“We've
been seeing what you want,
You've
got us
cornered right now
Falling
asleep
from our vanity
May
cost us our
lives
I
hear them
getting closer
Their
howls are
sending chills down my spine
Time
is running
out now,
They're
coming
down the hills from behind”
[…]
“When
we start
killing
It
all will be
falling down
From
the hell that
we're in
All
we are is
fading away
When
we start
killing”
(
The Howling –
Within Temptation )
L’imprevedibilità del destino era un qualcosa al
di fuori della sua
comprensione di bambina, un dogma universale che solo lei, nata dal
caso e da
un errore divino non poteva in alcun modo comprendere, prevenire.
Eppure, il sentore del disastro era nato in lei anche senza
averne
coscienza, anche senza sapere che il dolore poteva giungere
all’improvviso,
senza un giusto preavviso.
Il suo ritorno alla cella di Loki aveva richiesto tre notti fatte di
pensieri,
dubbi, incertezze che lei non era riuscita in alcun modo a smorzare.
Non con un’incertezza come la sua.
Non con una conoscenza effimera del mondo e del suo ciclo di fortuna e
sfortuna, dolore e morte.
Per questo, quando i punti luminosi della creatura con lei tanto
silente
continuarono a rimanere chiusi, celati dalle palpebre, anche dopo il
suo
arrivo, quella sensazione di pericolo cominciò a pungerle il
petto.
Si sfiorò inconsciamente il ventre che aveva preso a
dolerle, come se qualcuno
avesse cominciato a prenderlo a morsi, una sensazione sgradevole che la
portò
a serrare le braccia attorno al proprio busto.
Forse dormiva, ma la linea rigida degli occhi rendeva evidente lo
sforzo
dell’uomo nel mentire uno stato di dormiveglia in sua
presenza, una falsa
pretesa che la colpì con forza, tanto da farla
indietreggiare inconsciamente.
- Loki ? – chiamò con quella voce che
con il tempo si era ammorbidita,
perdendo il tono acuto di quando era bambina.
Persino i suoi capelli erano cresciuti con una velocità che
lei,
inconsapevolmente, riteneva normale, anche
se il passaggio da infante ad adolescente richiedesse in
realtà più
di due lune, ma
lei questo non poteva saperlo.
Lui non rispose, continuando con ostinata fermezza a fingere
di
riposare, incurante dei suoi occhi che senza un perché
cominciavano ad
inumidirsi . E
a lei, quella sensazione non piaceva.
- Loki ? – tornò a chiamare, questa volta con la
voce incrinata da quella
sensazione di soffocamento che la sua mente etichettò come “pianto”
.
Una lieve contrazione delle labbra, non ebbe più di quello.
Non uno sguardo indifferente ma presente.
Non una qualche forma di attenzione.
Era come se lui non la vedesse, come se tutt’un tratto fosse
divenuta
invisibile agli occhi e al cuore.
E quella sensazione di “pianto” cominciò
a chiedere uno sfogo, una via di fuga.
Quando “qualcosa” di
freddo e viscido prese a bagnarle le guance, lei potè
percepire quasi
sollievo, una sensazione di liberazione che le concesse un
po’ di respiro da
quel “pianto” che
tentava in tutti i modi di scacciare.
Ma nessuno le aveva insegnato che il dolore non è preda
della compassione.
Nessuno l’aveva avvisata di come l’indifferenza
altrui potesse fare male.
Nessuno aveva potuto avvertirla, consolarla, capirla.
Perché era nata da un errore, e gli errori si pagano, non si
giustificano.
Ma lei questo non poteva saperlo.
- Loki – singhiozzò esasperata, avanzando di un
passo senza sapere cos’altro
dire, fare.
Perché quella era l’unica parola che aveva mai
imparato a ripetere, solo
quella.
- Vattene. E non tornare.
Non capì il significato di quelle parole, non le comprese.
Non perché il suo cervello si rifiutasse di accettarle, ma
perché,
semplicemente, non ne conosceva il significato,
l’intenzione.
Eppure riuscì ugualmente a giungere ad una conclusione.
Non la voleva lì, non la voleva vedere.
Il “pianto” cessò
di esistere quando un’altra sensazione, ancora più
opprimente,
ancora più straziante la portò a correre via con
gli occhi che dolevano.
Ciò che la sua mente definì “strazio” ma
che il ritmico tum-tum nel suo petto catalogò come “paura”.
Paura di essere tornata nel buio.
Paura di essere di nuovo da sola.
