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Autore: LaCla    19/05/2012    2 recensioni
Isabella Swan è reduce da una delusione amorosa, ma sulla sua strada incontra una compagnia di spensierati amici, che riusciranno a farla rinascere! Tra questi nuovi incontri, però, c'è un ragazzo che rapisce l'attenzione di Bella, Edward! cosa succederà, visto che questo Edward non è propriamente come l'originale? storia OOC, dove tutti sono umani. sul Raiting sono incerta, mi riserbo di cambiarlo, sia in verde che in arancione a seconda degli sviluppi della storia.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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hu
quarto aggiornamento, sto aggiornando velocemente, quindi potreste esservi persi i capitoli precedente! (meglio avvisare in vano che farvi spuntare un punto interrogativo in testa iniziando il capitolo ^_^)

Il mio orgoglio e la mia cocciutaggine mi aiutavano, e non poco, ad ignorare i sentimenti che effettivamente stavano nascendo per Edward. Non potevo permettermi una cotta per lui, non dopo quello che era successo. Eravamo solamente amici, semplicissimi amici!
Bastavano Alice e Jasper come coppia nella compagnia, non ne serviva un’altra. Stavo bene così.
E poi Edward mi lasciava stare, è vero, ma non aveva certo smesso di correre dietro a tutte le gonnelle della scuola! E al 90% delle volte riusciva a concludere qualcosa con la ragazza che puntava. Saranno gli occhi, sarà il sorriso, sarà il fascino, ma nessuna, o quasi, gli diceva di no.
Certo, aveva preso i suoi bei ceffoni, molti dei quali, anzi, tutti, meritati, ma alcune di quelle che l’avevano preso a schiaffi, erano solo arrabbiate per non aver avuto una seconda chance con lui, non per il fatto che le avesse usate e gettate come cartastraccia.
Certo che molte ragazze avevano l’anima profonda come una pozzanghera e il cervello grande come un chicco di riso.
Camminavo nei corridoi affollati, urtando in continuazione contro spalle e zaini altrui, persa nei miei pensieri, quando incontrai l’essere che causava tutto quel trambusto nella mia testa e nel mio cuore.
Edward avanzava verso di me, con grandi falcate sicure e decise, colpendo con il suo sorriso tutte le fanciulle che si trovavano sulla sua strada. More, bionde, rosse,  castane, persino quelle dalle tinte più strane gli riservavano uno sguardo ammiccante.
Roteai gli occhi in alto, sbuffando. Mi infastidiva da morire quel suo atteggiamento. Continuava a ricordarmi che io non ero nessuna in particolare, ero solamente una delle tante, tantissime ragazze che correvano dietro al più bello della scuola.
Quando mi raggiunse invertì la direzione, camminando al mio fianco.
«Buongiorno Bellina, svegliata con  la luna storta come al solito?» mi schernì, procurandosi un’occhiataccia.
«Se è sempre storta significa che ormai si è stabilizzata, quindi è dritta secondo il mio nuovo criterio di misurazione.» risposi pacata.
Santo cielo, risultavo acida persino a me stessa, e non ero nemmeno vicina al ciclo! Cosa potevo diventare? Un mostro fatto di acidi! Di questo passo, la trasformazione era ormai alle porte.
«Ook, ti accompagno in classe, posso?» mi chiese.
Ormai lo faceva tutti i giorni, da un mese a questa parte. Probabilmente il far credere alle altre ragazze, di essere affezionato ad una in particolare, scatenava un processo di invidia che gli procurava molti più successi.
In sostanza ero semplicemente una routine che doveva svolgere per avere più ragazze nel suo harem.  La cosa mi disturbava abbastanza, ma non potevo rifiutare quei pochi minuti che rubavo, in sua compagnia.
«Ho parlato con alice la settimana scorsa… quella ragazza è un uragano!» mi disse, dopo qualche secondo di silenzio.
Quell’affermazione mi stupì, alla fine vedeva la fatina ogni giorno a mensa, e si parlavano tranquillamente. Cosa aveva di speciale quell’avvenimento per essermi comunicato?
«Ok… e allora?» chiesi curiosa, mantenendo comunque un vago accenno di acidità involontario. Stavo veramente diventando una mostruosa creatura velenosa? A quanto pareva, si.
«Beh, ora siamo arrivati Miss veleno, ne parliamo a fine lezione, ti può andar bene? Magari andiamo a berci un caffè alla tavola calda qui fuori…» esclamò Edward, quando effettivamente eravamo ormai di fronte all’aula di storia.
«Ok,  non c’è problema, a dopo allora!» dissi entrando in aula, mentre lui si allontanava.
