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Autore: Sammy_    21/05/2012    2 recensioni
Mi guardai allo specchio e una ragazza dai lunghi capelli rossi e gli occhi azzurri mi rivolse un’espressione esasperata.
Quella ero proprio io, Rebecca, o meglio Bechy, Ippolito, ragazza diciassettenne di origini italiane, costretta a vivere con quella sotto specie di scimpanzé, meglio conosciuto con il nome di Harry Styles.
Mi sciacquai il viso con l’acqua gelida sperando di levarmi dalla testa l’espressione strafottente del mio odioso fratellastro.
Si può davvero arrivare a detestare una persona così tanto? La risposta è si.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Harry&Bechy'
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CAPITOLO 9:
Eravamo all’aeroporto di Londra, in attesa che chiamassero il nostro volo.
Me ne stavo seduta su un mucchio di valigie mentre  tutti intorno mi urtavano con i loro bagagli e mi scavalcavano come se fossi un oggetto inanimato.
Harry era seduto vicino a me, appoggiato alla mia schiena  a leggere un libro anche se in realtà sospettavo che dietro ci nascondesse uno dei suoi giornalini “per adulti”.
Anne controllava un’ ultima volta di aver preso tutto il necessario mentre papà leggeva il giornale.
“Tutti i passeggeri diretti a Firenze sono pregati di presentarsi al Gate 14 per l’imbarco” – annunciò una voce all’alto parlante.
Subito noi scattammo in piedi e radunate tutte le nostre cose ci imbarcammo.
Una volta saliti sull’aereo, feci per prendere posto accanto a mio padre ma Anne prontamente mi bloccò.
 
-          Bechy cara, ti dispiacerebbe sederti davanti vicino ad Harry? – la sua in realtà non era una richiesta bensì un ordine così non potei fare a meno di raggiungere Harry seduto qualche fila più avanti.
-          Ci mancava solo questa – sbuffai affondando nel sedile – due ore di volo accanto a te, che palle!
-          Pensi che io mi diverta? – replicò lui senza staccare gli occhi dalla sua “lettura” appassionante.
 
Lo ignorai e mi misi le cuffie nelle orecchie con i Nirvana al massimo volume.
Entro cinque minuti ero già nel mondo dei sogni e non mi accorsi nemmeno quando l’aereo decollò, una vera fortuna data la mia paura delle altezze.
Speravo davvero di riuscire a dormire per tutto il tempo ma purtroppo non ci riuscii.
L’aereo volava nel limpido cielo estivo, sorvolando una coltre di nuvole bianche e vaporose come la panna montata.
Quando allungai il collo per guardare fuori dal finestrino mi vennero subito le vertigini e provai un forte senso di nausea.
Non vedevo l’ora di scendere!
 
-          Paura, eh?  - mi chiese Harry con un sorrisetto beffardo.
-          Assolutamente no, io non ho paura di niente! – replicai.
-          Si certo, come no … Louis mi ha detto che avevi paura perfino in cima agli scivoli del parco acquatico!
-          Te lo ha detto? Mmmh … credo proprio che il nostro Louis dovrà fare i conti con me quando torneremo ad Holmes Chapel.
-          Uh, se fossi al suo posto tremerei di paura! – scherzò lui sarcasticamente.
 
Stavo per sferrargli un pugno nei “gioielli di famiglia” quando un vuoto d’aria fece sbandare l’aereo.
Lanciai un urlo e istintivamente mi strinsi forte ad Harry che mi rivolse uno sguardo divertito.
 
-          Visto? Lo sapevo che avevi paura!
 
Stavolta decisi di non reagire anche perché ero così vicina a lui che il cuore cominciò a battermi forte.
Non mi ero mai accorta di quanto fossero belli i suoi occhi e quelle fossette … perché all’improvviso le trovavo adorabili. Anche lui mi stava fissando e io, con le guancie più rosse dei miei capelli, mi allontanai di scatto
Dopo circa mezz’ora l’aereo cominciò ad abbassarsi e dal finestrino riuscii a vedere il mare limpido e le coste rocciose della Toscana.
Ero incantata dallo spettacolo, non che fosse la prima volta che andavo in Italia ma ogni volta riuscivo sempre a stupirmi per la bellezza del panorama.
Dopo un altro quarto d’ora finalmente arrivammo all’aeroporto di Firenze. Tirai un sospiro di sollievo non appena l’aereo toccò terra e all’improvviso diventai impaziente di arrivare a casa dove ci aspettavano i miei nonni, mia zia e la mia adorata cuginetta.
Come al solito aspettammo ore ed ore prima di recuperare i bagagli, poi finalmente uscimmo dall’aeroporto e un taxi ci portò fino al centro della città.
Non potevo dire di conoscere Firenze come le mie tasche ma ora che ripercorrevo quelle strade mi sembrava tutto così familiare. I monumenti, le stradine piene di negozi, la gente del luogo sempre così sorridente e disponibile, in un certo senso mi sentivo a casa.
Mi girai verso di Harry per accertarmi che anche lui si stesse godendo il panorama ma lo trovai concentrato sullo schermo del suo I-Phone.
“Stai calma Bechy, non ti arrabbiare. Se trova più interessanti i suoi messaggi con qualche troietta invece che questa meravigliosa città allora peggio per lui!”
Il tassista si fermò davanti ad un condominio molto signorile color rosa salmone con le verande delle finestre dipinte di un verde acceso.
Ci aiutò a scaricare tutte le nostre valigie, poi, dopo essere stato pagato, se ne andò.
 
-          Ebbene – esordì mio padre sorridendo e allargando le grandi braccia – eccoci qui, benvenuti a Firenze!
 