Perché l’inganno era una capacità umana
e divina che lei non poteva comprendere, capire, men che meno da
un Re senza trono che delle bugie ne era
artefice e dio.
Un dio che tutti avevano sempre temuto, odiato, maledetto, ma un dio
che per una
volta nella vita aveva adoperato la sua tanto
disprezzata arte per
fare qualcosa di buono, di
giusto.
Allontanare da sé l’unica creatura che avesse
avuto pietà e compassione
di lui.
Forzare il proprio essere a dimenticare l’unica carezza che,
in quel
mondo crudele e ingiusto, avesse mai ricevuto.
°°°
“Infinità” fu
il primo aggettivo che riuscì ad
imparare per esperienza, più che per reminescenza del
passato.
Come l’infinità di lacrime che non le lasciavano
respiro.
Era tornata nella sua prigione di buio ed ombra, nella piccola gabbia
senza né
luce, né voci.
Un piccolo angolo di silenzio che solo il suo singhiozzare storpiava.
E le doleva tutto.
In particolar modo quella “cosa”che
emetteva quell’incessante e
rumoroso tum-tum.
Sentiva le dita tremare, la gola bruciare e una strana “paura” alla
testa.
Perché “paura” per
lei significava dolore.
E nel suo caso aveva paura, terribilmente paura.
Non le piaceva sentire il viso caldo per la paura.
Non le piaceva sentire le mani bagnate per quelle strane gocce
d’acqua che
fuoriuscivano dalle sue palpebre serrate.
Non le piaceva più nulla, neanche imparare cose nuove.
Perché poche erano state le cose che l’avevano
fatta sentire bene, “felice”
.
Solo la parola “Calore”,
“abbraccio”, “ amico “ e
“Loki".
“Loki” .
“Loki” che non voleva
più guardarla.
“Loki che
non voleva più sentirla.
“Loki” che
era tornato a farle paura, tanta
paura.
Si lasciò scappare un suono strano, come un respiro forzato,
doloroso, che
le faceva male al petto, ma non ebbe più modo di elencare
cosa non le piacesse, cosa le facesse paura.
Perché udì passi e voci fuori dalla
porta.
Ma non erano le voci delle creature parlanti che ogni giorno sostavano
per un
po’ davanti alla sua porta prima di andare via.
C’era quella
voce,
e ne fu spaventata, specialmente
quando vide la porta aprirsi di scatto e una figura imponente
illuminarla completamente.
La luce dorata dei “capelli” di
quella creatura con gambe e braccia come le sue era fastidiosa per i
suoi
occhi, così abituati al buio, ma i suoi punti luminosi non
erano freddi come
quelli di “Loki”
.
Non erano indifferenti ma gentili come i suoi.
Erano grandi, luminosi, ma accesi dall’orrore, dal rifiuto,
dalla rabbia.
Dal disgusto per una simile blasfemia.
Ancor prima che Thor potesse agguantarla, lei fu lesta a saltare di
lato e
attraversare una parete con un urlo spaventato, sorpassando i corridoi
che
portavano alle scale a chiocciola e alle prigioni.
Ma ancor prima di discenderli, le parole del suo amico tornarono a
ricordarle
che lei non era più ben accetta lì, che lui non
l’aveva voluta prima, non
l’avrebbe voluta ora.
Con un salto decise allora di risalire in superficie, aggrappandosi
alle varie
sporgenze delle pareti d’oro che, tutte uguali tra loro,
sfilavano
davanti ai suoi occhi.
Stava giusto per svanire al di là dell’ennesima
parete quando “qualcosa” la
afferrò dalle spalle, sbattendola
a terra con una forza che le strappò un gemito di dolore.
La vista divenne un po’ traballante, ma riuscì a
scorgere i tratti rudi di un
viso largo e un corpo massiccio, grande come quello di un “orso” paragonò
la sua mente, ma non furono
le caratteristiche fisiche di quella creatura a gettarla nel panico,
quanto più
la consapevolezza di essere incastrata sotto di lui.
Il terrore la assalì subito.
Scalciò con forza, graffiandogli il volto e sentendo alle
spalle i numerosi
passi di altre creature come quella che la imprigionava a terra.
Altri esseri che volevano farle del male.
L’orrore le riempì lo sguardo, il petto,
riversandosi nelle sue vene fino
ai polpastrelli, e qualcosa si strappò nel suo petto .
Quella specie di laccio che l’aveva tenuta integra
fino a quel momento,
unita, compatta.
