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Autore: Meramadia94    20/05/2012    2 recensioni
In quel preciso istante suonò il telefono sulla scrivania-:''Gregory Lestrade.''- rispose prontamente il DI. Divenne pallido come un cencio quando il suo interlocutore iniziò a parlare e lasciò cadere la cornetta a peso morto sulla scrivania.
''Problemi? E' morto qualcuno?''- fece Sherlock speranzoso.
Lestrade sospirò: non sapeva come dirlo.
''Sherlock... John...''
Io metto il rating giallo, mi pare il più appropriato ma se ci sono problemi non eisterò a cambiarlo
Rating modificato da giallo a arancione
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jim Moriarty , John Watson , Lestrade , Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ora signore e signori il gran finale, con una piccola vena di romaticismo... non scannatemi per favore, so che questo cappy non regge il confronto con gli altri.

Spero che non rimaniate troppo schifati.

 

John riaprì lentamente gli occhi...

la prima cosa che vide fu Sherlock,

la prima cosa che strinse tra le mani erano quelle gelide e bianche come la neve del coinquilino... era stanco, si sentiva a pezzi e il braccio dove aveva riportato l'ustione faceva malissimo... ma a parte questo il bianco candore delle lenzuola gli sembrava il paradiso... l'uomo con i capelli color dell'ebano, gli occhi di ghiaccio e la pelle bianca... l'angelo più splendente del paradiso.

''Ti amo...''- riuscì a sussurrare come se avesse una gran paura di sparire per sempre e di non poter più dire quelle poche parole.

In un attimo si ritrovò tra le braccia scheletriche ma forti del coinquilino.

Fu costretto ad inspirare profondamente per riuscire ad avere almeno un po' d'ossigeno.

Avrebbe voluto che quell'abbraccio non finisse mai.

''Stringimi Sherlock, tienimi tra le tue braccia...''- pensava con un'espressione beata sul volto-:'' sei la mia medicina...''

Alla fine però furono costretti a separarsi.

''Bentornato tra noi, amico.''- fece Mike con gli occhi lucidi per la commozione mentre staccava dal medico militare tutti quei macchinari-:'' sei fortunato ad essere ancora vivo. Qualcuno lassù deve volerti bene.''

Facendo leva con il braccio sano si tirò su mettendosi a sedere su quel materasso duro come la pietra-:''Moriarty... dov'è finito? Era tutto in fiamme.''

Sarah gli mise le mani sulle spalle per tranquillizzarlo e costringerlo a stendersi, mentre il medico opponeva un po' di resistenza.

''Hai passato un brutto momento, ma ora è tutto passato, cerca di calmarti, stai ancora male non devi agitarti.''- lo redarguì Sarah preoccupata: sul monitor vedeva un notevole aumento di intensità.

Con l'aiuto di Sherlock riuscì a farlo stendere nuovamente.

''Cos'è successo....?''- domandò John calmandosi piano piano.

''Ne riparliamo in un altro momento, ok?''- fece Lestrade. Questo era uno dei pochi casi dove non era necessario che facesse domande a una vittima di rapimento per sapere. Tanto grazie a Sherlock sapeva gia tutto.

Prese Molly per la mano ed entrambi si avviarono verso la porta.

Nel giro di pochi minuti i due amici si ritrovarono da soli.

''Sherlock, per favore dimmi cosa mi è successo...''- implorò John stancamente mettendosi a sedere sul letto. Sherlock lo imitò.

''Tu che cosa ricordi?''- domandò Sherlock-:'' Cos'è successo quel giorno?''

John chiuse gli occhi, come per voler rilassare le palpebre, e poi li riaprì.

Iniziò a raccontare.

FLASH-BACK

John arrivò fino al sotterraneo percorrendo la lunga scalinata poco illuminata che finiva in cantina. Dopo tre porte si fermò davanti alla porta che recava la scritta ''ARCHIVIO''.

Appena entrato percepì l'acre odore del disinfettante e si coprì il naso che iniziava a bruciare.

