ha visto un fantasma. “Sei tornata” constatò. “Già” risposi telegrafica. “Sono andato al negozio di CD, ma non ti ho trovata” “Sono andata a vedere la statua di Peter Pan” risposi, senza guardarlo in faccia. “Hai fame?” mi chiese. “Ho mangiato un hot dog” risposi robotica. Imbarazzo. Vergogna. Imbarazzo. Vergogna. Non provavo nient’altro. Lui se ne stava lì a guardarmi, a fissarmi. “Piantala di fissarmi” gli dissi gelida, dopo un interminabile minuto di silenzio. “Dio, sei la ragazza più strana che io conosca” disse ridendo. “Io non sono strana” lo rimbeccai. “Invece lo sei” si avvicinò a me, serio “ Sei la prima che dopo avermi baciato, preferisce parlare di hot dog e Peter Pan” “Rispondevo solo alle tue domande” risposi rossa in viso. “Piuttosto che affrontare l’argomento” continuò lui, come se non avessi detto nulla. “Cristo santo, io e te siamo fratelli” dissi per la millesima volta. “Ciò non toglie che ci siamo baciati” “E non dovrà più succedere!” esclamai isterica. “Non ti è piaciuto?” chiese, con quell’odioso ghigno dipinto sulla faccia. Mi stava mettendo in difficoltà. “No” risposi, mentendo. Lui rise “Lee, sei una pessima bugiarda” Cazzo. “Dico sul serio!” dissi alzandomi in piedi, tentando di convincerlo. “Quindi se ti baciassi in questo momento, mi respingeresti?” No, ti bacerei tutto il giorno per tutti i giorni della mia miserabile vita. “Ovviamente” risposi sicura, allontanando i miei pensieri. Ma quei suoi occhi azzurri mi fecero perdere un paio di battiti cardiaci. E non riuscii più a capire nulla, quando per la seconda volta ci baciammo. Il tocco delicato delle sue mani sul mio viso, mi fecero andare fuori di testa. Con una mano gli stringevo la felpa, l’altra navigava tra i suoi capelli castani. Mi alzò di peso e io automaticamente gli avvinghiai le gambe intorno alla vita. Mi mise con la schiena contro al muro mentre continuavamo a baciarci. Un bagliore di lucidità mi attraversò il cervello. Mi allontanai leggermente dal suo viso e bisbigliai un “Adam” come per fermare quella follia che stavamo facendo, ma lui mi bloccò “Stai zitta, cazzo” e riprese a baciarmi. Quel bacio fu molto diverso dal primo che ci eravamo dati poche ore prima. Non era di sfida, dato con rabbia. Era voluto, sentito, passionale. Le sua labbra si spostarono lentamente dalle mie al mio collo. Amavo i baci sul collo in generale, ma i suoi erano paradisiaci. Respiravo affannosamente, mentre mi mordevo il labbro inferiore sperando di non emettere qualche suono imbarazzate per dei semplici baci sul collo. Ma avrei voluto urlagli di non smettere per nessuna ragione, di continuare fino a che non gli si fossero consumate le labbra, fino a quando non mi avesse scavato un solco sul collo. Maledetto lui e i suoi baci. Poi si fermò. Aprii gli occhi e lo trovai a fissarmi con un sorriso divertito. “Sei una pessima bugiarda” Gli tappai la bocca prima che potesse aggiungere altro. Più ci baciavamo e più mi sentivo schiacciare contro il muro. Sentivo il suo corpo sul mio. Sentivo il suo respiro sulla mia pelle. Riuscii anche a sentire chiaramente la porta di casa chiudersi e delle voci distinte provenire dal piano di sotto. Lasciai la presa salda delle mie gambe sulla sua vita, cadendo rovinosamente a terra. Lui iniziò a ridere senza contegno, senza capire che diavolo fosse successo. Poi dalla sua espressione capii che aveva sentito le stesse voci che avevo sentito anche io. Mio padre, sua madre e nostra sorella. Mi alzai da terra e gli bisbigliai “Ora capisci perché tutto questo è sbagliato?” Lui non rispose, volgendo il suo sguardo fuori dalla mia stanza. Mi baciò sulla fronte e mi bisbigliò “Non me ne frega niente” e uscì dalla mia stanza lasciandomi sola con una faccia da completa idiota e il suo odore impresso addosso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 4 terminatooooo!!! Ho notato che siete sempre più ad aggiungere la storia ai preferiti, alle seguite e alle ricordate e oltre a ringraziarvi per la millesima volta non so assolutamente che fare :D Grazie mille!!

Bene, ci siamo arrivati finalmente! SI SONO BACIAAATIII!!! UUhh che tenerezza che mi fanno!! Sono abbastanza in alto mare nel pensare a che diavolo far succedere nel prossimo capitolo muhauhauahuah vedrò cosa posso fare per soddisfare voi e me :D Benissimo, continuate a seguire la mia storia e a recensire per farmi sapere che ne pensate perché per me i vostri pareri sono oro colato, siano essi positivi o negativi :D

 

Baci,

Kiki

  
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