Fortuna volle che Alice fosse già sistemata al suo posticino, accanto al quale c’era un fantastico banco vuoto, che era il mio.
Mi sedetti, ignorai spudoratamente l’insegnante appena entrato e sibilai all’orecchio della mia compagna:
«Che cosa hai detto ad Edward?».
Lei mi guardò con occhioni innocenti, prova lampante che era più che colpevole, ed alzando le mani in segno di resa mi assicurò di non aver detto niente di niente ad Edward.
Le credevo? No, decisamente no!
«Non mentirmi, ti conosco da anni, non me la dai a bere! Non sono né Jasper, né tantomeno Seth, quindi dacci un taglio con la commedia e sputa il rospo!»
Non so se fu il mio tono di voce o la mia espressione ad indurla a parlare, fatto sta che lo fece, e la odiai profondamente per quello che mi disse.
La signorina impicciona infatti aveva avuto la brillante idea di andare a spifferare ad Edward che la povera Isabella era innamorata di lui, ma si vergognava a dirglielo, perché lo vedeva andare con tante ragazze,  e non si sentiva all’altezza eccetera eccetera.
Gli aveva riferito tutte cose vere, ma il fatto saliente della mia incazzatura, era che quelle cose non andavano dette ad Edward!
La guardai sconvolta. Mi sentivo tradita, presa in giro ed umiliata. La mia migliore amica di sempre, come aveva potuto farmi questo?
Non saprò mai cosa vide nei miei occhi, ma posso dire con certezza di aver visto la paura nelle sue iridi. Mi alzai dal banco, presi la mia cartella ed uscii.
Al diavolo la professoressa di storia, tanto avevo i voti altissimi, mi sarei scusata in seguito.
Ora l’unico mio problema era uscire da quella stanza, e mettere tra me e quella che credevo essere la mia migliore amica, più metri possibile.
Mi avviai al mio armadietto, tirai fuori le chiavi ed il resto delle mie cose e mi avviai al parcheggio.
Non me ne importava nulla delle lezioni, avrei finto un qualche malanno, oppure un’emergenza di qualche tipo. Non mi importava, volevo solo andare via.
Codarda? Fifona? Si, lo ero. Stavo scappando dal tradimento, stavo scappando dall’incontro appena organizzato, stavo scappando da una conversazione che non volevo avesse luogo, stavo scappando dalla mia migliore amica, che aveva sbriciolato la fiducia che riponevo in lei in pochi secodni, stavo scappando da Edward, e dallo sguardo pietoso che mi avrebbe riservato dopo le lezioni.
Non avrei potuto sopportarlo, preferivo vivere il mio amore nell’ombra, e sperare, confidare in un miracolo, in una svolta, in un colpo di scena, piuttosto che avere la certezza che tra me e quel ragazzo bellissimo dagli occhi color speranza, mai e poi mai sarebbe accaduto qualcosa di romantico.
Arrivata alla macchina entrai nell’abitacolo, dove l’odore di menta piperita del deodorante riempiva l’aria.
Misi in moto ed uscii di fretta dal parcheggio, diretta a casa, al sicuro, tra le quattro mura che ormai avevo eletto a fortezza. Mi sarei rintanata nel letto morbido, sotto le coperte, e sarei rimasta lì fino all’indomani. Forse anche di più. Avrei perso la cognizione del tempo, ma non mi importava nulla.
Il rumore della ghiaia del vialetto mi riscosse dai pensieri. Maledizione, avevo guidato d’abitudine, senza prestare la minima attenzione alla strada. Pessima mossa, pericolosissima e stupida mossa.
Come da programma entrai in casa, chiusi a chiave la porta e mi coricai in camera.
Non avevo programmato di piangere, eppure lo feci.
Prima Jacob, ora anche Alice.
Perché tutti quelli a cui tenevo mi facevano del male? Ed io, stupida, ero sempre pronta a perdonare, a passare sopra alle cose, a superare con maturità i problemi. Ma cosa ci guadagnavo? Altri colpi, altre bastonate, altre delusioni.
Perché l’aveva fatto? Perché Alice aveva detto quelle cose ad Edward? Cosa le avevo fatto per meritarmi un trattamento simile?
Perché?
Ecco l’unica domanda che mi ronzava fastidiosamente nella testa, e che nonostante i miei sforzi non trovava risposta, poteva solo sfogarsi nel pianto e tramutarsi in rabbia. E quando le lacrime finirono, avevo ancora troppi perché nella testa, troppi quesiti non espulsi dalle lacrime, troppe domande pronte a convertirsi in rabbia e delusione. Davvero troppe, per poter far prevalere la ragione.
Alice, questa volta non ti perdonerò.
   
 
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