'' E poi parlano di scarsità igienica in ospedale...''- pensò sedendosi al computer dell'archivio selezionando i dati della cartella da cercare.

In circa undici secondi trovò tutto quello che gli serviva.

Scaffale F, ripiano B, e la cartella che gli serviva era nel terzo portadocumenti partendo dalla sua sinistra.

Mentre si dirigeva alla meta gli parve di sentire la porta aprirsi e inizialmente sussultò spaventato.

''C'è qualcuno?''- domandò ad alta voce.

Nessuno rispose.

Forse era solo stanco e sentiva rumori che in realtà non c'erano...

Prese il portadocumenti e iniziò a sfogliarlo alla ricerca del foglio che doveva portare...

Eppure sentiva dei passi che si avvicinavano, aveva una gran brutta sensazione...

Sensazione che diventò realtà quando due braccia gli cinsero il collo da dietro. Poi un braccio gli teneva strettamente il collo, mentre la mano dell'altro andò a posarsi violentemente sulla bocca.

Gli sembrava di soffocare, dal canto suo era impossibilitato anche a chiamare aiuto, ma anche se fosse stato in grado non sarebbe corso nessuno. Erano nei sotterranei, in una stanza del tutto insonorizzata.

Certo che però avrebbe venduto cara la propria pelle.

Iniziò a tirare calci a tutto quello che capitava e a contorcersi come se un serpente velenoso lo avesse appena morso. Nella loro direzione corse un secondo uomo.

''Eh, così però non vale!!!''- avrebbe voluto contestare John, mentre il secondo brutto ceffo gli afferrava le gambe per impedirgli di continuare a divincolarsi.

Ok, ora la situazione non era brutta... era disperata.

Si, perchè alla loro allegra, chiamiamola conversazione, si unì un terzo uomo con una siringa piena di un liquido argentato. Ma John riuscì a liberare una mano e la fece cadere a terra, e la minaccia si ruppe in mille pezzi.

''STA BUONO!!!''- gli venne ordinato.

''Non ci penso nemmeno!!!!''- avrebbe voluto gridare, continuando a muoversi come una trota fuori dall'acqua.

''Oh, beh... a mali estremi... estremi rimedi, no?''- il terzo uomo afferrò un coltellino svizzero e gli colpì un nervo alla base della nuca.

Poi più niente.

Solo il buio.

FINE FLASH-BACK

''... quando mi sono svegliato ero rinchiuso in uno stanzino, e Moriarty è venuto a farmi visita... ha detto che voleva vedere quanto tempo ci avresti messo a capire cos'era successo e dov'eravamo, altrimenti ci avrebbe uccisi tutti e due.''- concluse John-:'' pensavo a un modo per aiutarti a risolvere il caso, poi ho capito che eravamo presso il Tamigi e quando mi hanno portato il giornale da fotografare mi è venuta l'idea. Hai capito subito?''- domandò.

Sherlock scosse la testa in cenno di dissenso.

''Intuivo che mi stavi mandando un messaggio, ma ci ho messo un po' di tempo a decifrarlo.''- ammise il CI arrossendo fino alla punta dei capelli per la vergogna.

''Ero talmente concentrato a cercare di dissipare quell'enigma che non mi sono minimamente preoccupato di capire che mi aveva dato tre ore meno di quanto sosteneva di avermi dato. Sono stato un vero idiota.''

''Non potevi certo immaginare che avrebbe giocato sporco un'altra volta. Non angustiartene, non è colpa tua.''- lo rassicurò John-:'' e poi alla fine ci sei arrivato comunque.''

''No... è stato Jim ad avvisarmi. Non so perchè ma anche se ha fatto di tutto perchè tu morissi... era come se sperasse nel fatto che io arrivassi in tempo per salvarti.''

In realtà sapeva bene che Jim aveva costruito quella storia per vedere se le incredibili doti di cui la natura aveva dotato Sherlock funzionavano come non mai anche quando era evidente il suo attaccamento all'oggetto dell'indagine.