L’onda d’urto scaraventò Volstagg contro
una colonna, accecando Lady Sif e
Fandral, accorsi in aiuto del compagno.
E quando la nube elettrica si diradò, entrambe le
divinità videro la
fuggitiva guardarsi con sorpresa i palmi evanescenti delle mani prima
di
puntare lo sguardo su di loro.
Occhi grandi come galassie, puntellate di stelle ed energia pura che
vorticava
furiosamente attorno al corpo sottile della strana creatura, della
ladra del
cubo .
Lei però non diede loro tempo di intervenire.
Con un movimento impercettibile del braccio scaraventò
contro di loro una
scarica di energia tale da far crollare su di loro l’intero
corridoio, dandole
così la possibilità di fuggire indisturbata verso
i cancelli di Asgard.
E mentre Lady Sif, uscita dalle macerie con un taglio al sopracciglio
avvisava
Thor della direzione della fuggitiva, il dio del tuono non dava segno
di
averla udita.
Strinse solamente le mani attorno al proprio martello, ordinando loro
di
avvisare Heimdall di bloccarla ad ogni costo.
Ma la mente del dio era volta più che al cielo di
Asgard ai suoi sotterranei, lì, nei bassi fondi
dove un fratello rinnegato aveva protetto il frutto di
un errore che andava riscattato.
Il traditore che, ancora una volta, avrebbe pagato per le sue
continue
scorrettezze.
Perchè, con o senza il permesso di Odino, Loki
avrebbe pagato.
Per tutte le vite che aveva crudelmente strappato, e per
l’unica che invece,
nell’ennesimo atto scellerato e incoerente, aveva deciso di
proteggere.
°°°
I Rinnegati non avevano un futuro.
I Traditori non provavano pietà.
Il Re senza trono non avrebbe dovuto curarsi di una creatura senza
passato,
eppure Loki sentiva le palpebre prudere dal bisogno di schiudersi e
assicurarsi
di trovare la sottile figura
lì, di fronte a lui.
Lì dove era stata, dove sarebbe stata sempre
se non fosse stato
per lui e per le sue parole.
Ma Thor aveva capito, aveva visto,
e lei non sarebbe stata al sicuro nelle prigioni, non con un dio
incatenato, senza possibilità di difendere se stesso, men
che meno una
creatura di un altro mondo.
Perché lui lo aveva capito che la strana bambina non era
nativa di Asgard, non
avrebbe mai potuto esserlo.
Il biondo che era simbolo del popolo di quel mondo avrebbe stonato
sulla pelle
acquamarina della sconosciuta, e gli occhi chiari degli dei avrebbero
sfigurato davanti alle iridi baluginanti della strana fuggitiva.
Sola, come lui.
Senza un passato, come lui.
Diversa, come era stato lui, un tempo.
- La tua follia non fa che sorprendermi, fratello!
Loki vibrò appena nell’udire l’odiata
voce del dio, ma anni di perfetta
indifferenza lo avevano reso immune alle critiche, agli
sguardi
impietositi che nel dio degli inganni non generavano che altro odio,
altro
rancore, altro desiderio di rivalsa.
- Cosa porta qui te invece? Il tuo patetico tentativo di
farmi tornare
sulla retta via ? O è semplicemente il tuo egocentrismo a
farti scendere ogni
giorno gli scalini delle prigioni ?
Non aveva mai avuto pietà per nessuno, perché
nessuno l’aveva mai avuta per
lui.
Non lo avevano mai concesso i suoi occhi .
Non l’aveva concesso la sua bocca.
Non l’avrebbe concesso il suo stesso essere.
Perché, benché erede di un popolo di demoni
sanguinari e crudeli, Loki sapeva
di essere migliore di quegli ipocriti che si sollazzavano nelle loro
nuvole
d’oro e gemme, incuranti delle atrocità degli
umani.
Perché lui lo aveva compreso, accettato.
Gli uomini amavano la morte, la bramavano, e lui aveva tentato
di
soddisfarli.
Aveva tentato di dare loro la libertà dalle catene
che li inchiodavano
all’asservimento, aveva provato a portarli in una nuova era,
ma Thor e
quei patetici Vendicatori lo avevano fermato, imprigionato.
- E cosa porta te, Loki, a fare sempre la cosa sbagliata ? –
il tono del dio
dei tuoni si alzò di due ottave, raggiungendo il fragore dei
fulmini, suoi
servi – Cosa ti ha portato a proteggere una simile creatura ?
Dovresti essere
punito solo per non aver detto nulla al riguardo!
