Ci
sono riuscita!!! :D Quindi, sinceramente non ho quasi nulla da dire,
forse perchè
sono troppo fusa per continuare a scrivere? Si può essere,
sono solo le 23.52!
Come
al solito ringrazio Homicidal Maniac (dove sarei senza di te?) e tutti i lettori silenziosi.
Ancora una volta
sono stata costretta a dividere un capitolo perchè
altrimenti sarebbe risultato
troppo lungo, la prossima parte spiegherà e farà
un po’ di luce sugli
avvenimenti del passato e della futura continuazione della fic, ah!
Sappiate
che ormai manca poco alla fine! Non più di cinque capitoli
in cui succederà di
tutto, i nostri protagonisti saranno piuttosto impegnati (credo). :D
Buona
lettura sonnambuli :)
Capitolo
16. Ala d’ Argento. Parte 1
“Non
c’è via
d’uscita, e adesso devi chiederti
Chi ti tirerà fuori quando sarai sei piedi sotto terra?
*”
[Nickelback – This means War]
Strade
affollate del tutto sgomberate in questa terra di finzione, morta e
arida.
Sembrava
un deja-vù camminare per le strade del mondo degli Umani e
per quelle delle
Creature Oscure, quasi la stessa desolazione e lo stesso silenzio, una
delle
poche cose che era davvero differente era il cielo lì
plumbeo e grigio. Ora,
non per rovinare tutto, ma Neah preferiva di gran lunga la pioggia,
quando il
cielo piangeva per lei, perché lei non si sarebbe mai
permessa di versare
inutili lacrime per qualcosa che non poteva essere cambiato.
Ed
eccola, dopo poco, la grande reggia del re Eiron.
Davanti
a lei un’ imponente struttura si stagliava contro il cielo
cinereo, un numero
esagerato di scale di roccia illuminate da pentacoli la precedeva.
Un
senso di disgusto si fece largo dentro di lei facendole storcere la
bocca e
mettendo in risalto il viso sfregiato dalle cicatrici alla luce soffusa
del
giorno, stava scappando, lei che
aveva sempre affrontato guerre con il sorriso sulle labbra stava
andando ora a
nascondersi con la testa china dagli Umani, quelli che fino a pochi
anni prima
si dilettava ad uccidere crudelmente.
Abbassò
lo sguardo sulle sue mani, o meglio, su quello che ne rimaneva, -il
moncherino
sinistro continuava a dolerle anche se ormai si era cicatrizzato- mani
sporche
che innumerevoli volte si erano strette attorno ad else e gole,
portò la mano
destra al viso e la passò diverse volte davanti
all’ occhio destro, stava
guarendo lentamente, vedeva ancora nero ma riusciva a scorgere il
cambiamento
della luce quando le dita ci passavano davanti. Sospirò
lasciando ricadere le
braccia lungo i fianchi, scoraggiata.
Fece
il primo passo sul primo scalino e subito un crampo aggredì
il suo polpaccio
facendole perdere l’ equilibrio, sbatté il
ginocchio sulla roccia, altro dolore
le fece credere di esserselo rotto, si lasciò scappare un
gemito mentre
appoggiava le mani sugli scalini per rimettersi in piedi immediatamente
le
sembrò di sentire lame conficcarsi nel palmo della mano e
nel moncherino
restante, era quelle l’ effetto degli incantesimi di
indebolimento.
Ma
alla fine non era stato così faticoso, a parte l’
impatto doloroso con il primo
scalino il dolore iniziava a scemare e ad essere sopportabile. Giunse
al primo
spiazzo tra una scalinata e le due diramazioni, alzò lo
sguardo e vide la
scalinata di destra, più lunga e luminosa portare alla
reggia sorvegliata e
controllata da guardie appostate quasi ovunque, mentre la scalinata
sinistra e
meno luminosa sembrava portare a uno spiazzo verde.
Si
muoveva con sicurezza nel palazzo, con una meta precisa, doveva
chiarire un
paio di cose con il padre.
“Che
cosa sta succedendo
di preciso?”