Ma non avrebbe veramente ucciso John, l'unico punto di debole di Sherlock e potenziale arma contro di lui. Infatti contava sul tempestivo intervento del rivale per salvarlo, anche se il gioco si era spinto un po' troppo in la e John aveva davvero rischiato di finire arrostito.

Ma questo non poteva certo dirglielo. Gli piaceva non mettere del tutto al corrente gli altri di cio che sapeva e pensava.

''Come ti senti adesso?''- chiese Sherlock. La cera dell'amico non era delle migliori.

''Mi gira la testa...''- ammise John. In quel momento vide la mano bianca e fredda del coinquilino posarsi sulla sua.

''No, non hai la febbre.''- sospirò sollevato-:''Sembri stanco, perchè non ti riposi un po'?''

John sospirò, sdraiandosi-:''Ci proverò.''

Nel frattempo il coinquilino versò una strana mistura in un bicchiere d'acqua minerale e lo porse all'amico.

''Cosa mi dai?''- chiese John incuriosito. Pur fidandosi cecamente di Sherlock era fuori discussione che bevesse qualcosa senza sapere di cosa si trattava.

''Un tranquillante. Ti farà dormire tranquillo almeno per qualche ora.''- spiegò con tutta la calma del mondo. John gli diede retta e prese il bicchiere con ambedue le mani e iniziò a berlo lentamente, finchè nel bicchiere non rimasero che poche goccie cristalline sul fondo.

Poi si ristese e man mano che il sonno si impadroniva di lui si rimboccò le coperte, anche con l'aiuto di Sherlock.

Aveva bisogno di dormire qualche ora, dimenticare quello che aveva passato.

Ci mise poco più di tre minuti a cedere al sonno.

Non appena Sherlock ebbe la certezza che l'amico dormiva si distese di fianco a lui, addormentandosi a sua volta. Al diavolo chi sarebbe entrato e li avrebbe visti... tutto quello di cui aveva bisogno era li, steso di fianco a lui.

Finalmente gli sembrava che l'universo avesse ripreso il suo normale equilibrio.

 

''Ok, Watson... oggi ha il giro di visite di controllo.''- gli ordinò la Scott.

Era una settimana che era di nuovo in piedi e quel giorno ricominciava il lavoro. E per tutta la giornata lavorativa non aveva fatto altro che ascoltare pazienti e colleghi che avevano seguito il caso del suo rapimento, chiedergli come stava, se voleva parlarne per reprimere l'orrore vissuto, cosa si provava ad avere un arresto cardiaco, a morire e a rinascere e mille altre sciocchezze.

Tra l'altro aveva quasi litigato con Sarah che si era permessa di fare una richiesta di congedo al suo posto, affinchè potesse riposarsi come si deve.

Apprezzava molto il gesto fatto con le migliori intenzioni, ma come tutto il resto delle persone non gli piaceva quando la gente metteva il naso nei suoi affari.

''Allora, ascoltatemi bene tutti...''- fece John alzando le braccia al cielo-:''Io sto benissimo. Mi sono perfettamente rimesso, non sono ne devastato ne sotto shock.''

''E io le ripeto...''- fece la Scott-:'' che per me lo può ripetere finchè non diventa blu. Ha rischiato di morire per anossia e nella migliore delle ipotesi di perdere l'uso del braccio per un'ustione di terzo grado, poi è andato in coma, due crisi nel giro di poche ore con arresto cardiaco e il rischio di lesioni celebrali. Deve rimettersi.''

John sospirò rassegnato, anche se era leggermente arrabbiato: si era laureato a Oxford, in chirurgia, ottenendo centodieci e lode.

Un chirurgo rinomato e che aveva preferito fare il medico di guerra ai mille ospedali che avevano fatto a botte tra loro pur di averlo.

E invece, era li a fare il giro per vedere chi poteva essere dimesso o meno quando avrebbe potuto, e soprattutto dovuto, essere in sala operatoria a salvare vite umane, unica cosa che sapeva fare e per la quale aveva affrontato un sacco di sacrifici.