Bastò quell’ultima frase ad attirare
l’attenzione del dio incatenato,
quell’unica e rabbiosa ‘creatura che
portò alla mente della divinità un paio
d’occhi lucidi lacrime.
Le manette tremarono quando le sue mani cominciarono ad agitarsi
nervosamente
mentre il suo respiro andava a condensarsi nella maschera
d’oro che gli
opprimeva il viso.
- Cosa stai dicendo?
Thor si lasciò sfuggire uno sguardo sorpreso quando gli
parve di
percepire una nota di panico nella voce sempre canzonatoria del
fratello, ma
attribuì quel suono ad una semplice allucinazione .
- Sto dicendo che verrai punito a tempo debito per averla
lasciata vagare
indisturbata per il regno. Per quanto riguarda la ‘creatura,
Heimdall si sta già occupando di
lei.
A confermare le parole del dio dei tuoni si udì giungere dal
cielo un grido
femminile che squarciò il silenzio delle prigioni
e l’imperturbabilità che
permaneva negli occhi increduli del dio.
E il terrore gli ghermì il cuore, le ossa, la
voce, nell’immaginare
l’imponente fratello di Sif accanirsi contro di lei,
così piccola, fragile.
- Tu, come puoi…
- È compito di un dio proteggere il proprio popolo dai
pericoli, e lei è
troppo pericolosa per rimanere in vita.
Parole che sapevano di giustizia, ma che giuste non erano.
Parole che inneggiavano alla vita di molti, ma condannavano la vita di
un essere vivente.
Quando Thor gli diede le spalle, Loki lanciò un grido
disumano, agitandosi
nelle sue catene, schiumando rabbia e provando a liberarsi.
Poi il rumore di un tuono, e il dio comprese che lei era accerchiata
oramai da
troppi uomini che ambivano la sua morte, troppi oppressori per
sopravvivere da
sola, senza qualcuno a difenderla.
E benché lo spirito di solidarietà non lo avesse
mai animato.
Sebbene Loki fosse conosciuto come un essere crudele, meschino, senza
cuore,
il pensiero di vedere lei,
senza vita, al suolo, ebbe il potere di fargli male, di dolere
ad un cuore che, secondo le leggende, lui non avrebbe dovuto possedere.
E non ci fu posto neanche per la ragione.
Come dio degli inganni Loki si comportò .
Spregiudicato.
Folle.
Ma giusto.
E quando il sangue cominciò a colare dal suo volto, il dio
potè liberarsi
dalle manette e dalla maschera fumante con la quale aveva provato a
riflettere
i raggi di energia che componevano le sbarre.
Sfigurato, sanguinante, cominciò a salire i primi scalini,
reggendosi
al suo scettro con entrambe le mani, sebbene il sangue rendesse
scivoloso il
proprio cammino, ma continuò ad avanzare.
Incurante di una ferita che oltre a Dio degli inganni, gli avrebbe
garantito
il titolo di Dio sfigurato.
Un titolo che avrebbe accettato con un sorriso cattivo e superbo.
Come aveva fatto dalla sua nascita.
Come avrebbe continuato a fare fino alla fine dei suoi giorni.
°°°
“Combattere” era
una parola che non aveva
mai imparato, perché il pensiero di fare del male ad altri
non le aveva mai
sfiorato la mente.
Non era giusto.
Era sbagliato.
Eppure quelle creature non sembravano rammaricarsi delle sue ferite, o
di come
ansimasse in preda al dolore.
Quando la donna a lei di fronte provò ancora ad affondare la
spada nel suo
ventre, lei fu abbastanza lesta da rotolare indietro e scansarla con
quelle
scintille bluastre che i suoi palmi emettevano ad intervalli regolari.
Non sapeva cos’erano, o perché l’alone
colorato non smettesse di cingerla.
Non ne capiva il motivo, anche se il suo cervello continuava
a
rimandarle alla mente la parola “istinto
di sopravvivenza” .
Ma lei non sapeva cos’era l’istinto, né
la sopravvivenza.
Tutto ciò che conosceva erano sei parole, ma nessuna di
quelle le sarebbe
stata utile.
Neanche ripetere l’unica che avesse mai imparato a dire a
voce l’avrebbe
aiutata.
Perché quelle creature sembravano avere “paura” di
Loki, e a lei la cosa non piaceva.
Perché lui le aveva urlato parole crudeli, parole che non
aveva capito
bene, ma non le aveva mai fatto del male, e non aveva mai osato alzare
una mano su di lei .