“Guerra Rhies, pura e
semplice guerra.” Si era girato per sorridergli appena,
eccitato dall’ idea
della vendetta. “È il momento di
prepararsi.”
La
vista della porta in ebano nero interruppe i suoi pensieri,
bussò un paio di
volte e non ottenendo risposta decise di entrare; la stanza sfarzosa di
suo
padre era vuota.
Uscì
e fermò un’ ancella che stava passando
chiedendogli dove si trovasse il padre,
venne a sapere che era in giardino con l’ ospite che era
arrivato da poco, capì
che si trattava di Azue.
“Sicuro
di volerlo fare?” Chiese il Generatore ad Eiron, ancora si
divertiva a trattare
il re come un suo pari. Si guardarono per un breve istante, nel quale
Azue
sistemò meglio la vanga sulla spalla. Erano nel retro del
castello, nella zona
in cui si trovava il cimitero della reggia, sulle lapidi erano incisi i
nomi di
numerosi guerrieri feriti in guerra e successivamente morti una volta
tornati a
casa subito dopo la guerra; le Creature Oscure facevano spesso
quell’ effetto,
non uccidevano subito, ma lasciavano che la morte ti perseguitasse, e
una volta
tornati al sicuro a casa, così anche se la guerra veniva
vinta dagli Umani le
loro perdite potevano essere associate ad una sconfitta.
“I
vostri soldati sono piuttosto bravi, seri, abili,
forti…” Allungò l’ elenco con
una mare di aggettivi simili e del tutto casuali, naturalmente solo i
primi due
aggettivi erano stati pensati davvero, fino a che il re non lo
interruppe.
“Non
basta la bravura per vincere la guerra, non basta essere delle persone
serie
che non farebbero del male a qualcuno di indifeso. Bisogna volerla la
vittoria,
ed essere furbi, subdoli e non dispiacersi per l'avversario. I vivi non
bastano
per questa guerra.” Il generatore si bloccò,
piacevolmente sorpreso.
“Capisco.”
Disse solamente, infilzando la vanga nel terreno morbido e umido come
se
dovesse trafiggere un corpo riverso lì a terra, senza
pietà. “Del resto la
vendetta non ha alcun prezzo.” Disse sommessamente, ma non
abbastanza per non
farsi sentire.
“Come,
scusa?” Solo suo figlio sapeva della vendetta che aveva
intenzione di compiere.
Il Generatore sollevò gli occhi d’ oro dalla buca
che stava scavando puntandoli
in quelli scuri del re.
“Non
credere che non l’ abbia capito.” Disse guardandolo
di sottecchi, con la
schiena piegata sulla vanga. “L’ Ala d’
Argento è un’ arma potente, niente di
meglio per una vendetta ben fatta. Ora…”
Raddrizzò il corpo reggendosi con un
braccio sulla pala conficcata nel terreno scuro con una posa fredda e
rigida,
come per voler chiarire che non avrebbe portato avanti il lavoro se non
avesse
ottenuto una risposta . “Di chi vuoi vendicarti?”
le labbra del re si stesero
leggermente.
“Potrei
mentirti.” Ripetè la risposta che gli aveva dato
poco prima.
“Di
nuovo? Oh, andiamo, scoprirei la verità in poco
tempo.” Disse beffardo il
Generatore sistemandosi meglio sulla vanga.
“Voglio
vendicarmi dell’ Ala d’ Argento.” Ancora,
il Generatore rimase sorpreso, non si
aspettava che gli Umani fossero così pieni di sorprese, e in
parte anche
stupidi, come si poteva anche solo sperare di uccidere una leggenda
senza
rimetterci la vita? Si mise ritto e sfilò la vanga dal
terreno rimettendosi a
scavare.
“Questa è
un’ idea originale.” Il re
sbuffò stizzito dicendo che si sarebbe ritirato nelle
proprie stanze, lasciando
ovviamente il lavoro da fare ad Azue.
“Dimenticavo,
la fossa comune è lì.” Disse Eiron
indicando la parte più limitare del
cimitero, vide gli occhi ambrati di Azue illuminarsi ancora di
più e le sue
labbra allungarsi in un sorriso sghembo.