Anne gridò per l’emozione e corse ad abbracciare mio padre. Sembrava davvero contenta di essere lì, a differenza di suo figlio che dal nostro arrivo non aveva spiccicato neanche una parola.
“Peggio per lui Bechy, peggio per lui…”
Il portone del palazzo si aprì all’improvviso e ne uscì una donna anziana vestita di rosso con i capelli candidi arrotolati in un paio di bigodini giallo limone. Appena ci vide un sorriso sdentato affiorò sulle sue labbra raggrinzite e con un’agilità impressionante per una donna della sua età, corse ad abbracciare mio padre.
 
-          Oh Robin! – disse in italiano – il mio piccolo Robin, quanto mi sei mancato.
 
In realtà nonna Paddy era inglese la cento per cento ma viveva in Italia da talmente tanto tempo che si sentiva un’italiana DOC. Lei stessa amava definirsi così.
 
-          Bechy! – esclamò avvolgendomi tra le sue braccia – nipotina mia!
-          Ciao nonna! – dissi con un accento italiano un po’ bizzarro – che bello rivederti!
 
Quando fu il momento di presentarsi agli altri due, nonna Paddy tornò a parlare in inglese. Strinse Anne ed Harry in un abbraccio stritolante e li riempì di baci su entrambe le guancie. Gli italiani erano sempre così, amavano le manifestazioni d’affetto mentre,  a mio parere, gli inglesi erano un po’ più “freddi”.
Anne parve sorpresa e al tempo stesso compiaciuta da quell’accoglienza. Quando io e mio padre eravamo andati a conoscere sua madre, la nonna di Harry, non ci aveva fatto tutte quelle feste, anzi, a dirla tutta era stata piuttosto arcigna e scorbutica.
La nonna ci fece salire fino al quinto piano (a piedi, non c’era l’ascensore, che fatica!) fino al suo enorme appartamento dove ci accolsero anche nonno Pietro,  zia Emma e mia cugina Nina.
Il primo era un uomo di circa settant'anni con la pelle rugosa perennemente abbronzata, gli occhi azzurri nascosti dietro un paio di occhiali con le lenti a mezzaluna e un sorriso genuino come quello di un bambino.
Zia Emma era una donna bellissima. Aveva i capelli neri tagliati a caschetto e un paio di occhi grandi e vivaci di colore azzurro acceso. Io l’avevo sempre considerata una donna straordinaria, sempre così dolce e gentile con tutti, non riuscivo a capire perché suo marito, zio Leonardo, l’avesse piantata in asso da circa sette anni senza lasciare più sue notizie.
Infine c’era mia cugina Nina, due anni più piccola di me, una ragazzina tanto carina quanto solare e spontanea. Mi assomigliava molto, avevamo gli stessi tratti e gli stessi occhi azzurri ma i suoi capelli erano neri come quelli della madre, a differenza dei miei che erano rossi come quelli della mia mamma.
Adoravo passare del tempo con lei, era sempre così creativa e piena di idee, non mi ero mai annoiata in sua compagnia.
Dopo baci, abbracci e presentazioni varie, nonna Paddy ci accompagnò nelle nostre stanze.
Una per papà ed Anne, una per me e … Harry?
 
-          Pensavo che avrei dormito con Nina – puntualizzai bloccandomi sulla soglia – perché mai dovrei dividere la camera con Harry?
-          La stanza di Nina è troppo piccola tesoro, quando eravate bambine potevate anche dormire nello stesso letto ma ormai siete troppo cresciute – mi spiegò nonna Paddy accarezzandomi teneramente i capelli.
-          Harry dì qualcosa per favore, protesta!
-          Non rompere Bechy – mi rispose lui posando le sue valigie sul letto – vedrai che ci divertiremo – aggiunse con tono ironico.
 
Nonna Paddy sorrise e mi baciò sulla fronte, poi ci lasciò soli a disfare le valigie chiudendosi la porta alle spalle.
Non avevo mai dormito nella stanza degli ospiti. Era abbastanza spaziosa e molto luminosa ma non molto arredata.
C’erano solo due letti ad una piazza situati negli angoli, un armadio in mogano e uno specchio proprio vicino alla porta.
Harry buttò disordinatamente i suoi vestiti nell’armadio e si buttò sul letto sfinito.
Al contrario, io riposi ordinatamente tutte le mie cose nei cassetti.
 
-          Senti Idiota, vedi di essere ordinato in questi giorni – lo avvisai minacciosa – non ho intenzione di vivere nel caos.
-          Bla, bla, bla … ma tu non stai mai zitta?
-          Ti odio!
-          Anche io!
-          Bene!
-          Bene!
 
Presi il mio cuscino e glielo scagliai addosso ma a causa della mia pessima mira lo mancai e colpii il muro sopra la sua testa. Lui invece, con il suo cuscino, riuscì a colpirmi in piena faccia.
Qualcosa mi diceva che quel nuovo tipo di convivenza non sarebbe stato affatto facile …


ECCO QUI IL NONO CAPITOLO! E' PIU' CORTO DI QUANTO PENSASSI MA IL DECIMO SARA' DECISAMENTE PIU' LUNGO.
NATURALMENTE "L'AVVENTURA" IN ITALIA E' APPENA COMINCIATA, NEI PROSSIMI CAPITOLI SUCCEDERANNO TANTISSIME COSE E FORSE HARRY E BECHY ... VABBE', NON VI ANTICIPO NULLA, RECENSITE SE VI VA!
BACI SAM
P.S. FORSE, SE CE LA FACCIO, PUBBLICO IL CAPITOLO 10 STASERA! 
  
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