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Autore: Circe    21/05/2012    7 recensioni
La battaglia non va per il verso giusto, gli Horcrux sono stati distrutti e la bacchetta di Sambuco non funziona a dovere. Il Signore Oscuro improvvisa quindi una ritirata tattica per non venire definitivamente sconfitto. Insieme a lui solo Bellatrix, la persecuzione dell'amore, un problema da affrontare e il potere da riconquistare.
E la storia ... si ripeterà.
Seguito di “Sgáth, che significa oscurità”
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Andromeda Black, Bellatrix Lestrange, Voldemort | Coppie: Bellatrix/Voldemort
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Eclissi di luna: l'oscurità totale'
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Nuvole nere all’orizzonte: Andromeda

Ogni volta che volevo restar sola con me stessa e coi miei pensieri, lasciavo il piccolo Teddy a casa Weasley, da Harry Potter, e camminavo per Diagn Alley senza una meta particolare, arrivavo poi fin al termine di quella via brulicante di maghi, inoltrandomi nei luoghi dispersi e appartati di quel luogo.

Tante volte li avevo esplorati in gioventù, quando con Ted scappavamo, correndo, mano nella mano, per fuggire ad occhi indiscreti e vivere tutto il nostro amore fra la pace di quei luoghi, con l’emozione di fare qualcosa di nascosto, proibito e quasi tremendo.

Almeno, ai miei occhi quella nostra relazione era così.

Teddy cresceva velocemente, ancora più velocemente di quanto mi ricordassi della mia Ninfadora.

Nonostante il suo carattere a volte ombroso, a volte diffidente, trovavo che fosse sempre felice di trovarsi fra le braccia di Harry Potter, di giocare con lui e farsi trasportare sulla scopa del ragazzo. Nonostante io morissi di paura ogni volta che li guardavo innalzarsi in volo, mi piaceva vederlo ridere così e vedere i suoi capelli confondersi con l’azzurro del cielo.

I due erano davvero molto legati, c’era qualcosa fra loro che sentivo andare al di là dell’affetto reciproco che nasce istantaneamente fra due persone, mi pareva piuttosto qualcosa di innato, qualcosa che li legava profondamente e indissolubilmente.

Temevo che il mio piccolo potesse perdere anche quel legame con quel ragazzo così speciale, temevo che Harry Potter potesse morire e, egoisticamente, temevo che ci avrebbe lasciati tutti nelle mani di lui, di quel pazzo assassino.

Non volevo che Teddy, una volta scomparso Harry, dovesse prendere il suo posto come mago da sacrificare in nome di un bene che non arrivava mai.

Tutti coloro che amo e amavo sono morti in nome di qualcosa che non riusciamo mai ad ottenere: la pace, l’amore, l’armonia, una vita felice e sincera.

Al contrario, soprattutto negli ultimi giorni notavo nuvole nere protrarsi all’orizzonte, vento freddo e cielo oscuro fare sempre più spesso capolino attorno a noi, in tutto lo spazio e l’aria circostante.

Le notti erano sempre senza luna.

Né falci di luna, né luna piena. Il nostro satellite risultava sempre più spesso oscuro, nero, la luce mancava completamente, questo strano fenomeno rendeva la notte sempre più fredda e spaventosa.

“Chi poteva amare così tanto l’oscurità?” mi domandavo.

“Chi può avere poteri tanto forti e occulti da rendere le notti così oscure e nere?”

Nemmeno lui, nemmeno Lord Voldemort sarebbe stato capace di ciò, forse non aveva tali poteri, ne ero quasi certa, almeno così avevo compreso dai discorsi di Ninfadora, che come Auror aveva sempre discusso e parlato anche con me di maghi oscuri, e di magia oscura; così avevo compreso anche dai membri dell’Ordine della Fenice, che tante volte avevano avuto a che fare proprio con lui, il Signore Oscuro.

Non potevo capire, quest’incertezza piena di presentimenti nefasti mi dava i brividi e una morsa mi attanagliava sempre di più la bocca dello stomaco.

Rimpiangevo quelle notti di luna piena, quando l’oscurità non era totale, quando la luce bianca arrivava a rendere tutto più caldo e tranquillo.

Rimpiangevo sempre di più quei momenti, anche quando, piena di paura, osservavo Teddy guardare quel cerchio bianchissimo nel cielo. Era rapito, quasi selvaggio, e temevo ogni secondo che si rivelasse un licantropo come il padre.

La paura che sentivo in quel momento però, non era nulla se paragonata con il nuovo terrore che si sprigionava dal mio cuore al pensiero che anche a Teddy, appunto, sarebbe potuto succedere qualcosa di irreparabile.