Dopotutto
per il Generatore quella era una bella giornata.
Ma
si stufò dopo pochissimo di scavare, quando gli venne in
mente quello che gli
aveva detto Eiron.
Dimenticavo,
la fossa
comune è lì.
Buttando
a terra la vanga e uscendo dalla buca che stava scavando con
l’ entusiasmo di
un bambino si diresse nella parte più lontana del cimitero,
una nebbia umida
era scesa tutt’ intorno, dando al quel luogo un senso di
abbandono ancora più
forte di prima, strano che non fosse già finito nel
dimenticatoio, lui
detestava quei posti; costruire lapidi e monumenti commemorativi solo
per
soffrire e versare inutili lacrime per una persona che ormai non
può più
sentirti era inutile e angoscioso, secondo lui.
Senza
esitazione si buttò nella fossa comune atterrando
miracolosamente in piedi
sulla schiena di un cadavere, allargò un attimo le braccia
per mantenere l’
equilibrio e quando fu sicuro di riuscire a stare in piedi
inspirò con il naso
il puzzo di putrefazione che i corpi esalavano, un mezzo sorriso si
allungò
sulle sue labbra. Iniziò a guardarsi intorno in cerca di un
cadavere in
condizioni decenti da poter riportare in vita.
Le
mosche gli ronzavano intorno e forse furono quelle a fare in modo che
non si
accorgesse della presenza seduta sulla lapide lì vicino.
“Credevo
che il lavoro di un Generatore fosse più
divertente.” Sollevò lo sguardo e
quello che vide fu una giovane donna fasciata da abiti scuri come i
suoi
capelli, raccolti in una lunga treccia che si posava sul suo petto, il
viso
sfregiato da pallide cicatrici risaltavano sul volto nonostante il suo
pallore
andasse vicino a quello del Generatore, i polsi incrociati sopra le
ginocchia
accavallate, un moncherino lasciato lì in bella vista come
se non le importasse
niente. A sua volta lei fissò il Generatore in piedi sui
cadaveri, la fossa
comune non era abbastanza profonda da raggiungere l’ altezza
di Azue ma dalla
posizione in cui si trovava Neah spuntava solo la testa, e per un
momento
immaginò di seppellirlo così.
“Vuoi
divertirti con me?” Chiese lui allargando le braccia e
avvicinandosi al bordo
della fossa continuando a calpestare i cadaveri, ogni tanto sentendo lo
scricchiolio di qualche osso che si rompeva sotto il suo peso.
“Esci.”
Disse lei alzandosi dalla lapide.
“È
un ordine?” Chiese Azue trattenendo una lieve risata.
“È
un invito.” Rispose lei in un soffio, l’ occhio
buono aveva un colore del tutto
innaturale, era di un verde purissimo, senza alcuna striatura, era
dello stesso
colore dell’ erba dei campi aperti, l’ altro
semplicemente, era vitreo, come
quello di un pesce.
“Accettato.”
Il Generatore sorrise appoggiando i palmi delle mani sul bordo della
fossa e
issandosi su, pezzi di terra e polvere caddero sui cadaveri calpestati
con un
suono triste.
Si
mise in piedi e si guardò intorno spolverandosi con le mani
gli abiti scuri e
impolverati, la nebbia era scesa ancora e a malapena riusciva a vedere
la
lapide lì vicino –ma non c’era anche un
salice lì?- gli venne quasi automatico
portare una mano sulla linea delle sopracciglia come per proteggersi
dal sole
in una giornata estiva troppo assolata, inutilmente, ma comunque non
vedeva più
l’ Ala d’ Argento. Si guardò un attimo
intorno sentendo il peso di quell’
atmosfera nella gola e scuotendo lievemente la testa, una sensazione di
fastidio si appostò sotto il suo sterno dandogli
l’ impressione di essere stato
preso in giro, le sua labbra si stirarono in un ghigno mente meditava
vendetta,
e vedeva una sagoma alta e scura poco lontano in contrasto contro la
nebbia.