''Meno male che tra dieci minuti me ne vado a casa...''- sospirò come a volersi consolare.

Qualcuno lo afferrò con energia da dietro, portandolo dietro a una colonna del corridoio che stava percorrendo e che gli premeva le mani sulla bocca.

Oddio, ti prego no,no,no.... di nuovo no!!!- strepitò dentro di se, terrorizzato come non mai, ah, ma stavolta Jim non l'avrebbe messo con le mani nel sacco.

Riuscì a spalancare la bocca e a mordere la mano dell'aggressore.

''Ahia!!!''- si lamentò quello.

John riconobbe subito la voce.

''Sherlock?!?''- fece John visibilmente sollevato ma anche furioso per lo spavento che gli aveva fatto prendere. Non sapeva nemmeno che faccia avesse in quel momento.

''E' questo il modo di salutare il fidanzato che viene a trovarti al lavoro?''- si lamentò Sherlock mentre John stava guardando l'impronta che aveva lasciato sulla mano del coinquilino.

''E a te pare questo il modo di presentarti?''- poi lo rassicurò-:'' non è nulla di grave, dagli qualche minuto e non si vedrà più nemmeno il segno. Ad ogni modo, ho pensato di passarti a prendere. Stasera usciamo.''

''Non offenderti, ma stasera non ho per niente fame, ho mangiato troppo alla mensa dell'ospedale.''- fece John stringendo a se la cartellina dei pazienti da controllare.

''Nemmeno io, ma uscire la sera non significa obbligatoriamente andare al ristorante...''- fece notare Sherlock.

John lo guardò per un momento e poi gli sorrise-:''E va bene, dammi dieci minuti per finire il turno e poi sono subito da te.''- fece John allontanandosi.

Non si fece attendere: Sherlock lo stava aspettando su una moto rossa e aveva due caschi, uno blu e uno nero.

''Ti piace? Direttamente dal Surrey dove sono nato, me l'aveva regalata mio padre per i miei diciotto anni.''- spiegò Sherlock anticipando le domande che John stava gia meditando nella sua mente.

Aspettò che quest'ultimo fosse salito per dargli il casco blu, per poi allacciarsi il suo. Sussultò appena quando sentì le braccia di John cingergli la vita. Mise in moto e partì alla volta di Hyde Park.

 

Entrambi si sedettero su una panchina del parco, e con grande stupore del medico, anche Sherlock aveva comprato una granita e adesso se la stava gustando.

Per John quella panchina era La Panchina, era la stessa sulla quale si era seduto mesi prima e aveva saputo per la prima volta dell'esistenza di Sherlock. Da quando l'aveva conosciuto aveva sempre fatto dei sogni, dove lui e Sherlock sedevano li.

''A che gusto è?''- chiese Sherlock ammiccando alla granita dell'amico.

''Amarena.''- fu la risposta.

''Posso assaggiare?''- chiese Sherlock.

John gli porse il bicchiere. Ma invece di servirsi da li, Sherlock prese il volto bruno incorniciato dai capelli biondi dell'amico, lo portò a se e lo baciò con passione.

Inizialmente John fu sorpreso e avrebeb voluto allontanarlo, ma poi capì che quelle labbra fredde e perfette erano la cosa che più gli era mancata in quei giorni di prigionia e lo lasciò fare.

Con una mano teneva il bicchierino di plastica con l'altra si era aggrappato ai fluenti riccioli dell'amico.

Finalmente Sherlock gli permise di tornare a respirare.

''Tocca a me, adesso.''

''Pensavo odiassi la menta...''- ma non gli lasciò finire la frase e gli coprì la bocca con la sua, esplorando la bocca del CI con la sua lingua.

Era da tutta la vita che aspettava di essere e di sentirsi così felice e appagato.

Quando era con Sherlock sentiva il suo cuore battere così forte da voler scoppiare e il sangue scorreva nelle vene, era caldo... e tutto scompariva. 

  
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