Non era facile ricacciare in fondo al cuore quei pensieri, camminavo e camminavo senza badare al tempo che passava, solo nel momento in cui arrivavo al grande albero del parco, quello più nascosto e appartato, solo allora trovavo un po’ di coraggio e consolazione.

Osservavo il tronco, con le dita scorrevo lungo la corteccia ruvida, quasi ad occhi chiusi, potevo riconoscere il punto esatto in cui, così tanto tempo fa ormai, avevo inciso con la punta della bacchetta la scritta “T. ed A. insieme per sempre”.

Ricordo perfettamente ogni attimo rubato ai miei genitori durante le compere di inizio anno scolastico, ogni sorriso scambiato col mio giovane amore, quando ancora aveva i capelli castani così chiari da sembrare quasi dorati, ricordo la mia mano sfiorare quella di Ted, le dita intrecciate strette alle sue, quando ridevamo felici delle piccole romanticherie che potevamo concederci.

Pensavo fortemente a mio marito, a tutti in nostri ricordi felici insieme, mi facevano ritrovare il coraggio perduto. Ovunque lui si trovasse ora, chiedevo con tutto il cuore che potesse proteggere il nostro piccolo Teddy, nostro nipote.

Ero rimasta sola, ma cercavo l’appoggio dei miei cari da lontano, non potevo permettermi crolli o cedimenti, non ho mai potuto permettermi crolli o cedimenti in tutta la mia vita, dovevo andare avanti come avevo fatto da sempre, con coraggio e convinzione.

Questo pensavo.

Null’altro, non potevo pensare a Ninfadora, mia figlia, la mia unica figlia, non avrei mai retto il dolore della perdita, i ricordi avrebbero solo moltiplicato il dolore.

Allora, ritrovata un po’ di forza, tornavo fra le altre persone, in mezzo alla società, fra i dubbi e la paura della gente, fra le chiacchiere e l’attesa, nell’atmosfera talvolta elettrica e talvolta stagnante. Tutti aspettavamo lui: una sua mossa.

Il Signore Oscuro.

E il terrore serpeggiava più o meno palesemente.

Aspettavamo che si muovessero quelle nuvole nere all’orizzonte. Che si muovessero verso di noi. Il fatto di vederle ogni giorno là, ferme, come in attesa, metteva a tutti un senso di soffocamento di cui nessuno parlava, un senso di freddo che tutti percepivamo, senza potere porvi rimedio.

Respirai e mi feci ancora più forza, senza sapere nemmeno io da dove mi venisse.

Tornai a prendere Teddy e il suo bel cane, Sirius. I due erano sempre attaccati, ogni tanto il piccolo muoveva i primi passi attaccandosi al pelo dell’animale che sopportava pazientemente, salvo poi scrollarsi di dosso il bambino con irruenza, originando così pianti devastanti.

I due comunque si divertivano e nulla sembrava poter ledere quell’amicizia così stravagante fra un bimbo così piccolo e un cucciolo quasi adorabile.

Casa Weasley era un bel posto dove lasciarli: pieno di calore, colori e voci affettuose, forse uno dei pochi luoghi che ancora si sforzava di mantenere allegria e affetto.

“Buongiorno, bentornata.” sentii dire poco distante da me da una voce giovanile e in fondo un po‘ ingenua, ma allo stesso tempo sicura, risoluta.

Era l’inconfondibile tono di Harry, quel ragazzino prodigioso: mi guardava, come suo solito, con occhi incerti e duri, a volte un po’ titubanti, impiegava sempre alcuni attimi prima di addolcire il suo sguardo nei miei confronti, come se dovesse controllare che davvero non fossi una nemica.

Risposi a quel saluto con un cenno di sorriso, e senza aspettare troppo tempo recuperai Teddy e Sirius. Non riuscivo ancora del tutto ad abituarmi alla calda accoglienza dei Weasley e al modo rumoroso e gioviale che aveva la maggior parte delle persone che mi circondavano.

Sapevo che questo mio atteggiamento era la pesante eredità lasciatami dalla mia famiglia, e avrei voluto cambiare, condividere più parole ed emozioni con tutti coloro che mi erano accanto, ma non ne ero realmente capace.

Fu però Harry ad avvicinarsi a me:

“Dovrei parlarle un momento, signora, se ha un po‘ di tempo da dedicarmi.” mi disse quasi a bruciapelo.

Annuii quasi istantaneamente intuendo l’importanza di quella richiesta.

Ci allontanammo camminando velocemente nel piccolo parco della casa, Sirius trotterellava ai nostri piedi mentre Teddy, che faceva capire di volere restare in braccio, sembrava comunque vagamente attento alle nostre mosse.

