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Autore: postergirl84    21/05/2012    7 recensioni
Storia terza classificata al contest "Bella e Jacob per sempre" indetto da jakefan sul forum di EFP.
Bella ha deciso: sposerà Edward, e lo seguirà nella sua vita eterna. Perché il loro amore è più forte di tutto e per stare con lui tutte le rinunce che dovrà fare appaiono come piccole sfaccettature d’ombra in un avvenire perfetto.
Ma se non fosse davvero così? Se un avvenimento tragico facesse capire a Bella che la vita umana ha un valore troppo grande per essere semplicemente messa da parte? E se Jacob fosse proprio quel qualcosa che rende la vita degna di essere vissuta?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Jacob
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo 6
Possibilità dell'amore

 

Il nostro bacio con il passare del tempo cambiò, diventando meno dolce e più selvaggio.
Potevo quasi sentire il lupo uscire dalle catene che Jake gli aveva costruito intorno e prendere il sopravento.
Le sue mani sembrarono danzare sul mio corpo. Imparai, in quel bacio, che cosa volesse dire il possesso. Il possesso vero, perché Jake, lo percepivo, mi voleva come un uomo vuole una donna. Mi voleva con la certezza di stare finalmente arrivando a qualcosa che avrebbe dovuto da sempre essere sua ed io volevo lui con la stessa disperata intensità. Quel contatto sembrò essere divenuto improvvisamente troppo misero. 
Senza interrompere il nostro bacio spinsi il suo petto fino a farlo sdraiare sulla sabbia. Mi spostai sopra di lui, andando a intrecciare le mie gambe ai suoi fianchi. Era come se non avessi più bisogno di respirare. Jake era il mio ossigeno. Sentii sempre più caldo, irradiarsi dal mio ventre in tutto il corpo. Il mio bacino aderiva perfettamente al suo, i nostri respiri oramai erano gemiti rochi. Era la mia voce quella che pronunciava il nome di Jake distorta dal piacere?
 Percepii l’eccitazione crescente di Jake attraverso la stoffa dei nostri jeans e fu come essere colpita da una doccia gelida.
Mi alzai di scatto da lui, inciampando e ritrovandomi di nuovo seduta sulla sabbia. Che stavo facendo? Sentii l’anello di fidanzamento scottarmi la pelle dell’anulare.
Edward.
Ero indegna di lui.
Guardai Jake. Era tornato anche lui a sedersi. Fissava l’orizzonte, con il sole ormai alto nel cielo e il suo viso non riusciva a celare la confusione ed il dolore. L’avevo ferito. Ancora. L’avevo cercato, l’avevo provocato e lo avevo rifiutato. Di nuovo. Quanto ancora avrebbe sopportato?
Chiusi gli occhi ed iniziai a piangere, vergognandomi di me stessa.
Che razza di mostro ero diventata? Sentii la sua mano accarezzarmi la schiena. Non si avvicinò. Si allungò solo sfiorandomi appena.
“Non piangere, Bells. Mi spiace. È tutta colpa mia.”
Presi a singhiozzare più forte udendo quelle parole e lui fraintese le mie lacrime, continuando a cercare parole di conforto.
“Non dovevo…è stato…non ti toccherò più, Bells. Nemmeno per sbaglio, ma smettila di piangere.”

 

 
Dannato me, dannato lupo, dannati ormoni. Avevo mandando tutto a puttane. La baciavo ed era perfetto, il suo profumo mischiato con il mio, il suo corpo vicino, troppo vicino. Persi il controllo del tutto. Maledetti, maledetti ormoni.
E ora lei piangeva. Cercai di consolarla, ma non volevo toccarla troppo. Ero convinto che mi odiasse ormai. Che mi era saltato in mente? Come hai potuto pensare, stupido lupo, che lei fosse tua fino a quel punto?
Dannati, dannati ormoni. Scommetto che il succhiasangue non abbia mai avuto di questi problemi. Lui non la spaventa, lui non ha un corpo che… diamine! Certo che no, lui è morto!
Sospirai affranto, alzandomi in piedi:
“Ti riporto a casa.” Cercai di aiutarla a rialzarsi, allungando la mia mano ma lei la rifiutò continuando a piangere.
Ci dirigemmo a casa mia. La Golf era posteggiata in garage ed entrarci con lei fu come riportare a galla frammenti di una vita ormai morta. Le ombre del passato, di quello che eravamo stati, sembrarono riempire la stanza e Bella piangeva ancora. Non sapevo cosa dire, non sapevo cosa fare per farla smettere. Dovevo solo restare a distanza di sicurezza. Non dovevo sfiorarla.
“Perché non può tornare tutto come allora, Jake?” Lo sussurrò appena fra i singhiozzi, ma sapeva che io potevo udirla.
“Perché ti amo.” A che serviva mentirle? A che serviva dirle che, se lo avesse voluto, avrei dimenticato quello che era successo? Che sarei stato solo il suo migliore amico? Non avevo mai voluto essere solo un amico per lei. La verità era che, anche quando aggiustavamo quelle moto, ero innamorato di lei. La verità era che, già allora, la sognavo tutte le notti e volevo sentire il gusto delle sue labbra che immaginavo sapessero di ciliegia. La verità era che, ora ne ero certo, non mi sarei mai e poi mai pentito di quello che era successo in quella spiaggia. Forse era stato improvviso, esagerato, eccessivo. Avevo lasciato che il mio istinto prendesse il sopravento, ma anche lei voleva me. Ne ero certo. Lei mi amava. Come era già successo, prima della battaglia, il suo corpo aveva parlato e molto più chiaramente di quanto facesse lei stessa. Non si era ancora sposata con Edward. Dopo la morte di Renèe ne avevamo parlato, si era confidata con me e sapevo che non si sentiva ancora pronta . Voleva aspettare… ma io ero sicuro ci fosse dell’altro e che, qualche granitica certezza dentro di lei, si fosse sgretolata. Era il mio momento. Era l’ultima chance per Jacob.
Ci mettemmo in macchina. Bella puntò lo sguardo sulla strada, ben attenta a non incrociarlo con il mio, finché non sentii quel famigliare odore di morte giungermi alle narici. Appena fuori dal confine, infatti, era posteggiata l’auto di Edward.
Fermai la Golf e imponendomi di restare calmo, le aprii la portiera. Supplicarla di restare lì con me non avrebbe portato a niente, come l’ultima volta. Così la lasciai andare, osservandola salire sulla macchina del mio nemico e sperando, con tutto me stesso, in un finale diverso.