- Cerca di stare ferma! Dannazione! – latrò
Fandral, provando un affondo che
andò a vuoto quando la creatura ruotò su se
stessa, colpendo con un pugno
luminescente Hogun.
- Heimdall! – gridò Sif, pregando il fratello di
intervenire, e quando il
guardiano del portale caricò la sua immensa arma per
colpirla, lei fu troppo
lenta nel parare il colpo.
Fu scaraventata al limitare della piattaforma, dolorante e con un
rivolo di
sangue blu che le colava giù dal naso, ma la ferita,
così come le precedenti, si rimarginò
velocemente sotto lo sguardo stizzito delle divinità.
- Continua a rimarginarsi ! – lamentò Hogun,
tornando in piedi con un grugnito
di fastidio.
- Allora potremo…
- Lasciate fare a me.
Quando Thor fece la sua comparsa in una tempesta di fulmini e saette, i
quattro guerrieri fecero un passo indietro, lasciando avanzare il loro
leader
con occhi colmi di rispetto.
Ma lei lo fissava con rabbia, non con rispetto, ed anche se avesse
saputo il
suo significato, avrebbe continuato a negarglielo.
Perché quella creatura era cattiva.
Aveva provato a farle del male, a lei e a Loki, e lei non poteva
perdonarglielo.
- Perché quello sguardo, creatura? Credi davvero
di intimorirmi?
Non lo capiva, non capiva nessuno di loro, ma di una cosa era sicura.
Volevano farle del male, “ucciderla” come
continuava a ripetere la sua mente.
Una brutta parola che la portò a stringere le labbra con un
piccolo lamento
basso.
- Pagherai per il solo fatto di esistere ! –
sibilò feroce, caricando il
martello di tutta la sua potenza.
Lei potè solo stringere le dita e prepararsi a parare il
colpo con l’ausilio
dei suoi palmi, ma ancor prima di poter scaricare
l’energia delle sue mani,
un lampo accecante rimandò indietro il fulmine di Thor.
E quando Loki sorrise al fratello con i denti sporchi di sangue e
l’occhio
destro rosso per le vene scoppiate, le divinità a lui di
fronte lanciarono un
gemito di orrore.
- Tu!
Fu una maledizione la loro.
Uno scongiuro contro una calamità che tornava a piombare su
di loro come la
peggiore delle piaghe.
Ma ciò che lei vedeva era "Loki" sanguinare,
respirare con difficoltà, premere la mano su un viso
sfigurato
dalla sua stessa follia.
Un gemito di sorpresa, mista a dolore le sfuggì
dalle labbra prima che
qualcosa dentro di lei implodesse.
Un orrore, una rabbia che le incendiò il viso e il cuore.
Quando l’energia la avvolse completamente in una nube di
elettricità Thor si
lasciò andare ad un ansito incredulo.
Perché quella luce evanescente poteva appartenere ad
un'unica fonte, al
manufatto che avrebbe dovuto giacere nelle fondamenta di Asagard.
Eppure non ci fu più dubbio, né paura.
Persino Loki riuscì a riconoscere nel vortice
d’energia la potenza del
Tesseract incanalata in quel piccolo corpicino che lo tirò
assieme a sé
indietro, gettando entrambi nel vuoto.
E quando un portale si aprì loro innanzi, Loki non
potè che esserne
risucchiato, perdendo la presa per colpa del sangue
dalla mano che lei gli
aveva teso fiduciosa, e che, nel venire separato da lei, vide venir
risucchiata da un
cielo azzurro e un prato verde.
L’unico mondo che lo avesse battuto.
Il primo pianeta ad averlo visto come il Re senza trono.
Continua…
Sembra che oggi sia stata particolarmente prolifera, e sono contenta di
aver
avuto in me così tanta ispirazione, perciò spero
che il capiotolo sia venuto
bene.
Ringrazio tutti per la lettura.
- Lady of the sea : Grazie
per il commento, e se non sono risultata abbastanza chiara sulla
trama, chiedo scusa, tenterò di chiarificare
adesso la bozza sulla
quale ho tratto questa storia.
In generale, riprendo la storia da dopo che Thor ha ripreso Loki e il
Tesseract, tornando a casa, ovvero, dalla fine del film .
Da lì ho immaginato Loki prigioniero, e penso che la nascita
di lei sia stata
abbastanza chiara dal primo capitolo .
Nel caso vi siano ancora delle incertezze, invito tutti a chiedere
spiegazioni.
Un saluto, Gold Eyes.