Harry iniziò a parlare in maniera un po’ esitante, poi sempre più sicura e convinta:

“In questi giorni che passano sempre più lenti ho capito una cosa importante: devo cercare io Voldemort, non posso più aspettare, non ce la faccio più a vedere la tensione dipinta sui volti di chi mi circonda, non riesco più a sopportare il peso dell’ansia e della paura dei loro cuori. Mi sento responsabile.”

Ci guardavamo in silenzio, capivo perfettamente le sue parole, capivo lo stato d‘animo di quel ragazzo così giovane eppure così sensibile, così buono nel senso più profondo del termine. Era coraggioso e, allo stesso tempo, rassegnato al suo destino di vincere o morire.

Capivo tutto, ma sapevo anche che c’era dell’altro.

“Tocca a me cercarlo e trovarlo, tocca a me sconfiggerlo, o essere sconfitto.”

Era pronto a sacrificarsi. Lo vedevo dai suoi occhi, dal suo sguardo, dal tono di quelle parole e frasi, avevo già visto tutto quanto già nella voce e nello sguardo di mia figlia, durante quell’ultima notte di atrocità, la notte in cui sentii la sua voce per l‘ultima volta.

Sentii i brividi a quei pensieri, gli occhi che bruciavano intensamente.

“Se non dovessi farcela…” iniziò poi ancora più serio richiamando tutta la mia attenzione. Mi guardava con quegli occhi così verdi e così intensi che parlavano da soli. Fece un sospiro per prendere aria e continuare, ma subito lo bloccai con un cenno e risposi:

“Non aggiungere altro, Harry. So bene cosa hai capito nel tuo cuore e cosa dunque vuoi dirmi, l’ho intuito anch’io, semplicemente guardandovi, osservandovi insieme. Vedendo i vostri occhi e i vostri gesti l‘uno per l‘altro.”

“Forse ci sbagliamo.” fece lui puntando i suoi occhi affranti sul piccolo Teddy, accarezzando i bellissimi capelli color cobalto che ancora si perdevano con l’azzurro del cielo al tramonto.

“A pensarci bene,” aggiunse esitando “non abbiamo nessun vero legame il piccolo ed io, nulla che può far pensare che tocchi proprio a lui, come è toccato a me. Nessuna cicatrice… nulla.”

Sapevo in cuor mio che nessuno dei due si sbagliava, eravamo certi che Teddy era troppo legato ad Harry perché ciò non rappresentasse un segno del destino, un legame più indissolubile della parentela stessa, anche se inspiegabile.

Se quel ragazzo avesse fallito, l’altro avrebbe di sicuro preso il suo posto in quella lotta infinita contro il male, evidentemente era destino, un misterioso destino li legava.

Tacemmo entrambi, non volevamo dire null’altro, solo osservare la magia attorno a noi e sperare.

Mentre in silenzio tutti e tre guardavamo il sole tramontare in quel piccolo giardino casalingo e curato, il cielo limpido e azzurro veniva lentamente tinto di arancione, arancione sempre più scuro, fino a diventare rosso, di un rosso fuoco vivace e bruciante. Come se una fiamma incandescente ci stesse circondando e bruciando completamente, avvolgendoci nelle sue intense fiamme e nelle sue lunghe spire.

………………………….

Note:

Dopo un secolo che manco e che prometto novità da Teddy e Andromeda, eccomi con un accenno sui due.

Ora passo alle note: se vi ricordate dai capitoli precedenti, colui che ama le notti senza luna, già da quando doveva ancora nascere e dava fastidi alla mamma, altri non era che Sgath.

Il tramonto che tinge di rosso il cielo attorno, precedentemente blu (le nuvole oscure incombenti di cui parla Andromeda sono ancora soltanto all’orizzonte) non è altro che l’incombere delle fiamme (dato che Sgath è un mago di fuoco), mentre per ora sappiamo solo che Teddy non ama il fuoco e quando è felice o sereno i suoi capelli acquistano una colorazione blu-azzurra.

Il carattere ombroso di Teddy e il suo ammirare la luna vengono entrambi dal fatto che il papà era un lupo mannaro, qualche tratto resta anche nel piccolo che, infatti, lega immediatamente con un cane lupo dai tratti marcatamente lupeschi.

Il resto sul piccolo mago resterà tutto da scoprire prossimamente.

Il capitolo l’ho scritto un po’ in fretta, ma soprattutto corretto un po’ velocemente fra una scossa di terremoto e l’altra, per cui mi scuso se è scritto un po’ male!! Anzi grazie se qualcuno si prenderà la briga di correggerlo, comunque io gli darò un’ulteriore correzione domani o stasera.

Grazie a tutte e alla prossima! Per commenti domande risposte ecc, ci sentiamo sul gruppo!!

Circe

   
 
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