 


Il silenzio nell’abitacolo della Volvo era assordante. Edward, con in viso un espressione impassibile, guidava assorto in chissà quali pensieri e ancora una volta fui grata, alla mia testolina, per il fatto che non potesse leggere nei miei. Ci avrebbe trovato solo confusione e senso di colpa. Senso di colpa e dolore.
Ci fermammo nel vialetto di casa mia. La macchina di Charlie non vi era ancora posteggiata, probabilmente era stato trattenuto a lavoro. Misi mano alla maniglia per aprire la portiera quando, con la coda dell’occhio, lo vidi rimanere immobile al posto di guida. Corrugai un sopracciglio incerta.
“Non vieni?” Lo sentii raccogliere l’aria e riempirsene i polmoni. Il mio cuore accelerò i battiti mentre lo stomaco iniziava a contorcersi per l’ansia. Se un vampiro, che non ha bisogno d’ossigeno, inspira in quel modo è per forza un brutto segno. E infatti, con evidente fatica, iniziò a parlare.
“Sei sparita dalle visioni di Alice. Mi trovavo al confine per questo. Ero preoccupato. Ma… hai il suo odore addosso Bella. E non è come le altre volte. E’ più forte.”
La mia mano era ancora appoggiata alla maniglia. Tornai seduta, sprofondato con la testa sul sedile. Avevo paura di che significato avessero quelle parole per lui, per noi. Il senso di colpa era insopportabile.
Il magone mi assalì, ma cercai di controllarlo ed Edward continuò.
“A volte vorrei davvero riuscire a leggerti nel pensiero, per capirti bene come invece sembra fare lui. Sarebbe tutto più semplice. Forse avrei compreso prima che il rimandare il matrimonio non è stato solo per tua madre.” Provai a ribattere ma lui mi bloccò, posando il suo dito gelido sulle mie labbra dischiuse.
“No, Bella. Non voglio che tu dica che non è vero. Sappiamo entrambi che sarebbe una bugia. Avrei dovuto prestare più attenzione alle tue lacrime dopo la battaglia. In quel pianto era la tua anima ha parlare ed io, invece, sono voluto restare sordo. Devi essere libera di vivere la vita che vuoi davvero, Isabella. Io devo lasciarti libera. Ho l’eternità davanti per aspettarti ma tu pensaci bene, solo questo ti chiedo: sei proprio sicura di aver fatto la scelta giusta?”
Le sue braccia forti si strinsero al mio fragile corpo con disperazione. Sentii il dolore fuoriuscire come veleno da tutte le parole che a fatica aveva pronunciato e non potevo fare nulla per alleviarlo.
Che avrei potuto dirgli? Che si sbagliava? Che non aveva capito niente? Che amavo solo lui?
Come potevo urlargli il mio bisogno disperato di lui, se in quei mesi mi ero aggrappata, con la poca forza che mi restava, a Jake? Se in quella spiaggia, insieme a lui, era stato come ritrovare ossigeno e vita?
Così rimasi in silenzio. Gli strinsi solamente la mano mentre lui mi lasciava davanti alla porta di casa, posando sulle mie labbra un bacio che sapeva di un sogno che forse non si sarebbe mai più realizzato.

 

 NOTE AUTRICe.

 Poche cose da dire. Vorrei ringraziare chi mi continua a leggere e chi spende sempre due minuti per lasciarmi la sua opinione. Maria, Ellie, Ire, Steffy. Grazie di cuore. E grazie Ania che nonostante sia incredibilmente incasinata è sempre lì ad aiutarmi. Siete tutte incredibili.
A Lunedi prossimo.
Noemi.
Ps: ho pubblicato una storia su Embry la trovate qua: Father's Day

   
 
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