Lasciò
fluire l’ energia nelle sue mani e si vi si
avvicinò con passo svelto, era troppo
concentrato sulla preda per accorgersi che in realtà la
persona che voleva
colpire era dietro di lui. Se ne rese conto solo quando
constatò che davanti a
lui c’ era solo quel vecchio salice bitorzoluto e quando si
sentì spingere con
forza da dietro.
Andò
a sbattere contro la corteccia ruvida, imprecò sottovoce e
si sentì afferrare
per la spalla con forza, si ritrovò con la schiena contro
l’ albero e con uno
stiletto conficcato nella sua mano contro il tronco, il tutto accadde
in
pochissimi istanti, troppo velocemente perché potesse
reagire.
“Rivoglio
la mia mano, o giuro che mi prendo la tua.” Le sue parole
giunsero lontane,
attutite ancora dal dolore che lo aveva momentaneamente stordito,
probabilmente
doveva aver sbattuto con forza anche la testa contro il tronco.
“Sapevo
che saresti venuta qui.” Sorrise lui riducendo gli occhi a
due fessure.
La
guardò negli occhi e per la prima volta si accorse di quanto
repentinamente il
colore delle iridi potesse cambiare, quel verde acceso che aveva
intravisto
poco prima nella nebbia stava ora cambiando velocemente in un rabbioso
rosso.
“Azue
hai finito?” Sentirono una voce provenire da poco lontano,
era la voce del re
che sembrava arrivato proprio al momento giusto, entrambi si voltarono
cercando
di intravederlo fra la nebbia.
“Mi
hai dato da fare un lavoro lungo e faticoso.” Rispose il
Generatore spostando
velocemente lo sguardo su Neah e sullo stiletto ancora conficcato nella
sua
mano.
“Ma…”
Continuò a parlare aggiungendo suspense al monosillabo,
mentre tentava di
raggiungere con la mano sana l’ arma, ma la vampira se ne
accorse e con uno
scatto fulmineo appoggiò il palmo della sua mano
sull’ elsa del pugnale,
conficcandolo ancora di più nel legno, il sangue scuro
–forse troppo scuro-
sgorgava copioso e colava sulla sua pelle pallidissima creando un
lugubre
contrasto
“Nonostante
un piccolo imprevisto,” Sussurrò volgendosi verso
la vampira che lo fissava con
rabbia, mentre lui tentava contro la sua forza di liberare la sua mano
dal
tronco e di non lamentarsi per il dolore.
“Sono
a buon punto.” Voltò la testa verso la fossa
comune dalla quale si era appena levato
un lieve rantolo.
“Su,
su tranquilla!” Esclamò l’ elfo
appoggiando le mani sul muso della giumenta ramata
mentre tentava di calmarla, si strofinò gli occhi assonnato
e stanco, mentre la
cavalla continuava imperterrita ad agitarsi.
Non
riusciva a capire cosa potesse averle preso, il morbo della cavalla
pazza forse?
Le andò accanto, raccogliendo da terra una bottiglia di
birra e bevendone un
sorso, per controllare che briglie e sella fossero messi bene,
probabilmente c’
era qualcosa che le dava fastidio quando all’ improvviso la
giumenta si calmò,
senza un apparente motivo, lasciando Zephit non poco perplesso.
“Ti
sei decisa?” Accarezzò un paio di volte la
criniera scura, ma staccò subito la
mano quando sentì un dolore lancinante sul palmo della mano,
la strinse al
petto lasciando cadere la bottiglia –sperando che non andasse
in frantumi- per
stringere la mano dolorante che ora aveva preso a sanguinare, un taglio
verticale
profondo dal palmo fino al dorso della mano si era aperto nella sua
pelle
pallida.
“Che
stai combinando, Azue?!” Imprecò, chiedendosi
perché quel dannato Generatore
non potesse starsene un po’ tranquillo a bere birra scadente
come faceva lui
piuttosto che andare in giro a istigare la gente e a farsi ferire, e di
conseguenza a far ferire anche Zephit.
* Sei piedi sotto terra: ovvero la profondità a cui vengono sepolte le bare. Nel testo della canzone: Six feet under